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La libertà di un nuovo futuro

Summary:

Gli alti e bassi di un vascello contro la sua volontà. Più bassi che alti.

Notes:

Questo sarebbe una sorta di seguito alla precedente “Incubo fra i mondi”. Con meno censure. Spero di non aver dimenticato troppi tags.

Chapter 1: 1 - Dopo

Chapter Text

Dopo aver appurato che possiede ancora, in qualche maniera e almeno in minima parte, la magia dei Governanti che, in precedenza, lo aveva praticamente distrutto, ha insistito per seguire il figlio nella sua nuova guerra ai Monarchi che, in base a quanto gli ha spiegato Jin Wu, avrà luogo lontano dalla Terra, nella stessa dimensione misteriosa e fuori dallo spazio-tempo in cui era stato segregato nella sua linea temporale precedente. La Terra rimarrà come è sempre stata prima dell’avvento di Monarchi e Governanti: priva di magia.

 

«Continuo a credere che sia una pessima idea. Sì, hai dalla tua parte la magia dei Governanti, ma sei comunque umano: puoi morire» insiste Jin Wu, fissandolo con evidente preoccupazione.

 

Il Hwan storce le labbra. «Non ti lascerò andare da solo. Come posso restare a guardare mentre tu…»

 

«Io sono il Monarca Ombra, papà. I rischi che corro sono sicuramente reali, ma le mie possibilità sono nettamente superiori rispetto all’ultima volta. Ho esperienza e ormai so come utilizzare al meglio i poteri di Asbon. Tu, al contrario…»

 

«Io sono ancora tuo padre!» esclama con disperazione. «Ci sarà pure un motivo se ho ancora i miei ricordi intatti della precedente guerra e se non mi hanno tolto la loro magia.»

 

Jin Wu sospira. Non ha spiegazioni per quell’incongruenza. Questo non significa che debba necessariamente farsi piacere la situazione così come si prospetta.

 

Nei giorni che precedono la partenza che Jin Wu ha organizzato per raggiungere il misterioso sottomondo in cui sono relegati i Monarchi, sembra notare qualcosa di inusuale nel padre, un comportamento che non è certo di come spiegarsi. In mancanza di soluzioni praticabili, si risolve a indagare presso la fonte diretta: Il Hwan.

 

«C’è qualcosa che non mi stai dicendo» mormora Jin Wu mentre, una sera, passeggiano per le vie della periferia di Seoul.

 

L’uomo si irrigidisce istintivamente e sembra chiudersi a riccio. Jin Wu assottiglia gli occhi.

 

«Si tratta di qualcosa collegato alla tua assenza di dieci anni.» E no, non è per niente una domanda.

 

«Non è più importante» soffia Il Hwan, senza neppure guardarlo in faccia.

 

«Se non lo fosse, non staresti cercando di fuggire da me» contesta.

 

Il Hwan si volta di scatto e lo fissa con orrore. «Non sto cercando di fuggire!» esclama costernato.

 

Jin Wu sospira. «Non intendevo in quel modo. Volevo dire che stai provando ad aggirare la mia domanda e a distogliere la mia attenzione.»

 

L’uomo impallidisce. Scuote la testa. «Io non…» affanna, bloccandosi nel bel mezzo di un vicolo silenzioso.

 

«Papà» mormora pacato. «Puoi parlarmene. Nonostante l’aspetto non lo dia a vedere, non sono più un bambino.»

 

La smorfia afflitta del genitore gli stringe il cuore. «Non voglio darti altre preoccupazioni. Il cielo solo sa se non ne hai già a sufficienza. E poi…»

 

«Poi?» indaga cauto.

 

Il Hwan scuote la testa. «Ti procurerei solo del dolore inutile» soffia appena.

 

Jin Wu preme le labbra e stringe i pugni. «Conosco il dolore in modo abbastanza diretto e profondo. Scusa se te lo dico senza mezzi termini, ma temo che il tuo desiderio di proteggermi dal dolore arrivi un po’ tardi.» Ah, probabilmente troppo, giudica, osservando l’espressione afflitta del padre. «Parla con me, ti prego.»

 

Il Hwan si sente profondamente infelice. Non riesce a vedere alcun vantaggio nel parlare del passato al figlio. Ma Jin Wu sembra deciso a ottenere qualche risposta, e non può certo pensare di mentirgli. L’unica speranza che conservava era quella di tacere, ma non sembra più un’opzione, dopo tutto.

 

Piano, emette un sospiro tremante e prova a radunare i pensieri e farne uscire qualcosa che abbia anche solo una parvenza di senso logico. Operazione ardua, tutto sommato.

 

«Troviamo almeno un posto migliore» tratta, a quel punto abbastanza disperato.

 

Jin Wu inarca un sopracciglio. Quell’occhiata che gli lancia sembra proprio sarcastica. Dieci anni (in verità quasi undici, considerando il fatto che è rimasto invisibile durante tutto l’ultimo periodo): maledettamente troppi.

 

«Come preferisci» accetta il suo ragazzo.

 

Sì, continua a pensare a Jin Wu come a un ragazzo. Nonostante abbia più di venticinque anni e nonostante sia ben consapevole che, viste le passate esperienze, sembrino molti di più.

 

흰 늑대

 

«Quando sono rimasto intrappolato in quell’ultimo dungeon, ho vagato nelle gallerie per alcuni giorni… Credo fossero giorni. È difficile tenere il conto del tempo che trascorre, là sotto.»

 

Jin Wu è seduto sul tronco di un albero caduto. Sono finiti in una piccola zona boscosa parecchio fuori dal centro abitato. Beh, desiderava un posto poco affollato… e ovviamente il suo ragazzo lo ha accontentato nel modo più letterale. Quella è stata la sua prima esperienza con il trasporto tramite le ombre. Non eccessivamente spiacevole, tutto sommato. Si potrebbe pensarlo, in effetti, come una sorta di portale dimensionale che collega un’ombra all’altra.

 

«Ero abbastanza sicuro che sarei morto in quel posto. Di cibo non ce n’era e avevo trovato pochissime fonti di acqua. Ovviamente nessuna via d’uscita. Poi…»

 

Jin Wu si allunga appena, interessato alla parte seguente, ma non apre bocca e attende, paziente.

 

«Sono arrivati loro» soffia piano.

 

«I Governanti» suppone Jin Wu.

 

Il Hwan annuisce. «Non avevo idea che fossero loro. Non ero nemmeno particolarmente lucido per fare qualunque altra cosa che non fosse fissarli confuso e sbalordito. Quando mi hanno strappato via dai sotterranei, il luogo in cui sono finito non sembrava davvero migliore. Sembrava incomprensibile, indeterminato. Non saprei descriverlo con parole sensate. Una specie di bruma luminosa che a volte diventava bruma scura. Mh…» dubita, perplesso dalle sue stesse parole.

 

«Spazio interdimensionale» commenta Jin Wu.

 

Il Hwan batte le palpebre, interdetto. «Conosci il posto?»

 

«Me ne hanno parlato. E l’ho visto in alcuni ricordi.»

 

«Di Asbon» prova. Jin Wu si limita ad annuire. Inspira lentamente. «Quindi, sono rimasto solo di nuovo. Sembrava un’eternità, e al tempo stesso sembravano pochi istanti. La sensazione era quella di non esistere in un luogo che non esiste. Allora, per quanto avessi avuto fame, prima di finire lì, e per quanto in realtà nessuno si fosse preso la briga di procurarmi del cibo, la sensazione della fame era svanita, come anche la maggior parte delle altre sensazioni. Non saprei dire se fosse sgradevole oppure il contrario, proprio perché non c’era nulla da sperimentare, nulla di fisico né, in verità, mentale.»

 

«Come un limbo di vuoto spazio-temporale» suppone Jin Wu.

 

«Euh… Immagino qualcosa del genere» dubita, perplesso. Il suo ragazzo ha delle percezioni piuttosto sviluppate, come se vedesse e udisse e toccasse qualcosa che per nessun altro esiste. Abbastanza inquietante.

 

«E cos’è accaduto, dopo?»

 

Il Hwan storce il naso. Sperava che non gli venisse posta quella specifica domanda. Sperava invano, ovviamente. «Si sono ricordati di avermi portato via dal dungeon (e dalla Terra). Hanno iniziato a discutere di cosa avrebbero dovuto farne del sottoscritto. Si sono chiesti se, effettivamente, avrei potuto servire a qualcosa o non fosse stato un semplice capriccio, l’avermi tenuto a disposizione. Oh, tutto questo ovviamente non l’ho udito direttamente. Diciamo che pensavano in modo abbastanza rumoroso.»

 

Jin Wu sbuffa una risata. Non che ne avesse intenzione, ma l’idea di un pensiero rumoroso sembrava abbastanza insensata da scatenare la sua inopportuna ilarità. «Scusa. Va’ pure avanti.»

 

Apre la bocca per dire quel che sembra necessario. Tuttavia, si rende conto di non sapere come dirlo. Ma è davvero così necessario, dopo tutto? Non ne va della vita di nessuno, in fondo. Un fruscio strano, molto diverso da quello dei rami degli alberi, o delle foglie, o del vento, lo distrae. Solleva lo sguardo che aveva inchiodato sul terreno e scopre che il suo ragazzo ha una mano avvolta nell’impugnatura di un pugnale. Oh… Quello è uno dei suoi pugnali! Come…?! Ah! Deve averli lasciati indietro dopo essersi sgretolato in quel vicolo, nell’altra linea temporale. Sfarfalla le ciglia, curiosamente attirato dal brillio della lama e dai suoi movimenti sinuosi. Senza rendersene conto, allunga una mano.

 

Jin Wu arriccia un angolo delle labbra. Dovrebbe essere un sorriso. Fatica abbastanza nel raggiungere l’obiettivo. «Li rivuoi?» domanda con un tono invitante.

 

Il Hwan deglutisce. «Io… Mi piacerebbe» ammette, mordicchiandosi un labbro. «Sei certo che non potrebbero essere più utili a te?»

 

«Ho modificato quelli che mi ha regalato Thomas. Ora possono tranquillamente trapassare le scaglie di Antares.»

 

Senza potersi trattenere, Il Hwan rabbrividisce. «Allora… d’accordo» accetta.

 

Con un altro fruscio vagamente metallico, Jin Wu recupera il secondo pugnale, si sposta lungo il tronco dell’albero e porge le due lame al padre. «Ecco. Forse ti serviranno» mormora, mentre il suo sorriso diventa più reale.

 

흰 늑대

 

«Se tu non dovessi trovare l’opportunità di arrivare a loro, posso pensarci io a eliminarli» offre Jin Wu, di punto in bianco.

 

Il Hwan lo fissa stordito. Non ha alcun bisogno di chiedere a chi si stia riferendo il figlio. Sa benissimo che sta parlando dei Governanti. Ha intenzione di ucciderli, dopo essersi occupato dei Monarchi. Il mondo non soffrirebbe per nulla la loro mancanza, anzi.

 

«Non sono sicuro di… possedere la forza necessaria» ammette, suo malgrado rammaricato.

 

Jin Wu annuisce. «Me ne occuperò io» conferma pacato.

Chapter 2: 2 - Prima

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Non sapevano ancora cosa farne di un umano, per di più un umano ancora troppo debole per poter essere il tramite del loro potere. Ma lo tennero comunque. Per lungo tempo lo lasciarono da parte, quasi dimenticandosene, impegnati a scrutare da lontano i movimenti dei loro più antichi nemici, i Monarchi.

 

Ma le intenzioni dei Monarchi dovevano rivelarsi solo molto più tardi e, nel frattempo, non c’era molto che fosse in loro dovere fare, al di là di sorvegliare gli universi e le dimensioni a loro collegate.

 

Qualcuno di loro suggerì di dare un’occhiata al loro ospite. Non si erano mai avvicinati tanto a un vero essere umano, uno in carne e ossa. Certo, ne avevano osservati parecchi da molto lontano, ma dopo un po’ diventavano noiosi e ripetitivi. Questo umano, tuttavia, era solido e fin troppo reale. Avevano dovuto fare in modo di addormentarlo per lunghi periodi, perché all’inizio non avevano proprio il tempo, né la volontà, per farlo sopravvivere. Le necessità biologiche di quelle creature terrestri erano fuori dalla loro immediata comprensione e dovettero esercitare una certa quantità di pazienza e raziocinio per scoprire quel che fosse necessario al fine di alimentare la loro forma vivente. Cibo, ovverosia altre forme viventi di poco meno evolute dal punto di vista genetico. In una parola: deludente. Per questo motivo avevano fatto in modo di interrompere momentaneamente il suo stato vitale e tornarci solo in un secondo momento, quando si fosse presentata un’occasione più propizia (o quando si fosse rivelata loro l’effettiva utilità del soggetto in questione).

 

Si procurarono qualcosa di adeguato con un breve viaggio sul pianeta di origine dell’umano. Quando lo ridestarono dal suo sonno indotto, in verità non sembrò del tutto sveglio. Si chiesero, a quel punto, se fosse sempre stato così o se avessero commesso qualche errore tra un rimaneggiamento e l’altro. Nessuno di loro trovò una valida risposta e la patetica creatura, d’altro canto, non sembrava averne di migliori. Però il sostentamento nutritivo fu apprezzato, almeno in minima parte. Quando ne discussero fra loro, ebbero l’impressione di parlare di qualcosa di strano, quasi esotico. Uno di loro suggerì che l’umano avrebbe potuto essere considerato una sorta di animale da compagnia, così come vengono ritenuti i cani per gli esseri umani. Alcuni di loro rimasero basiti dalla proposta, altri sembrarono divertiti. Ma, mentre attendevano novità di rilievo da parte dei Monarchi che, invece, tacevano, tanto valeva approfondire lo studio sulla razza umana. Possedevano un rappresentante in forma fisica, proprio lì, a loro completa disposizione; potevano pertanto iniziare da lì per farsi un’idea più precisa di quello a cui sarebbero andati incontro quando la guerra avrebbe finito per scoppiare (di nuovo).

 

흰 늑대

 

La prima scoperta che fecero fu che, innanzitutto, un essere umano è debole, indipendentemente da quanta magia contenga, e pertanto è soggetto a frequenti danneggiamenti e gli accade con estrema facilità. Ma, in fondo, anche il pianeta sul quale queste creature vivono è fragile. Perché sorprendersi, quindi?

 

In sostanza, quasi persero il conto delle volte in cui furono costretti a riparare l’umano. Si resero anche conto che, nonostante i danni venissero felicemente risolti, qualcosa impediva all’umano di tornare completamente identico a com’era da principio. Come se portasse dentro di sé la memoria sensoriale dell’alterazione di sé stesso e, con il sommarsi delle successive alterazioni, finisse per guastarsi il buon funzionamento generale. Un’altra delusione.

 

E mentre una piccola parte di loro era impegnata a riparare il soggetto di studi e la parte restante sorvegliava le eventuali mosse dei Monarchi (che ancora non si decidevano ad agire), un unico fra i sette sembrava interessato a osservare il mondo di origine del loro ospite.

 

〜 Cosa c’è di tanto interessante, là? 〜 gli chiesero, in quanto le precedenti osservazioni non avevano fornito loro alcun desiderio di scoprire davvero di più.

 

〜 Giocano 〜 replicò lo studioso del comportamento umano.

 

〜 Anche il resto degli animali lo fa 〜 fecero notare i compagni.

 

〜 Solo i cuccioli. Quelli adulti lottano per procurarsi cibo, riparo e una prole 〜

 

〜 Prole? 〜 dubitarono.

 

〜 Discendenti 〜 spiegò lo studioso.

 

Certo, perché le creature che abitavano il pianeta Terra non solo non erano immortali, ma la loro aspettativa di vita era davvero, ridicolmente breve. Quindi doveva essere normale che cercassero un modo per prolungarla affidando il futuro a soggetti più giovani e forti.

 

Quelli come loro, al contrario, non avevano alcuna necessità di procurarsi discendenti. Avrebbero portato a buon fine i loro compiti con le loro stesse forze, come sempre era stato e sempre sarà. Inoltre non potevano recarsi materialmente su quel pianeta, nonostante avessero in programma di farlo sopravvivere alla prossima guerra; non ancora, pena il suo prematuro annientamento.

 

〜 Potremmo usare alcuni di loro come veicolo per camminare sul pianeta senza distruggerlo 〜 suggerì uno di loro, dopo essersi distaccato dalla sua osservazione dell’oscurità in cui vivevano i Monarchi.

 

〜 Si romperebbero 〜 contestò un altro.

 

〜 Non se scegliessimo qualcuno di adatto a ciascuna delle nostre peculiarità 〜 propose il terzo.

 

〜 Proviamo 〜 approvarono i restanti di loro.

 

흰 늑대

 

Provarono. Fu un fallimento. Provarono di nuovo. Non andò affatto meglio. Stavano commettendo qualche errore? Il reale problema era dato dalla scarsa conoscenza delle caratteristiche di un organismo umano.

 

Si voltarono, tutti all’unisono, verso l’essere umano che avevano proprio lì, a portata di mano, pronto per essere usato allo scopo di perfezionare il loro piano di scendere sulla Terra. La sua voce grossolana era abbastanza stancante, spesso irritante, così pensarono di levarla di mezzo. Ma non ottennero il risultato ottimale, perché a quel punto non riuscivano a capire se si stavano muovendo verso la giusta direzione o meno. Ritentarono, limitando l’ampiezza delle onde sonore e semplici mormorii e sussurri, e furono decisamente più soddisfatti dei risultati.

 

Compresero, infine, che solo determinati umani avrebbero potuto reggere il peso della loro magia. Compresero anche che il trasferimento doveva avvenire in modo graduale, così da permettere all’ospite di adattarsi con i suoi tempi (che erano esasperanti, certo, ma loro potevano ben permettersi di aspettare, a quel punto).

 

흰 늑대

 

Mentre alcuni di loro cercavano i veicoli più idonei, gli altri si annoiavano. Da tempo, ormai, un sospetto aveva iniziato a nidificare dentro di loro: l’essere che li aveva creati lo aveva fatto per distrarsi dalla noia di un’esistenza senza sorprese né cambiamenti? Se fosse stata quella la risposta, ebbene, cominciavano a capire la sua possibile frustrazione. Il vuoto è assenza di movimento, di colore; è la stagnazione di ogni pensiero. In una parola: noioso!

 

Cercarono una soluzione e, imprevedibilmente, la trovarono a poca distanza da loro. L’umano che avevano preso in prestito dalla Terra avrebbe alleggerito il loro insopportabile tedio, in attesa che la situazione si sbloccasse e potessero tornare a combattere il loro nemico di sempre.

 

흰 늑대

 

〜 Non sembra apprezzare 〜 commentarono.

 

〜 Non mi sorprende. Non ha mai apprezzato nulla di quel che abbiamo messo in opera. Spesso neppure il nutrimento procurato. Sono creature difficili, queste. Sarà un problema trovarne di compatibili con la nostra magia 〜 ragionò, un poco incupito, uno di loro.

 

Tutti gli altri concordarono e si ritirarono per riflettere sul loro ultimo fiasco.

 

Se non altro, la ricerca di qualcosa che potesse stimolare l’interesse dell’umano, li tenne abbastanza impegnati da non cedere al grigiore del presente.

Chapter 3: 3 - Durante

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La brezza generata del dolce movimento di tutte quelle ali è l’unica cosa realmente piacevole di quell’incubo a occhi aperti. Il resto è, nel migliore dei casi, stancante, nel peggiore, orribilmente doloroso.

 

Ultimamente sembrano accanirsi particolarmente sull’idea di trovare un modo per interessarlo. A lui tutto quel che potrebbe realmente interessare è la possibilità di tornare a casa, dalla sua famiglia. Il resto possono metterselo in quel posto e vaffanculo.

 

Non sa dove si trova, non sa da quanto tempo è via e nemmeno sa nelle mani di quale entità fuori di testa è finito. Sa solo che ne ha abbastanza, ma non ha la più pallida idea di come fuggire. Non solo non ci sono vie ma, apparentemente, non esiste neanche una reale differenza tra l’alto e il basso, tra la luce e il buio, tra il passato e il presente. Molto presto impazzirà. Forse, a quel punto, riuscirà a farsi uccidere, visto che di tornare a casa non se ne parla proprio.

 

흰 늑대

 

La loro ultima, geniale, grottesca e assurda idea è sperimentare l’accoppiamento interspecie. Certa gente è deficiente anche al di fuori del mondo umano, a quanto pare. L’evidente incompatibilità fisica non sembra sufficiente a scoraggiare il loro slancio accademico. Peccato siano troppo potenti, o ci avrebbe provato di persona, a frenare quello slancio.

 

L’ennesimo gemito di pena gli tremola fuori dalle labbra riarse mentre quel… qualunque cosa sia l’attrezzatura di cui sono dotati, lo squarcia da dentro. E va bene che poi si prendono l’incomodo di aggiustare tutto quel che hanno rotto, ma intanto a lui tocca di sopportare il prima e, soprattutto, il durante. E non è che nessuno gli abbia mai domandato se a lui sta bene. No, che non gli sta bene, cazzo!

 

Sta di nuovo perdendo sangue. Troppo sangue. Prima o poi finiranno sul serio per ucciderlo ancor prima di rendersi conto di averlo prosciugato. Non che sia la possibilità peggiore, però preferirebbe una morte un po’ più immediata, invece di quell’agonia infinita.

 

È grigio. Sta gradualmente perdendo le forze. Con un po’ di fortuna, presto perderà i sensi e poi saranno cazzi loro, nel senso più letterale del termine. La sua schiena si inarca, scricchiolando sinistramente. Sussulta. Alita un lamento che a malapena infrange il lugubre silenzio di quel non-luogo. Basta, per l’amor del cielo. Semplicemente, basta.

 

흰 늑대

 

Il suono viscido che produce quell’inusuale pratica è abbastanza spiacevole da ascoltare, come anche i vani lamenti dello strano umano. Inoltre finiscono continuamente per lordarsi le vesti preziose, sicuramente di più rispetto ai precedenti esperimenti. Tuttavia, più d’uno di loro ha notato che, dal punto di vista di altri sensi, può risultare gradevole, anche se non in tutti i casi. Stanno cercando di stabilire il motivo di questa differenza. È una particolarità che li incuriosisce e stimola il loro desiderio di conoscenza. Faranno sicuramente ulteriori prove per determinare il paradosso.

 

Intanto l’umano si è rotto di nuovo. Quindi devono sospendere gli studi e provvedere alle riparazioni. Se dovesse morire, non saprebbero in che modo procurarsene un altro per portare avanti l’osservazione della specie.

 

흰 늑대

 

Analizzando le varie specie animali, finiscono per scoprire che l’umano in loro possesso è un maschio. Non sono troppo sicuri di quale sia la differenza con l’altra variante femmina, né se esistano ulteriori versioni, come invece hanno osservato in altre specie terrestri. Hanno anche scoperto che, nella specie umana, a quanto pare il genere maschile non può procreare, o meglio, non lo può fare autonomamente ma solo a patto che si unisca con una controparte femminile. Purtroppo molti dettagli ancora sfuggono loro. Apprezzerebbero avere a disposizione anche un campione della controparte, per poter studiare le reali differenze. Così come stanno le cose, la ricerca di una spiegazione è monca della metà.

 

Comunque sia, per quanto è stato osservato durante i secoli trascorsi a sorvegliare il luogo, in teoria la maggior parte delle specie viventi creano i loro discendenti tramite piccoli semi contenenti le informazioni genetiche di quella particolare specie. Non hanno però potuto appurare se l’essere umano in loro possesso disponga di un tale potere. Lavoreranno sul caso per approfondire.

 

흰 늑대

 

Con la loro quasi inesauribile pazienza, scoprono che molte creature animali necessitano di un’apposita stimolazione di determinate ghiandole al fine di secernere correttamente l’informazione genetica atta alla riproduzione della specie. Ma se è vero per determinati animali, forse non lo è per la specie umana? In ogni caso, con il loro esemplare umano non funziona per niente. Molto frustrante. A meno che nel soggetto a loro disposizione non si sia danneggiato il sistema di riproduzione e loro, per semplice distrazione, non l’abbiano notato.

 

흰 늑대

 

Il modo in cui lo stanno accanitamente frugando è molto fastidioso, ma almeno non troppo doloroso. Questo, si intende, a patto che non decidano di frugargli le budella, a quel punto ha proprio paura che non si limiterà a essere fastidioso. Vorrebbe proprio sapere che cazzo stanno cercando, ma nessuna delle due parti in causa utilizza un linguaggio comune a tutti i presenti, quindi non c’è verso di chiederlo direttamente a loro.

 

Quando lo ribaltano a testa in giù, grugnisce di disappunto e sospira seccato. Non ce l’hanno un altro animale con cui giocare? Perché tutte a lui toccano queste rotture di palle? Ha provato persino a urlare contro di loro le peggiori oscenità, ma ha ancora la voce bassa perché quei figli di puttana piumati gli hanno fatto qualche diavoleria alle corde vocali, quindi non c’è neppure gusto a insultarli: ne esce appena un mormorio strozzato che non farebbe paura neppure a un passerotto.

 

Borbotta un’imprecazione, mentre lo strattonano come un pupazzo di pezza. Prova a dare un calcio a quello più vicino, ma il tizio pennuto non batte ciglio, quasi non l’avesse neppure sfiorato. Merda. Si chiede, nei momenti più disperati, se lo faranno mai tornare a casa. Gli manca così tanto la sua famiglia. Vorrebbe sapere come stanno crescendo i suoi due piccoli teppistelli; Jin Wu, che l’ultima volta in cui l’ha visto iniziava a mostrare i suoi stessi lineamenti quando, fino all’anno precedente, somigliava come una goccia d’acqua a sua madre; la piccola Jin Ah, un vero tornado in miniatura, sempre pronta a mettersi nei pasticci e poi correre da lui in lacrime, ma con un sorriso appena dietro l’angolo. Vorrebbe averli accanto, abbracciarli, dire loro quanto li ama. Invece è confinato in una spazio senza nome, fra creature senza nome, sperando alternativamente di fuggire o di morire.

 

Digrigna i denti, quando uno dei tizi piumati gli tasta le interiora. Ecco, ricomincia a far male. ‘Fanculo. Tanto vale prepararsi al peggio, a quel punto. Poi il tizio piumato in questione, nel suo vaneggiamento tattile, pigia con un po’ troppa solerzia contro la sua prostata e lo fa ansimare. Chiude di scatto la bocca, rifiutandosi di pensare a qualcosa di sconveniente. Purtroppo, Mister Palla di Piume ha notato il suo palese disagio e ha deciso che valesse la pena di insistere.

 

Così, non è più sufficiente la pena della lontananza, il dolore fisico e mentale, il luogo alienante. Ora, a tutto il resto, si aggiunge la vergogna di aver appena eiaculato di fronte a dei fottuti guardoni con le ali. Che figli di puttana.

Chapter 4: 4 - Guerra

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Ha un brivido, mentre Jin Wu li trasporta nel vuoto fra i mondi. Presto, tuttavia, si rende conto che quello in cui sono finiti non somiglia granché al non-luogo in cui è rimasto segregato lui per dieci lunghi anni. Certo, è tutto fuorché allegro e pieno di vita, ma almeno possiede della vita, un paesaggio reale, una netta differenza fra luci e ombre (più ombre che luci, ma sono dettagli), perfino delle specie di creature che sembrano addirittura autoctone del posto. Gli scappa un breve sorriso, che non sfugge alla vista di falco del figlio.

 

«Più gradevole?» si interessa.

 

«Non c’è neppure paragone» conferma, continuando a guardarsi intorno. «È un po’ un peccato che parecchio andrà distrutto» riflette.

 

Jin Wu sembra prendersi qualche momento per riflettere sulle parole di Il Hwan. «Posso pensare di trasferire, man mano, gli eserciti dei differenti Monarchi nel mondo delle ombre. Lì la distruzione è del tutto effimera e con le truppe di Beru non durerebbe che il tempo di un sospiro» immagina, con un lieve sogghigno.

 

Il Hwan lo fissa un lungo istante, attonito. Stanno veramente progettando di trasferire gran parte della guerra nel mondo dei morti per preservare quello? Però, davvero, sarebbe un po’ una perdita distruggere tutto quel che si è formato nel corso delle ere.

 

«Va bene. Da dove iniziamo?»

 

«Io mi prendo Jogmunt e i suoi Spettri Demoniaci. In questo modo si ridurranno drasticamente le possibilità che gli altri eserciti possano svignarsela attraverso i varchi dimensionali. Jogmunt e le sue creature sono sempre state all’apice degli spostamenti dei Monarchi e dei loro eserciti. Eliminati loro, potrò disporre a mio piacimento di tutti gli altri rimasti indietro.»

 

Il Hwan sfarfalla le ciglia e sogghigna. Jin Wu e Asbon sono davvero degli ottimi strateghi. «Se puoi lasciarmi Fang e i suoi orchi, penso di potermi occupare di Tarnak.»

 

Jin Wu reclina il capo. «Puoi portare anche tutti i miei maghi. Tranne Jima, lui potrebbe essermi utile.»

 

«Bene. Fatto. Come ci ritroviamo?»

 

«Vengo a riprenderti. Ho una delle mie Ombre nella tua.»

 

Il Hwan abbassa lo sguardo, ma non distingue nulla di anomalo. Si stringe nelle spalle. «Fa’ attenzione» chiede, dato che non potrà essere al suo fianco.

 

Ma la verità è che non ha potuto essere al suo fianco neppure durante la precedente guerra, non nelle sue fasi conclusive comunque.

 

«Anche tu» soffia Jin Wu, appoggiando una mano sul suo braccio.

 

Prima di svanire nelle ombre, richiama Fang e gli altri soldati per Il Hwan. Lo sciamano orco rosso solleva una mano e porge un timido saluto al suo nuovo, momentaneo comandante. Il Hwan sbuffa una piccola risata, scuote la testa e spiega loro quali sono le sue intenzioni, mentre si avventurano nel nuovo sottomondo in cerca di Tarnak.

 

흰 늑대

 

Probabilmente avrebbe fatto meglio a chiedere a Jin Wu qualche supporto in più. Non tanto per i mostri sotto il comando del Monarca del Corpo di Ferro, ma proprio per Tarnak, che non sta rendendo per niente la sua missione semplice, ma nemmeno per sbaglio. Le sue lame faticano a trapassare l’armatura del Monarca. E per fortuna ha Fang, che impedisce al tizio di comunicare con i suoi soci per via telepatica, ma questa è l’unica nota positiva in mezzo a tante grane. Bah, almeno stavolta ha solo un Monarca da tenere a bada (possibilmente uccidere, in realtà).

 

Sembrano entrambi abbastanza affaticati, dopo ore di scontri. Dell’esercito di umanoidi mostruosi è rimasto ben poco, ma il loro sovrano è ancora in piedi e non appare minimamente intenzionato a cedere il passo. Il Hwan stringe la presa sui pugnali e torna all’attacco, cercando con insistenza un varco nella sua corazza per abbatterlo una volta per tutte. Purtroppo non può permettersi di forzare troppo la mano; gli è rimasto il terrore di potersi spingere troppo in là ed esaurire ogni energia. Abbandonare di nuovo la famiglia non è un’opzione, non per la terza volta, cazzo.

 

흰 늑대

 

Uno stridio, che gli fa socchiudere gli occhi per il fastidio, lacera l’aria attorno a loro. Ah, il suo avversario deve aver rilevato la presenza del soldato ombra di Jin Wu rimasto celato fino a quel momento. A quanto sembra, i Monarchi possono annientare le ombre di Jin Wu, eliminando totalmente la loro esistenza. D’accordo, a patto che non eliminino lui dall’esistenza, può sopportarlo.

 

Certo, un po’ ammaccato è inevitabile che lo sia, dopo questo, ma… Con la coda dell’occhio nota che Fang sta lavorando a qualcosa. Forse potrebbero riuscire a fregarlo, quel piccolo bastardo di Tarnak. All’improvviso sgrana gli occhi, mentre delle lievi crepe si diramano, silenziose, lungo il collo del Monarca. Pare che lui non se ne sia reso conto, non ancora. Allora fa in modo di distrarlo ulteriormente, impegnandolo con una serie incessante di attacchi, e infine sogghigna, mentre le piccole crepe si allargano progressivamente. Il Monarca si è appena reso conto che qualcosa non va, ma ormai è tardi. Il Hwan gli si avventa contro e conficca entrambi i pugnali nel suo collo rimasto allo scoperto. L’occhiata di puro odio che gli lancia Tarnak è quasi esilarante. Ma sta morendo; è tardi per maledirlo. ‘Fanculo al Monarca del Corpo di Ferro.

 

흰 늑대

 

Controlla le proprie condizioni, mentre si muove lentamente sul campo di battaglia, per assicurarsi che nessuna delle creature di Tarnak sia sopravvissuta. Non così male. Certo, sente la fatica di quello scontro appena concluso, ma non ha nulla di rotto e nessuna ferita grave. Forse un po’ di riposo potrebbe fare al caso suo. Deve solo attendere che Jin Wu abbia eliminato Jogmunt e le sue schiere di spettri e torni da lui. Si domanda se ci sia qualche posto abbastanza sicuro, in quel mondo, in cui riposare e rifocillarsi. D’altra parte, i mostri e le altre creature, in qualche modo, devono pur sopravvivere, giusto? Troveranno certamente qualcosa.

 

Arrivato ai bordi di un’altura, scopre che in basso si estende un’ampia vallata molto verde, piena di alberi e con sottili corsi d’acqua. Ecco, quella per esempio potrebbe essere una buona risposta ai suoi precedenti dubbi. Un lieve sorriso di speranza distende le sue labbra. Sospira, si stiracchia con cautela e si appresta a tornare sui suoi passi, chiedendosi come se la stia cavando il figlio. Jogmunt non sembrava una preda facile, ma Jin Wu ha il suo esercito alle spalle e non crede che si farebbe cogliere impreparato dalle sorprese di quel Monarca.

 

Un brivido gli percorre la schiena. Avverte qualcosa alle sue spalle, ma non trova il tempo di voltarsi e accertarsi di cosa abbia messo in allarme i suoi sensi che un’enorme ombra scura lo investe in pieno, scagliandolo lontano. Si scontra duramente con il terreno duro della piana e tenta di risollevarsi, ma viene afferrato per la collottola e sollevato in alto. Un altro Monarca? Perché non ha percepito prima la sua presenza? Il Hwan tenta di scrollarsi via la presa sul suo collo, ma ha l’impressione di essere stretto dal peso di una montagna.

 

«Questo dovrebbe bastare. Ha il suo odore» ringhia una voce alle sue spalle, strattonandolo senza troppa cura.

 

Il Hwan cruccia la fronte. Ha già sentito quella voce? Ma non riesce a rammentare dove. Poi la stretta attorno alla sua gola si fa più forte e sente mancargli l’aria. Cerca invano di liberarsi, ma non riesce neppure a intaccarla. I bordi della sua visuale si fanno sfocati. Qualche momento dopo perde conoscenza.

Chapter 5: 5 - Un mondo senza guerra

Chapter Text

Si risveglia con un mal di testa da primato, all’interno di una stupidissima grotta gocciolante e semibuia. Grugnisce, seccato, tastandosi la gola. Quel figlio di puttana, per poco, non gli staccava la testa. Per quale accidenti di motivo questa feccia dell'universo non possiede mai un minimo di senso della misura?

 

Prova a rimettersi in piedi. Nonostante il volo sulla piana e il trattamento non proprio da cinque stelle, sembra che sia tutto intatto… Lividi a parte. Batte le palpebre, incredulo, mentre fissa l’uscita della maledetta grotta bloccata da delle sbarre. Ma che cazzo! Spera che non intendano tenerselo come animale domestico come hanno fatto quegli altri fuori di testa prima di loro. Marcia furioso verso le sbarre e le scuote con violenza. Un lieve sbuffo, un calcio abbastanza incazzato, poi si butta per terra a gambe e braccia incrociate, fissando con astio le sbarre, percorse da un’assurda quantità di mana.

 

«’Fanculo» borbotta. E poi soffia un gemito di sconforto, rammentando che Tarnak ha polverizzato la sua sentinella ombra, il che significa che Jin Wu avrà i suoi bei grattacapi per ritrovarlo. «’Fanculo» ripete depresso.

 

흰 늑대

 

Sono già trascorse diverse ore (sei, se la sua percezione non lo inganna) senza che nessuno si degnasse di controllare se fosse vivo, o anche solo sotto chiave. Non dovrebbe sentirsi ignorato, eppure l’impressione è questa. Sta cercando di convincersi che meno viene preso in considerazione e più saranno le probabilità di uscirne tutto intero. Solo che gli capita di pensare anche al fatto che non otterrà neppure qualcosa da mangiare, e quell’idea non lo rallegra per niente.

 

«Ma perché tutte a me?» borbotta, guardando desolato il soffitto ruvido e grigio.

 

«Perché sei il padre del nuovo Monarca delle Ombre?»

 

I capelli gli si rizzano in testa. Scatta in piedi e si allontana dall’uscita. Non riesce a capire perché non sente mai arrivare questo tizio. Ha sempre funzionato, con tutti gli altri, che fossero mostri, Monarchi o Governanti.

 

«Ok. E tu, invece, chi saresti?» sbotta, fissando acutamente oltre le sbarre.

 

Non vede nulla. Forse usa l’occultamento? Forse è quello il motivo per cui non riesce a percepirlo? L’aria tremola e uno strano odore permea l’uscita della grotta. Poi Il Hwan spalanca la bocca, fissando il lupo più grosso che abbia mai visto.

 

«Ah!» esclama, rammentando dove aveva già sentito quella voce. «Il Monarca delle Zanne.»

 

«È esatto.»

 

«Ti ricordavo diverso» considera perplesso. Più umano, da un certo punto di vista, o comunque con qualcosa di vagamente simile. Ora non ha proprio nulla di umano, a parte la voce.

 

Il lupo piega la testa, interdetto. «Quando ci siamo incontrati, prima d’ora?»

 

Ehm… Ops! Il Hwan si gratta la testa, imbarazzato per il passo falso.

 

«Quando?» insiste il Monarca, allungando a fatica il muso oltre le sbarre.

 

Sospira scontento. «La linea temporale precedente a questa. Beh, credo lo sia; dal vostro punto di vista, comunque. Il mio è abbastanza confuso.»

 

Il Monarca sembra intento a soppesare la risposta. «Non ricordo il tuo odore. Perché?»

 

Il Hwan si stringe nelle spalle. «Non ne ho idea.» Però un pensiero improvviso lo coglie, distraendolo.

 

«Cosa?» si affretta a chiedere il Monarca.

 

«Potrebbe dipendere dalla manipolazione dei Governanti» tentenna.

 

Il lupo lo guarda per un lungo momento, poi si accuccia. Non che cambi molto. Le sue dimensioni sono comunque assurde.

 

«Posso sapere se hai intenzione di uccidermi?» si innervosisce Il Hwan.

 

«Non se non è necessario. Tutto quel che mi serve è che tuo figlio non interferisca con i miei piani.»

 

Lo fissa incerto. «Senza offesa: se avessi evitato di rapirmi, Jin Wu non dovrebbe setacciare tutto questo mondo per ritrovare le mie tracce. Non sembra un buon modo per non attirare la sua attenzione.»

 

Sbuffa piano. «Sto aspettando che tolga di mezzo gli altri Monarchi.»

 

«Va bene. E poi? Tu sei un Monarca, il che significa che sei sulla sua lista» fa notare, sempre più stranito.

 

«No. Io ho bisogno di continuare a vivere» rimarca testardo.

 

Il Hwan allarga le braccia, esasperato. «Sono abbastanza sicuro che a nessuno degli altri andrebbe a genio l’idea di essere ucciso. Non vedo la differenza.»

 

Il lupo emette un piccolo ringhio poco convinto. «La differenza c’è eccome. Non è più solo il semplice istinto di sopravvivenza. Io devo vivere, capisci?»

 

«No» replica asciutto. E, davvero, come può pensare che capisca, se parla come una sfinge?

 

Il secondo ringhio è più incazzato. «Devo proteggere la mia discendenza. Non ho più nessuno di cui fidarmi, ormai. Ci sono solo io!» sbotta.

 

Il Hwan sfarfalla le ciglia. «Discendenza? Vuol dire che hai dei figli?» Che idea strana.

 

«Se potete averli voi inutili umani, non vedo perché non io.»

 

«Ehi, bada un po’ a come parli!» sbotta offeso.

 

Quello che sta vedendo è un sogghigno? I lupi possono sogghignare? «Oh? Altrimenti? Cosa mi fai: il solletico?»

 

Il Hwan si imbroncia e incrocia le braccia. «Te ne approfitti solo perché sei uno stupido Monarca e io sono qui dentro» borbotta seccato.

 

Il lupo annusa l’aria, pensieroso. «La tua magia è molta, ma non abbastanza. Potrai anche permetterti di eliminare uno come Tarnak, ma non è sufficiente per me, né per Shilad o Antares.»

 

«L’altra volta sono riuscito a tenervi alla larga per un bel po’!» sbotta irritato.

 

Sgrana gli occhi. Sono gialli come quelli dei lupi veri, ma sembrano molto più consapevoli, soprattutto in quel momento.

 

«Quella creatura coperta dal cappuccio e dal mantello, quella con i poteri dei Governanti. Ecco dove mi avevi già visto» comprende. E poi aggrotta le sopracciglia. «Ma allora avevi un odore diverso. Odoravi della loro magia e di cenere.»

 

«Magia e cenere, sì. Immagino che fosse normale. Ero molto vicino alla fine.»

 

«Un po’ si sente ancora, la loro magia. Ma non molto. Te n’è rimasta poca, ora. Possiedi solo la tua. O meglio, la nostra.»

 

«La vostra» riflette Il Hwan.

 

Sogghigna di nuovo, stavolta in modo più pronunciato, una smorfia tutta zanne scintillanti. «Già. Non è buffo: esseri umani, con la nostra magia, che uccidono le creature che ci appartengono. Non sono più troppo sicuro che abbiamo fatto un buon affare, nel seguire questo piano. Le mie bestie magiche sono morte a migliaia, costrette nei dungeon dai piani dei Governanti.» Scuote la testa, forse pensando alle creature morte in nome di uno scopo più ampio.

 

«Beh, allora quale sarebbe il tuo nuovo piano? Nasconderti qua dentro finché non saranno tutti morti e poi cercare un nuovo mondo da annientare?»

 

Il brillio di quegli occhi gialli gli suggerisce che sta giocando a un gioco pericoloso. «No. Voglio veder crescere il mio cucciolo. Spero che un giorno potrò mostrargli un mondo senza guerra. Io non l’ho mai visto.»

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