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(Y/n) stava ansimando sonoramente, non essendosi ancora ripresa dall’attacco precedente, ma almeno credeva che l’avrebbe lasciata in pace per qualche minuto. Era passato già diverso tempo da quando era stata messa in posizione e sentiva le gambe indolenzite per essere rimasta così tanto sulle ginocchia. Cercò di sollevarsi un po’, per sistemarsi almeno a quattro zampe in modo decente, ma la catena delle manette, che la ancoravano alla testiera del letto, era troppo corta e anche le corde che le legavano le caviglie, costringendola a mantenere le gambe aperte, erano della lunghezza tale che era obbligata a rimanere con il culo in aria e la schiena inarcata.
«Cosa stai cercando di fare?», lo sentì parlare dietro di lei.
Girò la testa al meglio che poteva, con l’intento di chiedergli di allungare almeno un po’ le corde, ma appena lo vide riuscì solo a lamentare il suo nome: «Jade…».
Era così fottutamente erotico nella sua semplicità. Sedeva su una poltrona di pelle, vestendo un abito elegante e nero, con cravatta dello stesso colore e camicia bianca; si era tolto i guanti, ma in mano aveva un frustino che si batteva sul palmo a ritmo regolare, mentre la guardava con un sorriso sadico e gli occhi affamati.
«Rispondimi: cosa stai cercando di fare?», ripeté lento, continuando a scandire il tempo col frustino sul palmo, «stai per caso cercando di fuggire?»
(Y/n) aveva capito dove voleva arrivare, stava solo preparando la scusa per il suo prossimo assalto, diverso dai precedenti, a giudicare dall’attrezzo che esibiva con orgoglio, e non poté fare altro che eccitarsi ancora di più. Aveva ormai perso il conto di quante volte era già venuta, ma la sua figa non la smetteva di gocciolare per ogni idea sadica che il ragazzo decideva di attuare su di lei, sentendo i fluidi che le scorrevano lungo le cosce, fino alle lenzuola bianche.
«Jade…», si lamentò ancora, incapace di dire altro. Aveva riportato la testa dritta, verso la testiera, e chiuse gli occhi, impaziente di pregustare un altro dei suoi trattamenti.
«Tu non puoi fuggire da me», si alzò dalla poltrona e si avvicinò alle spalle della ragazza, facendo risuonare i tacchetti delle inglesine con chiarezza, in modo che sentisse il suo imminente incombere. Si fermò dietro di lei con uno schiocco e si piegò fino al suo orecchio, continuando con un sussurro «perché se ci provi io ti punirò».
Tornò diritto e guardò come, avendo sentito le sue parole, i muscoli dei glutei e della figa si contrassero, mentre lei produceva un lieve lamento. Con la punta del frustino, Jade cominciò ad accarezzarle le natiche, prendendosi tutto il tempo necessario, passando la punta piatta lentamente e sorridendo alla pelle d’oca che si formava. Dopo averla presa un po’ in giro si fermò, lasciando il frustino poggiato contro la cute.
(Y/n) capì subito cosa voleva affinché continuasse: voleva che gli desse un motivo per poter utilizzare la stupida scusa su di lei. Si dimenò un po’ tirando le manette, facendole tintinnare, incurante del bruciore attorno ai polsi, e scosse il corpo.
Il sorriso sadico della murena divenne ampio nel vedere la sua reazione e non perse altro tempo. Staccò il frustino da lei per poi farlo riscendere, non molto forte, ma abbastanza da produrre uno schiocco.
La ragazza sussultò leggermente al colpo e si morse il labbro, sentendosi attraversare da un intenso piacere.
«Cosa ho detto? Vuoi proprio essere punita?», tacque, studiandosi tutta la forma del corpo nudo che si poneva davanti ai suoi occhi. «Se è così non mi tratterrò più. E non sarò gentile».
Per una seconda volta sollevò il frustino, ma, facendo fede alle parole appena dette, la colpì con più decisione. (Y/n) rilasciò un lieve lamento, inarcando con più evidenza la schiena, prima che Jade ricadesse su di lei, frustandola con forza crescente. Lui aspettava sempre il lamento di (Y/n) prima di ripetere l’azione un’ulteriore volta, appagato dal concerto di suoni che si propagava dopo un suo gesto. A ogni schiocco la vedeva sussultare, mentre la pelle del culo si colorava di un vivace colore rosso, facendolo diventare di vivida carne rovente, accrescendo il suo ego e la voglia di andare ancora più forte. Una scarica di adrenalina lo attraversava dalla testa ai piedi ogni volta che sentiva i suoi osceni suoni, facendogli contrarre con forza il cazzo stretto nei pantaloni. Schioccò un altro colpo, ancora più energico dei precedenti e (Y/n) sussultò così tanto che perse l’equilibrio e cadde in avanti, sbattendo la testa sul materasso e dandogli una visione migliore della figa gocciolante.
Il tessuto era ormai troppo stringente, ma continuava a ignorare i bisogni fisici, trovando più compiacente concentrarsi sul corpo di lei, sulle frustate e la pelle rovinata, sui suoni che il frustino produceva sbattendo, sui versi e i sussulti, sui legamenti che le stringevano le caviglie e le manette che ormai avevano creato un cerchio violaceo attorno ai polsi, sulla posizione scomoda per lei, ma che gli offriva alla vista tutti i suoi punti più proibiti, che solo lui aveva il permesso di vedere, di toccare, di stimolare, di far gocciolare come una cascata e di riempire.
Jade fermò il suo crudele assalto e con la punta del frustino strofinò le labbra inzuppate, raccogliendo sul rettangolo di pelle il liquido trasparente e facendo piagnucolare la ragazza, sentendo il freddo del materiale contro la zona bollente. Nel momento in cui fu soddisfatto, Jade allontanò l’attrezzo da lei per poterlo analizzare. Un filo di sostanza continuava a collegarli e ridacchiò. «Sembra che ci stiamo divertendo».
«Jade… Jade, per favore», mugugnò supplichevole, lamentandosi incapace di muoversi. Se già prima sentiva le gambe indolenzite, ora non riusciva più a muoverle, complice il fondoschiena che le bruciava, ma soprattutto per la scarica di piacere che l’aveva attraversata.
Il ragazzo si spostò, piazzandosi al lato del letto, in modo che lo vedesse bene in faccia. «Non credo tu abbia capito in che posizione tu ti trova: le tue suppliche… sono inutili», ridacchiò notando la sua espressione frustrata. Voleva davvero solo essere scopata come un animale, era al limite della sopportazione e proprio per questo Jade decise di continuare a negarglielo ancora un po’, magari, nel frattempo, stimolandola ancora, in modo che quando sarebbe giunto il momento sarebbe stata così oltre ogni limite da schizzare i suoi succhi subito e pregarlo di fermarsi, il contrario di quello che stava facendo adesso. Avevano entrambi stabilito la safeword, ma la conosceva abbastanza bene da sapere che non l’avrebbe mai usata, al punto che avrebbe preferito piuttosto svenire per l’eccessivo piacere.
Il ragazzo guardò la punta del frustino, muovendolo in modo tale da far luccicare il liquido trasparente ancora presente lì sopra alla fioca luce della stanza, poi tornò su di lei, notando che aveva gli occhi lucidi che lo stavano scrutando, frustrata. Perciò sorrise e con molta calma portò il rettangolo di pelle alle labbra, uscì la lingua e leccò i succhi, godendosi la loro dolcezza che si propagava per la bocca. Subito (Y/n) mugugnò e voltò la testa dall’altra parte, preferendo non vederlo stuzzicarla ancora, senza darle quello che realmente voleva, piuttosto che soffrire come un cane con gli occhi puntati su di lui.
Jade ridacchiò, compiaciuto dalla reazione; era proprio quella che voleva e appena finì di ripulire l’arnese lo poggiò sul letto, non molto distante da un ginocchio, e ritornò alle sue spalle, fuori dal raggio visivo. Analizzò per bene lo spazio che gli era necessario per fare ciò che aveva in mente e quando individuò la posizione migliore si inginocchiò davanti al letto e con entrambe le mani le afferrò i fianchi con una presa molto salda. (Y/n) sussultò sentendo le dita affondare nella carne, ma soprattutto premere con forza su parte della pelle segnata, ma non riusciva ancora a capire quali fossero le sue intenzioni, almeno fino a quando con i lunghi pollici le spalancò le labbra della figa, mostrandosela con ancora più chiarezza. Jade si prese del tempo per ammirare quel bel buco fradicio e gonfio, prima di chinarsi su di esso e succhiare con decisione.
Immediatamente (Y/n) urlò, inondata da una scarica di piacere, mentre lui si abbeverava coi succhi dolci come il nettare. Ciucciava in ogni punto in cui sentiva ci fosse almeno una goccia, ripulendola da tutti gli orgasmi precedenti, ma anche istigandone uno nuovo, molto intenso. Quando passò al clitoride, chiuse leggermente i denti seghettati, mordicchiandolo, mentre lei cercava di contorcersi, ma venendo bloccata dalla sua ferrea presa sui fianchi, continuando indisturbato fino a che non la ripulì completamente e l’unico liquido che aveva ora su di sé era la sua saliva. Ma Jade non era ancora sazio, voleva continuare ad assaggiarla, non poteva fermarsi ora, la lussuria lo istigava a cercare dell’altro, non riusciva più a ignorarla. Si allontanò da in mezzo alle sue gambe, analizzando con gli occhi famelici, e notò che, in effetti, non si era ancora addentrato all’interno. I pollici allargarono ancora di più il buco, aprendolo il più possibile, e ritornò al suo posto, tirando subito fuori la lingua e ficcandola dentro di lei. Lì era così calda e Jade non poteva fare a meno di spingersi più in là che gli era possibile, sorridendo contro la pelle ai lamenti acuti che la ragazza stava facendo per il trattamento e concentrandosi sul sapore che riusciva a far tornare nella bocca ogni volta che strofinava la lingua contro le pareti. Si stava divertendo, non solo nell’assaporarla, ma anche ascoltandola, sapendo come la stesse portando al suo limite. A voler confermare i pensieri, poco dopo sentì le pareti cominciare a stringersi contro il caldo muscolo che si muoveva famelico, perciò decise di terminare il trattamento così, interrompendo di colpo il vortice di piacere e negandole l’orgasmo, che era molto vicino.
(Y/n) si lamentò contrariata e cominciò a chiamare il suo nome come una preghiera, aggiungendo parole sconnesse che bene o male volevano fargli capire il bisogno di venire. Era così patetica in quella condizione e lo amava. I gemiti, le suppliche, la fame carnale che l’aveva invasa, la rendevano l’essere vivente più eccitante che Jade avesse mai visto e ora davvero non resisteva più all’idea di scoparla per bene.
Mentre lei continuava a contorcersi e a lamentarsi, Jade si allontanò, osservandola mentre si slacciava la cintura, si apriva i pantaloni e portava fuori il membro. Un sospiro leggero sfuggì dalle labbra quando lo liberò dalle costrizioni del tessuto e iniziò ad accarezzarlo lento, ritornando a posizionarsi dietro di lei.
«Sei una patetica piccola ragazza desiderosa di schizzare, vero?» strofinò la punta sulla fessura, lubrificandola un po’, facendola smettere di urlare, ma piagnucolando, «bene… allora vieni sul mio cazzo», e con una sola spinta lo mise tutto dentro.