Chapter 1: Il Concilio Angelico
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Odiava quel posto. Puzzava terribilmente di disinfettante e zucchero filato, in un miscuglio di odori decisamente irritante per chiunque, tranne per il piccolo serafino che sedeva a capotavola. Emily li stava osservando con un’espressione tra il disgustato e lo spazientito; il nervosismo era tradito anche dalla velocità con cui picchiettava le corte dita sui braccioli della poltrona.
Adam si costrinse a reprimere un sogghigno, che sarebbe apparso sin troppo vistoso sulla maschera. Cercò di rilassare la schiena contro la seggiola, ma si ritrovò a sussultare quando una piuma dorata si incastrò in una fenditura lungo lo schienale.
«Cazzo» sibilò a denti stretti; l’esclamazione non sfuggì a Emily, che ne approfittò per rifilargli un’occhiataccia «Quanto pensa di metterci Sera? Stiamo aspettando da almeno mezz’ora!» esclamò, scoccando uno sguardo all’orologio a muro. La lancetta più corta era appena scivolata sul numero sei.
«è occupata. La tua bravata in tribunale le ha causato non pochi grattacapi negli ultimi giorni.»
«La mia... cosa?!» gonfiò le guance, abbandonandosi ad un sonoro sbuffare «Sai, se tu non avessi dato seguito alle idee idiote di quella stronzetta infernale, adesso non ci ritroveremmo questa colossale merda da gestire.»
«Stai dicendo che è colpa mia?»
«In buona parte!»
Vide Emily scattare in piedi, ma la sua altezza e il fisico minuto non erano sufficienti per renderla intimidatoria. Nonostante si sforzasse di apparire autoritaria almeno quanto la collega, la voce tremava per la frustrazione:
«Sterminate le anime umane ogni anno!»
«Sei mesi, attualmente...»
«Siete degli assassini senza scrupoli. Non conoscete la pietà, nemmeno per coloro che dimostrano un sincero pentimento!» lo sguardo della serafina volò da lui a Lute, che gli sedeva accanto impassibile, come consueto. Adam la conosceva sin troppo bene: sotto il casco da esorcista, sicuramente la donna stava dominando la noia ripassando mentalmente le sequenze degli ultimi allenamenti «Non dovreste nemmeno esistere, per quanto mi riguarda! Il Paradiso dovrebbe essere un luogo puro, incontaminato e sinonimo di bontà e virtù. La violenza dovrebbe essere bandita in ogni sua forma, e...»
«E... è grazie alle mie ragazze e alla violenza che tanto ripudi, se il tuo culetto angelico è seduto su quella sedia, lo sai? È solo merito nostro, se quei peccatori merdosi non sono ancora riusciti a sfondare i cancelli. Perché li sterminiamo prima che possano anche solo pensare di bussare alle nostre porte» sbottò, senza nascondere il disappunto sulla maschera «Perché senza di noi, questo posto sarebbe già pieno di feccia infernale! Mi piacerebbe tanto vedervi, alle prese con quella marmaglia mentre demolisce i palazzi, imbratta i muri, saccheggia i negozi, e piscia lungo le graziose stradine dorate del Paradiso» congiunse le mani, come in una muta preghiera «Oh, vorrei davvero sapere cosa farebbe la cara Emily davanti a uno scempio del genere...» cinguettò, incurante del livore che adornava i tratti della giovane serafina.
«Non sono tutti così!»
«Beh, mi dispiace... ma fare una cernita non rientra tra i miei doveri! E l’ultima cosa che voglio, è che quella spazzatura di Hotel trovi un modo per redimere le anime dannate. Ci manca solo di assistere dei neo-eletti, che fino al giorno prima rimbalzavano tra un peccato e l’altro senza ritegno.»
«Potrei occuparmene io!»
«Si, come no... »
Osservò soddisfatto l’angelo lasciarsi cadere nuovamente in poltrona e incrociare le magre braccia, imbronciata.
Stupida stronzetta.
Allungò silenziosamente la mano sinistra verso Lute, che gli batté il cinque, senza commentare.
«Avete finito di comportarvi come dei bambini?»
La voce più profonda e autoritaria di Sera interruppe il breve attimo di silenzio, seguita dal tonfo della porta e dal ticchettio delle scarpe sul pavimento lucido. La serafina gettò ai due esorcisti soltanto una rapida occhiata, prima di raggiungere Emily e prendere posto accanto a lei. Lasciò cadere sul tavolo una pila di fogli.
«Purtroppo, ho delle notizie che non vi piaceranno» esordì, spaziando lo sguardo sugli astanti «Gli Angeli Superiori si sono riuniti in concilio e hanno decretato che, a seguito di quanto accaduto in tribunale, non possiamo più ignorare gli ultimi avvenimenti. L’Hazbin Hotel ha richiamato la loro attenzione, e il fatto che sia gestito nientemeno che dalla figlia di Lucifero li spinge a richiedere una indagine approfondita.»
«Indagine?!» Adam saltò sulla sedia a quelle parole, dimentico delle piume incastrate nel legno. Colse un bruciore alle ali, ma si sforzò di non badarci «Fanculo! Che significa “indagine”? Non c’è niente da analizzare o da scoprire, laggiù! Solo uno schifoso Bed and Breakfast da radere al suolo.» ringhiò, mentre Lute annuiva con veemenza.
«Beh, in Concilio Angelico non è dello stesso avviso» proseguì Sera «Ha disposto che venga condotta un’inchiesta sulle attività della struttura. Hanno designato un ambasciatore celeste da inviare all’Hazbin Hotel» la donna abbassò lo sguardo sui fogli, senza celare la preoccupazione nello sguardo, mentre si apprestava a leggere il comunicato «Il presente decreto, sottoscritto all’unanimità dai membri del Concilio Angelico, dispone l’immediata sospensione dello Sterminio, sino a data da destinarsi.»
«Che cazzo stai dicendo?!» Adam non riuscì a trattenersi, sbattendo il pugno sul tavolo.
«Avvalla la necessità di una indagine approfondita riguardante la struttura denominata “Hazbin Hotel” di proprietà di Charlotte Morningstar e delle attività ad essa legate.»
«Non possono annullare lo Sterminio!»
«A quanto pare, possono» canticchiò Emily, con un sorriso vittorioso.
Il Primo Uomo le regalò un dito medio.
«Fingerò di non aver visto» sbottò Sera, proseguendo nella lettura, la voce condita di un’apprensione che non riusciva più a celare «La serafina Emily viene promossa al ruolo di Ambasciatore Celeste, per tutta la durata dell’inchiesta.»
Emily saltò in piedi sulla poltrona, non potendo trattenere la gioia. Il Concilio l’aveva ritenuta idonea per una missione così delicata! Era indubbiamente un grande onore, e non vedeva l’ora di poter riabbracciare Charlie. Nonostante la conoscesse davvero poco, sentiva per lei un naturale trasporto, simbolo di un’amicizia pronta a sbocciare. Inoltre, avrebbe finalmente osservato l’Inferno con i propri occhi e saziato la curiosità che ruotava attorno a quel luogo così misterioso, che tanto la affascinava e intimoriva al tempo stesso.
«Contenta? Scommetto che non stai più nella pelle! Oh, che splendida idea scendere in quella cloaca puzzolente» Adam mimò un sorriso divertito, sfarfallando le ciglia inesistenti della maschera nera e gialla «Non vedi l’ora di rivedere Miss Stronzetta Morningstar. Sarà fantastico saltellare con lei per le vie lerce di Pentagram City, e comprare souvenir del cazzo... e ascoltare tutto il giorno quella musica merdosa che trasmettono laggiù.»
«Come fai a dire che la musica fa schifo, da quelle parti?»
«Perché tutti i musicisti buoni sono logicamente in Paradiso» si strinse nelle spalle, come se la cosa fosse ovvia «Dove altrimenti potrebbero essere?» domandò retorico, mentre Sera richiamava l’attenzione con un colpetto di tosse.
«Non divaghiamo, per favore» li ammonì, riprendendo a leggere «Il Concilio dispone inoltre che all’Ambasciatrice venga affiancato un accompagnatore, che possa garantirne la sicurezza in ogni frangente. Il nominativo designato è...»
Adam si irrigidì nuovamente.
Non io! pensò immediatamente Non io, non io, non io, non io, non...
«Il Capo Esorcista» concluse Sera.
«Fanculo, no!» Adam indietreggiò, spingendo la sedia con troppa foga e mandandola a gambe all’aria «No, no e no! Rifiuto l’incarico!»
«Non credo si possa rifiutare...»
«Dì a quegli stronzi bastardi che non intendo accettare in alcun modo.»
«Penso che chiamare “stronzi bastardi” gli angeli superiori non sia saggio» sibilò Sera, appoggiando la missiva sul tavolo «Inoltre, come ho detto, non è una richiesta. È un ordine diretto dalle alte sfere, Adam. Non c’è niente che io possa fare in merito.»
«Ma come no?! Tira una riga sul mio nome e scrivici quello di qualcun altro. Mandaci.. San Pietro, cazzo!»
«Stai scherzando, vero?»
«Ti sembro uno che scherza? Andiamo! Quel fringuello canterino non ha una minchia da fare tutto il giorno, se non stare a guardia dei cancelli. è letteralmente il fottuto portinaio del Paradiso! Possiamo anche rinunciare alla sua figura per un po’.»
«Non ha alcuna esperienza in materia... “infernale”» Sera mimò le virgolette piegando contemporaneamente indice e medio di entrambe le mani «Serve qualcuno che possa proteggere Emily. Non hai detto tu che l’Inferno è un posto corrotto e depravato? Non vorrai lasciarla andare laggiù senza una adeguata scorta, voglio sperare!»
«Io non sono un’adeguata scorta! Sono il fottuto Capo Esorcista e non un baby-sitter.»
«Morditi la lingua. è di Emily che stiamo parlando!»
Sera si stava chiaramente indisponendo, ma la cosa non gli interessava affatto. Iniziò a camminare su e giù nervosamente, frullando le ali come un uccellino in gabbia.
«Non c’è alcun bisogno che vada io. Una delle mie ragazze andrà benissimo» esclamò infine, voltandosi verso il luogotenente «Lute!»
«No!» Lute non riuscì a fermare quell’esclamazione. La maschera nera e bianca rifletteva un’espressione a dir poco terrorizzata: scendere all’Inferno con Emily non era sicuramente nella lista delle sue priorità o aspirazione. Dannazione, non si era arruolata per fare da balia ai cuccioli! Tuttavia, corresse frettolosamente il tiro «Volevo dire... Sì, signore?» recuperando in fretta la propria compostezza militare.
«Tu potresti...»
«Signore, con tutto il dovuto rispetto: devo ricordarle che non posso assolutamente abbandonare il Paradiso. Ricorda la... prozia Tiffany? Quella di cui le parlavo.»
«Non ricordo nessuna prozia...»
«Signore, andiamo! Possibile che non presta mai attenzione a quello che dico?» sbottò, montando un cipiglio offeso e incrociando le braccia al petto. Scrutò il volto di Adamo finché non vide il dubbio segnare i suoi lineamenti.
«Scusa, ecco... mi sarà sfuggito. Potresti ripetermi di questa tua... zia Tippete?»
«Tiffany!»
«E io che ho detto?» ora c’era anche un leggero rammarico nella voce. Perfetto!
Aveva consolidato quella tattica in passato, affinandola di volta in volta: bastava far credere ad Adam di essersi perso pezzi di un discorso mai avvenuto; di non aver prestato interesse o d’essere troppo distratto o ubriaco per dedicarle attenzione. Si sarebbe messo in discussione, e alla fine avrebbe ceduto pur di non darle un dispiacere. Lute aveva imparato a sfruttare quelle situazioni per volgerle facilmente in proprio favore.
«Beh, comunque... la prozia è molto malata. Le ho assicurato che sarei passata a trovarla tutti i giorni. Non posso mancare, capisce? Insomma, si tratta di una promessa a una persona molto fragile e anziana.»
Sera sollevò la destra, incerta:
«Mi rincresce per la tua parente, Lute... ammetto che non sapevo, però, che in Paradiso si potessero contrarre malat..»
Lute la fulminò con lo sguardo, tranciando immediatamente quel dire:
«Allergia alle nuvole» assicurò, scrollando le spalle «Ogni tanto la sua intolleranza peggiora. Ecco tutto.»
«Beh, capisco la situazione...» Adam si sfregò il mento pensieroso «Allora, mh... mi sapresti indicare qualche ragazza che potrebbe assumere il compito?»
«Sì, certamente!» Lute sospirò, sollevata. Pericolo scampato! «Bra è sicuramente tra le più idonee. Anche Sock se la cava molto bene con i ragazzini» gettò un’occhiata di circostanza a Emily, prima di proseguire «Underwear è competente e diplomatica, potrebbe essere la scelta giusta...»
Sera si intromise di nuovo, rivolgendosi al Primo Uomo:
«Scusa, ma a cosa pensavi mentre davi loro un nome?» chiese, ottenendo una scrollata di spalle disinteressata.
«Probabilmente stavo sfogliando il catalogo di qualche negozio di intimo...»
Sera si massaggiò la fronte:
«Non importa» sussurrò, prima di osservare nuovamente gli sterminatori «In ogni caso, non ci sono scappatoie. L’ordine, come ho detto, viene direttamente dal Concilio Angelico. Non possiamo considerare altri accompagnatori: devi andarci tu.» scorse Adam aprire la bocca per riprendere a protestare, e lo fermò con un gesto secco «Non discuterò oltre questa mozione. Così è deciso. Siete congedati.» concluse, indicando la porta ai due esorcisti.
***
Emily non stava nella pelle! Un viaggio all’Inferno. Oh, sarebbe stato sicuramente emozionante.
Dopo la riunione si era fiondata a casa. Aveva trangugiato frettolosamente una fetta di pane consacrato e marmellata di luce, prima di raggiungere la propria camera. Aveva sfilato, da sotto il letto, uno zainetto viola a fiorellini e una valigia in coordinato. Si era poi lanciata su armadi e cassetti.
Indubbiamente, all’Inferno la temperatura doveva essere più calda di quella del Paradiso. Molto più calda, supponeva: avrebbe avuto bisogno di abiti pratici, per il viaggio.
Mise da parte un paio di t-shirt e camicette di cotone; prese una felpa per sicurezza, e due dozzine di calzini e ricambi di biancheria. Un ombrellino portatile venne aggiunto al necessario, oltre al pigiama e alcuni vestiti dai colori pastello. Preparò scrupolosamente il beauty case: spazzolino, dentifricio, pettine, tagliaunghie; si chiese se all’Hazbin Hotel fornivano asciugamani ed accappatoi, oltre ai set di bagnoschiuma e shampoo. Nel dubbio, decise di inserirli nel bagaglio. Mise anche gli occhiali da sole e un cappellino di paglia con un grazioso fiocco rosa e bianco.
Si fermò davanti alla libreria, indecisa: indubbiamente aveva bisogno di una lettura leggera per prendere sonno la sera, ma... quale dei tanti volumi avrebbe dovuto scegliere? Meglio uno corto, maneggevole e poco ingombrante? Oppure un tomo da millequattrocentonovantaduepagine, intitolato “La Vergine di Calcutta”, romanzo rosa in vetta alle classifiche editoriali negli ultimi sei mesi? Emily osservò la copertina lilla, dove una donna dai magnetici occhi azzurri fissava innamorata un losco, ma affascinante figuro, la cui camicia nera sottolineava con eccessivo ardore i pettorali generosi.
Senza pensarci due volte, buttò il libro nello zainetto, assieme alla crema solare e alla lozione protettiva per le ali.
Infine, si rilassò sul letto, allungando la destra per aprire il cassetto del comodino. Ne cavò una penna dall’inchiostro glitterato e un diario, con un arcobaleno stampato sulla copertina.
Appoggiò il quaderno sulle ginocchia e iniziò a scrivere.
Caro Diario,
Sono così emozionata!
Il Concilio Angelico mi ha scelto come Ambasciatrice per un viaggio all’Inferno.
Non è eccitante? Non credevo fosse possibile, mai avrei pensato che avrebbero selezionato proprio me. Indubbiamente, Sera potrebbe essere una figura più idonea e preparata, ma credo che la mia piccola arringa in tribunale li abbia convinti.
Oh, sono così felice! Non vedo l’ora di rivedere Charlie e Vaggie e di conoscere il loro mondo. Sarà splendido, già lo so: incontrerò nuovi amici e potrò essere testimone della redenzione, attraverso le attività dell’Hotel.
Naturalmente, non sarò sola (purtroppo!! ç__ç): nientemeno che il Capo Esorcista mi terrà compagnia. Non posso dirmi contenta di questa scelta: avrei preferito venisse qualcun altro (chiunque altro!). Adam sa essere così… irritante! Scostante, maleducato, sarcastico e ovviamente spietato. Non voglio che ne approfitti per seminare zizzania o minare la mia missione diplomatica! Gli impedirò di comportarsi da s♥♥♥nzo quale è. Ne va del buon nome del paradiso!
Ti terrò costantemente aggiornato, Caro Diario! Non vedo l’ora di poter descrivere le fantastiche avventure che mi attendono.
A presto,
Tua
Emily
Chiuse il quadernetto, soddisfatta. Tappò la penna e ripose il tutto in valigia.
Un attimo dopo, un leggero bussare riecheggiò nella stanza.
«Avanti!» esclamò, per nulla sorpresa di veder comparire Sera sulla soglia. La donna mostrava ancora preoccupazione sul volto stanco.
«Sera!» le sorrise, affrettando a scostare una poltroncina dalla scrivania «Accomodati» disse, battendo un paio di volte sul cuscino imbottito «Posso offrirti qualcosa? Ho dei biscotti proprio qui..» si voltò verso l’armadio, ma la donna la trattenne per un braccio e la tirò velocemente a sé in un abbraccio.
«Sera? Tutto bene?» sussurrò, ricambiando quella stretta con un leggero impaccio.
«Sì, scusa» fu la risposta. Un attimo dopo, la allontanò con una carezza gentile «Sono solo… in pensiero, ecco. Per te. L’Inferno non è un posto raccomandabile, men che meno per una giovane serafina gentile e altruista.»
«Non preoccuparti. Sarò perfettamente al sicuro. So badare a me stessa!»
«Lo so. Non è di te di cui non ho fiducia. Pentagram City è una delle città peggiori di tutto il creato. Ha una pessima nomea, sostenuta dalla blasfemia e dalla corruzione dei suoi abitanti. Ho solo… paura che possa succederti qualcosa, Emily. Che qualcuno possa farti del male, ferirti o… peggio. Sei un angelo… gli angeli non sono ben visti laggiù.»
«Mi domando il perché…» soffiò Emily, ironica. Si pentì immediatamente di quell’uscita. Abbandonarsi a simili commenti non era da sé. Si coprì le labbra con entrambe le mani, vergognandosi di quelle parole «Mi dispiace» mormorò contrita, forzando un sorriso di scuse «Non preoccuparti, comunque. Non sarò sola, dopo tutto.» aggiunse, ma l’amarezza di quella constatazione non sfuggì all’altra.
«So che Adam non ti piace…»
«…Fatico a pensare che possa piacere a qualcuno, in realtà.»
«Ma ha molte qualità.»
«Non me ne viene a mente neppure mezza.»
«È la persona giusta, credimi. È capace nel suo… lavoro.»
«Combinerà un disastro, me lo sento» Emily scosse il capo, incerta «Come fanno a credere che spedirmi all’Inferno in compagnia del responsabile degli Stermini… sia una buona idea?»
Sera non rispose, abbassando lo sguardo. Non poteva ammetterlo, ma l’idea di inviare Adam al seguito di Emily era stata sua. Il Concilio l’aveva soltanto approvata, garantendole che avrebbe mantenuto il massimo riserbo sulla faccenda. Sera era convinta che Emily l’avrebbe odiata ancor di più, se avesse scoperto che era stata lei a piazzarglielo alle calcagna; non era neppure sicura che la giovane le avesse perdonato la recente scoperta delle epurazioni annuali.
Adam non sarebbe stato da meno: avere a che fare costantemente con lui era già sufficientemente complesso. Se fosse venuto a conoscenza di quella clausola, sicuramente non gliel’avrebbe fatta passare liscia. Non che avesse alcun potere su di lei: Sera gli era indubbiamente superiore; ma Adam sapeva come rendersi odioso in molteplici modi e la fantasia certo non gli mancava. Ricordava ancora quando, a seguito di un’accanita discussione, il Primo Uomo aveva passato intere nottate a farle squillare il telefono a vuoto; o a suonarle il campanello di casa, solo per poi darsi alla fuga. Era come un adolescente, immaturo e capriccioso, intrappolato nel corpo di un uomo adulto. Tuttavia, ne era convinta, era la scelta giusta: non avrebbe affidato la tutela di Emily a nessun altro.
«Andrà bene» affermò, sforzandosi d’apparire convita e fiduciosa. Arruffò delicatamente le ciocche della più piccola «Ascoltami attentamente, ora: le vie di comunicazione con l’Inferno non sono efficaci. Una volta laggiù, non avrai modo di contattarmi direttamente. Potrai farlo soltanto recandoti all’Ambasciata Celeste. Charlie sa dove si trova, puoi fartela indicare. Chiamami per qualunque cosa, d’accordo? Darò disposizione affinché ci sia sempre qualcuno a sorvegliare quel canale.»
«Capito, sì!»
«Abbi cura di te, Emily.»
«Lo farò.»
«Sono così fiera» Sera si alzò, schioccandole un bacio sulla fronte «Ora dovresti andare a riposare. Domani ti aspetta un viaggio importante.» sussurrò, alzandosi e scivolando verso la porta «Sogni d’oro, mia cara.»
Emily sollevò la destra, sventolandola in aria:
«Buonanotte, Sera.»
Salutò, prima di arrampicarsi sul letto e coricarsi; passò le tre ore seguenti a fissare il soffitto, troppo eccitata per riuscire a dormire.
***
Lute bussò due volte, scivolando oltre l’uscio senza aspettare risposta.
Abbracciò in un attimo la familiare stanza, individuando immediatamente la figura del suo comandante, accasciata su una sedia. Come prevedibile, si era scolato tre lattine di birra e stava attaccando la quarta. Un paio di bicchierini di vetro e una bottiglia di vetro ambrato, indicavano che la birra non era l’unico alcolico a cui aveva attinto.
«Signore…» attaccò, avvicinandosi alla sua figura.
«Vaffanculo.»
Quella risposta non la sorprese per nulla.
«Adam…»
«Vaffanculo di nuovo.»
«La vuoi smettere di comportarti come un fottuto idiota?»
«Ehi! Non parlarmi così, stronza! Sono comunque il tuo capo.»
«Non fuori dall’orario di lavoro.»
Lute scostò una seggiola, accomodandosi. Allungò la destra, infilando due dita sotto al mento di lui e premendo delicatamente, costringendolo a rialzare la testa dal tavolo. Fissò lo sguardo spento del Primo Uomo, privo della protezione che la maschera gli regalava in altre occasioni. Le piacevano quei momenti: quegli attimi in cui non erano semplicemente colleghi, o comandante e sottoposta. Erano attimi personali, intimi, condivisi soltanto tra loro: una comunione che andava ben oltre il semplice cameratismo. Era consapevole d’essere l’unica persona a cui Adam mostrava quei tratti: la fragilità tipica dell’essere umano, diametralmente opposta alla sfrontatezza e boria che lo rivestiva ogni volta che indossava i panni da Capo Esorcista. Rimaneva comunque uno stronzo maleducato… ma poteva gestirlo.
«Non ci voglio andare…» lo sentì biascicare, la voce impastata dalla stanchezza e dall’alcool.
«Sei ubriaco.»
«Non è vero.»
La testa ricadde sul tavolo con un tonfo. Lute fece appena in tempo a ritirare la mano, evitando che venisse schiacciata dalla fronte altrui.
«Senti, so come ti senti…» azzardò.
«Sto una merda.»
«Sì, a parte questo…»
«Oh, Lute! Sei così fortunata ad avere una…» lo vide risollevare il capo e aggrottare la fronte «Cugina malata come Timberland. Almeno non sei costretta a scendere in quel buco merdoso d’Inferno.»
La donna affilò un sorriso di circostanza: forse aveva esagerato con la storia della prozia. Avrebbe potuto offrirsi di accompagnarlo, se non si fosse spinta troppo in là con quella bugia. Non poteva fare marcia indietro ora, senza essere smascherata.
«Sono certa che tornerai presto, suvvia. Non perderti d’animo. Si tratterà solo di qualche giorno. Una settimana, magari… forse due.» disse, affondando le dita tra i suoi capelli in disordine; cercò di modellarli, di dare loro una forma composta, ma senza successo «Magari sarai indietro nell’arco di un paio di mesi» azzardò, decisa a non regalargli false speranze o pronostici ottimisti «Hai preparato la valigia?» chiese infine.
Non ottenne risposta. Adam si limitò ad indicarle il divano davanti al caminetto.
Lute si alzò, marciando in direzione del sofà, trovandovi solo un sacchetto in nuvola biodegradabile. Sciolse il nodo che legava i manici e spiò all’interno.
«Tutto qui?!» esclamò incredula.
«Mh-mh.»
«Hai messo solo lo spazzolino, un paio di boxer e di calzini! Questa roba non basta nemmeno per una giornata.»
«Le mutande le giro dentro-fuori. Anche le calze. Così viaggio leggero.»
«Questo non è…» si interruppe, gettando il sacchetto a terra «Sei un idiota! Se avevi bisogno di una mano, avresti potuto chiedermela.»
«D’accordo… allora me la dai?»
«Una mano?»
Ottenne in cambio un sorriso sornione:
«Secondo te..?»
«Deficiente!» Lute recuperò i boxer dalla borsa e glieli lanciò in testa «Guarda, ho capito! Continua a compiangerti e ad affogare il dispiacere nell’alcool. Alla valigia ci penso io.» ringhiò, marciando verso la porta della stanza altrui.
«Lu…te?»
Si fermò sulla soglia, lanciandogli uno sguardo torvo:
«Che vuoi?»
Adam le regalò un sorriso sghembo:
«Ti voglio bene.»
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Lute si accomodò su una panchina, nei pressi del cancello dorato. Cavò il cellulare e controllò l’ora. Possibile che nessuno fosse puntale? Si erano dati appuntamento di buon mattino, le sette non erano ancora suonate; eppure era l’unica che si era presentata per tempo.
Aprì l’applicazione di messaggistica, e controllò le chat. Quella di Adam segnava l’ultimo accesso alle due di notte.
«Stupido coglione» ringhiò, digitando in fretta:
Dove sei?
Poco dopo, le tornò indietro una risposta:
Grazie del tuo messaggio. Al momento non siamo disponibili, ma risponderemo il prima possibile.
Non si era nemmeno preso la briga di cambiare il messaggio automatico.
Scorse frettolosamente la rubrica, avviando una chiamata. Portò il dispositivo all’orecchio destro, ascoltando il TUUUT-TUUUT ripetitivo. Suonava libero.
«Si può sapere dove cazzo sei?» sbottò nella cornetta, ma con sorpresa la replica giunse da dietro le sue spalle.
«Proprio qui, stronza.»
Lute si voltò, scrutando la figura del collega. Adam indossava una tunica pulita e la consueta maschera. La mancina stringeva il manico di un borsone arancione, mentre la destra reggeva un vassoietto, dove erano depositate due bicchieri di carta. Il familiare logo con l’angelo verde scuro e la scritta Saintbucks, l’odore di caffeina e due bustine di zucchero preannunciavano una frugale, ma necessaria colazione.
Il Primo Uomo lasciò cadere la valigia accanto alla panchina e si sedette, posando il vassoio tra sé e la sterminatrice. Recuperò uno dei bicchieri, dove un solerte commesso aveva scritto “Lu” con un pennarello azzurro.
«Caffè. Corto e amaro, come la vita.» esclamò, ben conscio dei gusti della donna. Attese che Lute lo prendesse e allontanasse il tappo usa e getta, prima di recuperare il proprio. Strappò coi denti le due bustine di zucchero e le versò nel contenitore, miscelando il tutto con una paletta di legno.
«Cosa hai preso?»
«Cappuccino.»
«Non credi di aver esagerato con lo zucchero?»
«No. Faccio il pieno di dolcezza finché posso.» mormorò con uno sbuffo, portando la tazza alle labbra e prendendo un sorso generoso. «Senti, Lute… pensi che..?» attaccò, ma venne ben presto interrotto da un ometto avvolto in abiti splendenti, sui toni dell’azzurro e del giallo. La chioma bionda contornava un viso imberbe, dai tratti quasi infantili. Un papillon rosso cingeva il colletto della tunica, stretta in vita da una cintura ove pendeva un mazzo di chiavi.
«Santo, santo! Osa-a-nnaaaa» canticchiava, con voce sommessa «Osanna, eh. Osanna, eh… Osannaaa a Cristo Signor!»
«Oh, ti prego! Ci mancava questo spostato!» Adam si affossò ancor di più sulla panchina, affrettandosi a trangugiare il cappuccino «Avrei dovuto prendere anche dei tovagliolini per imbottirmi le orecchie.»
L’uomo si avvicinò loro, tramutando il canto in un fischiettare altrettanto irritante. Si interruppe solo quando fu a meno di un paio di metri:
«Buongiorno, miei cari» cinguettò.
«Buongiorno un cazzo!» il Primo Uomo gli regalò una occhiata di sufficienza. Odiava San Pietro. Non capiva come avessero potuto lasciare la custodia del Paradiso ad una persona tanto inetta e insignificante. Si ricordava a stento il suo nome. «è già una giornata di merda, senza che tu l’allieti con la tua detestabile voce da chierichetto stitico!»
«Non… non ti piace la mia canzone?» San Pietro mostrava un’espressione contrita.
«Fosse solo quella, il problema…»
«Mi dispiace! Non… sapevo non rientrasse nei vostri gusti. Cambierò registro.»
«Ecco, bravo!»
«Avete qualche suggerimento?»
«Stare in silenzio, magari?» azzardò Lute, ma il tentativo cadde nel vuoto.
San Pietro non fece nemmeno finta d’averla sentita. Al contrario, prese a battere le mani a ritmo:
«Ti ringrazio mio Signore, non ho più paura
Perchèèèè.. con la mia mano, nella mano degli amici mieii
Cammino tra la gente della mia…»
«E tu questo lo chiami cantare? Che merda!» Adam balzò in piedi «Vuoi della musica? Va bene! Ti accontento, stronzo. Poi non ti lamentare!» schioccò le dita, evocando la chitarra dorata. Le note graffianti coprirono immediatamente la voce del povero Santo.
«Livin' easy
Lovin' free
Season ticket on a one-way ride…»
Lute sbuffò, scolando il proprio caffè in silenzio. Non avrebbe dovuto lasciarsi coinvolgere, lo sapeva… ma era impossibile non lasciarsi andare davanti a quella canzone. Era nel repertorio preferito del superiore, e l’aveva ascoltata così tante volte. Prese a muovere la testa a ritmo, canticchiando a propria volta:
«Don't need reason
Don't need rhyme
Ain't nothin' that I'd rather do»
Ricordava ancora la prima volta che l’avevano sentita: era stata durante una delle gite clandestine sulla Terra. Scappatelle di cui Sera non era assolutamente a conoscenza, all’epoca. Si erano imbucati ad un concerto di una band australiana. Avevano un nome strano quei ragazzi: qualcosa tipo “AvantiCristo/DopoCristo”… o una cosa del genere. Forse il nome non significava proprio quello, in effetti, ma non aveva importanza: la musica era indubbiamente spettacolare, e si erano innamorati subito dei loro pezzi. Inutile dire che quella canzone in particolare si era rivelata un successo, tanto in Terra quanto nei Cieli. Certo, Sera non si era mostrata entusiasta quando il Capo Esorcista si era messo a suonarla nei concerti del Paradiso. La reputava decisamente poco idonea al contesto. Per farla contenta e cessare le sue lamentele, Adam aveva bilanciato il repertorio con un secondo motivo, meno incisivo nel ritmo, ma dal titolo ben più consono: Stairway to Heaven. Dubitava che Sera si fosse mai presa la briga di cogliere il significato del brano, ma già che la parola “Heaven” compariva nel titolo, sembrava lasciarla soddisfatta.
«I'm on the highway to hell
On the highway to hell»
Indubbiamente, non poteva esserci canzone più adatta in quel momento. Inoltre, era perfetta per infastidire San Pietro. Il custode si era portato le mani alle orecchie, biascicando un:
«Blasfemia! Pura blasfemia!» a cui nessuno stava badando.
***
Quando Sera e Emily raggiunsero il punto d’incontro, San Pietro si era dovuto sorbire già buona parte dell’intero repertorio degli “AvantiCristo/DopoCristo”, e con lui tutto il quartiere circostante. Diverse finestre si erano spalancate, e gli abitanti – affacciati ai davanzali – agitavano minacciosamente i pugni in direzione dei cancelli:
«Basta, cazzo! Sono le sette di mattina.»
«Andate a lavorare!»
«Vogliamo dormire!»
E così via.
Adam, ovviamente, non stava badando a nient’altro che alla propria chitarra: continuava a strimpellare e a cantare, in piedi sulla panchina, lieto e consapevole d’essere un fastidio.
«Vaffanculo, stronzi! Non vedo perché io devo essere sveglio a quest’ora infame e voi no!»
«Adam!» ringhiò Sera, battendo due volte le mani. La chitarra dorata si dissolse immediatamente.
«Ehy! Stavo arrivando alla parte migliore.»
«Concerto finito. È ora di andare. Sei pronto?»
«Sono nato pronto!»
Logico. Si pizzicò nervosamente l’attaccatura del naso, mentre Emily la raggiungeva, trascinando il piccolo trolley e con già lo zainetto sulle spalle.
«Allora, prima che partiate, devo farvi alcune raccomandazioni» riprese Sera, spaziando lo sguardo ai viaggiatori «Non conosciamo le condizioni attuali dell’Inferno. Vi invito, dunque, a essere estremamente cauti. Come sapete, durante l’ultimo sterminio, sono riusciti ad abbattere uno dei nostri. Mantenete un basso profilo, state lontani dai guai» e il suo sguardo cadde inevitabilmente su Adam «E soprattutto… non create problemi. La vostra priorità è indagare sulle attività dell’Hotel: raccogliete dati, indizi, tutto quello che ritenete sia indispensabile, e riferitecelo. Come accennavo a Emily, le comunicazioni con Pentagram City non sono facili. I nostri dispositivi non funzionano laggiù, quindi per qualunque contatto dovrete recarvi all’Ambasciata Celeste. Domande?»
La mano del Primo Uomo scattò nell’aria:
«Posso riavere la mia chitarra?»
«No, ovviamente. Non hai l’altra?»
«Questa?» Adam schioccò nuovamente le dita e una chitarra dorata, con gli inserti neri, apparve dal nulla. Aveva una forma singolare, con i bordi così sottili e affilati da farla assomigliare quasi ad un’ascia «Si, ma … non ha la stessa acustica.»
«Non mi interessa. Porta quella e basta.»
Ignorò l’occhiata velenosa che l’Esorcista le lanciò. La serafina batté nuovamente le mani: due tonfi ravvicinati e uno più distante. Un portale circolare si aprì appena oltre i cancelli del Paradiso, lambito di lingue di fuoco argentato.
«Bene! Meglio vi avviate. Buona fortuna a entrambi.»
Strinse Emily in un abbraccio, prima di aiutarla a sollevare il trolley da terra e lanciarlo oltre il cerchio fiammeggiante. Dalle maniglie spuntarono due coppie di ali, che fecero planare dolcemente il bagaglio.
«Fai attenzione, Emily.» sussurrò nuovamente Sera, regalandole un’ultima carezza.
Emily le sorrise, incoraggiante:
«Andrà tutto bene, non temere.» disse, sventolando la destra nell’aria «Vi farò avere al più presto notizie!» promise, per poi scavalcare il bordo del portale e lasciarsi cadere nel cielo dell’Inferno.
***
Adam recuperò il proprio borsone, aspettando pazientemente il proprio turno.
«Ehi, stronza…» sogghignò verso Lute «Fai la brava in mia assenza. Vedi di non rammollirti.»
«Potrei dire lo stesso, signore.»
«Fanculo, Lute. Con amore.» e le regalò un dito medio, a cui il luogotenente rispose con una risatina e una scrollata di spalle.
Si avvicinò al portale, flettendo le gambe per prepararsi a scavalcarlo. Spiegò le ali, pronto a tuffarsi nel vuoto, ma qualcuno lo afferrò per le piume.
«Ehy, che cazzo..» si interruppe, quando scorse il viso di Sera terribilmente vicino.
«Non fare stupidate!» lo ammonì immediatamente.
«Quando mai fac…»
«Sono seria. La sicurezza di Emily è la tua priorità. Non dimenticarlo.»
«Non sono cretino, ho capito. Farò attenzione a Miss Valigia a Fiorellini e…»
Sentì un forte strattone alle penne.
«Non sono in vena di buffonate, Adam. Se le dovesse accadere qualcosa di spiacevole, ti riterrò responsabile.» la voce solitamente calma e melodiosa si trasformò in un basso ruggito «Se scopro che sei venuto meno al tuo dovere, ti strapperò personalmente le ali. Sono stata chiara?»
«Mh… Fanculo» un’altra stretta al piumaggio «Va bene, cazzo!»
«Eccellente. E… sei autorizzato a usare qualsiasi mezzo, per tenerla al sicuro. Hai carta bianca. Riporta indietro Emily sana e salva.»
La maschera gialla e nera mimò un ghigno soddisfatto:
«Sarà fatto.»
***
Angel Dust sgusciò fuori dal bagno. Aveva decisamente bevuto troppo la sera precedente e non aveva ancora smaltito la sbornia, che lo costringeva a correre al gabinetto a intervalli regolari. Chiuse la porta, gettando uno sguardo al pendolo lungo il corridoio. Le lancette segnavano le sette e mezza.
«Troppo presto…» sbuffò, stiracchiando le braccia. Si incamminò lungo il corridoio, per raggiungere nuovamente la propria stanza.
Passò davanti ad una finestra, scoccando un’occhiata oltre i vetri appannati. Pentagram City dormiva ancora, immersa in una quiete surreale. All’improvviso, qualcosa catturò la sua attenzione: due piccole sagome quadrate stavano precipitando dal cielo, verso il suolo. Cos’erano? Meteoriti, forse. Oppure… aguzzò meglio la vista:
«Valige!» esclamò incredulo, mentre i due bagagli spiegavano delle corte ali di tessuto e planavano dolcemente verso il suolo. Scosse il capo «Ho davvero esagerato con l’alcool ieri sera!»
***
Emily atterrò nello spiazzo antistante alla collinetta ove sorgeva l’hotel. Recuperò in fretta il trolley a fiori, e si voltò alla ricerca del proprio accompagnatore. Possibile ci stesse mettendo tanto? Non stava più nella pelle! Non vedeva l’ora di riabbracciare Charlie, di incontrare i suoi amici, di esplorare l’albergo e toccare con mano i progressi del programma di redenzione. Non poteva, tuttavia, incamminarsi senza Adam: Sera sarebbe andata su tutte le furie, se l’avesse sorpresa a lasciarlo volutamente indietro. Si costrinse ad aspettare, spostando l’attenzione all’ambiente circostante nella speranza di veder atterrare il compagno d’avventure il prima possibile. Scandì il tempo battendo nervosamente il piede a terra.
«Ma quanto ci mette?!» esclamò spazientita, poco prima che un brusco movimento sulla destra attirasse la sua attenzione.
«Cazzo, cominciamo bene!»
La voce era inequivocabile, così come il linguaggio scurrile.
Si voltò, scorgendo Adam alle prese con un robusto, quanto spoglio sicomoro. Il borsone arancione, nell’atterraggio, si era impigliato tra i rami più alti e l’Esorcista stava cercando di districare manici e passanti da quel groviglio rinsecchito.
«Porca puttana, posto di merda!» lo sentì ringhiare.
Emily inspirò a fondo e contò fino a dieci. Doveva mettere da parte le proprie remore, ed essere collaborativa e disponibile. Frullò le ali e si levò in volo, sino a raggiungere l’albero.
«Posso essere d’aiuto?» domandò, avvicinandosi all’altro angelo.
L’occhiata cupa che ricevette non la sorprese affatto.
«Hai già fatto abbastanza trascinandomi fin qui» sbottò Adam, schioccando le dita per evocare l’ascia dorata. O chitarra. O quello che era. Un’asciarra. La impugnò saldamente, mulinando colpi alla cieca per tranciare quanti più rami possibile. Tuttavia, più potava il sicomoro, più le sue propaggini ricrescevano, avvolgendosi come viticci attorno al borsone.
«Sai, non credo che funzionerà» suggerì la serafina.
«Tu dici? Cazzo, Emily… sei davvero d’aiuto! Non me n’ero affatto accorto.»
«Forse dovresti provare con un po’ di gentilezza.»
«è una fottuta pianta!»
«Sai, magari…» la fanciulla si avvicinò, prendendo un ramo a coppa tra le mani «Con delle parole dolci e una canzone adatta… Charlie canta spesso, sembra che funzioni bene da queste parti.» sussurrò, accarezzando cautamente la corteccia «Per fare un tavolo…» attaccò una melodia leggera «Ci vuole il legno…»
«Ottima idea ricordare a Mister Albero che lo aspetta un luminoso futuro da comodino!»
«Per fare il legno, ci vuole l’albero.»
«Bravissima! Vedo già uno spiraglio di salvezza per la povera valigia.»
«Per fare l’albero, ci vuole il seme…»
«Ero ironico, Emily. Quella merda sta stritolando ancor di più il borsone.»
«Per fare il seme, ci vuole il frutto. Per fare il frutto ci vuole un fiore.» la canzone continuò a fluire morbida, delicata, riempiendo la quiete del mattino «Ci vuole un fiore, ci vuole un fiore, per fare…»
«Mi sono definitivamente frantumato i coglioni. Stai indietro!»
Emily si sentì strattonare. Ruzzolò nell’aria per qualche metro, e troppo tardi realizzò ciò che stava per accadere.
«No!» esclamò, tendendo la destra in una supplica disperata «Non farlo!»
Adam non la stava minimamente considerando: lo vide convogliare il potere angelico sulla punta dell’indice e dirigere un fascio luminoso contro il sicomoro, segandolo letteralmente in due metà perfette. L’albero cadde al suolo, rilasciando la valigia, che rotolò a terra con un tonfo.
«Finalmente, cazzo!» Adam atterrò con un balzello e recuperò la propria sacca, caricandola su una spalla.
«Guarda che hai fatto!» Emily cadde in ginocchio accanto ai resti della vecchia pianta «Non era necessario!»
«Oh, finiscila.»
«Non… non…»
All’improvviso, dai resti del tronco, sciamarono una miriade di conigli rossi e neri, non più lunghi di una spanna. Turbinarono nell’aria, sfruttando le lunghe orecchie come fossero le pale di un’elica. Quelle buffe creature danzarono in cerchio attorno al sicomoro caduto, emettendo striduli squittii di dolore e sgomento. Versarono lacrime acide sul terreno, lasciando piccoli crateri fumanti ovunque le gocce cadessero.
Poco dopo, come erano apparsi, i conigli volarono via, scomparendo ben presto all’orizzonte.
Emily congiunse le mani al petto, contrita davanti a quel misero spettacolo.
«Hanno… hanno perso la loro casa.» singhiozzò, prima di rivolgersi al compagno «Hai visto che cosa hai fatto?! Sei… sei…»
«Incredibilmente sexy? Lo so, grazie.»
«Spregevole!»
«Piantala di scassare le palle! Era solo un vecchio albero cadente, infestato da roditori infernali. Mi rifiuto di sentirmi in colpa perché quattro ratti hanno perso il monolocale in cui vivevano.»
«Erano conigli…»
Adam liquidò le sue proteste con un gesto seccato:
«Abbiamo già perso abbastanza tempo. Prima arriviamo a questo merdoso hotel e meglio sarà» sentenziò, prendendo ad inerpicarsi lungo la salita che conduceva all’edificio.
A Emily non rimase altro da fare che seguirlo.
***
Valentino si strinse nella vestaglia bordata di pelliccia, e uscì sul balcone. Accese una sigaretta e la incastrò nel bocchino di avorio. Si appoggiò alla balaustra del balcone, osservando il profilo della città. Pentagram si stava lentamente risvegliando: lungo le vie, gli ultimi nottambuli barcollavano alla ricerca del loro alloggio, mentre i negozianti alzavano le saracinesche delle loro attività. Spostò lo sguardo verso ovest, oltrepassando rapidamente Cannibal Town e spaziando fino agli uffici di Carmilla Carmine, raggiungendo l’Hazbin Hotel. Aguzzò la vista quando scorse un lampo di luce scaturire alla base della collina.
«Wow, cazzo!» esclamò, aggiustando gli occhiali a forma di cuore «Fuochi d’artificio alle sette e mezza di mattina? Quegli stronzi devono essere completamente fuori di testa.» commentò, prima di fare un rapido dietro front e oltrepassare la porta a vetri, per tornare ai propri alloggi.
***
Emily osservò la porta d’ingresso del Hazbin Hotel, indecisa. L’adesivo appiccicato il battente di legno la intimoriva: era un semplice cerchio rosso, con una barra del medesimo colore. Un chiaro segno di divieto, dentro cui qualcuno aveva disegnato le sagome del Capo Esorcista e del suo luogotenente. Una scritta in stampatello avvertiva: “Io non posso entrare.”
«E adesso?» domandò, voltandosi verso il suo accompagnatore.
«Che stronzate! Non sarà certo uno stupido cartello a fermarmi.» Adam allungò la destra e premette ripetutamente il citofono. Uno trillo, poi un secondo.
Attese qualche attimo e suonò di nuovo.
***
Cherri Bomb non era una persona mattiniera, ma sfortunatamente la sua camera era esattamente sopra alla reception dell’hotel. Troppo vicina perché potesse ignorare il ripetuto trillare del campanello.
«Arrivo, arrivo!» esclamò, buttando velocemente una felpa sulle spalle e infilando le morbide ciabatte di pelo rosa. Stropicciò ripetutamente l’unico occhio e nascose in fretta un paio di sbadigli. Scese le scale, dirigendosi svelta verso la porta d’ingresso, da cui continuava a provenire l’irritante scampanellio del campanello «Ho capito, basta rompere i coglioni!» ringhiò.
Allungò la destra e abbassò la maniglia, dopo aver fatto scattare la chiave nella toppa di un paio di giri. Aprì il battente e si ritrovò ad osservare una scena surreale: una giovane serafina rimproverava inutilmente il Comandante degli Esorcisti, che non la smetteva di giocare con il citofono.
«Devo essere ancora ubriaca da ieri sera…» commentò, chiudendo la porta e tornando sui propri passi.
Sì, non c’era altra spiegazione: era impossibile che due angeli bussassero all’albergo, men che meno alle sette di mattina. Non era ancora il giorno dello Sterminio, quindi… che diamine ci facevano lì?
Non aveva alcun senso. Indubbiamente, si trattava di un’allucinazione indotta dall’alcool trangugiato la notte scorsa. Allora… perché il campanello non smetteva di squillare?
Cherri fece un rapido dietro front e tornò all’ingresso, spalancandolo.
«Ah-ah!» esclamò, convinta di non trovare più nulla oltre la soglia. Invece… i due angeli erano ancora lì. Entrambi le stavano sorridendo: la fanciulla con gentilezza e simpatia; il Capo Esorcista con il solito terrificante ghigno giallastro.
«Buongiorno! Sono…» la serafina si fece avanti, mimando un veloce inchino, subito interrotta dal suo collega.
«Fanculo, stronza! Era ora che aprissi.»
Cherri richiuse immediatamente la porta e poi la spalancò di nuovo.
Gli angeli non si erano volatilizzati, come aveva intimamente sperato.
«Ciao, sono Em…»
«Possiamo entrare o no?»
Porta chiusa. Porta aperta.
«…ily. Sono un’ambasciatrice cele…»
«Oh, ma sei cretina o cosa?!»
Porta chiusa. Porta aperta.
«…ste e sono qui per incontrare Ch…»
«Come portinaia fai decisamente cagare.»
Porta chiusa. Porta aperta.
«…arlie Morningstar. Sono stata mand…»
«Mi sto rompendo il cazzo.»
Porta…
Cherri tentò di chiudere, ma questa volta un’ala dorata si contrappose, spingendo indietro il battente. La ciclope indietreggiò rapidamente, mentre la figura del Capo Esorcista scivolava oltre l’ingresso. Incespicò e cadde a terra. Sollevò entrambi i pugni, pronta a combattere se necessario.
«Ti prego, non avere paura!» di nuovo la voce gentile della serafina «Non vogliamo farti alcun male, noi…»
Ma Cherri non la stava ascoltando. Scosse il capo, gettò un’occhiata verso le scale e gridò con quanto fiato aveva in corpo:
«CHARLIE!»
Notes:
Angolino:
Finalmente a casa, ho potuto approfittare per rileggere e ricontrollare il capitolo. Un appunto: la storia è chiaramente ambientata dopo la scena di Charlie e Vaggie in tribunale, durante la quale Adam dice "we'll see you in one month".. quindi immagino la ff inserita in quel mese. Non ho ancora deciso bene come andrà, ma credo che darò per assodato che Charlie e Vaggie abbiano recentemente scoperto come uccidere gli angeli. Ah, il nome degli AC/DC non deriva certo da "Anti Cristo / Dopo Cristo", come invece pensano Adam e Lute; tuttavia, mi sembrava un gioco di parole adatto agli abitanti del paradiso, e quindi l'ho inserito.
Riguardo a Highway to Hell, ho trovato due "versioni" del testo: la prima dice "Living easy, lovin' free"; la seconda "Living easy, living free". Non so quale sia la corretta, ma ho inserito la prima (e, ovviamente, se non conoscete Highway to Hell, dovete assolutamente recuperarla *_*)
Ringrazio chi ha avuto la pazienza di leggere fin qui. Per qualunque suggerimento / correzione, scrivetemi liberamente.
*Regala coniglietti infernali, ormai rimasti senza casa*
Chapter 3: La Vergine di Calcutta
Chapter Text
Charlie era letteralmente caduta dal letto, sentendo quel grido terrorizzato provenire dal piano di sotto. Vaggie l’aveva preceduta, balzando immediatamente fuori dalle coperte e scattando lungo il corridoio principale. La Principessa aveva impiegato qualche attimo di più a reagire: infilate le pantofole gialle a forma di papera (ovvio regalo del padre), si era precipitata nell’androne dell’hotel. Quando lo raggiunse, si ritrovò ad osservare una scena surreale.
Niffty correva avanti e indietro, ridendo come una pazza; Sir Pentious stava facendo scudo col proprio corpo a Cherri Bomb, la quale tentava inutilmente di togliersi dai piedi l’aspirante pretendente. Husk e Angel Dust, in disparte, piazzavano scommesse clandestine, rilanciando continuamente la somma.
«Io dico che lo tira giù in quaranta secondi» stava dicendo Angel, mentre Husk dondolava il capo con aria esperta:
«Ha già fatto cinque tentativi, tutti a vuoto. Ci vorranno almeno tre minuti.»
Alastor… beh, non si vedeva da nessuna parte; probabilmente le disavventure mattutine non erano abbastanza interessanti per lui.
Nel mentre, Vaggie aveva recuperato la sua vecchia lancia e la stava ripetutamente scagliando verso il soffitto, come una giavellottista… non particolarmente esperta, visto che mancava in continuazione l’obiettivo. Quest’ultimo, facilmente identificabile dalla maschera nera e le vesti da Esorcista, se ne stava pigramente appollaiato sul lampadario, deliziato dal caos generale.
Infine, una giovane serafina stava inutilmente tentando di placare gli animi, nonostante fosse chiaramente sull’orlo di una crisi di nervi.
«Si può sapere che sta succedendo qui?» esclamò Charlie, superando con un salto gli ultimi gradini. Nessuno le badò «Insomma, che accade?!» riattaccò, ma quando si vide ignorata per la terza volta, lasciò sfogo alla propria frustrazione «Che cazzo state facendo, tutti quanti?!» urlò, mentre un’aura rossastra circondava la sua figura.
«Oh, ma guarda chi si rivede. La principessa Morningstronz in persona.»
La voce pungente proveniva dal lampadario e Charlie si costrinse a rialzare lo sguardo:
«Che diamine ci fai qui?!»
Adam le rivolse un sogghigno distratto:
«Vorrei tanto spiegartelo, zuccherino. Ma prima dovresti richiamare all’ordine la tua fidanzatina Vagina.»
«Mi chiamo Vaggie!»
«Diminutivo di Vagina, appunto.» La lancia volò nuovamente nell’aria, ma il Primo Uomo si limitò a deviarla con un colpo d’ala «Cazzo, dovresti fare attenzione con quel giocattolino. Mi hai quasi… quasi… quasi… quasi… quasi… molto quasi… ferito.» sghignazzò, sporgendosi un poco dal lampadario «Ti sei rammollita quaggiù tra i peccatori. Una volta non avresti mancato il bersaglio.»
«Posso sempre riprovare!» Vaggie si precipitò a raccogliere l’arma, suscitando nel suo avversario altre risate.
«È il quindicesimo tentativo che fai, dolcezza. O forse il sedicesimo? Mh, non fa niente.» Adam la osservò con un sorriso sghembo stampato in faccia «Uh, a proposito! Come procedono le cose tra voi due? Il vostro rapporto va sempre a gonfie vele, nonostante tu le abbia tenuto nascosto che sei un fottuto angelo?» domandò, indicando la principessa.
«Sei un maledetto stronzo!»
«E tu fai schifo!»
«Va bene, ora basta!» Charlie si fece avanti, occupando il centro della scena. Volse l’attenzione alla propria compagna «Mettila via, per favore» accennando alla lancia, che Vaggie fece prontamente svanire. «Niffty, smettila di correre. Sir Pentious, basta proteggere Cherri: non è necessario e non credo nemmeno che lei lo voglia, visto che è andata a sedersi sul divano circa un quarto d’ora fa… e tu stai difendendo un appendiabiti» spostò l’attenzione, finendo su Husk e Angel «Voi! Il tempo delle scommesse è finito. Quanto a te…» sollevò un dito e lo puntò direttamente al soffitto «Vedi di piantarla!»
Il Capo Esorcista mimò con la mancina il becco di un’anatra, facendole il verso:
«Vedi di piantarla, gne gne gne. Altrimenti? Lo dirai a papà?»
Charlie decise di ignorarlo, rivolgendo la propria attenzione all’ultimo ospite:
«Emily!» esclamò. Sentì la rabbia scemare all’improvviso, sostituita da una improvvisa felicità. Corse ad abbracciarla «Sono così contenta di rivederti! Non credevo, non…» si interruppe, regalando all’altra un’occhiata incerta «Cosa ci fai qui? Non sei…» All’improvviso un pensiero orribile si formò nella sua mente: Emily era caduta? Forse, dopo la faccenda del tribunale, gli altri angeli l’avevano esiliata, ritenendola una pericolosa ribelle! Pregò silenziosamente che non fosse così. Non avrebbe mai potuto perdonarselo, e la colpa era soltanto sua: era stata lei a costringerla ad esporsi, a scegliere un partito. Emily aveva sfidato le convinzioni e le regole del Paradiso per supportarla ed ora… era stata bandita?
Come se le avesse letto nel pensiero, l’angelo la rassicurò con un sorriso:
«Oh, no! Non sono caduta. Vedi? Ho ancora tutte le mie ali» disse, sventolandole come per dare conferma. Un attimo dopo, abbassò la voce e indicò il soffitto, dove il Primo Uomo stava dondolando sul lampadario, nemmeno fosse un’altalena per canarini «E poi, se non hanno ancora cacciato lui…»
«In effetti…» Charlie riportò l’attenzione all’amica «Allora, cosa ti porta da queste parti?»
«Sono stata nominata Ambasciatore Celeste.»
«Wow… sembra, beh… una carica importante!»
«Lo è!» Emily non riuscì a nascondere l’entusiasmo «La tua arringa in tribunale li ha spiazzati. Il Concilio Angelico è incuriosito dalle attività dell’Hotel e mi ha inviato affinché possa documentarle. Ti rendi conto di cosa significa questo?» sorrise e allargò le braccia, esultante «Ce l’hai fatta, Charlie! Se dimostreremo che il tuo progetto è valido ed è possibile redimere un’anima, allora il Paradiso non potrà più fingere. Sera e tutti gli altri… saranno costretti ad ascoltarti, ad ammettere che avevano torto.» afferrò entrambe le mani della principessa, in uno slancio di gioia «Lo Sterminio è sospeso fino al mio ritorno, ma se la mia indagine avrà successo… sono certa che verrà definitivamente abolito!» concluse.
«Tutto questo è… fantastico! Mettiamoci immediatamente all’opera. Per prima cosa, ti assegnerò una stanza… poi faremo un giro dell’hotel e ti farò conoscere i ragazzi» indicò gli altri presenti «Potrai prendere parte alle attività di redenzione, naturalmente. Anzi, ogni tuo consiglio sarà ben accetto per migliorare il programma.» Charlie non riuscì a trattenersi dall’abbracciarla nuovamente «Sono così felice che tu sia qui!» esclamò, mentre Emily ricambiava la stretta.
«Anche io, amica mia.»
***
Charlie spinse una porta al primo piano e fece cenno ad Emily di accomodarsi.
«Ecco, questa sarà la tua stanza.» annunciò.
La serafina si guardò attorno, incuriosita.
La camera era semplice, ma finemente arredata: un letto singolo era posizionato sotto l’unica finestra, adornata da tendine bianche e lilla. La trapunta, del medesimo colore, appariva soffice ed emanava un profumo floreale. I mobili erano tutti in legno chiaro: un armadio sulla sinistra, un comodino e una piccola scrivani sul lato opposto erano quanto l’ambiente offriva, oltre ad un morbido tappeto circolare dai colori più vivaci. Lungo le pareti erano disposti quadri e mensole, dove gli ospiti potevano comodamente appoggiare i loro effetti.
«Ti piace?» domandò Charlie, ricevendo un ampio sorriso.
«La adoro!»
Emily si liberò frettolosamente dello zainetto, mentre un esausto Sir Pentious arrancava sino alla soglia della stanza.
«Chiedo scusa…» disse educatamente il serpente, trascinando il trolley dell’angelo «La valigia è davvero… pesante» si lagnò, tentando di ricomporre la propria giacca sgualcita e il cappello, che pendeva scomposto verso destra «Non è per farmi gli affari tuoi, Miss Emily, anzi. È un onore per me aiutarti con i bagagli…»
«Oh!» gli occhi di Emily brillarono di gioia «Che peccatore così ben educato!»
«Sì, Pentious crede molto nel programma di redenzione e si applica con dedizione» fu la conferma della principessa.
«Grazie, mia cara, per le tue dolci parole.» riprese il rettile «Tuttavia… mi domando perché la valigia di Miss Emily sia così pesante. Sapete, sono sempre stato molto orgoglioso della forza delle mie spire! Eppure… confesso di aver faticato non poco nello spingerla su per le scale.»
«Eh, deve essere il libro!» Emily si fiondò sul bagaglio, aprendolo e cavando un volume spesso quattro dita, dalla scintillante copertina viola. “La Vergine di Calcutta” emerse dalle pile di calzini e magliette, in tutto il suo splendore.
La serafina lo alzò al cielo, nemmeno fosse un testo sacro, ricevendo un:
«Cazzo, cazzo, cazzo! Lo stai leggendo anche tu?!» da una Charlie sin troppo entusiasta.
«Sì! È di grande tendenza in Paradiso» confermò Emily «Non sapevo lo avessero pubblicato anche qui.»
«Oh, no. Non abbiamo un canale editoriale cosi indirizzato ai romanzi rosa. L’inferno predilige altri generi: thriller, horror, letteratura pornografica…»
«Come hai fatto ad averlo, allora?»
«Me lo ha portato papà l’ultima volta che è stato in Paradiso. Sai… Il custode dei cancelli, un tale Pietro, lo ha preso in simpatia. Ogni tanto gli passa qualcosa di sforo, in cambio di caramelle frizzanti e papere giocattolo.»
Emily rimase sorpresa: San Pietro, un ometto così educato e a modo, contrabbandava generi paradisiaci con Lucifer e collezionava anatroccoli di gomma. Si lasciò sfuggire una risata:
«Tutto questo è davvero magnifico!»
«Sì, ma mantieni il segreto. A papà spiacerebbe perdere il suo maggior acquirente di paperelle.»
Incrociò i due indici sulle labbra:
«Bocca cucita, promesso!» sussurrò, prima di afferrare il volume. Passò delicatamente il palmo sulla copertina, accarezzandola «Allora… a che punto sei arrivata? Hai già visto quando Aarav invita Chandani al ballo?»
Vide Charlie cavare di tasca un fazzoletto e sventolarlo con forza vicino al viso:
«Ah, non parlarmi di quella scena, ti prego! Era così romantica!»
«E stuzzicante…» sussurrò la serafina, con fare complice «Quando lei inciampa e gli finisce addosso… e seppellisce la faccia nei suoi pettorali prorompenti!»
«Uh! E quando la suocera schiaffeggia Chandani, che rotea fino al davanzale della finestra?»
«Aspetta, quale? Quando sta per cadere dalle scale?»
«No! Lei si impiglia nella tenda e per poco non rimane strozzata. Per fortuna Aarav riesce a salvarla in tempo.»
«Ah, che suspence! Hai letto quando il facchino dell’albergo tenta di rapirla chiudendola in una valigia?»
«Sì, e per sbaglio finisce sulla navetta aeroportuale.»
«Grazie al cielo, Aarav la recupera appena prima del check-in!» Emily sospirò, congiungendo le mani in grembo «Ah, quanto vorrei avere un Aarav al mio fianco.» sospirò, sognante «A proposito… lo sta leggendo anche Vaggie?»
«No, figurati! Pensa che sia un romanzetto smielato e noioso.»
«Che cosa?! Non ci posso credere. “La Vergine di Calcutta” è un capolavoro, una pietra miliare della letteratura.»
«Sono d’accordo, ma…Vaggie preferisce i gialli e i manuali di combattimento.» Charlie rifletté qualche attimo «Forse potrebbe piacere a Angel Dust e a Cherri. Potrei consigliarglielo, non appena lo avrò finito.»
Un piccolo colpo di tosse riecheggiò nella stanza. Sir Pentious era ancora lì, fermo sulla soglia, e aveva assistito all’intero delirio da fangirl delle due ragazze.
«Scusatemi, potrei…» iniziò il serpente, imbarazzato «Ecco, mi domandavo se… Signorina Charlie, potresti prestarmi il libro, una volta che lo avrai terminato? Sai, vorrei… ecco… prendere spunto dal signor Aarav per capire come essere un fidanzato migliore. Per… Cherri, sì.»
«Awwww… che cosa tenera.» Emily si sciolse in un sospiro sognante. Anticipò la principessa Morningstar, afferrando la propria copia e tendendola prontamente a Pentious «Ecco qui! Prendi pure il mio libro. Me ne farò spedire un’altra copia non appena andrò all’Ambasciata Celeste.»
Gli occhi del rettile si riempirono di lacrime.
«Oh, Miss Emily! Non so come ringraziarti per questo dono. Lo conserverò con cura e attenzione, lo giuro sul mio onore.» esclamò, stringendo il volume e sgusciando via in fretta.
La serafina gli regalò un cenno, prima di tornare a Charlie:
«Sono impressionata. Stai facendo un ottimo lavoro con quel peccatore!»
«Lo pensi davvero?»
«Ma certo! Sono sicura che Sera non avrebbe niente da obiettare se dovesse essere ammesso in Paradiso.»
«A proposito!» Charlie si accomodò sul bordo del letto «Come vanno le cose lassù? Racconta!» disse, sorridendo affabile «Sono curiosa.»
***
«E questa è la tua stanza» sbottò Vaggie, dopo aver salito due rampe di scale, fino al sottotetto. Suo malgrado, si era presa la briga di accompagnare Adam all’alloggio pur di risparmiare alla compagna uno spiacevole tête-à-tête con l’Esorcista. Aprì la porta con un calcio, facendosi da parte.
Adam scivolò oltre l’uscio, ritrovandosi a sbattere le corna della maschera contro il basso soffitto.
«Mi prendi per il culo?» sbottò, torvo «È una stracazzo di soffitta.»
«È quanto di meglio abbiamo.»
«Vuoi farmi credere che questo merdoso hotel è al completo? Ma fammi il piacere!» le rivolse uno sguardo di sufficienza.
«Riformulo: è quanto ti meriti.»
«Voglio una stanza vera» prese ad aggirarsi per il locale, con una smorfia disgustata «Questo lucernario cosa dovrebbe essere? Una finestra? È incrostato e pieno di ragnatele» tentò di forzare l’imposta con entrambe le mani, senza successo «Pure bloccata.» sussurrò, continuando l’ispezione «Ah, mancano l’armadio, il comodino, per non parlare del frigobar e… oh, Vagina!»
«Vaggie!»
«Non so se lo hai notato, ma… manca pure il fottutissimo letto!»
Si vide indicare un cumulo di fieno coperto da un lenzuolo bucherellato. Allargò le braccia, incredulo.
«Quello è un pagliericcio muffo…»
«Ripeto: è quanto ti meriti.»
«Voglio cambiare stanza.»
«No.»
«Va bene, se non vuoi aiutarmi… me ne cercherò un’altra da solo.»
Adam balzò verso l’ingresso, ma Vaggie fu rapida. Evocò la lancia, puntandola dritta al cuore del Primo Uomo, che non si scompose, né sembrò in alcun modo sorpreso.
«Mettila via, fiorellino. Finirai per farti male.» canticchiò, allungando la mancina per posare indice e medio alla base della lama e spingerla di lato, per aprirsi un passaggio. Un attimo dopo, l’arma tornò in posizione, a punzecchiargli il petto «Oh, insomma! Ti vuoi togliere dalle palle, una buona volta?»
«Un altro passo e ti infilzo da parte a parte!» fu la risposta della giovane.
«E allora?»
«Proprio tu dovresti riconoscere un’arma angelica, quando ne vedi una.»
«E allora?»
«Sappiamo che le ferite da armi angeliche non possono rigenerarsi. Sono il vostro punto debole. L’unica cosa che può davvero uccidervi.»
«Oh, sei informata sui fatti.» questa volta la maschera tradì un sincero stupore «Chi te lo ha detto?»
Vaggie non rispose, limitandosi a stringere la presa sull’asta e a minacciarlo nuovamente:
«Rimarrai qui.»
Adam si sfregò ripetutamente il mento, quasi pensieroso. Un attimo dopo, l’espressione sfrontata e il sogghigno giallo comparirono nuovamente:
«Mh… no» concluse, sporgendosi in avanti e abbassando il tono di voce, rendendolo strisciante e indubbiamente sarcastico «Immaginiamo che la tua lancia mi trafigga proprio ora. Cosa credi succederebbe? Ti faccio un riassunto, se non ci arrivi da sola.» il silenzio della giovane gli regalò la giusta spinta per continuare «Emily dovrebbe immediatamente fare rapporto all’Ambasciata Celeste. Una cosa del genere, te l’assicuro, farebbe incazzare tanto, tanto, tanto gli Angeli Superiori. L’accordo sulla sospensione dello Sterminio salterebbe, e Sera manderebbe il mio esercito a farvi il culo. Lute sicuramente raderebbe al suolo questo hotel di merda, mentre le altre ragazze si divertirebbero a bruciare mezza Pentagram City. E tutto questo, in cambio del mio cuore.» inclinò il capo e si concesse una breve risata «Sono sicuro che Charlie approverebbe!»
Si raddrizzò non appena la lancia scomparve. Allargò un ghigno compiaciuto, prima di domandare:
«Allora, Vagito! Che ne dici di mostrarmi un’altra stanza?»
***
Adam si guardò attorno, non particolarmente soddisfatto: la nuova camera era piuttosto angusta e arredata con uno stile decisamente minimale. C’era solo un letto addossato al muro, sotto una larga finestra. Un modesto scrittoio in mogano e un armadio, le cui ante cigolavano sinistramente. Accanto alla porta, c’era un tavolino su cui era posata una malmessa pianta grassa.
«Mh…»
«Che c’è? Non ti va bene nemmeno questa?» chiese Vaggie, indicando un punto alla propria destra «La stanza di Emily è giusto accanto a questa, quindi… ho pensato fosse perfetta per il tuo ruolo improvvisato da guardia del corpo.»
«Beh, se non ne avete di migliori...»
La giovane alzò l’unico occhio al cielo, sbuffando. Indubbiamente, il Primo Uomo era il peggior cliente di sempre. Non che ne avessero avuti molti, fino ad ora: era sicura, però, che nessuno sarebbe mai riuscito a rendersi tanto odioso, nemmeno in futuro.
«Ti dovrai accontentare, temo…»
«Va bene, va bene!» Adam alzò le mani in un gesto di resa, avvicinandosi al letto. Si piegò sulle ginocchia, accucciandosi davanti al materasso e sollevando un lembo della trapunta e delle lenzuola «Manca il topper!» sentenziò, con uno sguardo di disapprovazione.
«Il…cosa?»
«Il topper, cazzo! Non sai cos’è?»
«Non ho mai…»
«Certo, perché siete dei trogloditi e vivete nella merda!»
«Ehy! Fino a poco fa ero un angelo anche io… e non ricordo di aver mai sentito parlare di questo fantomatico topper.»
«Perché eri una cavernicola già prima di abitare qui!» Adam mimò uno spessore di circa quattro centimetri, tra indice e pollice «È un sottile cuscinetto che si appoggia sopra il materasso. Serve per migliorare la qualità del riposo. Le mie ali ne giovano parecchio, sai? Ho delle piume morbidissime, da quando lo utilizzo regolarmente.»
«Beh, non credo esista niente del genere qui all’Inferno.»
«Ovviamente, siete spazzatura!» concluse, abbandonando il letto e spostandosi verso lo scrittoio. Passò un polpastrello sul bordo di legno, ritraendolo e osservando i granelli adagiati sul suo guanto «Terrificante. Da quanto tempo non fate le pulizie?»
«Veramente Niffty, la nostra governante… spolvera tutti i giorni.»
«Chi, quello sgorbio assatanato con un occhio solo? Beh, comunque… alla camera do un quattro, ma solo perché mi sento generoso.» concluse, passando infine al tavolino. Ne saggiò la stabilità pesandosi sopra e poi allungò la destra per afferrare la piantina grassa «Carino questo cactus! Opppss…» esclamò, aprendo il pugno. Il vasetto cadde e si frantumò a terra «Che sbadato!»
Vaggie era livida: il Capo Esorcista si stava comportando da idiota, come sempre; inoltre, ben consapevole della propria intoccabile posizione, stava facendo di tutto per farle saltare i nervi. In ogni suo atteggiamento, si leggeva una chiara sfida. Era come se la stesse provocando ripetutamente: “Avanti, Vaggie… punzecchiami ancora con la tua lancia, se ne hai il coraggio.”
Inspirò a fondo, costringendosi a ritrovare la calma. Charlie non avrebbe voluto un assassinio, men che meno se rischiava di compromettere la missione di Emily e i già delicati rapporti con il Paradiso. Affondò le unghie nei palmi, tentando di distrarsi dai pensieri omicidi.
«A che gioco stai giocando?» sibilò, amareggiata.
«Sto sperimentando i servizi dell’hotel, non è ovvio?» Adam indicò i cocci del vaso, mescolati al terriccio sparso per terra «Questo è il “Test del cliente maleducato”. Vediamo se siete dei bravi albergatori. Mi aspetto che questo… piccolo incidente sia risolto in dieci minuti.»
«Ce ne metterò al massimo cinque, stronzo!»
«Bene» il Primo Uomo si rimboccò una manica e fece finta di guardare un invisibile orologio da polso «Considera partito il cronometro!»
***
Vaggie si accasciò su una sedia in cucina, allungando le gambe e reclinando il capo per fissare il soffitto.
«Lo odio.» sentenziò, mentre Charlie le elargiva una generosa tazza di caffelatte e un paio di frittelle appena sfornate.
Emily si era messa ai fornelli, fischiettando un motivetto allegro. Inutile dire che era una cuoca provetta: miscelava gli ingredienti con perizia, mostrando l’esperienza di un grande pasticcere. Aveva personalmente montato la panna, e l’aveva usata per decorare i dolci, con l’aggiunta di un abbondante cucchiaio di marmellata e frutti di bosco.
La serafina spolverò l’ultimo vassoio con dello zucchero a velo, prima di appoggiarlo al centro del tavolo:
«Ecco qui, spero siano di vostro gradimento!» cinguettò, mentre Charlie si affrettava ad addentare una frittella ancora tiepida.
«Sono spettacolari, Emily!»
«Beh, grazie! Piacciono anche a te, Vaggie?»
La giovane annuì, finendo velocemente il boccone, prima di sentenziare:
«Spaziali!» si concesse un secondo morso «Una botta di dolce ci voleva, dopo questo risveglio turbolento. A proposito, Emily… come fai a sopportarlo?»
«Adam?» l’angelo si strinse nelle spalle «In realtà, non so risponderti. Lo faccio e basta. Tu come ci riuscivi, quando lavoravi con lui?»
«Bella domanda. È una delle cose che ho rimosso con successo, per fortuna.» Vaggie dondolò la testa, pesandosi all’indietro sulla seggiola «Probabilmente, era più simpatico all’epoca. O ero io a essere più stronza.»
Un improvviso crepitio si diffuse nella cucina, tranciando di netto quei discorsi. Emily si sporse, incuriosita dalla figura appena apparsa sulla soglia: un uomo alto e snello, con i capelli rossi e lunghe orecchie coperte di pelo. Un paio di piccole corna da cervo spuntavano sulla sommità del cranio. Sul volto affilato manteneva stampato un ampio sorriso giallastro, poco sincero e altrettanto poco raccomandabile.
Tuttavia, l’aspetto rigido del nuovo arrivato non la intimorì affatto. Raccolse velocemente una frittella, depositandola in un tovagliolo. Si avvicinò al demone, tendendogli il dolce:
«Ciao, benvenuto! Sono Emily, piacere.»
Gli occhi scarlatti indagarono la sua figura per qualche secondo, tradendo una leggera incredulità.
«Buongiorno Emily» la voce era metallica, graffiante. Sembrava appartenere più ad una vecchia radio, che ad una creatura vivente «Il mio nome è Alastor. Sono il co-gestore dell’Hotel. Sei tu che hai causato tutto quel trambusto, poco fa?»
Emily abbassò lo sguardo, contrita.
«Mi… mi dispiace.» sussurrò, ma l’altro non parve darle troppo peso.
«Non preoccuparti, non ti stavo rimproverando. Ero solo… interessato alla tua presenza qui. Non si vede tutti i giorni un angelo all’Inferno.»
«Oh, giusto!» Charlie si intromise, scostando un paio di sedie dal tavolo «Credo sia meglio ti aggiorni, Alastor. Accomodati.» disse, prima di rivolgersi alla compagna «Sai, penso dovremo indire una riunione con tutti gli altri. Ti andrebbe di radunarli al bar di Husk? Vi raggiungerò con Emily e Alastor, non appena avrò finito di fare il punto della situazione.»
Vaggie recuperò un’altra frittella dal vassoio:
«Bene, questa la mangerò strada facendo.» aggiunse, fermandosi sulla soglia «Quando dici “tutti”, intendi… tutti-tutti?»
«Sì.»
«Compreso..?»
«Temo di sì.»
Vaggie indietreggiò rapidamente fino al tavolo e si sporse a prendere un secondo dolce.
«Per un’impresa simile… ci vogliono almeno due frittelle!»
Chapter Text
Il bar di Husk era un semplice bancone, con alcuni sgabelli imbottiti e una lunga fila di bottiglie riposte su una scansia. Il demone, già in postazione, stava versando alcuni shottini di Gin Toxic, uno strano miscuglio di alcool e spezie. Una ricetta super-segreta, che si diceva essere stata tramandata nella famiglia di Husk dai tempi della sua bis-bis-bis nonna. L’etichetta, rigorosamente scritta a mano, recava l’inquietante slogan “Se non uccide, ti fortifica!”. Malgrado l’ora del mattino, Angel Dust e Cherri si erano già scolati almeno un paio di bicchierini a testa e indugiavano sul terzo. A Niffty era stata regalata una lattina di cola, per placare la sua insistenza.
Charlie si mise le mani nei capelli quando la vide, correndo a strapparla dalle mani della cameriera:
«No! Ragazzi, andiamo!» sbottò, rivolgendosi agli altri «Chi ha avuto la brillante idea di elargire a Niffty della caffeina?!»
Sir Pentious si rannicchiò dietro al divano, con aria chiaramente colpevole.
Vaggie si era appoggiata allo stipite della porta d’ingresso, le braccia incrociate e un’espressione scettica sul volto; la lancia angelica troneggiava alle sue spalle, pronta all’uso. A tratti, il suo unico occhio guizzava al soffitto, dove l’ultimo ospite aveva ben pensato di accomodarsi su una delle travi portanti.
Il Capo Esorcista stava pizzicando pigramente le corde di una chitarra dalla forma alquanto singolare: sembrava più un’ascia, che uno strumento musicale…
Charlie indicò il sofà ad Alastor e Emily, che la accompagnavano. Attese che tutti prendessero posto.
«Bene, ci siamo tutti.» esordì, interrotta da un giro di Do, non richiesto. Sollevò il capo «Ti dispiace?!» ringhiò, ottenendo in cambio un dito medio.
«Cazzo vuoi? Dovresti ringraziarmi. Sto creando l’atmosfera giusta per la tua merdosa riunione.»
«Fanculo, Adam. Se non vuoi ascoltarmi, puoi anche andartene.»
«Vorrei tanto, ma finché Emily rimane, temo dovrai sopportarmi.»
La principessa si costrinse a contare fino a dieci, ripetendo mentalmente: sono calma, sono calma, sono calma. Lo posso gestire, lo posso gestire.
«Allora!» riprese, forzando un sorriso gentile «Come ormai saprete, abbiamo due new entry; vengono da… una realtà completamente diversa, ma sono qui per conoscerci e dobbiamo fare del nostro meglio perché possano ambientarsi e vivere al massimo le esperienze della struttura.»
«I want to break free
I want to break free
I want to break free from your lies»
«La vuoi piantare, per favore?» allargò le braccia, incredula «Se non ti interessa, te lo ripeto, puoi uscire.»
«Oh, how I want to be free, baby»
«Va bene…» Charlie alzò la voce, sforzandosi di sovrastare la musica «Ignoriamo il Primo Pirla e andiamo avanti. Dunque, lasciate che vi introduca Emily. Oltre ad essere una mia cara amica, è stata recentemente investita del ruolo di Ambasciatore Celeste. Il Paradiso l’ha inviata qui per monitorare le attività dell’Hazbin Hotel. Sapete cosa significa questo?»
Sir Pentious sollevò la mancina:
«Che ci porterà con lei in Paradiso?»
La chitarra elettrica emise un suono graffiante, volutamente stonato, accompagnato da un canticchiare sarcastico:
«Risposta sbagliata.»
«Adam, basta! Mi lasci fare il mio lavoro?» Charlie scosse nuovamente il capo e tornò ai presenti «All’incirca, comunque… forse non ascenderemo al Regno dei Cieli, ma se le dimostreremo che la redenzione è possibile, attraverso la buona volontà e l’impegno costante, allora potrebbero… non dico ammetterci tutti in Paradiso, ma magari sospendere definitivamente gli Stermini, tanto per iniziare. E poi… chissà! Forse, finalmente riusciremo ad avere un po’ di considerazione delle alte sfere.»
«Beh, come progetto sembra interessante» mormorò Husk, afferrando uno straccio e prendendo a lucidare alcuni bicchieri poggiati sul bancone «Ma non funzionerà» concluse, disilluso come sempre.
Angel non era dello stesso avviso:
«Perché non dovrebbe? Non partire prevenuto!»
«Non c’è posto per quelli come noi, tra le nuvole.»
«Parla per te, disfattista!»
«Non si è mai sentito di un demone che riesce a riscattarsi»
«C’è sempre una prima volta!» Angel spostò l’attenzione su Emily, rivolgendole uno sguardo speranzoso «Giuso?»
La serafina annuì, sforzandosi di apparire convincente:
«Giusto! In realtà… non sappiamo ancora come si possa ascendere, né se sia effettivamente possibile, ma… anche questo è parte del mio incarico. Sono qui per scoprirlo e posso assicurarvi che farò tutto ciò che è in mio potere per far sì che accada!» aggiunse decisa, battendo il pugno destro sul palmo della mancina.
«Molto bene! Per iniziare, propongo un giro di presentazioni. Inizio io.» esclamò Charlie, riprendendo parola «Mi chiamo Charlie Morningstar, e sono la proprietaria di questo hotel. Credo molto nelle sue potenzialità e voglio che questo luogo diventi sinonimo di solidarietà e appartenenza. Chiunque qui potrà sentirsi come a casa, tra amici. Voglio impegnarmi a fondo nel mio progetto: concedere una seconda possibilità alle anime dannate e aiutarle a guadagnarsi una eternità migliore.» aggiunse, indirizzando l’attenzione alla compagna «Inoltre, sono felicemente impegnata con Vaggie, che amo più d’ogni altra cosa e rende speciale ogni singolo giorno. Ora tocca a te, Vaggie!»
«D’accordo…» la giovane si staccò riluttante dallo stipite e si avvicinò al centro della stanza «Ciao, amh.. sono Vaggie. Come sapete, un tempo lavoravo per quell’idiota lassù» e sollevò l’indice al soffitto.
Prontamente, la voce dello Sterminatore si fece sentire:
«Oh, stai dando dell’idiota al Capo Supremo? È letteralmente una bestemmia questa, sai?»
«Parlavo di te, veramente!»
«Appunto.»
Vaggie gli rifilò un gestaccio, proseguendo:
«Grazie a Charlie, ho avuto la mia possibilità di riscatto. Non mi sono mai sentita giudicata, né in difetto con lei. Si è sempre presa cura di me. Non posso che supportarla nella sua missione: sì, forse questo progetto si rivelerà un’utopia, ma… se vuole provarci fino in fondo, io sarò al suo fianco.» concluse, guardando gli astanti «Passo parola a Sir Pentious.»
«Si, grazie… ecco, io…» il serpente si rassettò giacca e cappello, come se volesse regalare un’immagine migliore di sé «Sono molto grato a Charlie per l’opportunità che mi sta dando. Come sapete, in passato ho cercato di ostacolarla, minando i suoi buoni propositi. Tuttavia, mi ha accolto come un fratello e mi ha fatto comprendere gli errori commessi. Sto sperimentando un nuovo cammino, all’insegna della gentilezza e della riconciliazione.»
«Molto bene, grazie!» Charlie mimò un leggero applauso «Cherri! Qualcosa che vuoi condividere?»
«Io sono qui perché l’alcool è buono e la compagnia non è male. Angel?»
L’attore annuì:
«Concordo. Inoltre, la mia vita fuori di qui fa schifo. Almeno all’hotel ho la possibilità di essere me stesso, senza dover fingere. È il tuo turno, Husk!»
«Io… non ho grandi aspettative, ma apprezzo il lavoro dietro al bancone. Mi reputo un barista abbastanza capace: sono bravo ad ascoltare, dispenso consigli gratuitamente, anche se non richiesti. Potrei essere una buona spalla su cui piangere.» concluse, tornando a spolverare i bicchieri.
«Niffty ama trafiggere gli scarafaggi!» esclamò la domestica, mimando delle pugnalate nell’aria «E i cattivi ragazzi!» aggiunse, sollevando l’unico occhio al soffitto «Quello lassù è un cattivo ragazzo?»
«Sì, ma per ora è nostro ospite.» la principessa corresse il tiro «Amh… Alastor?»
«Oh, ma Emily mi conosce già.» rispose l’Overlord, senza cancellare il sorriso giallastro «Comunque, mi chiamo Alastor e sono il co-gestore dell’Hazbin Hotel. Desidero aiutare Charlie in questa sua impresa perché credo in lei… e trovo questo progetto estremamente divertente.»
«Divertente?» ripeté incerta la giovane titolare.
L’altro rettificò prontamente:
«Anzi, stimolante. Ecco, la parola giusta è questa.»
«Perché parli come se avessi ingoiato un amplificatore rotto?» la domanda provenne ovviamente dal lampadario.
«Perché sono il demone della radio.»
«Che stronzata.»
Lo sguardo rosso di Alastor si ridusse ad una fessura, ma quello fu l’unico mutamento nella sua espressione. Il sorriso rimase inalterato. La destra si serrò maggiormente sull’asta del microfono.
«Non utilizzare quel tono con me.»
«Altrimenti?»
«Non credo tu voglia vedermi perdere le staffe.»
«Invece è proprio quel che desidero. Sono curioso: quando ti arrabbi diventi… cosa? Una sorta di jukebox ambulante?»
«Ti trovo estremamente irritante e maleducato.»
«Benvenuto nel club!» esclamò Charlie, richiamando a sé l’attenzione «Ora tocca a Emily. Avanti, non essere timida.»
La serafina, che sino ad ora era rimasta in silenzio, fece un passo avanti:
«Ciao a tutti, beh… sono Emily. Charlie vi ha già illustrato la mia missione, quindi… parlerò di qualcosa di più personale: amo il lilla, è il mio colore preferito. Adoro leggere romanzi d’amore, cantare e cucinare. Desidero che la mia indagine quaggiù abbia successo. Sono sicura che Charlie riuscirà nei suoi intenti e desidero darle tutto l’appoggio possibile» concluse con un sorriso.
«Grazie, Emily» la principessa sollevò lo sguardo «Adam?»
«Cosa?»
«Tocca a te. Dovresti, beh… presentarti agli altri.»
«Sei seria?» l’Esorcista scoppiò in una risata secca «Immagino tutti sappiano chi sono.»
«Potresti comunque fare uno sforzo, ecco…»
«Va bene»
Charlie non nascose lo stupore, quando sentì quella risposta. L’aveva davvero convinto così in fretta? Si sarebbe aspettata una resistenza più tenace: capricci a non finire, lamentele, insulti. Invece… Adam aveva smesso di pizzicare la chitarra, facendola scomparire con uno schiocco di dita. Si era persino accomodato meglio sulla trave, sporgendosi per osservare meglio i presenti in sala.
«Mi chiamo Adam, ma per voi sono il fottuto Primo Cazzo. Tutti quanti discendete da questo corpo fantastico. Amo la musica rock e sterminare i peccatori. Vi odio e non credo minimamente che il progetto di Morningstronz possa decollare: è solo una inutile perdita di tempo. L’inferno è per sempre, l’ho detto e non cambierò certo idea.» concluse, rivolgendo un ghigno storto a Charlie «Come sono andato? Alla grande come al solito, immagino.» e le rivolse un dito medio, incurante della lancia di Vaggie che tornava a saettare ripetutamente nell’aria.
Tuttavia, fu Emily a farsi avanti questa volta: sbatté le ali, librandosi in aria sino a raggiungere l’altro angelo.
«Si può sapere che c’è che non va in te? Stanno cercando di essere gentili. Ci hanno accolto e tu sputi in faccia alla loro ospitalità.»
«Non ho domandato io di essere spedito quaggiù. Sono qui solo grazie a te e alle tue idee di merda.»
«Se l’argomento di conversazione non ti interessa, non sei obbligato a partecipare o ascoltare.»
«La tua amichetta mi ha chiesto di farlo, ti ricordo.»
«Avresti semplicemente potuto declinare educatamente l’offerta… oppure andartene in camera, a strimpellare per i cavoli tuoi.»
«Punto primo: io suono, non strimpello! Secondo: ho promesso a Sera che ti avrei tenuto d’occhio. È quello che sto facendo.»
Emily chiuse i pugni, irritata.
«Fa come ti pare, ma non intralciare il mio compito!» concluse, tornando a planare verso terra «Scusate» disse una volta atterrata, recuperando in un attimo il buon umore «Allora, adesso che si fa?»
Husk aveva già afferrato il telecomando e acceso il televisore, poggiato su un mobiletto traballante «Di solito, a quest’ora guardiamo il notiziario e ci aggiorniamo su quanto faccia schifo Pentagram City.» esclamò, mentre Emily si metteva a sedere sul sofà, tra Alastor e Niffty.
Lo schermo si illuminò di verde acido e una coppia di presentatori imbellettati comparve subito dopo la sigla d’apertura.
«Buongiorno affezionati telespettatori!» esordì la donna, ravvivando il caschetto biondo «Iniziamo il nostro servizio con una notizia sconcertante: questa mattina, poco dopo le sette, il secolare Sicomoro Ambulante è stato tranciato di netto da un’esplosione di luce non meglio identificata.» una pausa ad effetto, condita da un sorriso smielato «Come sapete, l’albero – sacro alla popolazione di Conigli Mannari che lo abitava - si era stanziato sei mesi orsono nei pressi dell’Hazbin Hotel, ai piedi della collina dove sorge la struttura. La dinamica del suo abbattimento non è chiara: diversi testimoni affermano di aver scorto un fascio luminoso scaturire dal nulla e incenerire buona parte della pianta. I Conigli Mannari, rimasti fortunatamente incolumi, hanno però iniziato a sciamare per tutta Pentagram, diffondendo il loro lamento straziante» sullo schermo apparvero i resti di rami e corteccia, riversi al suolo, mentre una nuvola di conigli volanti si librava sopra le strade principali «Molti cittadini sono rimasti feriti da queste acute grida, riportando lesioni ai padiglioni auricolari e ai timpani. Attualmente, i Conigli Mannari hanno superato Cannibal Town e si stanno dirigendo verso il distretto sud: raccomandiamo la popolazione di munirsi di tappi per le orecchie e rimanere in casa. Gli esperti assicurano che la colonia migrerà il più rapidamente possibile verso i boschi oltre la periferia, alla ricerca di un nuovo Albero Sacro dove prendere dimora. Nell’arco di qualche giorno, quindi, la piaga dovrebbe definitivamente abbandonare il territorio urbano.» un altro stacco, per aumentare la suspence «Ricordiamo che il morso dei Conigli Mannari è contagioso: può provocare febbre alta, vomito, tremori e allucinazioni. Per nessun motivo dovete cercare di avvicinarli: se vi imbattete in una di queste creature, chiamate il numero in sovraimpressione per comunicare con gli specialisti del settore.»
Il servizio si concluse, e la giornalista passò all’argomento successivo:
«Rubrica sportiva: la squadra di basket Pentagram Bulls ha sconfitto i rivali, in un’emozionante partita…»
Nessuno, però, stava più ascoltando. Cherri aveva abbandonato il proprio sgabello per dirigersi alla finestra più vicina, scostando frettolosamente le tende.
«Ha ragione. Il Sicomoro non c’è più.» sussurrò, attonita.
Naturalmente, non avevano bisogno di quella conferma, né di indagare a fondo per scovare il colpevole. Otto paia di occhi corsero istintivamente al soffitto.
«Che c’è?» gracchiò il Primo Uomo, sfoggiando un’espressione innocente «Chi dice che sia stato io, scusate?»
«Chi altro c’era, questa mattina fuori dall’hotel?» sbottò Charlie.
«Mh… Emily?»
«Stai… cercando di darmi la colpa?!» esclamò la serafina, ma la principessa la difese prontamente.
«Sappiamo entrambi che non avrebbe mai fatto una cosa del genere.»
«Beh, non sono stato io. Magari è esploso da solo.»
«Sì, un albero secolare decide di suicidarsi con una lama di luce, guarda caso… nel momento esatto in cui tu metti piede all’Inferno.»
«È stato un incidente, va bene? Quell’affare aveva sequestrato la mia valigia!»
«Quindi hai pensato che segarlo a metà con uno scoppio di potere angelico fosse una buona idea?»
«Mh… si.»
«Il Sicomoro era sensibile alla musica, sai? Se tu mi avessi avvisato, avrei potuto aiutarti.»
A quelle parole, Emily scoppiò in singhiozzi. Nascose il viso tra le mani, tremando:
«È tutta colpa mia! Oh, Charlie… mi dispiace così tanto» tirò su col naso «Ho provato a cantare, ma… non sembrava che all’albero piacesse. E… poi, è successo tutto così in fretta. Non sono riuscita a fermarlo. Non…»
Charlie la strinse prontamente in un abbraccio:
«No, Emily! Tu non c’entri! Sei buona, e gentile. Sono certa che il Sicomoro ti avrebbe ascoltato, se ne avesse avuta la possibilità» le accarezzò i capelli, cercando di calmarla, prima di rivolgersi a Adam «Hai visto che cosa hai fatto?»
«Ehy! Le vostre turbe adolescenziali non mi riguardano. Non scaricare su di me.»
«Provi davvero così tanto piacere nel veder soffrire gli altri? Anche se non si tratta di uno dei peccatori che tanto disprezzi, ma di… Emily?»
Per la prima volta, Charlie notò qualcosa incrinarsi nell’espressione spavalda dell’Esorcista. Il ghigno sulla maschera si spense, sostituito da qualcosa di completamente diverso: dispiacere e rimpianto. Fu solo un istante, però: un attimo dopo, l’arroganza tornò sul volto altrui.
«Fanculo! Me ne vado!»
Adam balzò dalla trave, spiegando le ali dorate per infilare in volo la porta e scomparire rapidamente verso le scale.
«Era ora, cazzo!» esclamò Angel, sbattendo l’ennesimo bicchierino vuoto sul banco «Posso sparargli, la prossima volta?»
«Potrei costruire un cannone apposta per l’occasione!» aggiunse Pentious.
«O infilzarlo con la lancia?» propose Vaggie.
Cherri annuì:
«Quattro bombe sotto al cuscino?»
«Mia cara socia, sarei ben lieto di strappargli l’anima e trasmettere le sue urla su tutti i canali radio dell’Inferno. Immagino riscuoterebbe un discreto successo.» si fece avanti Alastor, mentre Niffty accoltellava l’aria con uno spillo «Pugnala! Pugnala!»
«No, no… calma! Apprezzo le vostre offerte, ma…» sentì Emily tremare ancor di più nel suo abbraccio «La violenza non risolverà nulla, anzi. Dimostrerà soltanto che aveva ragione lui, che dall’Inferno non c’è via di scampo e nessuno è degno di redenzione. Non gli permetterò di mandare all’aria il mio progetto o la missione di Emily» Charlie sospinse l’amica verso la cucina «Cherri, Vaggie… fatele compagnia. Ci sono dei biscotti nella credenza.»
Vaggie le si parò davanti, anticipando le sue intenzioni:
«Tu dove vai?» chiese, senza celare una sfumatura preoccupata.
«A parlare con Adam.»
«Non da sola! Ti accompagno.»
«Meglio di no, credimi. Vorrei tu venissi, ma è evidente che ti detesta… Odia più te di tutti gli altri. Non desidero si scagli di nuovo contro di te. Sarà già abbastanza difficile così.»
«Se osa anche solo sfiorarti con una piuma, giuro che…»
Charlie le posò un bacio su una guancia:
«Non preoccuparti, non accadrà. Abbi cura di Emily, ti prego. È parecchio scossa.»
Vaggie le rivolse un sorriso morbido:
«Non temere. Per il tuo ritorno sarà di nuovo allegra, spensierata e piena di biscotti fino all’orlo.»
Notes:
Buongiorno!
Ho recuperato connessione dai monti, quindi ne ho approfittato per un piccolo aggiornamento. Vorrei rimettermi in pari e finalmente arrivare nel cuore della trama, che si sta via via delineando. Devo solo riuscire a incastrare tutto, magari dopo un rewatch della serie.
Il breve spaccato musicale di Adam è tratto da "I want to break free" , Queen.
Ringrazio davvero tantissimo Bereaved per le recensioni e i consigli *_* (Ammetto che ho davvero tanto timore di deludere le aspettative ç_ç, ma spero mai accadrà, ecco)
Grazie ancora di tutto!
*Regala Gin-Toxic*E'ry
Chapter Text
Charlie bussò alla soglia della stanza numero tredici per la quarta volta.
«Lo so che sei lì dentro!» sbottò a voce alta, prima di saggiare delicatamente la maniglia, che cedette al tocco. La porta ruotò sui cardini senza difficoltà. Beh, almeno non si era barricato dentro, rendendole impossibile qualunque accesso.
«Adam?» azzardò «Ti avviso, sto per entrare.» disse, oltrepassando l’uscio e gettando una rapida occhiata all’ambiente circostante. Sembrava tutto in ordine: un borsone arancio era abbandonato ai piedi del letto, ancora intonso. Il resto non era stato toccato. La finestra, tuttavia, era spalancata e la brezza del mattino agitava le corte tende bianche.
«Oh, no!» Charlie corse al davanzale, sporgendosi «No, no, no!» esclamò, il terrore che le stringeva il petto in una morsa.
Come aveva potuto credere che assegnargli una camera fenestrata fosse una buona idea? Quell’idiota aveva semplicemente aperto i vetri ed era volato chissà dove. Si rendeva almeno conto delle conseguenze di un gesto simile? Probabilmente no, ma… vedere un angelo scorrazzare libero per l’Inferno non era certo la normalità. Specie perché non era neppure un angelo qualunque: chiunque avrebbe potuto riconoscerlo, per la maschera e le vesti appariscenti. Non ci avrebbero messo molto a individuare il Capo Esorcista e la notizia si sarebbe diffusa con una rapidità incredibile, suscitando il panico generale. Come se non avessero già abbastanza grattacapi con la fuga dei Conigli Mannari!
«Perché devi rendermi la vita così complicata?!» ringhiò, alzando i pugni al cielo «Che ho fatto di male per meritarmi questo?»
«A parte essere figlia di quei due bastardi che mi hanno rovinato l’esistenza?» una figura umana si sporse dalla grondaia, rifilandole una smorfia «Niente.»
Charlie portò la mancina a schermare gli occhi, proteggendoli dalla luce del giorno. Guardò verso l’alto, incerta:
«Che ci fai sul tetto?»
«Cerco di rimanere per i fatti miei.»
«Aspettami! Ti raggiungo.»
«Cosa del “rimanere per i fatti miei” non ti è chiaro, Morningstronz?»
Charlie non stava più ascoltando. Uscì in fretta e corse su per le scale, in direzione del sottotetto.
***
«Uffa, è bloccato!»
Adam ridacchiò, divertito dalla principessa alle prese con il lucernario difettoso.
«Avresti dovuto tenerlo oliato. Chi si occupa della manutenzione in questo cesso di struttura?» domandò, accovacciandosi sulle tegole «Spero non la cameriera ciclope.»
La osservò battere i pugni sul vetro e portò la destra all’orecchio:
«Come? Non ti capisco.»
In realtà la sentiva benissimo: Charlie stava imprecando sulla contro la finestrella e gli stava chiedendo ripetutamente un aiuto.
«Non vedo cosa potrei fare. Sono chiuso fuori. Non c’è la maniglia da questa parte.» si picchiettò il mento, pensieroso, prima di evocare la propria arma «Mh, a mali estremi… Stai indietro, mocciosetta.» esclamò, contando mentalmente fino a tre prima colpire ripetutamente il vetro, che andò in mille pezzi «Ecco fatto, problema risolto.»
«Possibile che devi rompere qualunque cosa ti capiti a tiro?» il viso di Charlie si affacciò attraverso l’apertura.
«Non farmi pentire di averti dato una chance.» si sporse oltre la cornice della finestra, afferrando la mano che Charlie stava tendendo, e sollevandola senza sforzo. La depositò sulle tegole «Allora… che vuoi? Credevo d’averti detto che volevo restare da solo.»
La giovane rassettò la giacca e i pantaloni, cancellando con le dita qualche piega di troppo:
«Lo so, ma… non mi sembrava giusto.»
«Concedermi un po’ di privacy?» Ne seguì un silenzio imbarazzato; Charlie lo stava spiando con la coda dell’occhio, mal celando la curiosità «Che c’è? Che hai da fissarmi in continuazione?»
«Nulla, solo… è la prima volta che ti vedo senza maschera.»
«Oh…» Adam aveva depositato il casco poco più in là, incastrandolo tra due tegole divelte perché non rotolasse lungo l’inclinazione del tetto «Sorpresa?»
La principessa annuì. Era evidentemente stupita: non era sicura di cosa si aspettasse, ma certo non avrebbe mai scommesso che sotto il casco da esorcista si celasse un volto giovane e… decisamente umano. I tratti morbidi erano incorniciati da ciocche castane indisciplinate e da una leggera barba sul mento. Gli occhi riprendevano le sfumature dorate delle ali e le labbra sottili erano atteggiate in una smorfia irriverente.
«Un po’, lo confesso.»
«Che ti aspettavi? Che avessi le orecchie da pipistrello e i denti da castoro?»
«No, non… non lo so. Ti credevo meno umano, ecco.»
«Che cazzata! Sono il fottuto Primo Uomo. Se non sono umano io…» scosse il capo, recuperando la chitarra e sistemandosela in grembo. Pizzicò pigramente le corde, diffondendo qualche bassa nota.
«Perché porti la maschera, allora? Ho sempre pensato fosse parte integrante del tuo aspetto o servisse a celare qualcosa. In realtà, hai una fisionomia… normale, ecco. Quasi gradevole.»
«Non serve a nascondermi agli altri. Non del tutto…»
«A chi, allora?»
«Me stesso.» raccolse la confusione sul volto della principessa «Mi aiuta a scindere ciò che sono. Posso essere il Capo Esorcista senza che Adam ne risenta; e viceversa. Mi dona un potere che altrimenti non avrei: mi rende il mostro che vi terrorizza tanto; avreste altrettanta paura di me, se guidassi le epurazioni senza quel travestimento? Io non credo. Se i peccatori conoscessero la mia faccia, saprebbero che sotto le vesti da Sterminatore c’è… soltanto un uomo, con tutte le sue fragilità. Non che io ne abbia!» si pavoneggiò «Ma cercherebbero comunque un punto debole e questo darebbe loro speranza. La speranza non è materia per l’Inferno, principessa.»
«Perché no?»
«Guardati attorno. Credi davvero che il Paradiso possa essere guadagnato così facilmente? Con qualche pacca sulla spalla e sporadiche buone azioni? Cazzate. Se nessuno è mai asceso, è perché la redenzione non è possibile. Non è stata prevista: ognuno ha avuto la propria occasione in vita. C’è chi ha saputo coglierla e chi l’ha sprecata. Quindi dimmi: perché questi ultimi dovrebbero avere una chance ulteriore?» si concesse una pausa, studiando il volto della sua interlocutrice. Charlie sembrava affascinata da quelle parole: curiosamente non appariva desiderosa di controbattere. Mimava solo dei piccoli cenni, come ad incoraggiarlo nel discorso «Ad esempio, facciamo finta che io sia un serial killer.»
«Beh, in effetti…»
«Non parlo degli Stermini! È per farti capire il mio punto di vista.» liquidò, picchiettando le dita sul bordo della chitarra e interrompendo la bassa melodia «In vita, uccido… facciamo… una ventina di persone, tra cui anche la tua famiglia. A un certo punto, muoio e mi ritrovo all’inferno. Decido che l’eterna dannazione non fa per me: il posto fa schifo, le pene sono troppo dure da sopportare, la mia bellissima faccia si è trasformata in un ammasso di corna e peli. Mi sento infelice, e allora che faccio? Mi iscrivo a uno stupido programma di redenzione, gestito dalla ancor più stupida figlia di Lucifer. Mi comporto bene, come uno studente modello; frequento le attività di quel buco di Hotel, imparo tante belle cose sull’altruismo, l’amicizia, il perdono. Mi pento di quello che ho fatto in vita, dispenso bontà a caso… e poi? Puff! All’improvviso vengo ammesso in Paradiso. Come ti sentiresti al vedermi lì?»
«Io…» Charlie sembrava combattuta: forse stava iniziando a capire il suo ragionamento? «Però ti sei comunque pentito, giusto? Non è ciò che conta davvero? Hai provato rimorso per i tuoi peccati e hai chiesto scusa.»
«Non hai risposto alla mia domanda.»
La principessa abbassò il capo:
«Mi sentirei… male. Tradita, e lo troverei ingiusto.»
«Esatto. Vedi che quando ti applichi ci arrivi?»
«Il tuo è un esempio limite. Ci sono tante altre persone che…»
Adam sollevò una mano, interrompendola:
«No, non ci sono eccezioni alla regola. Se sei finito all’Inferno, è perché hai fatto quel cazzo che volevi, fregandotene della morale. Sapevi di essere nel peccato e hai perseverato; non ti sei pentito per tempo, quindi… perché ora dovresti avere una seconda possibilità? E tutte quelle persone che, pur avendo sbagliato, hanno capito e hanno rimediato in vita? Loro sono gli stronzi che hanno solo perso tempo, quando avrebbero potuto farla franca, tanto... la piccola Charlie Morningstar avrebbe comunque trovato un modo di salvarli dalle fiamme purificatrici.» scivolò all’indietro, appoggiando la schiena alle tegole. Incrociò le gambe all’altezza delle caviglie e fissò il cielo rossastro sopra la città «L’inferno è per sempre, te lo ripeto… e a ragion veduta.»
«Posso farti una domanda personale?»
«Vorrei risponderti di no, ma temo che la farai comunque.»
«Come sei finito in Paradiso?»
«Che ne so. Non devi chiederlo a me.»
«Beh, avrai fatto delle ipotesi. Perché, sai… senza offesa, ma non ti comporti esattamente come un’anima immacolata.»
«Un attimo prima ero vivo e quello dopo ero morto. Mi sono ritrovato lì ed essendo il Primo Uomo, credo mi abbiano semplicemente concesso lo status di angelo.» si rabbuiò per un istante «O forse serviva qualcuno che facesse il lavoro sporco.»
«Perché hai accettato di occuparti degli Stermini?»
Adam sollevò tre dita in sequenza:
«Primo, perché qualcuno doveva pur farlo. Inoltre mi annoiavo, e le epurazioni annuali promettevano d’essere un buon passatempo. Terzo…» sogghignò, fissando nuovamente la volta scarlatta «Per prendermi una piccola rivincita verso quella merdina secca di tuo padre.» si tirò a sedere di scatto, scrollando le ali per ridare volume alle piume «Quello stronzetto mi ha portato via tutto, quindi… non ci vedo nulla di male nel ricambiare il favore. Per inciso, come sovrano è pessimo: quale re abbandonerebbe i sudditi al massacro?» Charlie gli parve punta sul viso, quindi decise di continuare «Ha patteggiato la salvezza soltanto per i nati all’Inferno, ma tutti gli altri? Non gli sono mai realmente importati.»
«Non è vero! Papà è tornato, ha promesso di aiutarmi con l’Hotel. Può aver sbagliato in passato, ma sta cercando di rimediare.»
«Mette una pezza sugli anni di assenteismo genitoriale? Encomiabile.» si lasciò sfuggire una risata sarcastica, spiandola sottecchi «Non importa ciò che farà, la colpa di tutto questo è sua.» e spaziò con la mancina sul profilo di Pentragram City «Abbiamo entrambi le mani coperte di sangue, ma almeno le mie non sono sporche di quello della mia gente.»
«E che mi dici di Emily?»
Le rivolse nuovamente attenzione, perplesso:
«Che c’entra Emily?»
«È affranta per come l’hai trattata. Pensi davvero di avere la coscienza a posto?»
«Non condivido i suoi obiettivi, né i tuoi ovviamente… visto che sono sovrapponibili. La vostra piazzata in tribunale, oltre ad essere totalmente fuori luogo, ha risvegliato l’interesse degli Angeli Superiori. Vecchi bacucchi, che pensano di sapere come gira il mondo soltanto perché esistono da sempre. Se ne stanno sulla loro soffice nuvoletta a farsi i cazzi loro; ogni tanto, si ricordano che esistiamo e si impicciano negli affari nostri. La faccenda dell’Hotel li ha incuriositi e hanno pensato bene di spedire quaggiù Emily come ambasciatrice. È stato un errore: non riuscirà a riscattare proprio nessuno! Andrà tutto in malora, il suo già fragile amor proprio subirà un’altra battuta d’arresto. Si convincerà d’essere una buona a nulla e tornerà piangendo tra le braccia di Sera» si strinse nelle spalle «E questo per aver dato corda alla tua utopia di merda.»
«Però… potrebbe non fallire.»
«Fallirà.»
«Ti sbagli.»
«Lo dici perché credi davvero nelle sue capacità o perché il successo di Emily equivarrebbe al tuo?»
La vide stringere le ginocchia al petto e circondarle con le braccia.
«Entrambe le cose.» fu la risposta laconica «Ci tieni a lei.»
«Che razza di domanda è?»
«Non era una domanda» Charlie gli rivolse un sorriso aperto, sincero «Perché la intralci, se le vuoi bene?»
«Odio l’Inferno. Voglio solo concludere questa stronzata nel minor tempo possibile e tornare in Paradiso.»
«Ora chi è quello che glissa le risposte?»
Le rifilò un gestaccio, ma questo non fu sufficiente a fermare la parlantina della principessa:
«Ascolta, ho capito: detesti stare quaggiù, ma ostacolare la missione di Emily non ti aiuterà. Più ci metterà a raccogliere i dati, più tempo sarai costretto a passare qui. Non mi sembra una mossa molto furba, per uno che vuole rientrare a casa.»
«Mh…» Era un buon punto, accidenti! Non voleva darla vinta così facilmente alla mocciosa di Lucifer, ma… in fondo, aveva ragione. Rallentare il lavoro di Emily avrebbe avuto, come unica conseguenza, un soggiorno prolungato a Pentagram City «D’accordo» cedette, infine «Cercherò di lasciarle spazio…»
«Grazie.» Charlie si alzò, spazzolando il retro dei pantaloni per togliere i residui di polvere «Dopo pranzo iniziamo qualche esercizio sulla fiducia nel prossimo. Vuoi partecipare?»
«No. Credo rimarrò qui a suonare, se non ti dispiace. O anche se ti dispiace…»
«Va bene.» la giovane non insistette e si avvicinò al lucernario spaccato. Fletté le gambe, pronta a balzare nel pertugio, quando un’esclamazione irriverente la costrinse nuovamente a voltarsi.
«Morningstronz!» Il Primo Uomo aveva indossato nuovamente il casco e la stava osservando con aria di sfida «Non lo faccio per te, né per la tua banda di peccatori o perché ho cambiato idea su questa cagata della redenzione. Lo faccio solo perché voglio tornare a casa al più presto.»
Charlie annuì. Non c’era alcun bisogno di combattere ulteriormente l’orgoglio dell’angelo: sarebbe stata una battaglia persa, che avrebbe vanificato i recenti progressi.
«Assolutamente. Lo fai per te stesso.»
«Esatto.»
«Sai, sei migliore senza maschera.»
Adam le rivolse un sorriso cinico:
«Ecco perché la indosso.»
***
Emily bussò un paio di volte alla stanza attigua alla sua.
«Vieni, scassapalle!» esclamò una voce ovattata dall’interno.
Scosse il capo, spalancando la porta con un calcetto e richiudendola con un colpo d’anca. Tra le mani reggeva un vassoio con un bicchiere d’acqua e una ciotola di zuppa ancora calda.
«Oh, sei tu…» Adam si sollevò a sedere sul letto, evidentemente stupito dalla sua comparsa.
«Mi hai dato della scassapalle…»
«Credevo fosse Morningstronz. Inoltre, beh… tutti, in questo fottuto hotel, sono degli scassapalle. È un insulto che si sposa in qualsiasi situazione.»
«Non ti ho visto né a pranzo, né a cena.» disse, avvicinandosi al tavolino per appoggiarvi il vassoio «Ho pensato avessi fame.»
«Mh, forse…» il Primo Uomo non fece cenno di muoversi, anzi… si lasciò cadere nuovamente sul materasso, accomodando meglio il cuscino e intrecciando le dita in grembo.
«Se non ti va, lo porto via.»
In realtà, gli andava eccome, e lo stomaco si sbrigò a confermarlo con un brontolio distinto. Tuttavia, continuò ostinatamente a fissare il soffitto per un minuto abbondante, prima di replicare:
«No, lascialo.»
«C’è qualcosa che vuoi dirmi?»
Scosse il capo. In realtà, c’erano diverse cose di cui avrebbe discusso con lei, ma non trovava il coraggio, né la voglia di affrontarle. La chiacchierata con Charlie e il pomeriggio passato in solitudine avevano scoperto alcuni nervi, che non intendeva punzecchiare ulteriormente.
«Allora me ne vado…»
Colse un movimento con la coda dell’occhio, quando Emily si apprestò a varcare nuovamente l’uscio. Si concesse un sospiro profondo, costringendosi a guardarla. L’espressione della serafina era fredda, distaccata, in netto contrasto con i sorrisi solari e spensierati che era solita dispensare. L’immagine si sovrappose al volto della principessa, intenta a ripetergli: “Sei sicuro di avere la coscienza a posto?”.
Ovviamente non l’aveva, ma… dannazione, era il Primo Uomo, il Capo Esorcista, uno degli angeli più temuti del fottutissimo Paradiso. Per nessuna ragione si sarebbe lasciato impietosire! Non si sarebbe piegato alle smorfiette crucciate di una ragazzina. O sì?
«Aspetta…» quella parola gli sfuggì dalle labbra prima che il suo cervello potesse frenarla. Vide Emily tornare sui suoi passi «Che c’è che non va?»
Pessimo inizio, se ne rese immediatamente conto: scorse le piccole mani serrarsi a pugno e tremare, mentre gli occhi si velavano e le guance si gonfiavano come pronte a sfogare tutta la rabbia e la frustrazione.
«E me lo chiedi pure?!»
«D’accordo.» sbuffò, buttando le gambe giù dal letto e rialzandosi con un colpo di reni. Passò le dita tra i capelli, cercando inutilmente di addomesticarli «Sì, c’è qualcosa che voglio dirti» si accostò al tavolo e gettò un’occhiata alla zuppa. Non aveva un aspetto particolarmente invitante: delle foglioline rinsecchite galleggiavano su una brodaglia arancione, con dei cubetti bianchicci di…«è patata, questa?»
«Non ne sono sicura» quel tentativo, ovviamente, non fu sufficiente a deviare l’attenzione dell’ospite «Non approfittarne per cambiare discorso.»
Adam allargò le braccia, lasciandole ricadere arrendevole lungo i fianchi:
«Che vuoi sentirti rispondere, Emily? Che mi dispiace per averti trattato male questa mattina? Va bene! Mi dispiace.»
«Non sembri uno particolarmente pentito.»
«Ti sbagli…»
«E allora perché non chiedi scusa come si deve?»
Aprì la bocca, rimase a fissarla qualche attimo e poi richiuse ermeticamente le labbra. Lasciò il silenzio sprofondare nella stanza. Abbassò lo sguardo, nuovamente al piatto di minestra.
«Capisco…» l’ombra di Emily scivolò nel suo campo visivo. Sentì due dita picchiettargli sotto il mento, obbligandolo a rialzare il capo e a fissare gli occhi altrui: contrariamente a quanto si aspettava, non vi lesse delusione o malinconia; soltanto compassione frammista a un leggero divertimento «Ah, l’orgoglio… che brutta malattia.»
«Io…»
«Non importa. Ti tolgo dall’imbarazzo in un attimo: sei perdonato. Dopo tutto, l’Hotel nasce appositamente per riscattarsi, no? Sarebbe ipocrita se non fossi indulgente proprio con te.»
«Non sono un peccatore.»
Emily lo ignorò:
«Sai, vorrei … avere un po’ di supporto. Non ti sto chiedendo di sposare la filosofia dell’Hazbin o di credere incondizionatamente nella salvezza delle anime perdute. So che non lo faresti comunque. Solo, per favore… sii un po’ meno ruvido con Charlie e gli altri; e non giudicare sempre il mio operato. Abbi solo… un briciolo di fiducia in quello che faccio. Tengo molto a questa missione, indipendentemente dal suo successo o meno. È ovvio che vorrei una buona riuscita, ma non sono un’illusa come credi. Sono consapevole che la redenzione potrebbe non essere possibile, ma devo comunque dimostrarlo.»
«D’accordo. Farò del mio meglio per non starti tra i piedi.»
«Non è quello che ho detto. Anzi… mi piacerebbe se domani ti unissi alle attività mattutine.»
«Che cosa?» sgranò gli occhi, scosse ripetutamente la testa «Ora non ti allargare! Ho detto che non avrei interferito, non che volessi partecipare.»
«Oh, andiamo! Non puoi davvero capire il funzionamento dell’hotel, se non provi ad immedesimarti al meglio.»
«Non me ne frega un cazzo, non intendo sprecare così il mio tempo!»
«Hai di meglio da fare?»
«No, ma…»
Emily batté le mani soddisfatta:
«è deciso, allora verrai con me!»
«No!» scattò, ritrovandosi a fissare nuovamente la serafina: gli occhi chiari tradivano fiducia, le labbra erano piegate in un sorriso e le mani erano congiunte al petto, in una muta preghiera. Adam sbuffò, stringendosi nelle spalle «Fanculo, va bene!»
«Si! Ti piacerà, vedrai! Oggi abbiamo fatto degli esercizi sull’affidarsi agli altri. A turno siamo saliti su un palco e abbiamo parlato delle nostre esperienze. Poi abbiamo scelto un compagno con cui danzare a occhi bendati. Io sono capitata con Alastor. Posso assicurarti che è un gran ballerino, un vero signore e…»
Alzò una mano, cercando di interrompere quel flusso di parole entusiaste:
«Quale è il programma di domani?»
«Charlie non ce l’ha ancora detto. Sarà una sorpresa!»
Il Primo Uomo si massaggiò le tempie:
«Non vedo l’ora, Emily…» biascicò, con aria sconfitta «Non vedo l’ora…»
Notes:
Buonasera,
Questo capitolo è stato parecchio impegnativo: l'ho riscritto tre volte, perchè non mi soddisfaceva per nulla ç_ç Adam è stato complicato da gestire, soprattutto perchè avevo necessità di approfondire il suo confronto con Charlie e generare alcuni piccoli input per il proseguire della storia. Ci sono aspetti del suo carattere (come di molti altri personaggi), che giustamente la serie non approfondisce. Quindi, sono andata un po' a sentimento. Ho un (ovviamente) debole per lui, quindi ho cercato di ammorbidirlo un po'... rimarrà comunque un idiota, ma ogni tanto qualche guizzo di intelligenza sporadica (molto sporadica, temo) credo non guasti XD
Grazie per aver letto fin qui!
*distribuisce zuppe con patate sospette*
Chapter 6: Il Demone Radio
Chapter Text
Quella era una delle cose più stupide che mai avesse affrontato. E, considerati gli anni che aveva sulle spalle, di idiozie ne aveva fatte parecchie in vita sua.
Charlie gli stava sorridendo, agitando una boccia di vetro con all’interno alcuni foglietti di carta ripiegati.
«Avanti, prendine uno…»
Adam alzò gli occhi al cielo e la maschera mimò un’espressione visibilmente scocciata:
«Che stronzata» esclamò, ricevendo da Emily una gomitata nel costato «Ahi! Lo sai che è un punto sensibile, quello…» si lagnò, introducendo la mancina nel contenitore e pescando un bigliettino. Lo spiegò e lesse ad alta voce il contenuto.
«Emme.»
«Molto bene, ora devi scegliere una persona del cerchio e rivolgergli un complimento che inizi con quella lettera.» spiegò la principessa.
Si guardò attorno, scrutando gli astanti. Alla sua destra sedeva una pornostar; poco oltre, una ciclope con manie da bombarola e un gatto antropomorfo svogliato. La cameriera psicopatica si era fortunatamente chiusa in cucina assieme a Vaggie, a cui era stata lasciata la supervisione del pasticcio di patate in cottura. Il lombrico travestito da cobra era l’unico realmente attento e partecipe, mentre il demone radio lucidava l’asta del proprio microfono.
Proprio in sua direzione, puntò l’indice:
«Merda.» esclamò, sghignazzando. L’espressione di Alastor si irrigidì immediatamente, e la serafina lo picchiò di nuovo nel fianco.
«La vuoi smettere?»
«Sei tu che hai voluto che partecipassi a tutti i costi.»
«Potresti almeno sforzarti di essere collaborativo, visto quanto mi hai promesso ieri sera. O devo dedurre fossero parole vuote, le tue?»
Sbuffò, arrendevole:
«Va bene, va bene.» spostò l’attenzione da Emily a Charlie, che attendeva ancora speranzosa, tornando infine su Alastor «Un complimento con la emme…» ripeté, fingendo di rifletterci «Mentecatto!» il sorriso dell’Overlord si congelò «No, scusa… umh… Minchione. Ops, un’altra parolaccia. Proviamo con Miserabile. Oppure Menagramo.»
«Non sei divertente.» gli rispose il demone radio.
«Scusa, sai… mi è capitata una lettera difficile.»
«No, è che non vuoi applicarti!» Emily gli strappò dalle mani il foglietto, appallottolandolo «Davvero, Adam. Ho apprezzato il tentativo, ma è evidente che non intendi integrarti. Non importa. Sei libero di andare.»
«Ma…»
«Sei libero di andare!» ripeté Emily, indicandogli perentoriamente la porta.
Sgranò gli occhi, incredulo: quella marmocchia osava dargli ordini davanti a un ammasso di feccia infernale? Spiò gli astanti: Husk osservava il soffitto, fingendo di estraniarsi dalla conversazione. Angel Dust rideva sotto i baffi, mentre il ghigno di Alastor aveva assunto una sfumatura vittoriosa. Pentious tesseva lodi a Cherri, che guardava video di dubbia morale sul telefonino. Charlie era chiaramente in imbarazzo.
Abbassò la voce, digrignando i denti aguzzi:
«Non darmi ordini.» sibilò, ma l’espressione severa della serafina non cambiò.
«Ne ho tutto il diritto. Non sei esattamente ai vertici della gerarchia angelica. Ora vattene.»
«Non puoi cacciarmi via! Sono libero di stare qui quanto mi pare e piace.»
«Bene, allora ci sposteremo noi.» Emily gli voltò le spalle, fluttuando verso Charlie «Possiamo andare altrove? Proporrei di continuare le attività al bar di Husk.»
«Ne sei sicura..?» domandò la principessa.
«Assolutamente. Dubito che qualcuno voglia trattenersi oltre in sua compagnia; io per prima.»
Adam sentì la rabbia colmargli il petto. Si raddrizzò, gonfiando le piume e avanzando verso la collega:
«Cazzo! Sei tu che mi hai costretto a venire qui… e ora ti stupisci se non partecipo? Hai insistito perché presenziassi e ti ho accontentato.»
«Speravo ti comportassi in modo civile, sai? Come ieri sera. Ma evidentemente sbagliavo.»
Emily gli rivolse uno sguardo asciutto, privo di emozioni. Era quasi peggio di quanto accaduto il giorno precedente: almeno lì aveva espresso delle sensazioni, che era riuscito a decifrare e a cui aveva posto rimedio… ma l’indifferenza era più complessa: era un travestimento ingannevole, che nascondeva di tutto. Non riusciva a gestirla: poteva sopportare una Emily infelice, arrabbiata, infantile, ma… inespressiva? Si adattava così poco quella facciata all’entusiasmo che la contraddistingueva.
«Pff… fanculo!» sibilò, facendo un rapido dietro front. Tornò a sedersi a terra, stringendo le ginocchia al petto «Non occorre andiate altrove. Non interferirò. Fate come se non ci fossi.» concluse, avvolgendo le ali attorno alle spalle, in un bozzolo dorato.
Charlie volse ai due uno sguardo perplesso, soffermandosi infine sulla serafina, da cui ricevette un cenno d’assenso.
«Bene, allora… possiamo continuare.» annunciò poco dopo «Ora vorrei che tutti voi pensaste ad un momento della vostra vita… post o ante mortem, in cui avete fatto qualcosa per gli altri. Non occorre che sia qualcosa di importante o eroico, basta anche un piccolo gesto. Qualcosa che vi faccia dire: accidenti, mi sono davvero comportato bene in quel frangente! Cominciamo da… Husk!»
«Io?» il mezzo gatto ciondolò il capo «Non mi viene a mente nulla.»
«Fai uno sforzo, avanti…»
«Una volta ho impedito ad un tizio di bere la sua sedicesima birra. Credo d’averlo fatto perché non mi aveva ancora pagato le precedenti quindici, più che per preservare la sua salute.»
«Non importa, è comunque una buona azione. Angel Dust, tocca a te.»
Il demone ragno incrociò tutti e sei gli arti, pensieroso:
«Umh… Settimana scorsa ho iscritto Fat Nuggets ad un sito di incontri per maialini, perché non voglio che si senta solo quando non sono a casa; mi piacerebbe trovargli una compagna. Va bene?»
«Certo, è encomiabile il desiderio di aiutare il tuo animaletto a crearsi una famiglia. Mh… Pentious?»
«Ho aiutato Cherri a portare la spesa.»
«Splendido! Cherri?»
«Ho concesso a Pentious l’onore di portarmi la spesa.»
«Eccellente, ora…» Charlie si interruppe, quando scorse la mano di Emily sollevata «Si?»
«Posso proporre un esercizio?» domandò la serafina, ricevendo in cambio un cenno d’assenso entusiasta. Si affrettò a proseguire «Vorrei che condivideste con me un pensiero: cosa significa, per voi, la redenzione?»
Sulla platea calò un silenzio incerto. Quasi tutti distolsero l’attenzione, guardando chi il soffitto, chi il pavimento. Cherri finse di ricevere una chiamata, mentre Husk grugnì, insoddisfatto. Il demone radio manteneva il suo imperturbabile sorriso, ma chiaramente non intendeva prendere parte alla conversazione. Charlie venne in soccorso agli amici:
«Credo sia… un argomento un po’ complesso, Emily. Sono ancora alle prime armi.» mormorò.
Tuttavia, Angel la interruppe con un cenno timido:
«Significa avere una seconda possibilità. Ho sprecato la prima… la mia vita è sempre stata caotica, senza regole, priva di una vera e propria guida. Sinceramente, mi sento come se stessi rischiando di buttare anche questa opportunità, e.. Potrebbe essere l’ultima chance che ho di riscattarmi. Non voglio gettarla via, come ho fatto in passato.»
Emily annuì, entusiasta.
«è un’ottima risposta. Grazie di averla condivisa con me» mimò un leggero inchino, mentre Niffty emergeva dalla cucina gridando a squarciagola:
«Pranzo pronto, pranzo pronto!»
«Fantastico!» Charlie batté due volte le mani «Tutti a tavola. Riprenderemo gli esercizi nel pomeriggio.» esclamò, sciogliendo il cerchio.
Attese che i presenti recuperassero i loro effetti e si dirigessero verso la sala da pranzo, prima di avvicinarsi all’unica figura ancora seduta a terra. Allungò la destra, cercando di scostare delicatamente le piume dorate. Adam ritrasse di scatto le ali, infastidito da quel contatto inaspettato.
«Tu non vieni a mangiare?» chiese gentilmente.
Si vide rifilare un bigliettino stropicciato, dove l’inchiostro nero segnava una unica lettera: M.
«Meticoloso, modesto, mozzafiato, maestoso.» sussurrò l’angelo, dondolando la testa «Non me ne sono venuti a mente altri.»
La principessa nascose il foglietto in tasca, piegando le ginocchia e accovacciandosi innanzi a lui.
«Perché ti comporti così? Ti vuoi davvero così male?»
Il Primo Uomo rialzò bruscamente il capo:
«Che intendi?»
«Questo Hotel non serve solo ai Peccatori per riscattarsi. È un posto sicuro per chiunque abbia bisogno…»
«Non ho bisogno!»
«… di amici, di una famiglia, o anche solo di qualcuno che possa ascoltare. Ti stai sabotando da solo.»
«Non cambierebbe nulla. Sono consapevole di stare sul cazzo a tutti.»
«Beh, non ti indorerò la pillola: a volte sei davvero… odioso.»
«Sono il Comandante degli Sterminatori, principessa. Devo esserlo.»
«Ieri, però, ho conosciuto una persona diversa. Qualcuno che non avrei mai creduto di trovare sotto a questa maschera.» allungò la destra, picchiettò due volte l’indice sulle lunghe corna e poi scese fino al bordo, cercando di agganciarlo per poter sollevare il copricapo. Adam le scostò la mano.
«No, non è un buon momento per gesti intimi, Morningstronz!» la canzonò, con un ghigno storto «Ho solo bisogno di un panino, un bicchier d’acqua e di…» si alzò, stiracchiando braccia e gambe e prendendo la via della porta «e di musica. Buona musica.»
***
Il cielo si era annuvolato rapidamente e qualche goccia stava già cadendo.
«Posto di merda! Non posso nemmeno suonare in pace.» ringhiò Adam, sollevando un’ala per ripararsi il capo e tenere all’asciutto dal chitarra. Balzò verso il bordo del tetto, pronto a scivolare nuovamente verso la propria camera, quando una folata di vento improvviso fece sbattere violentemente i vetri che aveva lasciato aperto. La finestra si bloccò con un colpo secco. Si voltò verso il lucernario rotto, e con sommo disappunto notò che era già stato riparato: una pesante lastra metallica, fissata dall’interno, lo occludeva.
«Fantastico, ora sono pure chiuso fuori!» ringhiò, rassegnato.
L’idea di andare a bussare alla porta d’ingresso non lo allettava per nulla. Desiderava evitare il più a lungo possibile un ulteriore confronto con Emily, Charlie e la loro banda di peccatori. Frugò con lo sguardo le altre imposte, controllando se ve ne fosse qualcuna ancora aperta, attraverso cui poter scivolare all’interno. Le finestre, però, sembravano tutte accuratamente chiuse… tutte tranne una, sul versante sud di una torretta che sporgeva dal fianco dell’albergo. Una struttura alquanto singolare: appariva più come una estroflessione, che come parte del complesso stesso. Si reggeva su diversi tralicci metallici; sulla sommità, una antenna era protesa verso la città, accompagnata da una scritta lampeggiante: “On Air”.
L’angelo si lanciò dal tetto, volando rapidamente fino alla torretta. Scavalcò rapidamente il davanzale, lasciandosi scivolare all’interno.
«Finalmente all’asciutto!» esclamò, concedendosi qualche attimo per strizzare le piume e la tunica. Una piccola pozza di acqua verdastra si accumulò ai suoi piedi «Speriamo non sia acida…» aggiunse, prima di guardarsi attorno.
L’interno del locale sembrava in disuso, per buona parte. Indubbiamente, era interdetto alla cameriera pazza, considerata la polvere accumulata su alcuni vecchi mobili e le assi scricchiolanti del pavimento. Sulla sinistra c’era un macabro appendiabiti, ricavato dalle corna di un cervo. Al centro, tuttavia, stanziava una enorme consolle radiofonica, con spessi cavi che si inerpicavano lungo le pareti, connessi probabilmente all’antenna sul tetto. Dirimpetto, una sedia girevole foderata in velluto rosso. Sia la consolle che la poltroncina, a differenza del resto, erano stati usati di recente: non c’era traccia di sporcizia, anzi… sembrava che qualcuno ne avesse parecchia cura. Le manopole e i tasti erano perfettamente lucidati.
«Guarda qui che gioiellino» esclamò, avvicinandosi alla postazione. Fece scorrere le dita su levette e bottoni, sino a trovarne uno siglato con “On”. Lo premette senza esitazione: la consolle emise un secco crepitio e si avviò. Picchiò un paio di volte su un bizzarro microfono, a forma di pentacolo.
«Prova, prova.»
La sua voce riecheggiò dagli altoparlanti esterni.
«Magnifico! Oh, cazzo! È una vera e propria stazione radio.» esclamò, tirando a sé la sedia e accomodandovisi. Sistemò meglio la chitarra in grembo «Allora, vediamo di divertirci un po’…» si schiarì la voce, assumendo poi un tono professionale «Buon pomeriggio, stronzetti infernali! È il vostro…amh…» serviva urgentemente un nome accattivante; di certo non poteva farsi riconoscere: Adam era fuori discussione, così come Capo Esorcista e Primo Uomo «Dickmaster che vi parla, il nuovo speaker di questa emittente di merda. Odio la radio, ma non ho niente di meglio da fare. Il tempo fa cagare, lo so … ma grazie al cielo – letteralmente – ci sono io ad allietare questa giornata uggiosa.»
Fece una pausa e controllò che la consolle fosse ancora in funzione: un’intermittenza rossa gli confermò che era ancora in onda.
«So che non siete abituati a questa musica, perché vi trastullate con Jazz, Rap e altri generi da sfigati… ma sono un po’ cazzi vostri. Questo brano si intitola Paradise City; tranquilli, è un posto che non vedrete mai, per cui… godetevi la canzone, perché è il massimo a cui potete aspirare.»
Pizzicò le corde della chitarra, impostando la melodia di fondo, prima di attaccare:
«Take me down
To the paradise city
Where the grass is green
And the girls are pretty
I want you please take me home»
Mosse la testa a ritmo, avanti e indietro, prendendo a dondolare sulla seggiola. Adorava quella musica. Era decisa, graffiante, incisiva. Nulla a che vedere con quei generi di fighette appena citati.
«Take me down
To the paradise city
Where the grass is green
And the girls are pretty
I want you please take me home»
Ripeté, scattando in piedi e suonando con ancor maggiore impegno.
«Diamine, se è cazzuto ‘sto brano!» esclamò. Chiuse gli occhi, lasciandosi guidare dalla musica: lo rilassava così tanto. Gli consentiva di staccare il cervello, di immergersi esclusivamente nelle note e di lasciarsi andare completamente. In quei momenti non era né il Capo Esorcista, né il Primo Uomo, né Adam: era un’estensione della chitarra, come anzi ne fosse parte integrante. Era uno strumento che permetteva alla musica di fluire, di raggiungere il cuore e le menti degli ascoltatori. Era così immerso nella melodia da ignorare tutto ciò che lo circondava: la pioggia battente sui vetri, il ronzare della consolle, gli schiamazzi che si udivano in lontananza. Provenivano dal piano di sotto? No, forse da uno dei corridoi attigui. Non che gli importasse: era come essere tornati, per un solo istante, in Paradiso. Si immaginò durante uno dei suoi concerti: circondato dai membri della sua band, compreso quell’idiota del batterista, che si vociferava fosse uno dei migliori a letto. Stronzate! Nessuno poteva competere con lui: era il Primo Cazzo. Praticamente, l’inventore della scopata. Certo, le prime volte non era andata proprio alla grande… forse era per questo che Lilith l’aveva mollato sulla soglia dell’Eden?
Nah, assolutamente impossibile. Nessuna donna avrebbe mai potuto preferire l’uccello moscio di Lucifer. O si? Dopo tutto, era il capostipite dei demoni… magari poteva allungarselo a piacere. Anzi, senza dubbio! Era l’unica spiegazione: Lucifer barava sulle dimensioni delle sue parti intime, altrimenti non avrebbe avuto chance.
«Just a’ urchin livin’ under the street
I’m a hard case that’s tough to beat
I’m your charity case
So buy me somethin’ to eat
I’ll pay you at another time
Take it to the end of the line»
Il vociare si faceva sempre più vicino, ma non ci fece caso. Continuò a suonare, lasciandosi coinvolgere completamente. Riaprì gli occhi, saltò in piedi sulla sedia e piantò un piede sulla consolle. Si piegò verso l’asta del microfono, così da avvicinare il più possibile le corde della chitarra. Si lanciò in un assolo improvvisato. Ah, se le sue fans lo avessero potuto sentire in quell’istante, sarebbero sicuramente impazzite. Come la volta in cui, in preda al delirio, avevano lanciato sul palco ogni genere di indumento. Un reggiseno piuttosto capiente gli si era addirittura impigliato tra le corna della maschera; Lute non ne era rimasta particolarmente entusiasta: sicuramente era gelosa della taglia sin troppo abbondante delle coppe.
«Ragz to richez or so they say
Ya gotta-keep pushin’
for the fortune and fame
You know it’s
It’s all a gamble
When it’s just a game
Ya treat it like a capital crime
Everybody’s doin’ their time»
Chissà come se la stava cavando Lute, a proposito. Beh, non erano trascorse nemmeno quarantotto ore dalla partenza, quindi dubitava che la sottoposta avesse incontrato qualsivoglia difficoltà. Le sarebbe mancato? Lui provava già un po’ di nostalgia: era strano non averla accanto. Era abituato alla sua presenza sia nel quotidiano, che – e soprattutto – in missione. Se fosse stata lì, avrebbe sicuramente apprezzato la canzone… e preso a calci in culo quei fottuti peccatori, a cominciare da quel demone con gli occhi rossi e il perenne sorriso giallognolo. Scrollò le spalle, cercando di concentrarsi nuovamente sulla musica:
«Take me down
To the paradise city…»
***
Velvette si affacciò al balcone della propria stanza, fissando l’Hazbin Hotel.
«Non ci posso credere!» esclamò, appoggiandosi alla balaustra «Hanno assunto un disc jokey professionista, finalmente!»
Rimase all’ascolto per qualche attimo, ciondolando la testa a ritmo, prima di fare un rapido dietro-front.
«Devo dirlo a Vox.»
***
Charlie aveva quasi sputato il caffè, quando aveva sentito la voce di Adam diffondersi nell’aria. Non era possibile che fosse così scemo. Aveva acconsentito a lasciargli spazio, d’accordo, ma questo non significava invadere le proprietà altrui. C’era un solo posto, all’Hazbin, capace di inviare trasmissioni simili, non soltanto alla struttura, ma all’intera città.
Spostò l’attenzione ai presenti: tutti, compresa Emily, avevano un’espressione sconcertata.
«Sono certa che c’è una spiegazione» azzardò, voltandosi immediatamente alla propria destra «Alastor…»
Con orrore, si accorse che il demone radio era scomparso: si era sciolto in ombra, serpeggiando via.
«Cazzo, cazzo, cazzo!» Charlie si slanciò verso il vicino corridoio, sbraitando ordini frettolosi «Vaggie vieni! Husk, Angel barricate la porta. Nessuno di voi si muova di qui. Non uscite per nessun motivo.»
Emily cercò di seguirla, ma la fermò con un cenno imperioso:
«No! È troppo pericoloso. Non sai di cosa è capace Alastor. Resta al sicuro.»
«Adam è una mia responsabilità.»
A Vaggie sfuggì una risata nervosa:
«Curioso come sia tu a dover fare da balia a uno che… dovrebbe essere adulto. Tuttavia, concordo con Charlie. Rimani qui.» la giovane si affrettò «Sbrighiamoci, prima che lo uccida.»
Charlie corse su per le scale, macinando metri a grande velocità. Si aggrappò al corrimano per avere maggiore presa. Rischiò di inciampare più volte, ma mantenne l’equilibrio e si sforzò di proseguire. Percepiva i passi di Vaggie vicini, segno che la sua compagna la stava seguendo. Sentiva una stretta feroce allo stomaco e il recente pranzo – uno squisito pasticcio di patate accompagnato da una salsa piccante – dondolava lungo l’esofago. Avrebbe vomitato sicuramente, se non fosse stata spinta dall’adrenalina.
Era stata una sciocca: aveva concesso ad Adam un po’ di privacy e quell’idiota ne aveva approfittato per mettersi nei pasticci. Tuttavia, era disposta a concedergli un errore in buona fede: in fondo, non poteva sapere che la torretta era ad uso esclusivo di Alastor. Anche se… diamine, era chiaramente uno studio radiofonico. Non ci voleva certo un’intelligenza superiore per capirlo. Evidentemente, al Primo Uomo si erano dimenticati di fornire un cervello funzionante, quando lo avevano creato.
Piegò a destra, salendo l’ultima rampa.
«Sono stata un’ingenua a pensare che sarebbe stato lontano dai guai!» esclamò, gettando uno sguardo preoccupato a Vaggie «Ho voluto lasciargli un po’ di margine e lui…»
«… ne ha approfittato, come sempre.» concluse l’altra, affiancandola «Lo odio ogni minuto di più. Non sono neppure riuscita a bere il caffè in pace. Forse potremmo rallentare un attimo la corsa, che ne dici? Dopo tutto… che male c’è se Alastor lo strapazza un po’?»
«Potrebbe ammazzarlo.»
«Non riesco a dispiacermene…»
«Vaggie!»
«D’accordo, scusa…»
Le due ragazze infilarono il corridoio dell’ala est, e accelerarono quando scorsero la soglia della torretta. La porta era spalancata e dall’interno provenivano rumori decisamente inquietanti.
***
«Strapped in the chair
of the city’s gas chamber
Why I’m here I can’t quite remember…
Ehy! Che cazzo stai facendo?»
Adam balzò dalla seggiola, non appena una figura rossa e nera si condensò dalle ombre, strappando i cavi che connettevano la console all’antenna. Nonostante ciò, il crepitio nell’aria non si affievolì affatto, anzi… parve aumentare di intensità quando il demone radio gli parlò:
«Sei nella mia proprietà.»
«E allora? Stavo finendo la canzone! Riattacca, pezzo di merda.» indicò i fili elettrici abbandonati a terra.
«Credo tu non conosca davvero i principi base dell’educazione. Non importa.» Il ghigno giallo rimase inalterato sul volto cinereo «Sarà un piacere insegnarteli.»
«Mi stai minacciando?» Adam roteò la chitarra, impugnandola come fosse un’ascia e rivolse il filo all’avversario «Fatti sotto, stronzetto.»
Balzò indietro quando scorse dei tentacoli neri guizzare in sua direzione. Oscillò l’arma, segandoli a metà.
«Tutto qui quello che sai fare?» lo sfidò, mentre altre propaggini nere lo accerchiavano. Indietreggiò, mulinando l’ascia a destra e manca. Ringhiò quando un viticcio gli si attorcigliò attorno alle ali: ruotò il busto, e vibrò un colpo secco. Un istante dopo, un secondo tentacolo lo raggiunse, artigliandogli il polpaccio sinistro. Gridò quando spine nerastre si conficcarono nella carne. Calò nuovamente l’arma e si liberò in fretta. Balzò sul davanzale, incurante del sangue dorato che gli inzuppava la veste e del protestare della gamba.
«Bastardo!» esclamò, menando ancora un paio di fendenti per respingere l’assalto delle ombre. Scoccò un’occhiata al suo avversario. Il demone radio non si era mosso: si sosteneva all’asta del suo microfono, impettito come un aristocratico. Il ghigno, pregno di soddisfazione malcelata, adornava il suo volto. Quella sfrontatezza lo irritò ancora di più. Sollevò il medio:
«Codardo!» lo canzonò.
Vide qualcosa incrinarsi nell’espressione dell’avversario: un leggero strizzare degli occhi, come a rendere più minacciosa la sua figura.
«Oh, hai paura di me. Beh, ti capisco. Dopo tutto, sono un Esorcista… e sai benissimo cosa potrei farti, se volessi. Ecco perché preferisci combattere a distanza con…» tranciò una propaggine che si stava facendo strada verso i suoi piedi «i tuoi tentacolini da psicopatico.» concluse.
«Non parlarmi così, piccolo uomo.»
«Altrimenti?»
«Basta! Smettetela subito!»
Una voce spaventata e alcuni passi lo spinsero a indirizzare lo sguardo alla soglia della torretta. Charlie li aveva raggiunti, accompagnata da Vaggie che stringeva la lancia tra le mani. Vide la principessa avanzare, e le rivolse un sorriso innocente; sollevò la mancina, indicando prontamente il demone radio.
«Ha cominciato lu…»
Fu costretto a interrompersi. Colse un bruciore intenso al costato destro e si ritrovò sbilanciato all’indietro. L’ascia gli sfuggì di mano, mentre una nuova chiazza dorata macchiava la sua veste, là dove un viticcio nero aveva scavato la sua pelle. Tentò di recuperare l’equilibrio, ma scivolò lungo il bordo liscio del davanzale. Allungò le mani per aggrapparsi all’infisso, senza successo: con un grido strozzato, Adam precipitò nel vuoto.
***
«No!»
Charlie si coprì la bocca, attonita e impotente davanti a quella scena. Alastor aveva pugnalato l’ avversario con un tentacolo, per poi scagliarlo fuori dalla finestra.
Cadde in ginocchio, esausta. Tutti i suoi sforzi per l’Hotel si erano appena vanificati: il suo socio aveva appena ucciso un messo del Paradiso. Ogni tentativo di convincere Sera e il Concilio Angelico si era appena dissolto, come neve al sole. Nessuno sarebbe stato più disposto ad ascoltarla, o a concedere una seconda opportunità a chi davvero la meritava.
«Perché, Alastor?!» gridò, sconfortata.
«Perché no?» fu la risposta allegra del demone radio «Dubito che qualcuno sentirà la sua mancanza.»
Vaggie la strinse in un abbraccio.
«Charlie…»
«No! Ho lottato a lungo per arrivare fin qui. Credevo davvero in questo progetto e ora… hai rovinato tutto, Alastor!» singhiozzò, sconfortata «Non avresti dovuto. Non così… non lo meritava.»
«Mia cara» l’Overlord le si avvicinò, abbozzando un inchino «Mi dispiace per l’accaduto, ma sono certo che troveremo una soluzione assieme. Inoltre, permettimi di esprimere il mio modesto parere: lo meritava.»
«Che cosa…?»
«Non puoi salvare tutti, Charlie. Non avresti dovuto affezionarti a lui.»
«Che stai dicendo? Non mi ero aff…»
«Sarò franco con te: era evidente che stessi cercando un punto di contatto, probabilmente perché desideravi piacergli.»
Aprì la bocca per rispondere, ma le parole le morirono sulle labbra. Alastor aveva ragione, anche se forse aveva usato termini un po’ forti per descrivere la situazione: non si stava affezionando, ma indubbiamente stava cercando di creare un legame. Era riuscita a fare breccia, anche se per poco, nella corazza del Primo Uomo; gli aveva sollevato la maschera e aveva intravisto almeno una parte di ciò che nascondeva. Sapeva che oltre quell’atteggiamento orribile, si celava una persona diversa. Un qualcuno che la solitudine e l’abbandono avevano consumato, e che aveva bisogno d’aiuto tanto quanto un qualunque peccatore dell’Inferno. L’unica differenza, è che non era affatto disposto ad ammetterlo.
«Ti sbagli. Non desideravo piacergli. Volevo solo… che capisse; che desse una possibilità a Emily, all’hotel e a me. Desideravo fargli cambiare idea, dimostrargli che l’inferno non è per sempre e chiunque può riscattarsi.» sussurrò.
«Non crucciarti troppo per lui. Sarà presto dimenticato.»
«A proposito, sai chi altri si è dimenticato qualcosa?»
Alastor si voltò di scatto: una maschera gialla e nera sorrideva sfacciata, oltre la cornice della finestra spalancata.
«Tu, stronzo!» continuò Adam, guizzando nell’aria «Sono un fottuto angelo. Posso volare.» batté le ali un paio di volte, allontanandosi dalla torretta. Sollevò i pugni chiusi, con soltanto il dito medio alzato «Ti sto aspettando, idiota. Vieni a prendermi.»
***
Era veramente incazzato. Essere spinto giù da una finestra dal demone jukebox era già abbastanza umiliante, per tacere delle ferite che gli aveva inferto. Come osava quella feccia infernale ridurlo così? La tunica era strappata in più punti e il sangue colava dalla gamba e dal costato. Bastardo! Fanculo Charlie e i suoi buoni propositi. Fanculo anche la missione di Emily. Avrebbe definitivamente chiuso quella storia: avrebbe staccato la testa a quel coglione e l’avrebbe portata in dono a Lute. Indubbiamente, la collega avrebbe apprezzato: chissà, magari ne avrebbe ricavato un portapenne; o un grazioso cestino da pic-nic.
Spiegò le ali, recuperando stabilità. Piegò in una virata stretta e riprese a salire, deciso a tornare nella torretta. Si arrestò, accucciandosi nuovamente sul davanzale e osservò in silenzio la scena: Charlie singhiozzava, china sul pavimento, mentre Vaggie la stringeva in un abbraccio protettivo. Piangeva per lui? Difficile a credersi, ma glielo avrebbe chiesto alla prima occasione. In ogni caso, era tenero pensare che qualcuno, in quel fottuto Hotel, si preoccupasse per la sua persona.
«Non crucciarti troppo per lui. Sarà presto dimenticato.» stava dicendo quell’insopportabile peccatore.
Non riuscì a trattenersi oltre. Accese un ghigno pungente sul viso e si schiarì la voce con un colpetto di tosse:
«A proposito, sai chi altri si è dimenticato qualcosa? Tu stronzo!» gli rifilò un gestaccio e si allontanò dalla torretta, con un paio di colpi d’ala «Sono un fottuto angelo. Posso volare» oh, l’espressione sconcertata del suo avversario era così appagante «Ti sto aspettando, idiota. Vieni a prendermi.» lo sfidò. Non che ci fosse alcuna possibilità. A meno che non nascondesse un deltaplano sotto la giacca rossa, non c’era alcuna possibilità che Mister Radio lo raggiungesse.
Tuttavia, dovette ricredersi. Il corpo e la testa di Alastor iniziarono ad ingrandirsi, sempre di più. Gli arti si allungarono, divenendo zampe sottili, mentre dalla sommità del capo spuntarono un paio di corna da cervo. Un palco decisamente invidiabile, che marcava ancor di più i lineamenti spigolosi dell’Overlord. I denti gialli si inspessirono, ora simili a vere e proprie zanne; le iridi scarlatte vorticarono furiosamente, mentre dalla schiena sbocciavano altri tentacoli.
«Trucco vecchio!» esclamò Adam, ma il suo avversario non vi badò.
Alastor sgusciò fuori dalla finestra, arrampicandosi sul tetto della torretta.
«Per essere il Primo Uomo, sei davvero un idiota.» canticchiò il demone «Hai sprecato la tua unica possibilità di salvezza.»
Lanciò una nuova rete di viticci, ma Adam schivò facilmente: chiuse le ali, si lanciò in una breve picchiata. Virò, tentando di portarsi alle spalle del demone, ma altre propaggini nere gli sbarrarono il percorso.
«Fanculo!» sbottò, rilasciando il potere angelico. Una lama di luce fendette la coltre nerastra.
L’Overlord ritentò l’attacco, ma l’Esorcista era preparato. Lanciò dei corti raggi, tranciando le ombre.
«Ne vuoi ancora? Ti accontento!»
Altri flash ravvicinati segnarono il proseguire della battaglia.
***
Velvette si affacciò al balcone, trascinando anche Vox e Valentino con sé.
«Cazzo, hanno smesso di fare musica. Che peccato.» esclamò, sgranando gli occhi al vedere il profilo dell’hotel sormontato da quello che sembrava… un wendigo. La creatura aveva delle corna da cervo, lunghi arti, un corpo sinuoso e l’inconfondibile viso del demone radio.
Attorno alla testa, una figura indistinta guizzava qui e là, producendo degli insoliti bagliori.
«Ma che diamine...?»
Valentino sorseggiò la tisana al finocchio:
«Fuochi d’artificio! È da questa mattina che vanno avanti.»
Vox, però, non era dello stesso avviso:
«Che cazzo stai dicendo? Non è evidente?!» gracchiò il televisore ambulante «Quell’egocentrico di Alastor ha ingaggiato un fotografo per uno shooting! Che stronzo!» esclamò, battendo il pugno sulla ringhiera «Ne voglio uno anche io! Qualcuno chiami il mio manager, presto.»
***
Charlie si affacciò alla finestra.
«Basta, smettetela!» gridò, frustrata.
Non sapeva più cosa sperare. Da un lato, vedere Adam quasi illeso le aveva tolto un peso dal cuore; si era sentita sollevata, quando l’aveva scorto scorrazzare abilmente in cielo. Era ancora vivo, grazie al cielo. Tuttavia, quell’idiota ne aveva approfittato per punzecchiare nuovamente Alastor, che aveva definitivamente perso le staffe. Il demone era mutato nella sua forma bestiale, arrampicandosi sul tetto e scagliandosi nuovamente contro l’angelo. Questi, per tutta risposta, sembrava quasi divertirsi: sparava fasci di luce a destra e a manca, senza preoccuparsi d’essere visto o riconosciuto. No, il suo unico obiettivo era chiaramente l’Overlord.
Lo scontro si stava facendo sempre più serrato. Alastor scagliava ripetutamente tentacoli contro l’avversario, mentre Adam ricorreva sempre più al potere angelico.
«Basta, vi prego!» urlò nuovamente Charlie, sporgendosi oltre il davanzale.
«Ho quasi finito, principessa!» Adam le sfrecciò innanzi, curvando stretto per potersi avvicinare il più possibile al wendigo. Schioccò le dita, e l’ascia si condensò tra le sue mani. Batté furiosamente le ali, accelerando il più possibile. Alastor allungò le ombre in sua direzione.
Merda, non ora! Pensò, ritraendo l’arma per colpire l’arto anteriore dell’avversario. Il filo affondò nella carne. Lo estrasse subito concentrandosi sul posteriore. Con due colpi, spezzò entrambe le gambe della creatura.
«Fanculo, sì!» esultò, mentre il demone radio perdeva la presa. Il corpo di Alastor si rimpicciolì vistosamente, tornando delle dimensioni normali: crollò sul tetto, ruzzolando lungo l’inclinazione delle tegole.
«Stron…zo» la voce rotta della radio riecheggiò nel pomeriggio «Verrai con… me».
Un ultimo tentacolo nero scaturì dalla schiena del demone, avvolgendosi attorno alle ali dorate. Adam si sentì strattonare verso il basso.
«Che fai? Lasciami, cazzo!» provò a divincolarsi, ma la propaggine si strinse ancor di più attorno alle piume «Cadremo entrambi così!» urlò, quando il demone radio superò il bordo della grondaia.
Alastor non lo stava ascoltando: precipitava nel nulla, semisvenuto, insensibile ad ogni richiamo. Charlie stava urlando, disperata e impotente, trattenuta da Vaggie che seguiva attonita la scena.
Piombare giù dal tetto due volte… non era decisamente nei piani per la giornata. Si disse Adam, osservando con crescente terrore il suolo in rapido avvicinamento. Cercò di sbattere le ali per riprendere quota, ma il tentacolo oscuro le legava saldamente. Fanculo! Ringhiò, un attimo prima che un potente scoppio di luce biancastra lo accecasse.
Strinse le palpebre, accogliendo con sollievo qualche attimo di buio completo, prima di riaprire gli occhi. Si ritrovò seduto nel prato riarso dell’hotel. Attorno a sé, una sfera dalle sfumature celesti. Indubbiamente, quell’affare aveva frenato tanto la sua caduta, quanto quella di Alastor. Spiò il demone alla propria destra, ancora svenuto e prigioniero della bolla.
Peccato. Non mi sarebbe dispiaciuto se si fosse spiaccicato al suolo, come un caco maturo! Si disse, concedendosi una leggera risata. Tentò di rimettersi in piedi, ma la gamba sinistra cedette immediatamente. Ruzzolò nuovamente a terra.
«Fanculo!» ringhiò, sollevando la tunica per valutare il danno. Il sangue sgorgava da molteplici ferite, non particolarmente profonde, ma indubbiamente fastidiose.
«è tutto qui quello che hai da dire?» una voce indispettita lo costrinse a rialzare lo sguardo.
Emily lo stava osservando con disappunto, oltre la curvatura della bolla: teneva i pugni chiusi lungo i fianchi e batteva nervosamente un piede a terra.
«So che è difficile da credere» Adam sollevò entrambe le mani, in un cenno di resa «Ma non è colpa mia. Non del tutto.»
«Ne dubito.»
«Chiedi a Morningstronz, allora!»
«Sei fortunato, sta arrivando» Emily gli indicò la porta dell’hotel, da cui una Charlie trafelata era appena spuntata. Li raggiunse in un attimo, gettando le braccia attorno alle spalle della serafina.
«Emily! Grazie!» esordì la principessa, asciugandosi gli occhi con il dorso della mancina «Se non ci fossi stata tu non… non so cosa…»
«Potere angelico, mia cara!» Emily ricambiò la stretta «Felice di aver aiutato. Alastor…è incosciente, ma illeso. Viceversa, Adam è sin troppo presente, ma ferito. E c’è qualcosa che vuole dirti.»
Il Primo Uomo spostò l’attenzione tra le due ragazze, lasciandosi sfuggire un sospiro pesante:
«Posso andare in bagno?»
«Cosa?! Non è quello che devi chiedere a Charlie. Avanti!»
«Mh, d’accordo.» alzò gli occhi al cielo, contrariato «Puoi confermare a Emily che non è stata colpa mia?»
«Beh, per essere onesti, la colpa è tua.. ma solo in parte.» specificò la principessa, annuendo «Non potevi sapere che quello era lo studio privato di Alastor. Però potevi evitare di punzecchiarlo ulteriormente.»
«Mi ha lanciato fuori da una finestra.» puntualizzò Adam, prima di allargare un sorrisetto divertito «Oh, a proposito… eri preoccupata per me? È stato molto carino da parte tua, Morningstronz.» sghignazzò.
«Sì, beh… non farmene pentire.» concluse Charlie, rivolgendosi poi a Emily «Conviene portarli in infermeria.»
«Lascia fare a me!» la serafina schioccò le dita e le due bolle si sollevarono da terra, fluttuando verso le porte dell’hotel.
Chapter 7: Papaveri e Papere
Chapter Text
L’infermeria, se così la si poteva chiamare, non era altro che una camera con tre letti al centro e una vecchia scrivania. Lungo le pareti erano ospitati armadietti e mensole con farmaci e materiali di consumo. Una coppia di finestre garantiva l’illuminazione, oltre ad un malmesso lampadario, che pendeva storto dal soffitto.
Emily aveva spinto le bolle a fluttuare ai capi opposti della stanza, senza scioglierle. Si era frapposta tra le due, osservando gli occupanti con chiaro disappunto. Adam non la smetteva di lagnarsi, ovviamente: continuava a reclamare attenzioni. Alastor aveva da poco ripreso i sensi e si guardava attorno, confuso. Gli accordò qualche minuto per riaversi, prima di attaccare:
«Spero vi rendiate conto di quanto siate stati fortunati… e stupidi.» mormorò, spostando l’attenzione ai due «Vi siete comportati in modo infantile, egoista e privo di qualsivoglia logica. Avete quasi rischiato di mandare a monte non soltanto il progetto di Charlie e la mia missione, ma anche le speranze sulla redenzione. Se riportassi l’accaduto, in Paradiso non ne sarebbero affatto contenti» puntò lo sguardo su Alastor «Dubito sarebbero disponibili a concedere seconde occasioni» l’espressione del demone non mutò: rimase impassibile, con i lineamenti contratti e il sorriso forzato sul volto. Non vi badò, volgendosi verso l’altro capo dell’infermeria «Quanto a te…» Adam si stava mordicchiando il labbro inferiore, tradendo nervosismo «Un’altra idea brillante come questa, e farò rapporto a Sera. Sono certa che provvederà a rivedere la tua posizione di Capo Esorcista, se glielo chiedessi. Quindi… se non vuoi diventare il prossimo collega di San Pietro, riga dritto d’ora in poi. Sono stata chiara con entrambi?»
Ricevette un cenno d’assenso dall’Overlord, mentre Adam non riuscì a trattenersi:
«Cazzo, no! Non mi puoi degradare allo status di portinaio! Questa volta non c’entro, la colpa di quel deficiente laggiù con le corna da…» lo scorse interrompersi e rivolgere ad Alastor un ghigno malvagio «Scusa, che animale saresti? Un bisonte? Oh… no, forse un bue. O un capriolo.»
«Basta!» Emily schioccò le dita e le bolle si dissolsero «Ci metto un istante a ricrearle, vi avverto» minacciò, facendo un passo indietro «Ora… avvicinatevi e stringetevi la mano, da buoni amici.»
«Miss, consentimi una rassicurazione: non vi è alcun bisogno di forzare gesti cordiali. Sei stata cristallina.» mormorò Alastor, con un mezzo inchino cordiale «Da parte mia, ho colto gli spunti del tuo discorso e assicuro che li metterò in pratica, a differenza di questo bifolco con le ali da tacchino.»
«Come mi hai chiamato, stronzo?» Adam fece un passo avanti, agitando il pugno.
«Sei sordo, oltre che scemo.»
«Vaffanculo!»
«Dopo di te, Piccolo Uomo. Sono certo che conosci la strada meglio di chiunque altro.»
«Smettetela subito!» Emily pestò i piedi, interrompendo la schermaglia «Un’altra parola e vi ricaccio nelle bolle.»
«Posso avere almeno un paio di garze o devo continuare a sanguinare sul pavimento?» Adam indicò la scia di gocce a terra «Sto sporcando da tutte le parti.»
«Prima stringetevi la mano.»
«Che coglioni.»
Adam si trascinò avanti di mezzo metro, tendendo svogliatamente la destra. Il demone radio gliel’afferrò con altrettanta pigrizia.
«Molto bene!» chiocciò la serafina, indicando i letti «Ora… sdraiatevi qui. Provvederò a darvi una controllata. Alastor, voglio solo sincerarmi tu non abbia una commozione cerebrale o qualcosa del genere. Mi sembri in buone condizioni, ma un accertamento in più non guasterà. Adam, solleva la tunica. Vediamo come ti sei ridotto.»
«Emily!» un vociare concitato provenne dal vicino corridoio.
La giovane fece appena in tempo ad affacciarsi sulla soglia, incrociando una Charlie decisamente trafelata:
«Cazzo, devi venire immediatamente!»
«Che succede?» domandò, avvicinandosi all’amica.
«Devi… Oh, come stanno, a proposito?»
«Hanno la testa dura, come vedi.»
«Bene, bene… Andiamo» Charlie la afferrò per un polso e la trascinò fuori dall’infermeria «C’è una persona che, beh… non mi aspettavo venisse, davvero. Non… ah-ah, è stata una sorpresa per tutti, anche per me» il tono della principessa virava dall’imbarazzato al preoccupato, tingendosi a tratti di impazienza e allegria «Sai, immaginavo che prima o poi sarebbe apparso qui, ma speravo… si, insomma… di poterlo preparare meglio. Gli ho già raccontato della tua missione e dell’aiuto che mi stai dando, ma.. beh, credo sia meglio tu lo conosca.»
«Va bene, certo» acconsentì la serafina «Volevo occuparmi prima di loro, ma… se è così urgente.» balbettò, gettando un’occhiata ai pazienti in attesa «A voi non dispiace se...?» e indicò il piano inferiore.
«Nessun problema, Miss…»
«Tranquilla. Finirò di dissanguarmi.»
Emily rivolse loro un sorriso di scuse:
«Tornerò presto!» promise «Fate i bravi. Non fatemi pentire d’avervi concesso un po’ di libertà.» aggiunse, sgattaiolando nel corridoio appresso a Charlie.
***
Adam attese che i passi delle ragazze si allontanassero, per rompere il silenzio:
«Prima che ti faccia strane idee, l’ho fatto solo per non avere altre rogne.»
«Almeno su una cosa siamo d’accordo.» ringhiò il demone radio.
«Per la cronaca, la prossima volta che ti viene in mente di precipitare da un tetto… ricordati che legare le ali all’unica persona che può salvarti non è una grande idea. Coglione.»
«Non lo avresti fatto comunque.»
«No, probabilmente no.»
Alastor scosse il capo, affatto turbato da quell’ammissione:
«Non ci saranno sempre Charlie e Emily a proteggerti. Presto o tardi si stancheranno di te e quando accadrà, guardati le spalle… perché te le starò masticando.»
Adam gli rivolse un dito medio.
***
Emily abbozzò un frettoloso inchino:
«è un piacere conoscerla.»
«Ehy, poche formalità con me! Gli amici di Charlie sono miei amici! Eccoti una paperella.»
Lucifer non era esattamente come se l’era immaginata: era… piuttosto basso di statura, e esile. Indossava un completo bianco, con un panciotto rosso a righe e un largo cappello. Assomigliava incredibilmente alla figlia: possedeva la stessa espressione gioviale e accomodante. Era difficile credere che quell’ometto fosse il primo angelo caduto, e il sovrano indiscusso dell’Inferno. Aveva sempre pensato a lui come un demone spaventoso, di proporzioni gigantesche, con ali da pipistrello e corna da toro; in realtà, aveva un aspetto decisamente affabile. Lo vide pesarsi su un bastone da passeggio, il cui pomello ricordava una mela.
«Dunque, Emily… Charlie mi ha parlato molto di te. Immagino ti abbiano creato dopo il mio esilio, il che spiegherebbe perché non ci siamo mai incrociati prima… comunque, com’è la vita in Paradiso? Tranquilla come al solito?»
Annuì frettolosamente:
«Sì, assolutamente. Sera tiene molto alla pace e all’ordine e…»
«Oh, Sera! Meticolosa come sempre, immagino. Salutamela, quando la vedi.»
«Ah, certo. Lei viene… voglio dire, vieni spesso a trovare Charlie?»
«Non quanto come vorrei!» Lucifer agitò svogliatamente la mancina «Ma sai com’è, il lavoro, gli impegni, eh… c’è sempre qualcosa da fare.»
«Immagino che gestire l’oltretomba non sia semplice.»
«Emh, si, si.. certo, anche quello.» l’ometto si sfilò il cilindro e vi frugò all’interno. Sollevò trionfante un anatroccolo di gomma, di un acceso giallo canarino e con le ali adornate da fiocchetti rosa «E poi sto lavorando ad un nuovo prototipo: la Paperella di Capodanno!» l’entusiasmo nella voce crebbe «è programmata per gonfiarsi a dismisura esattamente alle ventitré e cinquantanove del trentuno dicembre. Canta il conto alla rovescia e infine... esplode in una miriade di coriandoli! Non è geniale? Perfetta per i cenoni.»
«Amh… si, io credo…» Emily cercò di mascherare l’imbarazzo dietro un sorriso incerto «…Sia un’ottima idea» abbozzò, infine. L’essere più potente degli Inferi collezionava paperelle. Se non l’avesse visto con i propri occhi, non ci avrebbe mai creduto.
«Hai qualche suggerimento per dei nuovi modelli? Per esempio, cosa piacerebbe in Paradiso? Chissà, magari… potrei esportarle su larga scala, se la tua missione avrà successo.» lo vide accarezzare ripetutamente il dorso del giocattolo «A San Pietro piacciono tanto, sai? Ogni tanto, gliene regalo qualcuna. Magari, con il tuo aiuto, potrei creare addirittura una linea personalizzata per lui. Sono certo l’adorerebbe.»
La giovane si sciolse in un sorriso morbido. Lucifer era premuroso, garbato, quasi… tenero. Nulla in lui corrispondeva ai racconti che aveva sentito. Stentava a credere fosse l’artefice di tante malefatte, compresa la dannazione dell’umanità.
«Beh, potresti fargliene una azzurra e gialla. Sono i suoi colori preferiti. Uh, e sarebbe perfetto se cantasse.»
«Splendido, me lo appunto!» l’uomo le rivolse un pollice in su, soddisfatto «Sai, Emily… sono davvero felice che tu sia qui! Significa che, nonostante tutto, gli angeli hanno infine deciso di ascoltare Charlie e concederle una possibilità. Non avrei mai pensato sarebbero scesi a compromessi, ma… diamine, devo ricredermi.» le girò attorno, ispezionandola con curiosità «Mi sembri davvero una brava persona, onesta e scrupolosa.» si batté la fronte, scoppiando in una risata «Ah, ma devi esserlo per forza! Vieni dal Paradiso, ecco… dovrebbero essere tutti come te, lassù. Anche se… so che non è così. Non importa, non divaghiamo. Allora…» una pausa e di nuovo un sorriso più aperto «Sono contento di sapere che affiancherai mia figlia nel suo progetto. Otterrete grandi risultati.» le posò una mano sulla spalla: la stretta era gentile, calda e familiare «Grazie per il tuo impegno.»
«Prego, ecco… per così poco!» biascicò Emily.
Lucifer le regalò un ultimo sorriso e si voltò verso la figlia:
«Tesoro? Va tutto bene? Stai camminando su e giù da almeno mezz’ora.»
La principessa si arrestò immediatamente, contraendo i lineamenti in una smorfia perplessa. Si schiarì la voce, cercando di cancellare le tracce di nervosismo, e annuì frettolosamente:
«Ma certo, papà! Va… alla grande.» pigolò, torcendosi nervosamente le dita «Non so proprio cosa non dovrebbe andare, ecco.»
«Mi sembri un po’…irrequieta, ecco. C’è qualcosa che ti preoccupa?»
«No, no! Davvero, ti ringrazio, ma sto…»
«Se qualcuno ha fatto del male a te o ai tuoi amici, sai che puoi parlarmene. Ci pensa papà ad aggiustare tutto.» Lucifer le si avvicinò, stringendola in un abbraccio «Suvvia, non chiuderti. Raccontami ciò che ti affligge.»
«Ma nulla, davvero… sono solo… Ah-ah. Ecco, mh…»
Vaggie si fece avanti, afferrandole una mano. Le accarezzò gentilmente il dorso con il pollice, disegnando sottili cerchi:
«Ci penso io» la rassicurò, volgendo poi l’attenzione a Lucifer «Emily non è l’unica new entry all’Hotel.»
«Oh, Vaggie! Non dovevi dirglielo!» piagnucolò Charlie, rialzando gli occhi sul genitore «Promettimi che non ti arrabbierai, papà.»
«Charlie, perché dovrei? Sai che ho fiducia in te. Se hai deciso di concedergli accoglienza, si vede che la merita. L’ho già detto: i tuoi amici, sono miei amici.»
«Questo non è un amico… non proprio, ecco.»
«Suvvia, quanto potrà mai essere terribile?» Lucifer marciò impaziente verso le scale «Sono curioso! Andiamo a conoscere questo nuovo ospite!»
***
«Che cazzo ci fai qui?»
Adam lanciò un’occhiata omicida all’ometto appena comparso sulla soglia dell’infermeria.
«Nel caso ti fosse sfuggito, questo è il mio regno. E, nello specifico, l’hotel dove risiedi attualmente è di proprietà di mia figlia.» vide Lucifer scuotere ripetutamente il capo «Sai, sono un po’ deluso. Dopo tutto questo tempo, credevo avremmo potuto metterci una pietra sopra.»
«L’unica pietra che vorrei sopra di te è quella tombale!» Alastor gli regalò un sottile cenno d’assenso «Mi hai rovinato la vita, stronzo!»
«è successo millenni fa, suvvia.»
«Mi hai portato via Lilith, hai allontanato da me anche Eva! Hai pure il coraggio di presentarti qui, come se nulla fosse. Fottiti! Non intendo parlare con te.»
Tentò di girarsi su un fianco, ma una fitta al costato lo dissuase. Si limitò ad incrociare le braccia e a distogliere l’attenzione, evidentemente seccato. Come osava quell’infido nanetto fingere che niente fosse successo. Arrivare persino a chiedergli di soprassedere sul passato! Assolutamente, non avrebbe mai dimenticato. Quello stupido era il fautore della sua infelicità. I ricordi, benché lontani nel tempo, bruciavano ancora. Rammentava perfettamente il giorno in cui Lilith gli aveva voltato le spalle, allontanandosi dall’Eden mano nella mano con l’angelo caduto. L’aveva supplicata di ripensarci, di non lasciarlo, ma non era stato ascoltato. Lilith era, semplicemente, troppo ambiziosa per accontentarsi: l’Eden non poteva colmare i suoi desideri, e indubbiamente il Primo Uomo non era affatto sufficiente. Voleva di più: un potere che nel Paradiso Terrestre le era negato; un compagno che avrebbe potuto elevarla allo status di regina. E così se n’era andata, abbandonandolo.
Con Eva le cose erano andate un po’ meglio: non assomigliava affatto a Lilith. Era dolce, premurosa, affettuosa. Aveva imparato ad amarla, nonostante fosse così diversa dalla sua predecessora. La curiosità, tuttavia, era il suo peggior difetto: nonostante fosse docile all’apparenza, nascondeva un animo indiscreto. Le scoperte l’affascinavano. Spesso l’aveva sorpresa a sperimentare accorgimenti per rendere la loro vita ancora più confortevole.
Lucifer aveva scorto questo interesse e aveva ben pensato di corromperlo: Eva avrebbe potuto resistere a qualsiasi lusinga o promessa; ma alla conoscenza? A quella non avrebbe mai rinunciato. Le era stato offerto il frutto del peccato e lo aveva accettato. Ne avevano mangiato entrambi e quello aveva segnato la fine del Paradiso Terrestre.
Non gliene aveva mai fatto una colpa: se c’era un responsabile, quello era Lucifer. Aveva tentato la sua compagna per puro capriccio, per godere della loro cacciata e contaminare la purezza dell’umanità. Eva era stata imprudente, senza dubbio, ma era stata tratta in inganno.
I ricordi successivi erano meno nitidi: avevano dovuto ricostruire tutto da capo, piegandosi al duro lavoro e ai sacrifici. Erano riusciti a stabilirsi in una zona abbastanza fertile, a erigere un capanno e a coltivare i campi limitrofi. I figli nati dalla loro unione erano stati una benedizione: li aveva amati più della sua stessa vita. Ma poi… il peccato era tornato a insidiarli. Caino aveva ucciso Abele ed era stato condannato da Dio a vagare come ramingo per il resto dei suoi giorni. E… ai genitori cosa era rimasto? Un corpo da seppellire e il vuoto di due figli che mai sarebbero tornati.
Eva non aveva superato quel dolore; lo aveva riversato su di lui, accusandolo: di non essersi accorto di quanto tramava Caino, di non averlo difeso davanti a Dio, di non aver protetto Abele. Avevano litigato e Eva se n’era andata. Esattamente come Lilith, gli aveva voltato le spalle e non era più tornata.
Quel giorno aveva perso tutto: Dio non gli avrebbe concesso una terza compagna, non dopo la cacciata dal Paradiso. La solitudine, evidentemente, era il castigo che il Signore aveva scelto di infliggergli.
E ora… il responsabile di tutto, era a chiedergli di dimenticare?
Nemmeno per sogno!
Emerse da quei pensieri solo quando si accorse di un movimento alla propria sinistra, con la coda dell’occhio. Il demonio si era avvicinato al letto, proferendo:
«Senti, capisco tu non voglia avere a che fare con me, ma…»
«Allora vattene!»
Lucifer gli afferrò il polpaccio ferito, premendo l’altra mano sul costato. Adam sussultò quando sentì le unghie premergli nella carne. Tentò di divincolarsi, ma nonostante la corporatura esile e la bassa statura, la presa altrui era salda. Imprecò quando il calore diffuse lungo le ferite, accompagnato da un bruciore acuto.
«Che cazzo mi stai facendo?!» esclamò, spaventato.
Poco dopo, l’ometto indietreggiò e gli rivolse un sorriso sarcastico:
«Non occorre che mi ringrazi.»
Sollevò il bordo della tunica, fino a scoprire la gamba sinistra: dei tagli prodotti dai tentacoli d’ombra non era rimasto nulla; anche il costato era stato risanato: attraverso la stoffa macchiata, poteva chiaramente scorgere la pelle rimarginata.
«Emily mi ha raccontato della vostra scazzottata.» il re divideva l’attenzione tra lui e il demone radio «Ha detto che sei rimasto ferito e… ho pensato di poter dare una mano.»
«Non era necessario.» ringhiò, torcendo la bocca in un ghigno «Non ti devo niente.»
«Lo so. La gratitudine non è il tuo forte.»
«Vaffanculo.»
Lucifer lo ignorò, rivolgendosi all’altro paziente:
«Posso dare una controllata anche a te, se desideri.»
La voce metallica di Alastor riempì la stanza:
«Non occorre. Sono illeso.»
«Molto bene.» Lucifer indietreggiò fino alla porta «Con permesso, torno di sotto. Vi lascio riposare. Charlie vi attende per cena tra circa un’ora, se ve la sentite.»
***
Charlie e Emily accolsero con un sorriso il ritorno di Lucifer. Lo avevano atteso nel corridoio, pronte a intervenire se la situazione fosse degenerata. Tuttavia, sembrava che il sovrano se la fosse cavata egregiamente.
«Allora? Come è andata?» gli domandò la serafina.
«Benissimo! Ho il sospetto che mi detestino entrambi, ma… beh, cazzi loro.» si aggiustò il cappello, dopo aver ravvivato il ciuffo biondo «Ho applicato un po’ di magia curativa. Sono come nuovi e… ho ricordato di scendere tra un’oretta.»
Charlie batté le mani, soddisfatta:
«Fantastico, papà! Confesso che ho davvero voglia di una cena tra amici, finalmente.»
***
Adam fissò la porta con astio.
«Lo odio.» sussurrò, prima di inclinare il volto e inquadrare il demone radio «E odio anche te, ma… lui di più.»
Alastor annuì, senza smorzare il ghigno giallastro sul viso:
«Anche io.»
***
Charlie si rilassò contro la sedia: la cena era stata un successo! L’arrosto al miele era cotto a puntino e il misto di verdure al forno si era rivelato un abbinamento vincente. Come dolce, suo padre aveva preparato dei graziosi pancakes a forma di anatra, decorati con panna e gocce di cioccolato.
L’atmosfera era distesa: Angel Dust e Cherri avevano improvvisato una gara di bevute, malgrado Husk fosse contrario a fornire alcool gratuitamente. Sir Pentious ne aveva approfittato per declamare una poesia a Cherri, che ovviamente non lo aveva ascoltato. Vaggie si era concentrata sul cibo, mentre Emily aveva raccontato diversi aneddoti sul paradiso. Niffty aveva intrecciato zampe di scarafaggi morti, usandole come centrotavola. Alastor aveva riacquistato il suo aplomb aristocratico e Adam, curiosamente, non aveva insultato nessuno.
Era il momento di un brindisi. Charlie si alzò, afferrando il proprio calice e battendo delicatamente sul vetro con la punta del coltello; un lieve tintinnio si diffuse nella sala.
«Ragazzi, vorrei dire due parole.» esordì «Sono molto felice che tutti abbiate preso parte alla cena. L’arrosto era squisito e…»
DRRRIIIINNN
Il suono del citofono la interruppe. Aggrottò la fronte, incerta: chi poteva essere a quell’ora? Difficilmente ricevevano visitatori dopo il tramonto. Anzi, difficilmente ricevevano visitatori.
DRRRIIIINNN
Un secondo squillo riecheggiò.
«Vado io!» si offrì Angel, abbandonando la competizione e regalando a Cherri il primo posto. Pochi istanti dopo, tornò accompagnato da tre sconosciuti. Possedevano sembianze antropomorfe, completate da qualche tratto animalesco. Il più alto portava lunghi capelli color carota, che incorniciavano un volto pallido, con un tartufo nero da cui spuntavano lunghe vibrisse; una coda da volpe ondeggiava oltre le sue spalle. Il secondo uomo era più basso di almeno una ventina di centimetri: ciocche nere erano intervallate da sprazzi argentei. Le orecchie ricordavano quelle di un mulo, così come i denti, decisamente da cavallo. Per finire, un giovane che a stento raggiungeva il metro e mezzo d’altezza: sulla schiena portava un guscio simile a quello di una lumaca; l’epidermide era ricoperta da un sottile strato di muco biancastro.
«Salve…» disse il demone volpe «Ci dispiace interrompere la vostra cena, ma… nel pomeriggio abbiamo sentito una trasmissione radio proveniente da questo hotel. La canzone, Paradise City, ecco… è nostra. L’abbiamo scritta noi. Volevamo chiedervi, chi la stava suonando?»
«Porca puttana!» Adam rovesciò la sedia nella fretta di alzarsi «Non è possibile! Voi siete… i Bows and Poppies?!»
«In persona, amico.» i tre mimarono un inchino cordiale «Eri tu in diretta, oggi pomeriggio?»
«Cazzo, si!»
«Beh, sei forte.» intervenne l’uomo-mollusco «Favoloso anche il tuo costume. Mi piace la maschera con le corna. Anche se… mi ricorda qualcosa…»
«Amh…»
«Ehy, Ron!» Lumaca si rivolse a Asino «Non era vestito così il tizio che ha assassinato Marvin durante l’ultimo Sterminio?»
«Esatto, Rufus.»
«Figo!» esclamò la limaccia.
Vaggie si sporse verso Charlie, sussurrandole all’orecchio:
«O sono scemi, o sono completamente fatti.»
Adam agitò appena le braccia, come a interrompere quello scambio di battute:
«Uh, frena! Che significa che Marvin è morto?»
«Non credo che la parola “morto” possa avere altri significati» si intromise nuovamente il demone volpe «Sono Kim, a proposito. Comunque, un tizio vestito come te… è piombato dall’alto e gli ha fracassato la testa con un’ascia dorata.»
L’angelo schioccò le dita e la chitarra si materializzò:
«Per caso… assomigliava a questa?»
«Sì. Oh, sai che sei proprio forte? Puoi insegnarlo anche a me il trucchetto per far comparire gli strumenti musicali? Si può fare anche con la pianola, secondo te?»
«Non lo so, ma …» Adam indietreggiò e si appoggiò al tavolo, frastornato. Non riusciva a crederci. I Bows and Poppies erano tra i suoi gruppi preferiti. Che diamine ci facevano all’inferno? E soprattutto… come cazzo aveva fatto a uccidere il loro chitarrista senza neppure accorgersene?
Beh, come minimo gli sarà spuntata una proboscide da elefante e una coda da mandrillo, insomma. Sfido chiunque a riconoscerlo! Si giustificò. Era un miracolo, comunque, che quei tre non lo avessero ancora associato all’Esorcista responsabile di quell’assassinio. Probabilmente erano troppo ubriachi, drogati o semplicemente fuori di testa per accorgersene. Effettivamente, non sembravano molto sul pezzo: Rufus gli stava girando attorno, evidentemente incuriosito dalla tunica, strisciando a terra un lungo filo di bava. Ron schioccava le dita nel vuoto, forse cercando di richiamare una batteria. Kim studiava il filo dell’ascia, ripetendo «Figo! Davvero figo!»
«Aspettate, che diamine ci fate all’Inferno? Perché non siete in Paradiso, assieme alle altre rockband?» domandò, suscitando l’ilarità del trio.
«Che cazzo stai dicendo, amico? Ti sembra che una rockband possa mai meritare la salvezza? Ma va! Siamo tutti qui.»
«Tutti…?»
«I Fresh Green Cucumbers, gli U3.14, i Rolling Shells… Sulla Terra non abbiamo condotto una vita retta e senza peccati. Io avevo un debole per il gioco d’azzardo e l’alcool. Rufus ha fatto la fortuna dei narcotrafficanti messicani, considerando il quantitativo d’erba che si è fumato. Ron… beh, sai come si dice? Sesso, droga e Rock‘n’Roll. Sì, insomma… facevamo buona musica, ma quella non basta ad aprire le porte del Paradiso.»
«Come no?!»
«No.»
Merda! Era sempre stato convinto che i bravi musicisti entrassero obbligatoriamente nel Regno dei Cieli. Dopo tutto, cosa poteva esserci di più virtuoso? Certo, avrebbe capito se all’Inferno ci fossero finiti cantanti Rap e Jazzisti. Ma… le rockband? Assolutamente, era una svista da correggere! Lo avrebbe fatto presente a Sera, alla prima occasione: i gruppi rock e metal dovevano ottenere un lasciapassare speciale per la redenzione. Ovviamente, questo non significava che chiunque potesse aspirare ai cancelli dorati! Dovrò scrivere una postilla, si disse, L’inferno è per sempre, tranne che per le rockband. Per loro, è transitorio.
«Comunque, amico…» Limaccia aveva ripreso parola «Siamo rimasti davvero colpiti dal tuo talento. Ci chiedevamo… ti andrebbe di unirti a noi?»
«…Io? Un membro dei Bows and Poppies?»
«Perché no? Ci serve un chitarrista, dopo che Marvin è stato massacrato. Hai tutte le carte in regola: suoni divinamente…»
«Ovvio!»
«…Hai un look da paura…»
«Letteralmente.»
«E quella chitarra spacca…»
«…i crani. Sì, lo so.»
«Abbiamo uno spettacolo domani sera: una festa, in un locale in centro. Potremmo usarla come banco di prova. Che ne dici?»
Emily si sbracciò in sua direzione:
«Non mi sembra una buona idea!» consigliò.
Adam, ovviamente, non la stava ascoltando:
«Cazzo, sì!» esclamò, stringendo immediatamente la mano di Rufus «Affare fatto!»
Chapter Text
Charlie nascose il viso tra le mani, massaggiandosi le tempie. Possibile che non gliene andasse bene una? L’illusione di una pacifica cena si era trasformata nell’ennesimo problema da gestire. Aveva già bevuto quattro camomille e una tisana alla valeriana, eppure il sonno tardava ad arrivare. Seduta nel buio della stanza, ascoltava il respiro leggero di Vaggie, appallottolata sotto le coperte.
Allungò la sinistra, scostando delicatamente i capelli dal volto della compagna:
«Ti invidio» sussurrò, avvicinando le ginocchia al petto e stringendole attraverso il lenzuolo.
«E io ti sento…» fu la replica, a bassa voce.
«Non stai dormendo?»
«Non proprio. Sono sintonizzata sui tuoi sospiri patetici» Vaggie la punzecchiò, mettendosi a sedere a propria volta e regalandole un sorriso incoraggiante «Sai che con me puoi aprirti a qualsiasi ora del giorno e della notte, quindi… forza, sputa il rospo!»
«Oh, è solo che…» strinse i pugni, si sforzò di trattenere un grido frustrato e lo tramutò il uno sbuffo «Mi sto impegnando al massimo. Sto davvero cercando di far funzionare l’hotel e… proprio ora che il Paradiso mi concede una chance, mi spedisce anche un idiota che rischia di rovinare tutto.»
«Beh, a cena si è comportato… quasi decentemente.»
«Anche troppo, se posso essere onesta! Che bisogno c’era di accettare l’invito di quei tre musicisti da strapazzo? Non si rende conto di quanto sia pericoloso? Chiunque potrebbe riconoscerlo e…»
«Guarda il lato positivo: se gli fanno la pelle, non sarà più un nostro problema.» l’ironia della compagna le strappò una risatina.
«Vado a parlargli.» buttò le gambe fuori dal letto, ma una mano calda la trattenne e la riportò tra i cuscini.
«Non essere assurda. Sono le due di notte.»
«E allora..?»
«Non ti ascolta già normalmente e di certo non lo farà a quest’ora. Rimanda a domani mattina. Sarete entrambi più ragionevoli.»
Charlie rifletté qualche attimo: indubbiamente, quella follia del concerto andava fermata. Adam non ne sarebbe stato contento, ma che altro poteva fare? Le conseguenze avrebbero potuto rivelarsi catastrofiche, se l’avessero individuato. Tuttavia, il consiglio di Vaggie era ottimo: la soglia di attenzione dell’angelo era già notevolmente scarsa di giorno, figurarsi durante le ore notturne. Rinviare la discussione di qualche ora avrebbe giovato ad entrambi.
Si pizzicò l’attaccatura del naso:
«Hai ragione» cedette, infine «Sono esausta, mi credi? È come avere a che fare con un bambino.»
«Paragone calzante.» Vaggie le rimboccò le coperte, e le stampò un bacio sulla fronte «Cerca di riposare. Domani mattina… chiederemo a Lucifer di preparare una squisita e abbondante colazione! Dopo tutto, nessuno può dire di no ai pancakes di tuo padre.»
***
«Sei sicuro di non volere i pancakes?»
Adam sollevò gli occhi al cielo.
«Vattene via!» ringhiò, indirizzando il dito medio verso la porta chiusa.
Si era barricato in camera, per ripassare l’intero repertorio dei Bows and Poppies. Non si sarebbe fatto cogliere impreparato: era deciso a rendere quel concerto un vero successo… e magari convertire qualche peccatore al rock. Pizzicò le corde della chitarra, riattaccando poco dopo:
«Whoa, oh, oh
Sweet child o' mine»
Un altro colpo all’uscio:
«Devo parlarti, per favore… potresti aprire la porta?»
«Whoa, oh, oh
Sweet child o' mine»
«Sul serio, Adam! Non sei nemmeno sceso per colazione. Ho pensato di portarti dei pancakes e scambiare quattro chiacchiere con te.»
«Whoa, oh oh…
Non voglio i pancakes.
Whoa, oh, oh
Vai fuori dal cazzo…»
«Ti avverto, in quanto proprietaria dell’hotel, possiedo una copia delle chiavi di tutte le stanze. A te la scelta: puoi aprirmi di tua spontanea volontà, oppure farò da sola.»
«Che palle!» interruppe la canzone e adagiò con cura la chitarra al letto. Attraversò la stanza e schiuse il battente, rifilando alla principessa un cenno scocciato «Accomodati, se proprio devi. Si può sapere che vuoi?»
La scorse depositare un piatto di dolci sul tavolino malmesso e voltarsi a guardarlo; teneva le braccia al petto e il viso mostrava un cipiglio serio:
«Volevo discutere con te del concerto di questa sera.»
«Uh, perché non lo hai detto subito? Non vedo l’ora!» sulla maschera si dipinse un sorriso genuino «Sto riprovando tutte le loro canzoni. Non mi hanno fatto avere la scaletta, ma... diamine... sono comunque preparato. Spaccano tutte! A parte... mh... queste quattro.» Adam le tese un foglio, dove aveva scribacchiato qualche titolo «Quelle sono una vera noia. Una rottura di coglioni unica: smielate, romantiche, patetiche… il genere di brani che piacerebbero a te e a quella sfigata di Vagina.»
«Vaggie.»
«Come ti pare.» annusò la fragranza che aleggiava ora nella stanza. Il suo stomaco borbottò «Mh, sembrano davvero invitanti» disse, avvicinandosi al tavolo e osservando i dolcetti, guarniti con frutta fresca e panna «Li hai preparati tu?»
«No, mio padre.»
«Che merda! Allora faranno cagare di sicuro.»
«Ehi! Papà è bravissimo quando si tratta di cucinare. Assaggiane uno. Questi, in particolare, erano i preferiti di mamma. A lei piacevano tantissimo le…»
«…fragole. Lo so.»
«Scusa.»
Adam non vi badò. Retrocedette fino al letto e riprese la chitarra tra le mani, giocando nuovamente con qualche nota:
«Allora, di cosa volevi parlarmi?»
«Credo che dovresti rinunciare al concerto.»
«Che cosa?!» scattò in piedi, senza trattenersi «Assolutamente no! Fanculo, non avrò mai più un’occasione simile. Lo sai che cazzo vuol dire, poter debuttare con i Bows and Poppies?» la vide dondolare il capo «Ovviamente, Morningstronz. Il massimo della tua espressione artistica è suonare i citofoni.»
«Non hai pensato alle conseguenze di questo tuo… ennesimo gesto sconsiderato? Hai idea di cosa potrebbe accadere, se qualcuno ti riconoscesse? Getteresti l’Inferno nel panico, per tacere di quelli che cercherebbero di staccarti la testa e infilzarla su una picca, come trofeo. L’Hotel potrebbe subire pesanti ripercussioni e la missione di Emily sarebbe nuovamente a rischio. Mi dispiace, so quanto ci tieni, ma… non credo dovresti partecipare.»
«Oh, ma dai! Mi credi così ingenuo? Prenderò le dovute precauzioni.»
«Mh… perdonami se sono scettica, ma come intendi fare?»
«Posso evitare la maschera; quasi nessuno conosce la mia faccia.»
«Per le ali? E l’aureola?»
«Mh…»
«Hai un cambio di vestiti, almeno?»
«Mh…»
«Hai davvero portato tutte tuniche?»
«Sì! Di due colori diversi, però: posso mettere quella blu…»
«Non è quella che usi durante gli Stermini?»
«Esatto.»
«Che idea del cazzo!» Charlie si massaggiò la fronte: non poteva essere davvero così scemo. Forse, si divertiva solo ad indispettirla, a lanciarsi a capofitto in idee cretine soltanto per causarle dei rodimenti di fegato.
«Senti, non ho altro con me. Se trovi qualcuno che abbia qualcosa da prestarmi, sarò ben lieto di indossarlo. Viceversa, beh… andrò così. Non intendo rinunciare a questa opportunità. Questa sera mi esibirò con i Bows and Poppies, che a te piaccia oppure no.» Adam si concesse una pausa, sfregandosi il mento, pensieroso «Anzi, ti darò un incentivo ulteriore: permettimi di partecipare al concerto, e io ti prometto che… cercherò di migliorare i rapporti con gli altri ospiti. E mi sforzerò di presenziare alle attività di redenzione, va bene? E… non sfracellarmi i coglioni, ti prego. Soltanto per questa sera…mh?» la maschera mimò un’espressione pietosa: occhi grandi e tondi, labbra storte in una smorfietta patetica.
«D’accordo!» Charlie si arrese, scrollando le spalle «Ma dovremo trovare un modo per renderti… meno evidentemente tu.»
«E io penso di avere parte della soluzione!» Angel Dust comparve sulla soglia ancora spalancata, battendo due volte il pungo sul legno «Uh, che profumo. Li mangi, quelli?» chiese, indicando i pancakes, prima di spiegare innanzi a sé una tunica nuova «L’abbiamo preparata per te. Sir Pentious e le sue uova sono stati un prezioso aiuto. Diciamo che… hanno cucito quasi tutto loro, ma in realtà l’idea è stata mia e di Cherri. Ti piace?»
Adam si sporse, osservando l’abito; ricalcava esattamente le fattezze di quella che indossava, ma i colori erano decisamente poco paradisiaci: il nero si fondeva a dei ricami scarlatti e dorati, lungo il bordo delle maniche, l’orlo e il colletto. Al centro del petto, la solita A stilizzata, mentre sulla schiena due lunghi tagli garantivano il passaggio per le ali. Il tessuto indubbiamente di buona fattura: leggero e resistente al tempo stesso.
Spostò lo sguardo, visibilmente confuso, dal capo al pornoattore:
«è… beh, i colori non sono tra i miei preferiti, ma… avete decisamente fatto un ottimo lavoro.» si complimentò, senza però cancellare il dubbio «Perché lo avete fatto?»
«Consideralo parte del nostro cammino di redenzione: aiutare un nemico in difficoltà.» il sospiro orgoglioso e commosso di Charlie spinse il demone a continuare «Inoltre, vogliamo venire al concerto. Puoi imbucarci di straforo al locale. Tu ci fai entrare con dei pass gratis e noi ti regaliamo la tunica. Che ne dici?»
«Assolutamente sì! Mh.. hai anche qualche consiglio per nascondere queste?» il Primo Uomo frullò le ali dorate «Charlie teme che possano riconoscermi»
«Certo. Un po’ di make up e… suppongo potremo aggiungere un cappuccio bello largo per l’aureola. Vieni con me, facciamo qualche prova.»
«Fantastico!» Adam abbandonò la chitarra sul letto e recuperò il piatto di pancakes «Anh-diahmo» bofonchiò a bocca piena, spicciandosi a seguire Angel lungo il corridoio.
***
«Allora, che te ne pare?»
Adam si guardò allo specchio. Angel lo aveva accompagnato in camera propria, facendolo accomodare davanti ad una postazione per make up davvero fornita. Il demone ragno aveva impiegato quasi tre ore per completare il trucco, ma l’effetto era sorprendente: il contouring aveva marcato maggiormente i tratti del viso, rendendoli ancora più squadrati. Passate generose di matita e di eyeliner sottolineavano gli occhi dorati, mentre le labbra erano rese più lucide da un lip gloss color carne. I capelli erano arruffati, come al solito, ma trattenuti da un gel glitterato. Angel ne aveva approfittato per nascondere tra le ciocche un cerchietto, a cui erano state applicate delle corna arcuate, simili a quelle di una capra. Aveva spennellato con dello smalto nero le sue unghie, sfruttando poi ombretti dello stesso tono per dipingere una ad una le piume dorate. Alla fine, le ali sembravano un misto di nero e beige, che ben celava la tonalità originale.
Alla tunica era stato aggiunto un largo cappuccio, sufficiente da coprire l’aureola. La bizzarra forma a punta era soltanto l’ennesimo tocco scenografico: nel buio del locale, nessuno vi avrebbe fatto troppo caso… o così speravano entrambi.
«Oh, Angel… un lavoro fantastico!» esclamò Charlie, che ovviamente aveva supervisionato i preparativi «Incredibile la somiglianza con Damiano dei Maneskin!»
«Si, beh…» l’attore ripose pennelli e trucchi nei relativi cassetti «Ammetto che sono piuttosto soddisfatto. Ora…» tornò a rivolgersi al Capo Esorcista «Un paio di raccomandazioni: il trucco non è permanente, quindi… evita di lavarti la faccia, sfregarti gli occhi o strofinare le ali da qualche parte. Niente movimenti bruschi che possano far cadere il cappuccio. E… ti servirà un nome d’arte. Hai già pensato a qualcosa?»
«Ovviamente!» un sorriso strafottente si allargò sul volto dell’angelo «Chiamatemi Dickmaster.»
***
Velvette non apprezzava particolarmente quel genere musicale, ma i Bows and Poppies stavano rapidamente scalando le vette di gradimento in tutti i social network di rilievo. Era impensabile, dunque, che non presenziasse ad uno dei loro concerti. Aveva acquistato un biglietto per la prima fila ed ora se ne stava appoggiata alla transenna che separava la platea dal palco.
Masticò pigramente una gomma, controllando le ultime notifiche sul telefono.
«Ehi, Veve! Come stai?»
Una voce acuta la spinse a risollevare lo sguardo: una sin troppo entusiasta demone-pecora si stava sbracciando in sua direzione. Come si chiamava, quell’ovina mentecatta? Bella, Belinda, Betsy, Be… Beeee, sarebbe andato benissimo. Montò un sorriso fasullo, concedendole un saluto:
«Bee! Quanto tempo. Come te la passi?»
«Oh, magnificamente. Non vedo l’ora che lo spettacolo inizi. Sono così eccitata.»
«Si, ah… anche io.»
«Davvero? Sai, non pensavo apprezzassi il rock.»
«Infatti non mi piace. Sono qui solo perché i Bows fanno tendenza e… beh, una influencer del mio calibro non può assolutamente non essere aggiornata su…» si interruppe, nel momento in cui posò lo sguardo su un singolare gruppo di ospiti appena arrivati. Angel Dust e la combriccola dell’Hotel: c’era il barista musone, la cameriera psicopatica, la ciclope e Sir Pentious «Evidentemente quella sanguisuga si è fatta nuovi amici.» ringhiò, sollevando lo smartphone per scattare un paio di foto. Le inviò prontamente nel gruppo “VVV”, dove i colleghi l’avrebbero prontamente notata.
«Ciao ragazzi» attaccò, portando il telefono alla bocca e avviando un messaggio vocale «Secondo voi, come ha fatto la piccola Morningstar a procurarsi i biglietti? Con quello che costano! Ho sborsato… beh, non vi dico quanto, per un posto in prima fila… e quegli stronzi sono a meno di dieci passi dalla sottoscritta.» schioccò le labbra, con disappunto «C’è anche la tua puttana, Val… hai visto?» concluse, prima di tornare in direzione di Bee «Li conosci?»
«Non direttamente» replicò la donna-pecora «Ma li ho notati corrompere uno dei buttafuori con delle strane banconote. Ne hanno inavvertitamente lasciata cadere una e… umh, l’ho raccolta.» Bee frugò nelle tasche del chiodo di pelle e ne estrasse un soldo bianco e azzurro, spiegazzato. Il numero cinquanta era stampato sui quattro angoli, mentre al centro si stagliava il disegno di un cancello dorato.
«Ma questi…» Velvette afferrò la banconota, rigirandosela tra le mani «Sono dollari del Paradiso» esclamò incredula, prima di restituirla alla conoscente «Chissà dove li prendono…» mormorò pensierosa, mentre sulla sala calva il silenzio.
Le luci si spensero, fatta eccezione per i faretti che puntavano direttamente sul palco.
Una nuvola di fumo biancastro inondò la scena, mentre una foce fuori campo annunciava:
«Signore e signori… ecco a voi, i Bows and Poppies!»
***
Charlie si accomodò sul divano, tra Vaggie ed Emily. Non riusciva a celare, in alcun modo, la preoccupazione: era rimasta all’Hotel, consapevole che la propria presenza avrebbe potuto generare più sospetti e curiosità, che essere d’aiuto. Meno attiravano l’attenzione, e meglio era per tutti. Inoltre, Emily non sarebbe passata inosservata: era stato già difficile truccare Adam a dovere; una Serafina era praticamente impossibile da nascondere. Lo stesso discorso era applicabile ad Alastor e Lucifer. Un Overlord e il Re degli Inferi non avrebbero mai potuto partecipare senza essere riconosciuti. Questo avrebbe complicato ancor di più la situazione.
«Non mi sento affatto tranquilla» esordì, afferrando la tazza di tè che Alastor le stava tendendo.
«Rilassati, mia cara» il Demone Radio le posò la destra sulla spalla «Che può succedere? Che qualcuno lo riconosca e gli faccia, finalmente, la pelle. Nulla di drammatico.»
«Beh, non direi.»
«Non temere. Sai che puoi contare su di me, in ogni frangente» la mano scivolò dalla spalla alla guancia, in una carezza affettuosa «Farò il possibile per rimediare a qualsiasi danno o guaio. Sono il tuo braccio destro, dopo tutto. Ti voglio così bene! Se avessi una figlia, la vorrei esattamente come te: determinata, coraggiosa, dolce e…»
«Oh, ti prego! Non ricominciamo!» Lucifer si alzò di scatto dalla poltroncina vicina «Meno confidenze con Charlie!»
«Quali confidenze?» ripeté Alastor, rivolgendo all’avversario un ghigno ferino «Sto solo rassicurando una carissima amica: il mio supporto non verrà mai meno, a differenza di quello di qualche suo parente assenteista…»
«Che stai insinuando?»
«Io? Proprio nulla. Se ti senti chiamato in causa, non è un mio problema.» il Demone Radio arruffò i capelli biondi della principessa «Non è così, mia diletta? Non sono forse il migliore degli assistenti?»
Lucifer mosse due passi avanti, serrando i pugni lungo i fianchi, i lineamenti del viso contratti da una rabbia improvvisa:
«Stai attento, che…» attaccò «Stai attento, che…» schioccò le dita e tra le sue mani apparve un violino. Prese a suonare con foga la Primavera di Vivaldi.
***
Adam sbuffò. Quella musica era incredibilmente noiosa!
La scaletta del concerto comprendeva solo brani tediosi, smielati, dalle note basse e caute. Niente a che vedere con il rock duro, di cui i Bows and Poppies erano stati ambasciatori.
Mamma mia, che mortorio. Si disse, scoccando un’occhiata alla platea. Tre quarti del pubblico sonnecchiava appoggiato ai muri e alle colonne portanti del locale. Il rimanente guardava svogliatamente il cellulare. Persino la combriccola dell’Hazbin sembrava sul punto di addormentarsi. Angelo Dust sbadigliava vistosamente, Husk si stava pettinando le ali da un’abbondante mezz’ora. Sir Pentious offriva drink a destra e a manca, nella speranza di far colpo sulla ciclope, che però non si vedeva da nessuna parte: probabilmente si era appartata a pomiciare con qualche bellimbusto.
Le ultime note sfumarono e Kim si avvicinò al microfono:
«Grazie, adorato pubblico. Il prossimo pezzo è estratto dal nostro ultimo album: Suicidami Tutto.»
Di questo passo si suicideranno davvero pensò l’angelo, scuotendo il capo. No, non avrebbe retto un’altra canzone pallosa. Era il momento di riportare in auge i vecchi successi. Si avvicinò a Kim:
«Credo che i nostri ascoltatori ne abbiano pieni i coglioni di queste ninnananne. Non possiamo suonare qualcosa di più… rock, cazzo?»
«Scusa, amico, ma… non ce la sentiamo.»
«Perché?»
«Sai, dopo la decapitazione di Marvin, nulla è stato più lo stesso. Lo spirito del gruppo è venuto meno e non siamo sicuri di voler tornare al vecchio stile.»
«Ma che stai dicendo? Cazzo, siete i Bows and Poppies! Se non fate rock voi, allora chi…» si interruppe, incredulo. Quei tizi si erano completamente rammolliti. Non poteva contare su di loro, no… avrebbe dovuto improvvisare, se voleva rianimare la serata «Fanculo!» esordì, afferrando l’asta del microfono «Cambio di programma.» annunciò, accordando lo strumento per impostare una nuova melodia, più decisa e veloce «Il prossimo brano sarà Welcome to the Jungle!» annunciò, gettando un’occhiata rapida al resto della band «E voi… statemi dietro!»
Affondò le dita nelle corde della chitarra, muovendole con attenzione per ricalcare la melodia originale, prima di attaccare:
«Welcome to the jungle, we got fun and games
We got everything you want, honey, we know the names
We are the people that you find, whatever you may need
If you got the money, honey, we got your disease»
Scorse i presenti risvegliarsi gradualmente e iniziare a muovere la testa a ritmo. Qualcuno batteva le mani, altri saltavano sul posto o si spingevano vicendevolmente.
Finalmente! Si disse, proseguendo:
«In the jungle, welcome to the jungle
Watch it bring you to your
Sha-na-na-na-na-na knees, knees
Oh, I wanna watch you bleed»
Con sorpresa, si accorse che anche il batterista e il tastierista si erano aggiunti, mentre Kim - a lato - invitava i presenti a battere le mani a ritmo.
Beh, a quanto pare l’anima dei Bows and Poppies sta resuscitando.
Si lasciò coinvolgere completamente dalla musica, chiudendo gli occhi e abbandonandosi al ritmo sfrenato. Si gettò in ginocchio, improvvisando un assolo, per poi rotolare a terra e strisciare la schiena contro il pavimento, senza smettere di cantare.
«Welcome to the jungle, we take it day by day
If you want it, you're gonna bleed, but that's the price you pay
And you're a very sexy girl who's very hard to please
You can taste the bright lights, but you won't get them for free»
Balzò in piedi, e prese a calci uno degli amplificatori, facendolo rotolare giù dal palco. Proseguì nell’assolo, piroettando su sé stesso e concludendo la canzone con uno stridere vivace dello strumento: le corde vibrarono sotto i polpastrelli e la chitarra emise un gemito acuto e prolungato.
«Yeah!» esclamò, osservando la platea attonita. I volti stupiti dei presenti lo lasciarono soddisfatto: indubbiamente, non avevano mai sentito una musica del genere. Poveri sfigati, costretti a sorbirsi Rap e Jazz per l’eternità. Si voltò verso i Bows and Poppies con un sorriso trionfante:
«Visto? Sono rimasti senza parole.»
Anche la band, tuttavia, era ammutolita. I visi tradivano incredulità. Ron si batté due volte l’indice sulle spalle:
«Le tue ali…» sussurrò «Si sono… scolorite.»
«Ops…» Adam le piegò immediatamente sotto le ascelle e abbassò lo sguardo. Effettivamente, l’ombretto che Angel aveva applicato con tanta cura, si era cancellato e l’oro era nuovamente emerso. Forse scivolare sulla schiena lungo tutto il palco non era stata una grande idea. «Merda…» si sussurrò, alzando automaticamente la mancina sulla testa e controllando che il cappuccio fosse a posto. Tuttavia, le dita incontrarono il bordo rigido dell’aureola. «Porca troia, sono fottuto …» sibilò.
Doveva rimediare e inventare una scusa qualsiasi, un pretesto che potesse salvare tanto la serata, quanto il suo culo. Peccato non gli venisse a mente nulla. Stropicciò un sorriso di circostanza verso la platea, che ancora lo scrutava in silenzio.
«Io…» biascicò, ma all’improvviso si sentì agguantare per un braccio e girare su sé stesso. Si ritrovò a fissare l’unico occhio di Cherri Bomb. La ciclope si sollevò sulle punte, buttandogli le braccia al collo e trascinandolo in un bacio appassionato: le labbra della peccatrice premettero con forza le sue per una manciata di secondi, prima di lasciarlo nuovamente libero.
Cherri afferrò il microfono, perché tutti sentissero:
«Bel costume, tesoro!» chiocciò, ammiccante «E baci da paura, cazzo.» sollevò un dito medio al cielo «Fanculo, Paradiso!»
La sala esplose. Fischi di apprezzamento, veri e propri ululati, applausi si levarono da ogni angolo. Un centinaio di medi si innalzarono, al grido di “Fanculo Paradiso!”
Adam imitò la folla, sollevando entrambe le mani chiuse a pugno:
«Fanculo, Paradiso!» ripeté con grinta.
Pregò che Dio non fosse all’ascolto.
***
Valentino scorse pigramente le foto che Velvette gli aveva appena girato: la sala gremita del locale, Angel Dust che ballava sfrenato, un paio di puttane che limonavano in un angolo e il nuovo chitarrista dei Bows and Poppies con tanto di aureola splendenti e ali dorate.
Il demone falena sorrise:
«Figo il travestimento» esclamò, voltando lo schermo dello smartphone verso Vox «Che ne dici? Assolutamente scopabile, per quanto mi riguarda. Potrei assumerlo.»
***
«è stato un miracolo che Cherri abbia ribaltato la situazione a tuo favore!» Angel Dust si appoggiò allo stipite del bagno. Erano rientrati in Hotel da meno di mezz’ora, e si erano immediatamente rifugiati al piano superiore, scampando ad un duello musicale tra Lucifer e Alastor.
Il concerto era stato un vero successo: le richieste di bis e di autografi erano fioccate, mentre diversi capi di biancheria intima femminile erano volati sul palco poco prima della fine. A fatica, la combriccola dell’Hazbin era riuscita a trascinare Adam via dai fans in delirio e a riprendere la via di casa.
«Smettila di lavarti i denti!» rimproverò il pornoattore.
«Mi ha baciato una peccatrice del cazzo! Permetti che abbia un po’… schifo?» vide l’angelo tendere la destra nel nulla «Hai del collutorio?»
«No, e vedi di piantarla.»
Adam sputò nel lavandino gli ultimi residui di dentifricio, prima di raccogliere l’acqua tra le mani. Si sciacquò il viso, sfregandosi le guance per rimuovere il contouring .
«Dovrò farmi una doccia.» sussurrò, mentre il demone ragno gli passava delle salviettine struccanti «Amh… possiamo non raccontare a nessuno della piccola… disavventura di oggi? Specialmente a Emily o a Charlie. Non credo che…»
«…apprezzerebbero? No di certo. Non temere, bocca cucita per quanto mi riguarda. Anche gli altri sono dello stesso avviso. Lo spettacolo è stato un trionfo, ma non occorre sottolineare il quasi-catastrofico incidente di percorso.» Angel oltrepassò l’uscio e recuperò un paio di asciugamani. Li appoggiò sul bordo di un mobiletto «Comunque… sei stato davvero forte, questa sera. Credevo mi sarei addormentato, dopo la quarta canzone… invece, sei riuscito a riscaldare l’atmosfera.»
«Grazie»
«E… nonostante tu sia un completo disastro sotto molti punti di vista, devo ammettere che sei stato meno detestabile del solito. Quindi, mi sento di avanzare una richiesta.»
Adam gli rifilò un ghigno sarcastico:
«Se stai propormi di scopare, sei fuori strada.»
«Nah, niente del genere. Mi insegneresti a suonare la chitarra?»
«Cazzo, sì!» esclamò, entusiasta «Quando tornerò in Paradiso, i Bows and Poppies avranno sicuramente bisogno di un nuovo membro della band! Ti renderò il chitarrista più figo dell’Inferno!»
Notes:
Ringrazio infinitamente Cladu per questo regalo inaspettato: una fanart dedicata a Adam al concerto dei Bows and Poppies.
Sono felicissima d'averla ricevuta, è un pensiero adorabile e il disegno è azzeccatissimo!
lascio di seguito i link alla fanart e al profilo dell'artista (twitter e instagram) <3https://www.instagram.com/p/C_YLF8JIUbu/?igsh=MXBpZ292NnhsdWZhNw%3D%3D
https://x.com/Cladu_blue_bird/status/1830250029854142954?t=yEUalsDYgpU_dehM21km2g&s=19
Chapter 9: Il Kamasutra Tascabile
Chapter Text
Emily era davvero eccitata. Non vedeva l’ora di riferire a Sera i recentissimi progressi. Gli esercizi mattutini avevano prodotto interessanti risultati: Sir Pentious aveva annunciato – con grande orgoglio – di aver convertito un robot assassino in un perfetto aiutante domestico e lo aveva donato a Niffty. Poco importava, ovviamente, che la cameriera avesse pugnalato ripetutamente il marchingegno. Cherri aveva consolato il serpente, offrendosi di aiutarlo nelle riparazioni e… di installare bombe a mano per ogni evenienza. Husk gli aveva elargito un generoso bicchiere di Gin-Toxic, mentre Charlie aveva spazzato il pavimento, canticchiando allegramente.
Adam si era lanciato in un’appassionante lezione di chitarra per Angel Dust, curiosamente senza combinare guai, né insultare nessuno. Alastor e Lucifer avevano passato la mattinata a sfidarsi a scacchi: il Demone Radio aveva vinto tutte e quindici le partite, lasciando l’avversario palesemente insoddisfatto.
Dopo il breve pranzo, composto da un pasticcio di carne e un contorno di verdure saltate, si era preparata per uscire. Vaggie l’aveva aiutata ad indossare una cappa nera, abbastanza ampia da coprire le ali e l’aureola, fermandola sotto al mento con un fiocchetto di raso.
Anche Adam aveva infilato un mantello simile, rinunciando alla maschera per potersi calcare meglio in testa il cappuccio.
«Volete vi accompagni?» si era immediatamente proposta la principessa, ma entrambi avevano scosso il capo. Raggiungere l’Ambasciata non era poi così complesso: bastava proseguire lungo il viale principale, dirigendosi verso il campanile che svettava a pochi isolati dall’hotel. Non ci avrebbero comunque messo molto: contavano di rientrare in un’ora o poco più; un breve aggiornamento con Sera sarebbe stato sufficiente.
***
Emily si guardò attorno con curiosità, man mano che si addentrava tra le strade. Quel posto era incredibile! I negozi presentavano colori vivaci, insegne sgargianti e vetrine di… beh, dubbio gusto, tanto che più di una volta il Capo Esorcista si era affrettato a tapparle gli occhi e a trascinarla via.
«Che posto di depravati! » Adam si lamentò, passando innanzi all’ennesima bottega che vendeva articoli per il BDSM, al cui esterno una promoter in abiti succinti regalava ai passanti plug anali di vari colori «E… No, Emily! Non è una pigna. Non toccarlo.» esclamò, trascinandola via prima che potesse accettare il gadget.
«Era grazioso come fermacarte.»
«Non era nemmeno quello…»
«Allora, cosa…»
«Fidati, preferisci non saperlo!» l’angelo affrettò il passo, per superare uno strillone che vendeva riviste pornografiche ad un crocevia «Non vedo l’ora di arrivare all’ambas… Che diamine hai preso?»
«Me lo ha dato il ragazzo dei giornali.»
Scrutò con orrore l’Almanacco del Sesso, tra le mani della collega. Sera lo avrebbe sicuramente ucciso, se Emily si fosse presentata all’incontro sfoggiando articoli erotici raccattati qui e là. Si affrettò a strapparlo e a gettarlo nel primo bidone di spazzatura:
«Smettila di accettare qualsiasi cosa da estranei.»
«Perché? A me sembrano tutti molto gentili…»
«Sono dei maniaci.»
«Stanno solo cercando di promuovere le loro attività. Che c’è di male?» si vide allungare un volantino «Guarda: Corso di Bondage, tutti i martedì dalle 20.00. Deve essere una specie di scuola serale, anche se non capisco perché il modello è legato a…»
«Porco cazzo, dai qua!» Adam agguantò il foglio e lo appallottolò, solo per scorgere la giovane raccogliere da terra un altro oggetto di controversa provenienza «Oddio, lascia stare quell’affare! Non è un gioco per cani.»
«è una banana che vibra.»
Frugò rapidamente il mantello, per raggiungere la tasca interna della tunica: fortuna che aveva preso delle salviettine multiuso prima di uscire. Aprì la confezione, sfilando un paio di fazzolettini profumati alla lavanda.
«Dammi le mani…» ordinò, passando poi con cura le pezzuole bagnate tra le dita della serafina «Non toccare più niente, d’accordo?»
«E come faccio?! È tutto così… elettrizzante!» Emily gli rivolse un sorriso entusiasta, allargando le braccia e piroettando su se stessa «In Paradiso non esiste niente del genere! Guardati attorno: insegne luminose che invitano al sesso, venditori ambulanti di droga, giornali peccaminosi, gelati al sangue e hot dog di pus. È fantastico!»
«è uno schifo!»
«Dici così… perché non sei avvezzo alle novità. Non essere prevenuto: fai come me… apri la mente e goditi ogni passo!»
«Apri anche qualcos’altro, tesoro!» canticchiò un gigolò, incrociandoli sul marciapiede.
Adam trattenne un paio di insulti. Osservò i dintorni, svogliatamente: un paio di bambini cannibali si masticavano le gambe a vicenda; un uomo, dietro una malmessa bancarella, vendeva a caro prezzo delle mele rosse: “Reclama qui il frutto proibito”, recitava il cartello appeso all’esposizione. Un ubriaco vomitava in un tombino, mentre una sedicente cartomante leggeva i tarocchi a una coppia di piccioni rabidi. Poco oltre, una troupe televisiva girava un servizio:
«Siamo nei pressi di Vicolo Storto» annunciava la presentatrice, indicando una stradicciola alle proprie spalle «Dove ieri sono stati avvistati alcuni Conigli Mannari. Il numero non è ancora confermato, ma sembra si tratti di una dozzina di individui. Le creature, in evidente stato confusionale, hanno tentato di aggredire diversi passanti che, fortunatamente, sono riusciti a dare l’allarme per tempo.»
Bla, bla, bla.. che palle. Mi sembra di non arrivare mai. Forse non avrei dovuto mangiare tutta quella carne a mezzogiorno. Ho lo stomaco sottosopra… rifletté Adam, spiando il campanile dell’Ambasciata in lontananza Eppure non dovrebbe mancare moltissimo… una decina di minuti. Stimò, gonfiando le guance e sbuffando Almeno non devo sorbirmi Morningstronz e il suo buonismo del cazzo. Certo, se qualcuno la smettesse di raccattare sex-toys da terra, sarebbe quasi una passeggiata piacev…
Un urlo strozzato interruppe quei pensieri.
Si voltò di scatto: da Vicolo Storto era emerso un ometto basso, con la faccia da topo e la coda da leone. Il malintenzionato aveva afferrato Emily per un braccio, mentre con la destra brandiva un corto pugnale argentato, puntandolo alla gola della ragazza.
«Dammi il portafoglio, stronzetta!» ripeteva, sputacchiando a destra e a manca.
Emily si stava divincolando: il cappuccio le era caduto dal capo, rivelando i capelli bianchi, l’aureola e l’espressione… beh, più incuriosita che spaventata:
«Oh, accidenti! È come nella Vergine di Calcutta, che emozione!» la serafina sorrideva, accondiscendente «In realtà, non ho nulla con me! Vede, buon signore, non ho nemmeno un soldo. Se desidera, ho…» e da sotto la cappa nera spuntò l’ennesimo volantino «Un voucher per un ..mh… “Massaggio erotico da Grimilde, l’Estetista che fa Scintille”. Può interessare?»
Adam balzò avanti, allungando istintivamente la mancina per afferrare la lama e spingerla lontano dal volto della compagna. Sussultò cogliendo il filo affondare nel palmo. Ignorò il dolore e strinse maggiormente la presa, quando il peccatore oppose resistenza.
«Hai importunato le persone sbagliate, stronzo!» ringhiò, agguantando l’avversario per il collo e sollevandolo da terra senza alcuno sforzo. Il ratto emise un gemito soffocato, e scalciò nell’aria. Le zampette da roditore si aggrapparono al mantello nero, alla ricerca disperata di un appiglio.
«Adam, lascialo andare!» Emily gli sfiorò una spalla, quasi volesse rassicurarlo «Sto bene, non è successo niente. Sono sicura non avesse cattive intenzioni, solo… oh, forse deruba i passanti per sfamare i suoi figli… cuccioli… topolini. Insomma, qualunque cosa siano.»
«Ah-ngh» annaspò il rapinatore, poco prima di essere scaraventato a terra. Gli artigli si impigliarono nella cappa; il nodo con cui era assicurata si sciolse e il tessuto scivolò a terra, rivelando l’aureola e le d’ali dorate «An…geli…»
Un fascio di luce bianca investì il demone, polverizzandolo all’istante.
Adam si chinò, recuperando in fretta il mantello e gettandolo sulle spalle. Lo allacciò sotto al mento, calandosi poi il cappuccio nuovamente in capo. Raccolse il pugnale argentato, scrutandolo attentamente: il sangue dorato colava tanto dalla lama, quando dal proprio palmo. Il taglio non era profondo, ma bruciava come se fosse stato inflitto con un ferro rovente.
«Che cosa hai fatto?»
Sollevò il capo: Emily lo stava fissando, sconvolta.
Ignorò la sua domanda, limitandosi ad un cenno:
«Andiamo.» ordinò, nascondendo il coltello tra le vesti.
«Come hai potuto? Era… tu hai…»
«Non è sicuro qui» sentenziò, osservando la giovane: gli occhi erano gonfi di lacrime, e il labbro inferiore tremava di rabbia e d’apprensione. La vide abbassare le iridi alla sua mancina e si affrettò a nasconderla dietro la schiena «Non una parola con Sera. Chiaro?»
«Sei ferito. Di nuovo.»
«Non è niente.»
«Fammi vedere la mano, forse posso…»
«No.»
«Torniamo all’Hotel; hai bisogno di cure, e se non desideri che ti dia un’occhiata io, allora forse Lucifer…»
«No.» allungò il passo per tornare verso il viale principale «Ascoltami attentamente: Sera non deve sapere quanto appena accaduto. Se scoprisse che…» si mordicchiò il labbro inferiore, alla ricerca di un buon pretesto per convincerla a tenere la bocca chiusa «…un demone ti ha aggredita, sicuramente ti richiamerebbe in Paradiso. La missione andrebbe a rotoli, non potresti aiutare Morningstronz in questa follia dell’Hotel, né sperare in altre opportunità. E poi mi farebbe sicuramente il culo: non ho voglia di sopportare le sue crisi isteriche.» abbozzò un ghigno pungente «Se vuoi conservare il ruolo di Ambasciatore Celeste, mantieni il segreto.» la vide annuire, in silenzio.
Ottimo.
«Non lo meritava, però…»
«Ti ha minacciata e assalita.»
«Era un bisognoso in difficoltà!»
«Questa è soltanto una tua congettura. Penso piuttosto fosse un ladro e un assassino. Non ti crucciare troppo per lui.»
«Ma…»
Sollevò la destra, come a interrompere altre proteste:
«Non parliamone più, d’accordo? Ha avuto quello che si meritava. Ora… te la senti di proseguire fino all’ambasciata? O preferisci rimandare il colloquio?»
«Andiamo.»
Annuì, riprendendo a calcare il viale principale. Rimase in silenzio per qualche minuto, controllando la serafina con la coda dell’occhio. Il volto di Emily tradiva emozioni contrastanti: era evidentemente preoccupata e scossa, ma si stava sforzando di recuperare la clama e la spensieratezza di sempre.
«Ho un’idea» esordì, infine «Sulla via del ritorno ci fermeremo a comprare una di quelle banane vibranti per… il gatto di Charlie» l’espressione della giovane si distese immediatamente e un sorriso genuino apparve sulle sue labbra «Però devi promettermi che ci giocherai solo con …qualunque nome abbia quella sottospecie di puzzola ciclope.»
«Sì! Keekee ne sarà entusiasta!»
«Bene… e non è che, per caso, hai un altro volantino sul Bondage?»
«No, ma ho Il Kamasutra Tascabile. Può servire?»
«Perfetto!»
***
Velvette balzò dal divano.
«Riavvolgi!» ordinò, indicando lo schermo piatto.
«Perché? Tra poco ricomincia la partita.»
«Fa come ti ho detto.»
Vox bloccò il fluire delle immagini e le riportò indietro di qualche secondo.
Una spigliata cronista stava indicando uno stretto vicolo:
«Le creature, in evidente stato confusionale, hanno tentato di aggredire diversi passanti che, fortunatamente, sono riusciti a dare l’allarme per tempo» gracchiava al microfono «Gli esperti non sanno spiegare il distacco di un gruppo così numeroso dal branco principale. È possibile che la causa sia legata alla perdita recente dell’albero a loro sacro.»
«Freeza e ingrandisci.»
Vox interruppe il video, mentre la ragazza si avvicinava al televisore, puntando l’indice sulle figure alle spalle della giornalista. Sullo sfondo, leggermente sgranate, si intravedevano due sagome singolari: quella più bassa mostrava dei lunghi capelli bianchi, mentre la maggiore delle inconfondibili ali dorate. Entrambi portavano delle aureole sul capo.
«è il chitarrista di ieri. Quello scopabile.» esclamò, mentre Valentino fischiava ammirato.
«Riesci a pensare a qualcosa che non sia il sesso per cinque minuti?»
«Non proprio.»
Velvette lo ignorò:
«Non vi sembra strano? Quel tizio mi puzza. Devo ammettere che come travestimento, per un banale concertino, mi sembrava già una forzatura. Però… indossarlo anche il giorno dopo, è chiaramente eccessivo. E la luce? Vedete questo fascio biancastro che lancia da una mano. Per tacere di questi cerchi sopra la testa. Cosa vi ricordano?»
«Mh… piatti da portata?» azzardò Vox
«Sex-toys!» la falena annuì con convinzione.
«No, razza di idioti! Sono aureole! E se ci pensate, tutto torna.» fissò sconcertata le espressioni perplesse degli altri due «Va bene, vi faccio un riassunto: qualche giorno fa, il Sicomoro Ambulante è stato abbattuto da raggi luminosi simili a questi. Gli stessi fasci li rivediamo sopra il tetto dell’Hotel. Ricordi quando pensavi fosse un servizio fotografico, Vox? Beh, evidentemente non lo era. Ieri vado ad un noiosissimo spettacolo di musica rock… e scopro che la cricca dell’Hazbin ha corrotto un buttafuori per avere dei posti in prima fila. Come? Con mazzette di Dollari del Paradiso.» indicò nuovamente la tv «A metà concerto, al chitarrista si scioglie il trucco: spuntano aureola e ali identiche a queste! Immaginatevi lo stupore in sala: tutti attoniti, palesemente sconvolti. Una troia ciclope, che - guarda caso - sta assieme a quegli sfigati dell’Hotel, balza sul palco, si limona il chitarrista e salva la situazione.» picchiettò un’unghia laccata sullo schermo «Poco fa, il nostro uomo riappare: ali dorate, aureola, raggio di luce. In più, in compagnia di un altro come lui. Cosa vi viene in mente?»
«Mh…» Vox si sfregò il mento, prima di battersi un pugno su una coscia «Ma certo! Sta reclutando nuova gente per la band. Spero che non contatti quello stronzo di Alastor.»
«Ma no, cretino! Sono dei fottuti angeli.» Velvette marciò alla finestra più vicina, fissando con odio la sagoma dell’albergo che si stagliava in lontananza «La mocciosa di Lucifero nasconde degli angeli nel suo Hotel. Due… o di più? E come mai?» scosse il capo «Non lo so, ma dobbiamo scoprirlo.»
«Perché?» Valentino recuperò la tazza di tisana dal vicino tavolo e la portò alle labbra «Che ci importa se ospitano angeli, peccatori redenti o Dio in persona? A meno che non siano dei bravi pornodivi, a me cosa ne viene in tasca?»
«Non capite, zucche vuote? Se si sparge la voce che Morningstar fa affari col Paradiso, potrebbe essere la sua fine. Potremmo scacciare quella bamboccia e il suo famoso padre, oltre che il caro Demone Radio. Prenderemmo finalmente il controllo sulla città e…» la giovane sorrise avidamente «Vi immaginate possedere un potere come quello di un angelo? Se riuscissimo a mettere le mani su almeno uno di loro, diventeremmo inarrestabili.»
«Aspetta, Velvette!» Vox sollevò la mancina, chiedendo parola «Anche noi… facciamo affari col Paradiso, in un certo senso.»
«Sì, ma non lo sa nessuno. Il nostro contatto è segreto. Siamo prudenti: non potrebbero mai associarlo a noi, oltre al fatto che di lui ne sappiamo davvero pochissimo. L’avete mai visto in faccia? Diamine, non sappiamo nemmeno se sia un uomo o una donna. Se sia un angelo, un’anima salvata o qualche cariatide saltata fuori dalle Sacre Scritture. Potrebbe essere chiunque… ma non è ricollegabile a noi.»
«Oh. Hai ragione…»
«Anzi, sapete… credo che sia arrivato il momento di scomodarlo. Chiamiamo Betsaida.»
***
L’interno dell’Ambasciata Celeste era piuttosto sobrio. Si sviluppava con un ampio corridoio dove erano alloggiate diverse poltroncine azzurre. Lungo le pareti si aprivano mezza dozzina di porte, mentre le finestre erano del tutto assenti. In fondo, un bancone in legno chiaro, ove era posato un campanello dorato. Adam si avvicinò, premendo ripetutamente il pulsante, finché l’uscio alla propria sinistra non si schiuse. Fece cenno ad Emily di seguirlo, varcando la soglia per ritrovarsi in una stanza davvero minimale: vi era soltanto un tavolo e alcune sedie dallo schienale imbottito. La sala era speculare a quella dove aveva incontrato Charlie la prima volta, diversi mesi prima.
Si accasciò su una sedia, puntellando i piedi a terra per spingersi all’indietro e dondolarsi pigramente.
«Ma quanto ci mettono?» sbuffò.
Un attimo dopo, un crepitio si diffuse nell’aria e all’altro capo del tavolo apparvero due figure familiari: Sera gli rivolse un cenno educato, concentrando però l’attenzione sulla sua accompagnatrice. Non che gli importasse: l’atteggiamento distaccato della superiore non era affatto una sorpresa, a differenza della seconda persona che la affiancava.
«Lute!» esclamò, tradendo un sorriso morbido. Era indubbiamente felice di rivederla. Scrutò la Sterminatrice, con attenzione: il cipiglio marziale e impassibile, rendeva difficile cogliere il reale stato d’animo; tuttavia, aveva imparato a conoscerla abbastanza da poter carpire anche le piccole sfumature: gli occhi gialli scattavano continuamente in direzione della porta, come se temesse un’interruzione del meeting; le mani, allacciate formalmente dietro la schiena, tradivano un sottile nervosismo, e le labbra strette riflettevano stanchezza «Stai bene?» le chiese.
«Perfettamente, signore. Posso farle la stessa domanda?»
Ah, di nuovo quel tono reverenziale. Non era necessario, ma lei non riusciva ad evitarlo quando erano al lavoro o in pubblico. Lontani dalla sfera privata, le confidenze cadevano e venivano sostituite da una cordialità forzata.
«Beh, qui va… normalmente, direi.»
«Sicuro?»
Colse lo sguardo indagatore calare sulla sua mancina e si affrettò a nasconderla sotto al tavolo. Fortunatamente, Lute pareva l’unica ad essersi accorta del liquido dorato che macchiava il pianale; si sbrigò a pulirlo con un lembo della manica.
Annuì, azzittendosi non appena Emily prese posto accanto a lui.
«Sera, Lute! Che piacere!» esclamò la giovane con un sorriso «Ho così tante cose da raccontare, che non so davvero da dove cominciare.»
«Mia cara, sono lieta di vederti così entusiasta.» attaccò Sera «Come procede la tua missione?»
«Meravigliosamente! L’ospitalità di Charlie è encomiabile. Si impegna molto perché mi senta come a casa… non è proprio il Paradiso, d’accordo, ma… apprezzo davvero tanto i suoi sforzi. Gli ospiti dell’Hazbin, inoltre, sono persone squisite. Posso assicurarti che si stanno applicando – chi più, chi meno – per redimersi. Partecipano alle attività quotidiane, mettono in pratica i miei consigli, fanno del loro meglio anche all’esterno dell’Hotel. Con me sono tutti educati e gentili.»
«è un sollievo ricevere queste notizie. Vorresti fornirmi un breve resoconto?»
«Naturalmente!» Emily batté le mani, entusiasta «Sto appuntando i tratti salienti sul mio diario. Ho una pagina per ciascuno di loro, ecco… comunque, partiamo da Angel Dust: sicuramente, è uno dei più meritevoli. È un attore di successo, da queste parti; non conosco bene i suoi trascorsi, ma sembra davvero determinato: desidera ardentemente una seconda possibilità.» la risatina nervosa di Adam passò inascoltata «Il secondo ospite, è Sir Pentious. Un tempo era un inventore senza scrupoli, ma da quando frequenta l’Hazbin è diventato un pezzo di pane. È innamorato di Cherri Bomb, anche se non credo lei l’abbia capito. Sono certa che, non appena lo comprenderà, si sposeranno e vivranno per sempre felici e contenti… magari con noi in Paradiso, ecco.» Sera emise un gridolino strozzato, ma Emily non vi badò «Niffty è la cameriera. È un po’ strana, ma non è cattiva. Ha uno strano senso della giustizia: detesta i “cattivi ragazzi”, e vorrebbe pugnalarli tutti. Immagino possa essere considerato un principio di redenzione, no? È… una specie di supereroe che ama le faccende domestiche. Poi.. Husk è il barista: un tipo introverso, un po’ ruvido all’apparenza, ma sono convinta abbia un cuore d’oro. Alastor, invece, è uno dei signori più potenti dell’Inferno, ma nonostante ciò… supporta Charlie nel progetto. Inoltre è un galantuomo, un vero cavaliere. Nonostante qualche screzio iniziale con…» si bloccò, gettando un’occhiata fugace al Primo Uomo; lasciò immediatamente cadere il discorso «Charlie e Vaggie le conosciamo, sappiamo quanto siano rette e pure. Per finire, Lucifer è…»
«Aspetta! Lucifer è lì?»
«Sì, è passato a trovare la figlia. Oh, Sera… non ci crederai, ma… cucina pancakes da paura!»
«Capisco. Amh… potresti stare attenta, quando ti relazioni con lui? Sai, per i trascorsi che ha con il Paradiso, non è... ben visto, da queste parti.»
«Umh, sono convinta che il Concilio Angelico cambierebbe idea, se lo conoscesse. Sì, magari in passato può aver commesso degli sbagli, ma…» allargò le braccia e scrollò le spalle «Chi non ne fa, dopo tutto?»
«Gli angeli.» intervenne Lute prontamente.
«Non ne sono così convinta, in realtà…» Emily gettò un’occhiata al Capo Esorcista, che continuava a ciondolare sulla seggiola come un bambino annoiato. Indubbiamente, se avesse elencato la quantità di guai combinata dal suo accompagnatore, Lute avrebbe dovuto ricredersi. Ma… sarebbe servito a qualcosa? Probabilmente avrebbe solo fatto indispettire e preoccupare maggiormente Sera. Non era il caso di darle altri grattacapi. Inoltre, avrebbero potuto decidere di richiamare Adam e mandarle un nuovo assistente: per qualche ragione, la sola idea – che sino a qualche giorno avrebbe largamente sposato – la infastidiva. In fondo, non se la stavano cavando così male! C’erano stati alcuni alti e bassi, ma nulla di irrisolvibile. Inoltre non riusciva a togliersi di testa il modo in cui l’aveva protetta: altri avrebbero fatto lo stesso? Probabilmente sì, ma era indubbio che la reazione pronta dell’Esorcista davanti al pericolo aveva scongiurato un peggioramento della situazione. Certo... poi aveva polverizzato quel poveraccio, ma… in fondo, aveva soltanto svolto con sin troppo zelo – e una buona dose di sadismo – il proprio lavoro.
Se da un lato, Sera meritava di conoscere l’accaduto, dall’altro non voleva tradire la fiducia di Adam: le aveva consigliato di mantenere il segreto, e così avrebbe fatto. Si rilassò sulla seggiola e allontanò quei pensieri con un sorriso:
«Mi sento abbastanza ottimista, lo confesso. Indubbiamente, le prime impressioni sull’Hotel e sugli ospiti sono positive.» concluse, mentre Sera annuiva soddisfatta.
«Molto bene, Emily. Sono davvero orgogliosa del tuo operato e sono certa che porterai risultati interessanti con questa indagine. Adam, qualcosa da aggiungere?»
Il Primo Uomo scosse il capo:
«No, trovo che il resoconto di Emily sia stato assolutamente dettagliato. Sì, abbiamo avuto qualche difficoltà iniziale, come prevedibile… dopo tutto, i peccatori non sono inclini a fidarsi degli angeli. Tuttavia, la principessa Morningstar è una buona mediatrice e li ha rassicurati.» smise di ciondolare sulla sedia e tornò a sedere composto «Nonostante il mio scetticismo, devo ammettere che la missione di Emily potrebbe... non dico avere successo, ma sicuramente apportare riflessioni interessanti, di cui dovremo tenere conto in futuro.»
Sera sembrava visibilmente stupita: evidentemente non si aspettava un’analisi così oggettiva da lui.
«Ottimo, sembra che abbiate tutto sotto controllo. Se non c’è altro, dichiaro sciolta l’assemblea.»
Adam alzò prontamente la destra:
«Ho una richiesta! Potrei restare solo con Lute per… qualche attimo?»
«Perché?»
«Beh, ecco…» mimò imbarazzo nella voce, frugando sotto al mantello «Vorrei… condividere con lei una cosa… privata, diciamo.»
«Credo che non ci sia niente di segreto tra noi. Puoi parlare liberamente.»
«Amh, d’accordo, Sera… se la cosa non ti disturba, ecco…» lanciò sul tavolo un opuscolo rilegato. La copertina gialla ritraeva due amanti, nudi e in pose decisamente poco ortodosse.
«Adam!» Sera impallidì vistosamente quando lesse il titolo in rilievo: “Il Kamasutra Tascabile”.
«Che c’è?» l’Esorcista sfoderò un’espressione innocente «Hai detto tu che potevo parlare liberamente.»
«Sì, ma… non di questo!»
«Ho specificato che era una questione privata.»
«Credevo riguardasse il lavoro.» Sera si alzò, indicando la porta «Emily, esci! Attendi fuori.» ordinò.
La giovane serafina si affrettò ad obbedire.
«Aspettami nell’atrio!» si raccomandò Adam «Non ci metterò molto, promesso.» rifilando poi al superiore un cenno in saluto «Grazie, Sera. Buona giornata.»
La donna non gli rispose. Girò sui tacchi e si affrettò ad abbandonare la riunione.
***
Adam rimase in silenzio, tendendo l’orecchio per assicurarsi che Emily si fosse allontanata. Colse i passettini farsi più distanti e infine fermarsi.
«Bene.» disse, volgendo lo sguardo al proprio tenente.
«Vuole parlare di sesso, signore?»
«Siamo soli, Lute. Smettila di usare quel tono deferente, per favore.»
«D’accordo. Riformulo la mia domanda: vuoi davvero scopare a distanza, usando un manuale peccaminoso come traccia?»
«Per quanto l’idea mi tenti… no.»
«Allora fammi vedere la mano.» Tese immediatamente la destra, con un sorriso sarcastico «L’altra.»
Adam appoggiò la mancina sul tavolo, il palmo rivolto all’insu: un taglio lo squarciava da parte a parte. Gocce dorate correvano lungo le naturali curvature, cadendo sul pianale sottostante.
«Un peccatore ha minacciato Emily con un coltello; ho afferrato la lama per allontanarla da lei. Normalmente, questa ferita non sarebbe un problema. Non è profonda, ma posso assicurarti che brucia come se avessi lava nelle vene.»
«Perché non ne hai parlato con Sera?»
Recuperò il coltello da sotto il mantello e lo gettò con disprezzo sul tavolo:
«Lo riconosci?»
«Acciaio angelico.» rispose Lute, la voce colma di indignazione «Mi stai dicendo che i demoni hanno accesso alle nostre stesse armi?»
«Precisamente. Ora… posso comprendere che quell’idiota di Vagina abbia conservato la sua lancia, ma… perché un coglione qualsiasi dovrebbe avere un pugnale simile? Dove lo ha preso? Chi glielo ha dato?» si concesse una pausa, pensieroso «Si è lasciata sfuggire un dettaglio importante, qualche giorno fa. Ha detto “Sono il vostro punto debole. L’unica cosa che può uccidervi”.»
La luogotenente strabuzzò gli occhi:
«Ne sei sicuro?»
«Sì, cazzo.»
«Non ne ero a conoscenza. È… una informazione affidabile?»
«Temo di si. Nemmeno io lo sapevo e… sinceramente, lo trovo patetico come espediente. Un maledetto cliché.» sospirò e scosse il capo «Ho chiesto a Vagina come lo sapesse, ma non mi ha risposto. Lì per lì, non mi è parso un grosso problema… semplicemente, credevo fosse l’unica a possedere un’arma angelica.»
La vide picchiare il pugno sul tavolo:
«Hanno ucciso una di noi, lo scorso Sterminio. È chiaro! Hanno usato le nostre armi per colpirci… questo significa che l'informazione è già stata divulgata, e non solo a Vaggie.» il naso della donna si arricciò in una smorfia «Ci sono solo due possibilità: i peccatori hanno accesso all’acciaio angelico e sanno come lavorarlo… ma lo reputo poco probabile. Anche perché il pugnale, appena sotto l’elsa, reca il simbolo degli Esorcisti» indicò il punto dove il metallo era marchiato da una E corsiva, inscritta in un cerchio e sormontata da una croce «Indica un lotto di armi nuove. Quando l’abbiamo inserito? Non più tardi di un paio di mesi fa. Sicuramente dopo l’ultima epurazione infernale.» sussurrò concentrata «Dubito lo abbiano contraffatto, quindi non rimane che considerare la presenza di un traditore tra i nostri ranghi.» una pausa, come se seguisse il filo invisibile dei pensieri «è per questo che hai allontanato Sera? Non volevi che sapesse e…» Lute lo guardò, incerta «Non ti fidi di lei.»
«Ecco perché sei la migliore, Tette Pericolose.»
«Come intendi procedere?»
«Ti incarico delle indagini sul versante Paradiso. Hai carta bianca: fa ciò che ritieni necessario, ma sii discreta. Io cercherò di saperne di più sul frangente Inferno.»
«Prossimo aggiornamento?»
«Tra tre giorni, stesso orario» concluse, alzandosi. Riaccomodò la sedia sotto al tavolo e recuperò il pugnale. L’opuscolo sul Kamasutra rimase dov’era «Meglio avviarci, o rischiamo di insospettire Sera. Nel caso chiedesse…»
«Le risponderò che il mio Comandante è un vero pervertito e che merita la dannazione eterna.»
«Fanculo, stronza.» il Primo Uomo sventolò la destra «Abbi cura di te» salutò, scivolando verso la porta.
«Adam…»
Raggiunse la soglia e si voltò. L’ologramma era ancora lì e gli stava regalando un dito medio:
«Stai lontano dai guai.»
Ricambiò il gestaccio:
«Perché, Lute, quando mai ho fatto il contrario?»
Chapter 10: Betsaida
Chapter Text
Le comunicazioni tra Paradiso e Inferno erano ridotte all’osso. Esistevano pochissimi canali, ovviamente illegali. Quasi nessuno ne era a conoscenza, ma Vox ne aveva scovato uno.
Erano passati quasi due anni da quando aveva captato un segnale solitario; curiosamente, non lo aveva lasciato cadere nel vuoto. La provenienza divina l’aveva interessato sin dal principio. Era riuscito a stabilire una frequenza sicura, che soltanto i Vees potevano utilizzare.
Così avevano conosciuto Betsaida. All’inizio, gli scambi erano confusi e di brevissima durata. Gradualmente, però, il rapporto si era rafforzato. Betsaida era… qualcuno. Non era chiaro se fosse o meno il suo vero nome, né se si trattasse di un uomo o di una donna. Sugli schermi compariva sempre un’immagine leggermente sfuocata o disturbata: si distinguevano i contorni di un ampio mantello nero, con un cappuccio tirato sul capo e una maschera lucida a coprire interamente il volto. La voce era metallica, completamente distorta, come prodotta da una sorta sintentizzatore: alcune volte mostrava un timbro profondo, altre era leggera e aggraziata. Avevano tentato più volte di indagarne l’identità, ma senza successo.
Betsaida non rispondeva mai alle loro chiamate. Era sempre lui a ricontattarli, attraverso un apposito terminale video che mostrava davvero poco dell’ambiente circostante: una fredda e buia stanza, interamente spoglia e illuminata soltanto da una coppia di candelabri a muro.
Anche questa volta, come da copione, Betsaida non rispose immediatamente, ma li ricontattò dopo circa ventiquattro ore.
L’avviso di chiamata risuonò nella testa di Vox, apparendo sul suo viso come una discreta icona in alto a sinistra, contraddistinta da una B fluorescente.
Il demone passò rapidamente il collegamento sul televisore del salotto, dove Velvette e Valentino si erano già accaparrati le poltrone migliori.
Lo schermo ebbe un guizzo:
«Spero abbiate un buon motivo per disturbarmi.» la voce di Betsaida era anonima, distaccata «Sono una persona impegnata, come ben sapete. Il mio ruolo non mi consente di assentarmi all’improvviso per rispondere a chiamate fuoriluogo.»
Simpatico, come sempre. Pensò Velvette, modellando un sorriso affabile:
«Non ti disturberemmo se non fosse importante.»
«Ne dubito.»
La giovane ondeggiò il capo, e i voluminosi codini frusciarono contro la spalliera di stoffa.
«è da parecchio che non ci sentiamo, in realtà. Da… poco dopo l’ultimo sterminio, se ben ricordo.»
«Le armi che vi ho inviato non erano di vostro gradimento?»
«Al contrario! Le ho trovate di qualità decisamente superiore alle precedenti. Gli Esorcisti hanno fatto un upgrade?»
«Forse. Non credo la cosa vi interessi.»
«Hai ragione…» canticchiò Velvette, allungando i piedi sul vicino pouf «Dopo tutto, non siamo noi a smuovere il grosso dei tuoi affari. Qui arriva solo una piccola parte di ciò che smerci. In compenso, Carmilla Carmine…»
«L’accordo con voi è diverso. Fornisco armi per i vostri sottoposti e ho marchiato la Vee Tower per renderla… poco appetibile agli Esorcisti. È soltanto per questo che i miei “colleghi”» la figura mimò un paio di virgolette con entrambe le mani «Non hanno vi hanno ancora buttato giù le porte a calci. Ho protetto la torre con un sigillo affinché gli Esorcisti non la trovassero un punto interessante da attaccare. Non sanno, ovviamente, il perché: lo vedono come un posto noioso, poco coinvolgente, privo di attrazione. Sono spinti a girare al largo, a trovare sfogo altrove. A uccidere qualcun altro al posto vostro o dei sottoposti di cui vi circondate. Certo… almeno quelli abbastanza lungimiranti da rimanere all’interno dell’edificio durante lo Sterminio.»
«E con Carmilla non hai stipulato nulla del genere?»
«No. Con lei mi occupo solamente del traffico di armi. Smuove volumi davvero interessanti e paga piuttosto bene.»
«Non le hai garantito protezione?»
«No.»
«Perché?»
«Ancora una volta, i miei affari con lei non vi riguardano.» Velvette lo vide sporgersi in avanti: la nera e lucida maschera occupò quasi l’intero schermo «Vi basti sapere che, per il momento, siete gli unici a cui ho concesso una sorta di “lasciapassare” per le epurazioni. Ora, mi avete chiamato solo per parlare del mio rapporto con Carmilla?»
La ragazza scosse nuovamente il capo:
«Non proprio, ma visto che l’argomento è sul tavolo, che ne dici di approfondirlo?» domandò, retorica «Non ci hai ancora detto cosa vuoi dai Vees. Carmilla compra le tue armi e anche noi lo facciamo, in un certo senso. Eppure, nonostante siamo acquirenti meno prestigiosi, la tutela che ci fornisci è esclusiva.»
«Perché mi tornerete utili presto o tardi, e quando accadrà… vi avrò necessariamente dalla mia parte.»
«Bene, ecco una risposta onesta!» Velvette batté le mani, entusiasta «Veniamo al nocciolo dell’incontro, forse lo troverai interessante. Ho il fortissimo sospetto – per non dire la certezza – che la mocciosa di Lucifero nasconda degli angeli nel suo Hotel. Ho indovinato?»
Avrebbe pagato per vedere l’espressione di Betsaida sotto al casco nero. Era sicura d’averlo stupito con quell’informazione, ma quando il contatto tornò a parlare, la voce non tradiva alcuna emozione:
«Corretto. Come lo hai saputo?»
«Le telecamere di Vox li hanno ripresi durante una scaramuccia con un ladruncolo di strada. Ne ho visti due: una ragazza dai boccoli bianchi e un uomo, con i capelli castani e le ali dorate. Ce ne sono altri?»
«No. Soltanto loro.»
«Sai perché sono ospiti della Morningstar?»
«La giovane è stata inviata per indagare sulle attività dell’Hotel. Lui le fa da guardia del corpo.»
«Il Paradiso si sta davvero interessando alla redenzione dei peccatori?» esclamò Velvette incredula, abbandonandosi ad una risata nervosa «Che idiozia! La piccola Charlie crede che all’Hazbin le anime possano essere riscattate, così da abbandonare l’Inferno e ascendere ai cancelli dorati. Quasi tutti pensano sia una pazza visionaria. E, invece… mi stai dicendo che al Paradiso importano queste stronzate?»
«Così parrebbe…»
«Puoi dirci i loro nomi?»
«Non ancora» Betsaida si alzò di scatto. Non appariva particolarmente alto o massiccio, ma le dimensioni potevano ingannare attraverso uno schermo «Il tempo a mia disposizione è scaduto. Vi ricontatterò a breve.»
«Aspetta!» Vox si intromise, balzando dal divano in cui era sprofondato «è possibile ottenere il potere di un angelo?»
Betsaida si immobilizzò:
«Che intendi?»
«Se riuscissimo a convincerli a lavorare per noi, potremmo diventare i sovrani indiscussi dell’Inferno. Ah, ma ci pensate?!» il demone si voltò verso i sui compagni «I Vees dominerebbero, Lucifer sarebbe costretto a battere in ritirata e Alastor… quello stronzo!... lo spedirei in esilio per almeno altri sette anni!» Vox fissò lo schermo, allargando un ghigno «E tu, Betsy…»
«Non chiamarmi così!»
«… tu potresti… boh. Fare carriera in Paradiso? Non so, magari otterresti qualche promozione utile o potresti allargare il giro dei tuoi affari quaggiù.»
Nonostante non potesse scorgere il suo viso, Vox era sicuro che Betsaida, sotto la maschera, stava sorridendo:
«Il posto di Capo Esorcista diventerebbe sicuramente vacante. Che prospettiva interessante!»
***
Lute passò in rassegna le truppe. Come ogni giorno, fece schierare gli Esorcisti al centro del campo d’addestramento e controllò scrupolosamente che ogni cosa fosse a posto: che non ci fossero assenti ingiustificati, che le armi fossero ben affilate, e le divise pulite e stirate.
Avanzò lungo le file schierate, le mani allacciate dietro la schiena e gli occhi chiari pronti a cogliere ogni dettaglio. Raggiunse il termine della prima colonna e risalì lungo la successiva, mimando dei piccoli cenni d’assenso.
«Molto bene» sentenziò, a ispezione conclusa «Inizieremo con dieci giri di corsa e poi un’ora di esercizi, al termine della quale desidero vi mettiate a coppie e ingaggiate un combattimento corpo a corpo. Avrete il pomeriggio libero. Ci sono domande?»
Una mano si sollevò prontamente.
La fissò stupita: difficilmente vi erano richieste di chiarimenti. Quell’intromissione la sorprese, ma dissimulò dietro un sorriso rigido:
«Sì, Bra?»
«Tenente, mi stavo soltanto chiedendo dove fosse il Comandante. È assente da ormai diversi giorni.»
Lute si irrigidì. Non era la prima volta che Adam saltava gli allenamenti, ma difficilmente per tanti giorni consecutivi. Non che vi partecipasse attivamente: solitamente, si sedeva all’ombra con un piatto di costine arrosto, bibite a non finire e l’immancabile chitarra. Si metteva a strimpellare in solitudine, ripassando vecchi brani o componendone di nuovi. Ogni tanto, appuntava qualcosa su dei fogli svolazzanti.
Naturalmente, nessuno aveva dato comunicazione al reggimento della mancanza prolungata del loro capitano. Anche perché si trattava di informazioni riservate; il dubbio era lecito, ma il luogotenente non riuscì a trattenere un’occhiataccia:
«La cosa non ti riguarda.»
«Chiedo scusa. Ero soltanto preoccupata.»
«Preoccupata per..?»
«Per Adam, signora. La sua assenza è davvero insolita. Ci domandavamo se fosse… tutto a posto, ecco.»
«Tu e chi altri?»
«Beh, credo di parlare a nome della collettività.» Bra spiò le consorelle, che annuirono vigorosamente.
Lute la squadrò in silenzio, qualche attimo: teneva la destra posata alla cintura, mentre sotto il braccio sinistro stringeva il casco. Le corna nere ricordavano quelle di un ariete, arricciate su loro stesse. I capelli erano raccolti in una crocchia ordinata. Non era particolarmente robusta, anzi… era forse la più bassa ed esile dell’intero squadrone, ma la sua agilità era impareggiabile. L’aveva vista maneggiare con facilità diverse armi, anche se dava il suo massimo con i pugnali.
«Bene…» Lute si umettò le labbra «Se questa è la vostra perplessità, sappiate solo che è impegnato in una missione per conto dell’Alto Serafino. Fino al suo ritorno, sono io il comandante in carica.»
Osservò la reazione: tra le file si levò un brusio concitato. Chiaramente erano curiose: le soldatesse si scambiavano occhiate incerte, bassi sussurri, gesti appena accennati. L’unica che non sembrava particolarmente sconvolta era proprio Bra, che si era limitata ad annuire in silenzio.
Lo sapeva già? Si chiese Lute No. È solo estremamente inquadrata: non ha mai lasciato trasparire emozioni, prima d’ora. Perché avrebbe dovuto farlo proprio adesso? È una delle più valide: disciplinata, calcolatrice, assolutamente implacabile. È una reazione congrua al suo carattere, per come lo conosciamo.
Lo sguardo scivolò verso la colonna successiva: Sock e Underwear stavano confabulando a bassa voce. Nella fila posteriore, Pearl si mordicchiava nervosamente il labbro inferiore, mentre Gold si stropicciava le mani. Sugar e Milkshake si stavano tirando vicendevolmente delle gomitate nei fianchi.
Scosse il capo. Non ne avrebbe cavato un ragno dal buco, in quel modo. Doveva spostare l’indagine su un altro piano: perlustrare gli ambienti comuni della caserma, tanto per cominciare. Passare in rassegna le rastrelliere delle armi, controllare i magazzini e, se necessario, arrivare a perquisire le stanze delle consorelle una ad una. Sarebbe venuta a capo di quel mistero a tutti i costi.
Pomeriggio, si sussurrò, le ragazze saranno di riposo e avrò tutto il tempo per condurre le mie indagini.
«Molto bene, signore!» esclamò, riprendendo a camminare «Vi aspettano dieci giri di corsa. Rompete le righe e datevi da fare!»
***
Adam sbatté il pugno sul tavolo, facendo tremolare i bicchieri che vi erano posati. Aveva chiesto a Charlie un incontro privato. Si era accertato che Emily si distraesse con Angel Dust e Sir Pentious, impegnandoli in esercizi di redenzione.
Vaggie aveva insistito per unirsi al meeting e così Lucifer e Alastor, purtroppo.
Non aveva alcuna voglia di avere a che fare con quei due, specie perché sembravano più interessati a contendersi la paternità di Charlie che ad accogliere le sue rimostranze.
Si erano accomodati attorno al tavolo in cucina.
«Mi state ascoltando, almeno?!» ringhiò, interrompendo l’ennesima scaramuccia tra il Demone Radio e il sovrano dell’inferno «Voglio delle risposte. Un mezzo ratto ha aggredito Emily mentre ci recavamo all’ambasciata. E, pensate un po’…» schiuse la mancina, mostrando il palmo. Il taglio aveva smesso di sanguinare, ma rimaneva comunque tinto di un alone dorato «Possedeva un’arma angelica di nuova produzione. Di un lotto che abbiamo coniato soltanto di recente, quindi è escluso che possa averla smarrita una delle mie ragazze durante l’ultimo Sterminio.» fletté le dita un paio di volte, sussultando al sentire un dolore acuto irradiare. Sbuffò, voltando l’attenzione a Lucifer. Per quanto non gli piacesse quell’idea, si costrinse ad ingoiare l’orgoglio: era da stupidi non approfittare del suo potere, e la ferita bruciava davvero troppo «Puoi guarirla?» chiese.
Vide Lucifer ciondolare il capo.
«No, spiacente. Se è stata inflitta con acciaio benedetto, non c’è nulla che possa fare. Dopo tutto, le vostre armi sono pensate per essere… come dire… definitive. Nemmeno le mie capacità possono contrastarle. In Paradiso, come vi curate?»
«Che intendi?»
«Beh, sarà capitata una ferita durante un allenamento.»
«Non usiamo quasi mai le armi vere. Le rare volte in cui è successo, non sono state riportate lesioni, da che ho memoria.» sussurrò, sfregandosi leggermente il mento «Mh, forse è accaduto un paio di volte, ora che ci penso. Abbiamo semplicemente lasciato che guarisse da solo.»
«Temo tu non abbia altra scelta, allora.» Lucifer si alzò e scivolò verso la soglia della cucina «Vado a prendere la cassetta di primo soccorso.»
Adam sbuffò e crollò nuovamente sulla seggiola.
«Torniamo a noi» ringhiò, spostando le iridi sulla principessa e sulla sua compagna «Perché avete accesso alle armi angeliche? Chi ve le fornisce?»
«Non è così semplice, ecco…» replicò timidamente Charlie.
«A me sembra semplicissimo. Chi è il contrabbandiere?»
«Non lo sappiamo.»
«Non prendermi per il culo!» Adam scattò nuovamente in piedi, sporgendosi sul tavolo «Sei o no la fottuta principessa di questo posto di merda? È impensabile che tu non sappia chi smercia armi sottobanco!»
«Te lo giuro!» la vide agitare nervosamente le mani nell’aria «Io… Noi…»
«Lasciala in pace, Adam!» Vaggie si parò davanti alla fidanzata.
«Vaffanculo, Vagina! Non sto parlando con te.»
«A quanto pare ora sì.»
«Oh, benissimo. Allora sputa il nome!» Scorse Charlie aggrapparsi al braccio della compagna e scuotere il capo, silenziosamente. Si lasciò sfuggire una risata amara «Sei una pessima bugiarda, Morningstronz. Vediamo se posso aiutarti a prendere una decisione: voglio sapere chi contrabbanda le armi, adesso! Altrimenti, torno all’Ambasciata e spiffero tutto a Sera. Credi che ne sarà felice? Che lascerà ancora Emily qui, sapendo il rischio che ha corso?»
«Non… non glielo hai detto?»
«No. Non eri tu che desideravi che Emily avesse una possibilità? Beh, la sto supportando, come vedi. Ma non abusare della mia pazienza. Non è infinita.» concluse, con un sorrisetto irritante. Non c’era alcun bisogno che i peccatori sapessero la verità: che aveva nascosto quei dettagli perché in Paradiso c’era un traditore, e non certo per salvaguardare quella stupida missione sulla redenzione. No, anticipare il rientro avrebbe soltanto compromesso le indagini di Lute e le proprie. Avevano entrambi bisogno di tempo: meno Sera sapeva, meglio era al momento «Il nome.» ripeté, deciso.
«Forse posso esserti d’aiuto.» il Demone Radio si intromise, rivolgendogli il solito ghigno forzato «Se fai un accordo con me, magari.»
«Un..? Oh, no, cerbiattino del mio cuore.» lo canzonò, scrollando le spalle «Apprezzo l’interesse, ma posso cavarmela da solo.» tornò a squadrare le due ragazze, ancora strette l’una all’altra «Ti faccio un piccolo riassunto di cosa accadrà se non mi accontenti: rivelerò a Sera l’accaduto. La missione di Emily verrà revocata e saremo richiamati in Paradiso. Gli Stermini riprenderanno, ma sai… forse, anziché un intervallo di sei mesi, potrei ridurlo a tre… o a due. Sono certo me lo concederanno, visto la minaccia che l’Inferno rappresenta, ora più che mai.» tacque, affinché le informazioni sedimentassero nella mente degli ascoltatori «è questo che vuoi? Ti sto solo chiedendo un nome.»
«Mio padre non permetterà una cosa del genere!» biascicò Charlie, strappandogli un’altra risata sarcastica.
«Possiamo domandarglielo, non appena sarà di ritorno, ma… credimi, non c’è nulla che possa fare per evitarlo. Che vi piaccia o no, scoprirò comunque il contrabbandiere. Ovviamente, senza il vostro aiuto ci metterò molto di più, ma… poco male. Mi consolerò sterminandovi quattro volte all’anno. Allettante, vero?»
«Credevo fossi migliore di così…»
«E invece hai preso un granchio. Cazzi tuoi!» spinse indietro la sedia e si avviò verso l’uscita della cucina «Vado a parlare con Emily. Le dirò di fare i bagagli, perché partiremo al più presto.» sentenziò, appoggiando la destra allo stipite della porta.
Tre, due, uno… contò mentalmente, concedendosi un sorriso soddisfatto al sentire un:
«Aspetta!»
Si voltò di scatto, sostituendo l’espressione vittoriosa con una neutra e concentrata:
«Si?»
«Puoi… concedermi un paio di giorni? Cercherò di organizzare un incontro con…»
«Charlie!» Vaggie afferrò le mani della compagna, scuotendo il capo incredula «Non possiamo. Non accetterà mai di incontrarlo. E se anche fosse, potrebbe accadere di tutto.» l’indice si puntò verso il Primo Uomo «Non è affidabile. E lei… sai come è fatta! Basta poco perché si indispettisca. Potrebbe rivelarsi una mossa disastrosa.»
«Non abbiamo scelta, Vaggie.»
«Rifletti, ti prego!»
«La missione di Emily è la nostra unica possibilità per dimostrare al Paradiso che si sbaglia! Se perdiamo anche questa chance, allora non ci rimarrà nulla.»
Adam si schiarì la voce con un finto colpo di tosse:
«Non intrometterti, Vagasaurus!»
«Vaffanculo.»
La ignorò, volgendosi nuovamente alla principessa:
«Allora, Morningstronz?» incalzò.
«Dammi quarantotto ore.»
«Bene! Raggiungo tuo padre in infermeria. Ci sta mettendo un’eternità. Forse si è perso.» concluse, spiegando le ali e fluttuando oltre la soglia della cucina.
Charlie crollò nuovamente sulla sedia, prendendosi la testa tra le mani:
«Perché deve essere tutto così complicato?!» sbottò, sconfortata.
Vaggie le massaggiò le spalle, confortandola silenziosamente.
Alastor, invece, si limitò a regalarle uno dei suoi sorrisi più curiosi:
«Un incontro con Carmilla? Che prospettiva interessante!»
Chapter 11: Aspettando Godot
Notes:
(See the end of the chapter for notes.)
Chapter Text
Lute scivolò lungo il corridoio della zona notte. Le Sterminatrici si erano allontanate quasi tutte, abbandonando la caserma per dedicarsi a un pomeriggio di shopping sfrenato, a passeggiate lungo le colline del Paradiso in compagnia di un buon gelato, o all’ultimo film appena uscito nelle sale. “Colazione da Massary” prometteva d’essere un capolavoro del cinema romantico: i maggiori esperti lo avevano definito sublime, incalzante e innovativo. Nonostante non fosse un’appassionata del genere, forse gli avrebbe dato una chance. Dopo tutto, le recensioni erano ottime, e in omaggio col biglietto regalavano anche un grazioso porta-popcorn. Magari lo avrebbe proposto ad Adam, al ritorno dalla missione. A conti fatti, nemmeno lui era tipo da film romantici, ma sicuramente avrebbe apprezzato il gadget in omaggio.
Tese l’orecchio, assicurandosi di essere sola: dalle camerate non proveniva alcun rumore, quindi si convinse ad entrare nella prima. Schiuse l’uscio, gettando uno sguardo rapido all’ambiente: sei letti a castello erano disposti lungo le pareti. Una finestra si affacciava sul cortile interno, mentre accanto all’ingresso vi erano una coppia di armadi e le rastrelliere delle armi. Decise di iniziare da queste l’ispezione.
Dunque, in questa stanza dormono: Milkshake, Sugar, Honey, Muffin, Waffle e Pie. Si sussurrò, contando tre lance, due martelli da guerra e una mazza chiodata. Le armi sembravano in ordine: ben affilate, linde e senza danni visibili.
Aprì i guardaroba: a delle grucce in metallo erano appese le divise, stirate e pulite. Tre, sei, nove… ci sono tutte.
Si mosse verso i letti, sollevando le lenzuola e i cuscini; ispezionò i materassi, ma senza trovare nulla di rilevante. Soltanto sul comodino di Honey, incontrò un biglietto che recitava:
“Ci vediamo alle quindici davanti all’erboristeria. Non tardare. – H <3”
Non rilevante, si disse, abbandonando il foglietto.
Scoperchiò i bauli personali, ma anche qui nulla di interessante: oltre agli abiti civili, vi erano libri, trucchi, blocchi per gli appunti, attrezzi ginnici. Sugar nascondeva lingerie piuttosto accattivante. Pie celava la gabbietta di un criceto sotto al letto, e Muffin un vecchio ricettario con alcuni appunti scritti a matita.
Lute sbuffò, scoraggiata: non vi era nulla di realmente compromettente, ma solo oggetti d’uso comune.
Abbandonò la camerata e passò alla successiva.
Qui dormono Crystal, Gold, Diamond, Pearl, Silver e Bronze.
Anche qui, nulla di anomalo: divise e armi erano in ordine e i bauli celavano ancora meno segreti dei precedenti. Scoprì che Crystal era una grande fan dell’Arcangelo Raffaele e aveva persino un poster autografato; Bronze possedeva una scorta infinita di caramelle gommose e Silver amava suonare il flauto dolce.
Niente. Ringhiò, scivolando verso il terzo uscio. Questa è la camera di Underwear, Sock, Bra, Top, Bikini e Pareo. Spero di incappare in qualcosa di interessante…
Rimase delusa: armi e divise, al solito, erano in perfetto stato.
Sock collezionava francobolli, e Top peluche di panda.
Sul comodino di Bra giaceva una papera di gomma, decorata sulla codina con un grazioso fiocchetto.
Bikini nascondeva, sotto al cuscino, un’agenda dalla copertina azzurra.
Lute lo afferrò, sfogliandolo immediatamente:
Caro Diario,
Oggi è il mio primo giorno da Esorcista. Sono così emozionata! Ho superato i test con un buon punteggio e, finalmente, sono pronta a lasciare l’accademia per unirmi all’Esercito. Il Comandante è un vero figo, uno che sa il fatto suo. Mi ha dato un nome stupendo: Bikini! È ispirato ad un atollo nell’Oceano Pacifico, sulla Terra.
Sono certa di piacergli: alle altre ha dato nomi… orrendi, stupidi, maschilisti… strambi: Sock, Underwear, Top… chissà a che diamine stava pensando, quando le ha viste. Invece, beh… quando mi ha notata, mi ha immediatamente battezzato Bikini.
Lo adoro.
Passò alla pagina successiva.
Caro Diario,
Il Comandante mi ha fatto i complimenti per l’allenamento svolto.
Mi è passato accanto durante la sessione di squat. Ha detto che ho “un culo da paura”. Non sono certa di ciò che intendesse, ma probabilmente riguarda gli Stermini. Tra pochi giorni andremo all’inferno e per me sarà la prima Epurazione.
Non vedo l’ora! Gli dimostrerò quanto sono figa e tosta.
Lute proseguì col trafiletto successivo
Caro Diario,
Oggi siamo scese all’Inferno. Ho ucciso trentasei peccatori.
Una buona media, considerato che era il mio battesimo.
Il Comandante si è congratulato con me e mi ha offerto una birra <3 <3
Le pagine seguenti erano tutte piuttosto simili: il nome di Adam era spesso circondato da vistosi cuori rossastri o evidenziato con colori fluorescenti. Qui e là vi erano anche dei piccoli adesivi glitterati. Scorse pigramente l’agenda, fermandosi soltanto quando vide comparire il proprio nome, accompagnato da un teschio e un paio di fulmini.
Caro Diario,
Lute è insopportabile! Ma chi si crede di essere? Solo perché nell’ultima Epurazione ha ucciso più di duecento dannati, non significa che possa atteggiarsi come se fosse la migliore di tutte. Lo ammetto, è brava, ma per essere luogotenente occorrono altre qualità! Non credo che possa essere la persona giusta per Adam [il nome era sottolineato in rosa]: al suo fianco, dovrebbe esserci una donna dolce e sensibile, che faccia risaltare le sue qualità. Una giovane dal nome musicale come… mh… un’isola nell’oceano, che ricordi la purezza dell’acqua e l’imprevedibilità delle onde. Non una che si chiama come un mandolino medioevale, dai!
Foglio seguente.
Caro Diario,
La odio! Lute crede d’essere migliore di tutte noi soltanto perché Adam [cuoricini sparsi] le ha concesso l’onore di diventare il suo braccio destro. Quella stronza si è già fatta qualche assurdo film mentale: probabilmente pensa che il Comandante le chiederà di sposarla. Ah-ah-ah, che ingenua!
Adam non la ama. Non la amerà mai. L’ha scelta solo perché ha il più alto numero di uccisioni all’attivo, ma… oltre a questo?
Lute, sei solo un numero! Scendi dal tuo piedistallo e apri gli occhi, cretina.
Fu tentata di lanciare il diario fuori dalla finestra, ma si obbligò a continuare.
Caro Diario,
Lo odio! Adam è un coglione [faccina triste, un cranio stilizzato e una spada che chiaramente trafiggeva il corpo del Primo Uomo].
Ha discusso con Lute (quella stronza, come osa ferirlo?!) e ho pensato di offrirgli una birra e un po’ di svago, per tirarlo su di morale. Ha accettato e siamo andati al pub.
Ha passato tutto il tempo a parlare di lei, ad autocommiserarsi e a frignare come un bambino dell’asilo.
“Lute di qua, Lute di là…” sembrava che non esistesse nessun altro.
Gli ho suggerito di lasciarla perdere, che potrebbe essere una persona tossica e che merita di meglio. Mi ha detto che non capisco niente, mi ha dato della stronza e ha ribadito (udite, udite!) che se hanno litigato, la colpa era sua e doveva andare a chiederle scusa.
Mi ha piantato al bancone, con la consumazione da pagare.
Coglione, deficiente, pezzo di merda!
Mi ero persino messa il completino di pizzo francese.
Fanculo, non mi meriti. Vado a darla al primo che passa!
Lute non ricordava bene quell’episodio; in fondo, i litigi con Adam non erano così infrequenti, ma non erano mai definitivi: si riappacificavano sempre, e non era una rarità che il Comandante tornasse da lei con la coda tra le gambe a cercare il perdono. Naturalmente, accadeva anche l’opposto: più d’una volta, aveva dovuto ricredersi e scusarsi per il proprio comportamento, per la testardaggine o per essersi abbandonata a commenti poco appropriati.
E, nonostante il diario contenesse un mucchio di stronzate, non riusciva a smettere di leggerlo: Bikini era chiaramente innamorata del suo superiore ed era gelosa di lei, senza alcun motivo. Forse avrebbe dovuto parlarle e spiegarle che tra sé e Adam non vi era altro che un solido rapporto di amicizia. Sì, avrebbe… oppure no. La sola idea che Bikini potesse provare qualcosa per Adam la irritò: il sangue le fluì al cervello, lo stomaco si strinse in una morsa e le mani si chiusero con forza sulla copertina azzurra. Dopo quello che aveva scritto di lei, quella piccola troia non meritava di conoscere la verità! Che credesse pure – erroneamente, siamo solo buoni amici - che con Adam ci fosse del tenero! Che si crogiolasse nella sua delusione amorosa. Finché uccideva demoni e svolgeva il suo lavoro, a Lute non importavano affatto i suoi pensieri o sentimenti.
Passò alla pagina seguente.
Caro Diario
Godofredo è così… così… caliente!
Abbiamo passato una notte stupenda.
Fanculo, Adam! Sarai anche il Primo Cazzo, ma non puoi competere con Godofredo, il Torero di Toledo!
Giorno successivo.
Caro Diario
Godofredo è una merda!
L’ho lasciato.
Mi sono consolata con Anselmo, il Pizzaiolo di Palermo!
Giorno successivo.
Caro Diario,
Fanculo Anselmo!
Evviva Makoto, il samurai di Kyoto!
Giorno successivo.
Caro Diario,
Sono davanti alla gelateria, aspettando Godot.
Da lì, la sfilza degli amanti proseguiva senza sosta. Lute ripose il diario sotto al cuscino.
Niente di interessante, neppure qui sospirò, avviandosi verso la stanza successiva.
***
Lute allungò il passo nel corridoio. Aveva impiegato più di metà pomeriggio per ispezionare le camerate, ma senza successo: non aveva trovato uno straccio di indizio; si era data ripetutamente della sciocca per aver perso tempo e non aver pensato a visionare immediatamente l’armeria.
Aveva fatto una piccola deviazione verso l’ufficio di Adam, di cui possedeva le chiavi e si occupava personalmente: al superiore, interessava davvero poco delle scartoffie burocratiche. Quando riceveva una comunicazione, si limitava ad accantonarla in un angolo della scrivania con un “ci penserò”; puntualmente, se ne dimenticava e finiva a ristagnare per mesi o finché Sera non iniziava ad inviare fastidiosi promemoria quotidiani. Per evitare seccature ulteriori, Lute si incaricava di stendere i rapporti, supervisionare i documenti e rispondere alle missive più urgenti. Ormai, lo considerava come parte del proprio lavoro.
Aveva, dunque, recuperato il faldone con l’elenco con i lotti degli ultimi armamenti ricevuti.
Raggiunta l’armeria, girò la chiave nella toppa e spinse il battente.
La stanza era completamente priva di arredamento, fatto salvo per le rastrelliere, dove le armi erano divise in base alla loro tipologia. Sul fondo, una seconda porta conduceva al magazzino.
Aprì la cartelletta e piegò a sinistra: la prima sezione era quella dedicata alle armi da lancio. Non erano particolarmente in uso tra gli Esorcisti, che indubbiamente preferivano il corpo a corpo… ma sicuramente avevano la loro utilità. Osservò gli archi e le balestre appesi: i numeri di serie combaciavano con quelli scritti sulla prima pagina.
A12345, A12346, A12347 prese ad elencare, controllando che tutti fossero forniti di faretre e dardi. A12348, A12349, A12354.
Si arrestò immediatamente, osservando il foglio: gli archi A12350 e A12351 risultavano assegnati a Margherita e Capricciosa, ma A12352 e A12353 avrebbero dovuto essere lì. Invece, non erano presenti.
Evidenziò i numeri di serie con un pennarello azzurro e si affrettò a proseguire nell’ispezione.
Nella sezione Balestre mancavano ben tre esemplari.
Passò alla fina successiva: erano assenti quattro mazze chiodate e cinque martelli da guerra; lo appuntò.
Asce, spade, lance e pugnali erano più difficili da controllare: essendo tra le armi più maneggevoli, erano anche le preferite degli Esorcisti. Molte ragazze le avevano scelte e, di conseguenza, le sequenze dei numeri di produzione si interrompevano con maggiore facilità. Non ne mancavano, comunque, così tanti: una trentina, in totale. Chiunque fosse il traditore, evidentemente non era riuscito a sviluppare un grosso giro d’affari. Sarebbe stato semplice arginarlo.
Si allontanò dalla sala principale, dirigendosi verso il magazzino.
All’interno, erano stipate numerose e voluminose casse, impilate le une sulle altre e contenenti sia i lotti passati, sia quelli appena forgiati; questi avevano inciso sulla lama il simbolo degli Sterminatori, un vezzo che Adam aveva fatto applicare a seguito dell’ultimo Sterminio. Combaciavano, dunque, con il pugnale che il Comandante le aveva mostrato.
Recuperò il foglio dal faldone e iniziò la propria indagine.
I numeri di serie, fortunatamente, erano tutti stampati sul fronte delle casse, in un vistoso inchiostro rosso. Asce: mancano ben tre casse, da cinquanta pezzi ciascuna! Si disse, sbalordita Una di archi, due di balestre. Sei di pugnali, sei di lance, cinque di spade…
L’elenco appariva ormai quasi interamente sottolineato in azzurro: i lotti scomparsi erano più di una trentina. Mancavano all’appello quasi duemila armi, tra vecchie e nuove.
Si passò una mano tra i capelli: come era possibile che non si fossero accorti di tale ammanco? In quanto tempo, il ladro aveva sottratto loro le armi? Tra quelle rubate e quelle che costantemente si smarrivano o venivano abbandonate durante gli Stermini, quante erano ora nelle mani dei peccatori?
Normalmente, lo avrebbe reputato un grosso problema: se i dannati utilizzavano l’acciaio angelico per uccidersi a vicenda durante risse da bar, rapine e inseguimenti… in realtà, le alleggerivano soltanto il lavoro. Ben diverso, però, era stato scoprire gli angeli vulnerabili alle loro stesse armi. Durante l’ultimo Sterminio, un peccatore era riuscito ad uccidere una di loro; la notizia si era diffusa, arrivando anche alle orecchie di quella sporca traditrice di Vaggie. In quanti ne erano a conoscenza?
Si pizzicò l’attaccatura del naso, cercando di scacciare il ricordo del recente colloquio: la ferita sul palmo di Adam, il sangue dorato che colava sul tavolo, il pugnale strappato dalle mani di un peccatore qualunque.
Merda, ringhiò a denti stretti, come è potuto succedere? Siamo davvero così sprovveduti? Non possiamo tenere segreto un deficit simile; Sera… scosse il capo. Adam le aveva chiesto di non coinvolgere l’Alto Serafino, ma trovava difficile credere che fosse implicata in tutto questo Non avrebbe mandato Emily all’Inferno, se ne fosse stata a conoscenza. Può essere subdola, calcolatrice, irremovibile nelle proprie convinzioni, ma… a Emily tiene sinceramente. Non l’avrebbe mai messa a rischio.
Non vedeva altra soluzione: doveva assolutamente riferire al Comandante le sue scoperte e decidere le contromisure da prendere.
Si voltò, pronta ad abbandonare il magazzino, quando un gemito sottile ruppe il silenzio.
Lute si bloccò immediatamente e tornò sui propri passi:
«Chi c’è?» esclamò ad alta voce, avanzando tra le casse. La destra scese a cercare l’impugnatura della spada, ma senza successo. Difficilmente girava armata: perché avrebbe dovuto, dopo tutto? Era il fottuto Paradiso, quello! «Chiunque tu sia, fatti avanti!»
Sentì una risatina nervosa e una coppia di passi che si spostava furtivamente verso il fondo della stanza.
«Non ho voglia di giocare a nascondino. Non complicarmi la vita.» sibilò, ma lo scalpiccio continuò imperterrito.
Bene, l’hai voluto tu. Spiegò le ali e balzò in cima alle casse. Colse un movimento alla propria destra e si tuffò in picchiata. Colpì con un calcio una persona minuta, che stava cercando di scavalcare una finestra aperta.
«Ah, perdindirindina!» pianse la figura, rannicchiandosi su sé stessa.
Lute si bloccò immediatamente: conosceva quella voce. Abbassò lo sguardo, sconvolta: ai suoi piedi giaceva un San Pietro… beh, decisamente poco santo. I capelli biondi erano arruffati e gli occhi chiari tradivano una sincera paura. Non indossava altro che un paio di boxer a cuoricini e dei calzini di spugna. Tra le braccia stringeva la propria tunica, arrotolata frettolosamente.
«Ma… che cazzo?!» esclamò, mentre una seconda figura irrompeva nel suo campo visivo.
Riconobbe immediatamente le ali bianche e nere, il casco da Esorcista con le corna da ariete, la bassa statura e il fisico asciutto. Oltre all’elmo, la donna indossava soltanto un completo intimo in pizzo nero.
«Bra!» Lute non riusciva a credere ai propri occhi: San Pietro e Bra stavano…
Dall’imbarazzo di entrambi, l’atteggiamento e la chiara assenza di vestiti, non era difficile intuire il motivo della loro visita al magazzino.
Scopa con il casco in testa? Capisco che San Pietro nudo non sia il massimo da vedere, ma… ironizzò, incrociando le braccia al petto Beh, almeno non stanno contrabbandando armi.
«Esigo una spiegazione!» ringhiò, mentre l’uomo si faceva avanti, schermando la compagna con il proprio corpo.
«No, ti prego… è stata una mia idea, io…»
«Non sto parlando con te.» Lute lo ignorò, rivolgendosi nuovamente alla Sterminatrice «Allora?»
«Mi… mi dispiace.»
«Come siete entrati?»
Bra sollevò la destra, indicandole la vicina finestra, a circa un metro e mezzo da terra.
Lute si avvicinò, notando senza difficoltà segni di scasso sull’imposta:
«L’avete forzata?»
«Non ora, no… è un danno vecchio, quello.»
«Vecchio… di quanto?»
Vide la donna chinare il capo e replicare in modo vago:
«Un po’…»
«Da quanto tempo vi frequentate, Bra?»
«Io… Mi dispiace così tanto!» l’angelo cadde in ginocchio «Lui non c’entra nulla, è stata una mia idea venire qui! Cercavamo un luogo tranquillo dove poter stare, io… non volevo si sapesse, le altre mi avrebbero preso in giro, se avessero scoperto di…»
«Le tue patetiche scuse non mi interessano. Da quanto tempo, Bra?»
«Trenta mesi…»
«Che… cazzo siete, in stagionatura come i formaggi?!» Lute allargò le braccia, accennando nuovamente alla finestra «L’hai scassinata tu?»
«Sì. Veniamo spesso qui, ecco…è un posto riservato, dove non passa mai nessuno. Ci permette di stare insieme, ecco…»
«L’ho capito, ma è un magazzino, non una casa di piacere!» sbottò, assottigliando lo sguardo «Non credere che non ci saranno conseguenze per questo.»
Bra nascose il viso tra le mani, mal celando i singhiozzi:
«Mi dispiace, mi dispiace!» ripeté, mentre San Pietro la copriva con un lembo della sua tunica «L’ho fatto solo perché...»
«Deciderò più tardi il tuo castigo. Non posso soprassedere su un atteggiamento così irresponsabile. Adam ne verrà informato e…» spostò l’attenzione sull’ometto biondo, che ancora cercava di proteggere la compagna «…Anche Sera. Questo è tutto. Ora sparite.»
Bra si arrampicò in fretta oltre il bordo della finestra e aiutò San Pietro a fare altrettanto.
Attraversarono rapidamente il cortile, mano nella mano e ancora in mutande.
***
Lute recuperò una fetta di torta agli agrumi e l’adagiò sul vassoietto, cercando un posto isolato dove accomodarsi. Non aveva alcuna voglia di condividere le riflessioni con le altre Sterminatrici. Desiderava cenare in solitudine e immergersi nei propri pensieri.
Il refettorio della caserma non era altro che una sala quadrata, ospitante tavoli sparsi qui e là e un bancone in legno dove la gentile anima salvata di Carmela, la Panettiera di Matera, serviva sempre porzioni abbondanti.
Si accaparrò un tavolino malmesso in un angolo, accomodandosi sullo sgabello scricchiolante. Accavallò le gambe e rilassò le ali, condendo la minestra con un abbondante cucchiaio d’olio.
Roteò il cucchiaio nella zuppa, attendendo si raffreddasse.
Spiò sottecchi la mensa: Bra sedeva tra le compagne, il capo chino e le guance ancora paonazze. Bikini le stava versando l’acqua, colmando il bicchiere fino all’orlo.
Mi ero quasi dimenticata di quella puttanella, si disse Lute. Gli eventi recenti avevano distolto la sua attenzione dal diario incriminato. E così mi detesti, mh? Pensi che sia una stronza arrivista? Bene… domani, Miss Atollo del Pacifico, ti farò pulire tutte le latrine. Con la lingua.
Notes:
Ciao!
A voi che avete lasciato un commento, un kudos o semplicemente letto fin qui...
... Grazie *_*
Davvero, un grazie gigantesco!
Spero la storia sia di vostro gradimento, e che vi abbia strappato almeno un sorriso qui e là :)
Chapter 12: Carmilla
Chapter Text
Contro ogni previsione, Carmilla aveva accettato, fissando l’incontro il pomeriggio successivo.
Avevano raggiunto la sua dimora con largo anticipo – più di mezz’ora – ma Charlie aveva insistito perché venisse annunciata immediatamente. Il maggiordomo – un piccolo demone con la faccia da armadillo – era sgusciato via, lasciando il gruppo sulla soglia. Dopo qualche minuto, il servitore tornò e li sospinse attraverso un ampio salone con una doppia scalinata, che saliva al piano superiore.
Li condusse verso una porta scorrevole, che si aprì automaticamente. La sala riunioni era quasi completamente spoglia, fatto salvo per un lungo tavolo in vetro accompagnato da altrettante sedute. Un quadro e qualche pianta in vaso completavano l’arredamento minimale.
«Prego, accomodatevi. Lady Carmilla sarà da voi tra poco.» promise, prima di allontanarsi.
Adam sciolse il nodo sotto al mento, liberandosi del mantello e sistemandolo sulla spalliera della propria seggiola. Ravvivò le ciocche castane, rammaricandosi di non aver potuto indossare la maschera: il cappuccio non era sufficientemente largo da coprirla adeguatamente.
«Che coglioni.» sentenziò, lasciandosi cadere sulla sedia.
«Non cominciamo, per favore!» lo rimbeccò Charlie, prendendo posto accanto a lui «Carmilla è una Overlord, una delle signore più potenti di tutto l’Inferno. Sii educato e non indispettirla, se vuoi davvero ottenere qualche informazione da lei. È già miracoloso che ci abbia ricevuto con così poco preavviso.»
«Perché? Non sei forse la principessa di questo cesso a cielo aperto? Dovrebbe sentirsi onorata della tua visita.»
«Beh, non…»
Mimò un cenno scocciato, interrompendola:
«Era necessario portare anche Vagina e Jukebox?»
«Sì. Vaggie ha avuto… un recente contatto con lei e penso potrà esserci d’aiuto. Alastor è a sua volta un Overlord, rispettato e temuto.»
«Tutte cose che tu non sei, Morningstronz» sogghignò, rivolgendo un’occhiata divertita al Demone Radio «Certo che per avere paura di te, bisogna davvero essere delle mezze seghe.»
Il sorriso di Alastor non si scompose:
«Possiamo riprendere la nostra discussione, se desideri… dal punto in cui, per tua fortuna, è stata interrotta.»
«Pff… Mi risulta che fossi tu in netto svantaggio, Cerbiattino.» Adam scrollò le spalle e si pesò all’indietro, spingendo la sedia sulle gambe posteriori. Iniziò un lento dondolio.
«Oh, per favore! Siediti…» Charlie si intromise nuovamente, ma il sibilo delle porte scorrevoli la interruppe.
Un’alta figura attraversò la soglia, in punta di piedi. Le scarpe da ballerina la slanciavano, perfettamente abbinate al completo nero e bianco che indossava. La donna teneva le braccia robuste accomodate dietro la schiena ed i capelli erano raccolti in un’acconciatura elaborata. Gli occhi rossi saettarono sui presenti, mentre le labbra carnose snocciolavano un «Composto!» piuttosto imperativo.
Il Primo Uomo lasciò ricadere la seggiola, con un tonfo. Appoggiò i gomiti al tavolo e intrecciò le dita tra loro.
«Carmilla, immagino.» bofonchiò, mentre Charlie gli allungava una gomitata.
«In persona» fu la risposta della Overlord «E tu non hai bisogno di presentazioni. La principessa mi ha spiegato ogni cosa. Non ti nascondo che la tua presenza qui non è affatto gradita, ma cercherò di comportarmi da buona padrona di casa.» la donna si distrasse un attimo soltanto, mimando un saluto verso Alastor e Vaggie, prima di tornare su di lui «Non ho molto tempo da dedicarvi, quindi… veniamo al dunque. Charlie mi ha raccontato della vostra missione quaggiù: dell’indagine disposta dal Paradiso nei confronti dell’Hotel, per cercare di capire se la redenzione sia o meno possibile. Non vedo come questo possa interessarmi, tuttavia. Non sono legata in alcun modo alle attività dell’Hazbin.»
«Infatti, non è per questo che sono qui. Morningstronz non te l’ha accennato? Riguarda un traffico di armi angeliche, di cui evidentemente devi sapere qualcosa.»
Un cenno d’assenso lo rassicurò: evidentemente Charlie aveva riferito il perché di quell’incontro tanto urgente, ma Carmilla sembrava decisa a prenderla alla larga. Forse sperava di distogliere l’attenzione e lasciare cadere la questione…
«Non intendo discutere con te dei miei affari.»
Adam arruffò un sorrisetto pungente.
«Invece lo farai. Durante l’ultimo sterminio, una delle mie ragazze è stata uccisa. Come? Lo ignoravo fino a pochi giorni fa, quando un fottuto ratto ha minacciato la mia collega con un pugnale benedetto» sollevò il palmo sinistro, coperto da una spessa fasciatura «Poi, all’improvviso, è diventato tutto molto chiaro. Tranne che per un punto: le armi angeliche… chi le fornisce? Chi le distribuisce?» ringhiò a denti stretti.
«Raccogliamo solo quelle che i tuoi soldati abbandonano.»
«Puttanate! Il pugnale apparteneva ad un lotto nuovo, coniato dopo l’ultimo Sterminio. Quindi… sei pregata di condividere ciò che sai in proposito.»
«Non ho nulla da dire.»
Schiaffò un pugno sul tavolo.
«Vaffanculo!» esclamò, scattando in piedi «Ne verrò a capo comunque, stronza. È ovvio che sei in questa merda fino al collo. Quindi, poiché mi sento clemente, ti concedo un’ultima possibilità. Voglio sapere tutto, cazzo! Oppure…»
«Oppure cosa…?» Carmilla lo stava sfidando: si era alzata anche lei, incrociando al petto le grosse mani pelose e assottigliando lo sguardo «Pensi di dettare legge a casa mia?!»
«Adam, per favore…» la supplica di Charlie passò inascoltata.
Condensò sulla punta dell’indice una scintilla di luce e la direzionò verso il muro alla propria destra. Il raggio tagliò i mattoni come fossero burro, incenerì una pianta d’appartamento e si schiantò contro la parete della sala opposta, frantumando un vecchio pendolo.
«Adam!» Charlie si era slanciata verso di lui, ma l’aveva evitata facilmente. La principessa era inciampata nelle grinze del tappeto ed era ruzzolata a terra. Vaggie aveva immediatamente estratto la lancia, mentre le corna del Demone Radio si stavano progressivamente ingrossando. Carmilla era visibilmente furibonda.
«Fuori!» la sentì sbottare.
«Nemmeno per sogno. Prima risolviamo la faccenda. Te lo chiedo di nuovo: parlami del traffico di armi.»
«Vattene.»
«Va bene, allora farò a pezzi questo posto» un’altra lama luminosa fendette l’aria e il vetro di una finestra «Finché non ti deciderai.»
Carmilla lo ignorò, rivolgendosi a Charlie:
«Lo voglio fuori di qui in meno di un minuto, principessa.»
«Sessanta.» una fioriera saltò in aria «Cinquantanove, cinquantotto…» un quadro esplose in mille pezzi, seguito da una sedia vuota «Cinquantasette…» Adam sorrise quando scorse Alastor iniziare a ingigantirsi, sfoderando nuovamente la sua forma più brutale «Ne vuoi anche tu? Ti accontento, sai?»
«Stai esagerando…» sibilò l’Overlord, poco prima che Vaggie saltasse sul tavolo e si frapponesse tra loro.
«Basta, smettetela!»
All’improvviso, si udì nuovamente il fruscio della porta e due ragazze comparvero sull’uscio. Non assomigliavano a Carmilla e neppure erano simili tra loro; soltanto gli occhi rossi erano comuni; la ragazza sulla destra indossava un impermeabile bianco, ben intonato alla carnagione pallida e ai capelli biondi; l’altro, invece, vestiva un top nero e dei pantaloni corni; l’incarnato scuro contrastava elegantemente con la chioma riccia e color cenere.
«Madre!» esclamarono all’unisono «Abbiamo sentito dei tonfi e delle urla, che accade?»
«Madre?» Adam sorrise, abbassando immediatamente il braccio e arrestando il flusso di potere «Oh, che scoperta interessante!» canticchiò, scoccando uno sguardo ai tre abitanti dell’Hotel «Un’informazione decisamente cruciale, a questo punto… peccate non l’abbiate condivisa prima.» esclamò, scostando nuovamente la propria seggiola. Si pesò all’indietro, riprendendo a dondolare. I presenti lo fissarono, allibiti: Charlie appariva incredula, Vaggie mal celava un’espressione omicida, simile a quella di Alastor. Carmilla sembrava… preoccupata. Seguì il suo sguardo fino alle figlie, ancora ferme sulla soglia «Beh, che fate lì in piedi? Accomodatevi, suvvia.. non abbiamo ancora concluso la nostra riunione.»
«Ma sei scemo o cosa?!» Charlie lo afferrò per il bavero della tunica, scuotendolo con poca grazia «Io ti organizzo un incontro e tu… ti comporti così?! Non fare finta di nulla! Ha combinato un casino… guarda come hai ridotto la stanza.»
«Eh, non è colpa mia… se Carmilla avesse collaborato sin da subito.»
«Hai sprecato la tua unica possibilità di…»
«Al contrario! Sono sicuro che ora Lady Carmilla mi ascolterà con molta attenzione.» calcò l’ironia sul titolo, rivolgendosi alla Overlord «Non è vero? Hai delle figlie davvero graziose, sai?»
«Lasciale fuori da questa storia…» il demone ringhiò, ma prese nuovamente posto al tavolo.
«Lo farò, fino… al prossimo Sterminio. Poi… posso assicurarti che loro saranno le prime; e me ne occuperò personalmente.» studiò l’espressione della donna: era furente. Gli occhi stretti, i denti che mordevano il labbro inferiore, il tremolare delle guance e le mani chiuse a pugno… se avesse potuto, gli avrebbe strappato gli occhi a unghiate. Eppure c’era altro sul suo viso: una preoccupazione e un timore che non riusciva a celare, e che si erano palesati soltanto quando le giovani erano comparse. Non si sarebbe lasciato sfuggire quell’occasione perfetta «Tutti hanno un prezzo, e credo di poter indovinare il tuo. Quindi… che ne dici di un accordo?»
«Cosa vuoi?»
«La verità. Voglio sapere chi smercia le armi quaggiù, chi è il contatto in Paradiso, come funzionano le compravendite… voglio sapere che ha ucciso la mia subordinata. In cambio, concederò a te e alle tue fanciulle… l’immunità dai futuri Stermini. Nessuno vi torcerà un capello.»
La vide annuire lentamente:
«Giuramelo.»
«Hai la mia parola.» sollevò la destra e la posò sul cuore, per enfatizzare quella promessa «Ora tocca a te…»
«Carmilla, sei sicura di…» Vaggie tentò di intromettersi, ma la donna la bloccò con un cenno imperioso.
«Va bene…» sospirò, versandosi dell’acqua da una caraffa «Sono io la maggior trafficante d’armi di Pentagram City. Ho iniziato raccogliendo le armi che i soldati lasciavano a terra dopo ogni Sterminio. Per i primi tempi, si è trattato solo di questo: puro e semplice sciacallaggio. Naturalmente, non erano pezzi sufficienti ad armare un vero e proprio esercito, ma trovavo comunque acquirenti: per lo più, altri Overlord che desideravano rafforzare le guardie private; proprietari di locali in cerca di facili mezzi di difesa; assassini professionisti, balordi interessati alle risse da bar. Pochi acquirenti, ma abbastanza danarosi. La mia nomea è cresciuta in fretta: ho ricevuto ordini con frequenza sempre maggiore. Non sempre quanto recuperavo dagli Stermini era adeguato. Fortunatamente, ho ricevuto un contatto direttamente dal Paradiso.»
Adam si sporse in avanti, incuriosito:
«Quando? Chi?»
«Circa due anni fa. Non l’ho mai visto in faccia… o vista. Non so dirti se sia un uomo o una donna. Indossa sempre un mantello nero e una maschera integrale, che gli copre il volto. La voce è metallica, distorta artificialmente. Si fa chiamare Betsaida.»
«Mai sentito.»
«Lui è il trafficante che cerchi. Mi fornisce anche lotti di nuova produzione.»
«Ti è mai capitato di incontrarlo personalmente?»
«Soltanto una volta, forse due. Generalmente, comunichiamo attraverso dei terminali video e solo se strettamente necessario. Non ho altri dettagli da fornirti, sono spiacente. Non mi sono mai interessata alla sua reale identità, dopo tutto… è solo una questione d’affari.»
Annuì, pizzicandosi il dorso del naso:
«Capisco. Ci sono altri rivenditori, oltre a te?»
«Qualcuno, ma sono pesci piccoli. Il grosso delle armi passa dalla mia attività. Non so dirti, comunque, se il pugnale che ha minacciato la tua amica sia stato acquistato da me o presso altri.»
«Che cosa mi sai dire dell’Esorcista ucciso?»
Vide Carmilla abbassare il capo e concedersi un attimo di silenzio. Soltanto lo sguardo rosso si rialzò su di lui, macchiato nuovamente di preoccupazione.
«Promettimi che quanto ti rivelerò non cambierà i termini del nostro accordo.»
«Dipende… forse potrei aggiungere qualche postilla.»
«Intendo preservare la parte che riguarda le mie figlie.»
«Quella rimarrà inalterata» confermò.
«Sono stata io. Ho ucciso io il tuo subordinato.»
***
Emily frullò le ali, accomodandosi sul divano accanto ad Angel Dust. Spinse in sua direzione un piatto con un paio di ciambelle glassate e dei cioccolatini.
«Non mi sembri molto in forma» mormorò, sporgendosi a studiare il volto del demone. Lo sguardo era sottolineato da profonde occhiaie e il ciuffo bianco era più spettinato del solito; emanava un odore di alcool e fumo, segno che probabilmente non aveva neppure avuto il tempo di farsi una doccia «Posso fare qualcosa per te?»
Lo vide scuotere la testa e stiracchiare le braccia:
«No, ho solo… avuto una lunga nottata. Valentino era piuttosto in forma…»
«Chi è Valentino?»
«Il mio capo. Un vero stronzo. Abbiamo dovuto girare venti volte la stessa scena, perché il risultato non lo soddisfaceva… In realtà, credo l’abbia fatto solo perché si diverte a tormentarmi.» il demone si accasciò contro i cuscini morbidi «Diamine, ho il culo a pezzi.»
«è molto impegnativo, il film a cui stai lavorando?»
«Abbastanza.»
«Di cosa parla?»
«Oh, beh… amh… di un giovane rampollo che viene rapito da una banda criminale. Per pagare il riscatto, decide di… mh… beh… farlo in natura. Capisci?»
«Un thriller! Che bello! Adoro i gialli.» Emily batté le mani, appoggiando il piattino sui cuscini «Sei un attore famoso, giusto? Posso avere un tuo autografo?»
«Ma certo! Sai… di solito, nessuno mi chiede mai un autografo.»
«Ah… e cosa ti domandano? Foto? Dediche?»
«No, più un… Meet and Dick .» Angel si concesse una risatina, poco prima di scorgere Husk in procinto di raggiungerli. Si stese sul divano, allungando le gambe oltre il bracciolo «Troppo tardi, mio caro. Tutti i posti sono occupati.» cinguettò «Dovrai sederti sulle mie ginocchia se…»
«Oh, Husk! Prendi pure il mio posto.» Emily si alzò prontamente con un sorriso, incurante dell’occhiata delusa di Angel «Vuoi una ciambella?»
Il barista scosse il capo:
«No, ti ringrazio… li cedo volentieri a Angel. Sembra abbia un disperato bisogno di zuccheri, quest’oggi…»
«E vuoi essere tu la mia zolletta?» l’attore allungò la destra, accarezzando il bordo delle ali di Husk, che indietreggiò prontamente.
«Sei ubriaco già a quest’ora?»
«Non farmi la paternale, ti prego. Piuttosto, hai qualcosa di forte?»
Husk si sporse per annusarlo:
«Negativo. Sei pieno fino all’orlo. Non ti serve altro alcool. Ti servirebbe un bagno, invece…»
«Uh, è una proposta? Vuoi approfittarne?» canticchiò Angel, poco prima di alzarsi dal divano e sgranchirsi gli arti «Va bene, ho capito. Vado a farmi una doccia, ma quando torno… mi versi da bere. Oh, sempre che tu… non intenda raggiungermi prima. L’invito è sempre valido.» sussurrò, ammiccando e allontanandosi dal salotto a passo svelto.
***
Adam stava ancora metabolizzando l’informazione: Carmilla era la responsabile di… tutto! Del contrabbando, ma anche dell’omicidio dell’Esorcista. In circostanze normali, le avrebbe fracassato il cranio con la propria ascia, ma… non poteva certo spingersi a tanto davanti a Charlie, Vaggie e a quell’idiota del Demone Radio. Avrebbe soltanto peggiorato la situazione, e inoltre aveva appena promesso a quella stronza e alle sue figliolette la più completa immunità. Si sarebbe rimangiato volentieri la parola data, ma… eliminare Carmilla in quel frangente non sarebbe servito; anzi, avrebbe soltanto perso un possibile punto di contatto con Betsaida. Si costrinse a sopire la rabbia: strinse i pugni, fino a far sbiancare le nocche; si morse il labbro inferiore e si obbligò a respirare a fondo.
«Perché?» ringhiò.
«Ha quasi ucciso le mie figlie.»
«Beh, stava facendo il suo dovere!» sbatté la destra sul tavolo, scattando nuovamente in piedi «Fanculo!»
«Si è trattato di semplice difesa.»
«E da quando voi peccatori avete il diritto di difendervi?» ironizzò, pizzicandosi l’attaccatura del naso e cercando recuperare la concentrazione «Come detto, aggiungerò una postilla al nostro accordo. Non cambierò nulla di quanto stipulato, anche se – credimi! – sono davvero tentato.» fissò Carmilla, sostenendone lo sguardo «D’ora in avanti, ogni attività legata al commercio illegale di armi benedette deve cessare. Non mi importa quante ne hai promesse, quante ne hai in magazzino o quelle in pronta consegna. L’attività è sospesa.»
«Ma… è l’unico mio profitto!»
«Non mi interessa. Trovati un altro lavoro. O contrabbanda tazzine di ceramica, quelle non fanno male a nessuno» ironizzò, dondolando il capo «Se Betsaida dovesse farsi vivo, contattaci immediatamente.»
«è tutto?»
Adam annuì:
«Se mi verrà in mente altro, te lo farò sapere e…» spostò l’attenzione dagli astanti al resto della stanza: i muri perforati, i vetri in frantumi, i cocci del vaso e del quadro sparsi sul pavimento… li indicò, con aria solenne «Per quello, beh… Manda pure il conto a Lucifer, paga lui.»
Chapter 13: Rendez-vous
Chapter Text
L’orologio della torre segnava le due e mezza precise. Era leggermente in anticipo, ma confidava che Lute non si sarebbe fatta attendere. Aveva convinto Emily a rimanere all’Hotel, affinché potesse supervisionare le attività di redenzione. Charlie gli aveva dato manforte, coinvolgendo la serafina nel programma del pomeriggio.
Quando Emily gli aveva chiesto dove fosse diretto, aveva agitato la destra con noncuranza: “Su di qui, giù di là” aveva abbozzato, aggiungendo un “Voglio sgranchirmi le gambe e curiosare in giro. Magari questo posto… non è poi così orribile come credo” aveva mentito.
La collega si era mostrata ovviamente entusiasta di questa sua apertura mentale nei confronti di Pentagram City. Si era bevuta quella bugia con facilità, augurandogli anzi una buona passeggiata.
Si era infilato il mantello, ben attento a celare ali e aureola e si era diretto a passo svelto verso l’Ambasciata.
Adam raggiunse il portone e schise il battente per scivolare all’interno. Il familiare odore asettico lo accolse; l’ambiente era invariato: l’ampio corridoio, le poltroncine azzurre, il bancone con il campanello. Si avvicinò e suonò. Una porta, alla propria sinistra, si aprì automaticamente e lui si affrettò a superarla.
Si ritrovò nella consueta sala riunioni. Scostò una seggiola e si accomodò, dopo aver abbassato il cappuccio.
Lute non si fece attendere; dopo pochi minuti, la sua figura comparve all’altra estremità del tavolo.
Le rivolse un sorriso:
«Ehilà, stronza!» esclamò, rifilandole un dito medio «Come te la passi?»
La donna non aveva un bell’aspetto: gli occhi erano sottolineati da occhiaie profonde, e i capelli arruffati incorniciavano un viso più stanco del solito. Le sue mani stringevano un foglio spiegazzato.
«Non ho buone notizie…»
«Probabilmente nemmeno io…» si strinse nelle spalle «Lavoro a parte, come stai?»
«Bene, insomma… un po’ sotto stress.»
«Ti manca il tuo capo?» inscenò un sogghigno orgoglioso.
«Ora non esagerare. Quando ci sono di mezzo diplomazia e burocrazia, non sei più utile di un fermacarte.» Lute ciondolò il capo e si sporse sul tavolo perché potesse osservare la pergamena su cui aveva appuntato alcune cifre «Sono i numeri delle armi scomparse dai nostri magazzini. Come vedi, si tratta di lotti sia vecchi che nuovi. Purtroppo, non ho scoperto molto altro: ho ispezionato personalmente le camerate delle ragazze, ma non ne ho cavato un ragno dal buco. Le ho osservate in questi giorni, ho studiato i loro comportamenti, e non è emerso niente di sospetto. Ho scovato soltanto il diario segreto di Bikini. Sapevi che aveva una cotta per te?»
«Davvero?»
«Diamine, sì! Non te ne eri accorto?»
Lute si concesse un sorriso al cogliere la sua espressione stupita. Solitamente, Adam era attento ai segnali che il genere femminile gli lanciava. Indubbiamente, era di bell’aspetto. Per essere il Primo Uomo, Dio aveva fatto un buon lavoro, almeno esteticamente. Caratterialmente, beh… era praticamente un prototipo: mai stato bambino, mai ricevuto un’istruzione o un’educazione di qualsivoglia genere. Era passato dall’essere il favorito di Dio, al vedersi cacciare dall’Eden in meno di ventiquattro ore… e tutto per colpa di una stupida mela. E di Lucifer. A causa di quest’ultimo, aveva perso entrambe le compagne: create perché potessero affiancarlo per la vita, gli avevano repentinamente voltato le spalle. E poi c’era stata quella brutta faccenda dei figli…
No, indubbiamente la vita terrestre di Adam non era stata idilliaca; alla fine, quando era morto, si era ritrovato trasportato in Paradiso. Perché? Non lo sapeva nemmeno lui: sospettava fosse semplicemente perché era il Primo Uomo. Tutto quello che aveva appreso, era avvenuto dopo la sua ascesa nel Regno dei Cieli: dall’imparare a leggere e scrivere, a far di conto, a combattere e maneggiare il potere angelico. Per tacere del volare: all’inizio, era così incapace aveva persino abbattuto il Sacro Pesco della Celestiale Saggezza, nel giardino di Sera. Ora ne rideva quando lo raccontava, ma all’epoca doveva aver passato un brutto quarto d’ora con l’Alto Serafino.
Nonostante tutto, nel corso dei secoli era riuscito a farsi strada in Paradiso; a ricavare una nicchia tutta per sé, dove coltivare i propri svaghi, il lavoro e… amicizie? Non poteva dire d’averlo mai visto in compagnia di qualcun altro. Certo, c’era la band, i concerti rock, le fans in delirio, le Esorciste e poi lei, Emily e Sera… ma c’era qualcuno che gli stesse veramente accanto? Non avrebbe saputo rispondere.
Eppure, era difficile che si lasciasse cogliere impreparato quando una ragazza mostrava interesse: cercava di agganciarla con qualche battuta sagace, di mostrarsi irriverente e spiritoso; tentava di raccogliere ogni spunto possibile di conversazione, di metterla a suo agio, di farla sentire desiderata e… anche fortunata, ovvio: insomma, era pur sempre il Cazzo Originale, no? In quante potevano vantarsi di aver sperimentato il primo uccello mai creato? Generalmente, questi incontri finivano quasi sempre con una scopata occasionale: soddisfacente per entrambe le parti, ma decisamente poco utile nella costruzione di un rapporto duraturo. Adam cercava sempre le ragazze con cui era stato, il giorno dopo: e nonostante quasi tutte fossero ben disponibili a infilarsi di nuovo tra le sue lenzuola, difficilmente poi rimanevano nella sua vita.
In ogni caso, non era mai andato a letto con una Sterminatrice: era una sorta di codice che si era autoimposto e che rispettava rigidamente; probabilmente, temeva che una relazione sul posto di lavoro potesse portare a un calo di rendimento generale. L’ultima cosa che voleva era trovarsi nei guai per essersi scopato una subalterna; Sera indubbiamente non l’avrebbe visto di buon occhio. E se avesse poi optato per sostituirlo?
Quindi, le speranze di Bikini erano comune vane: oltre a non aver capito un cazzo del legame che intercorreva tra la luogotenente e Adam, non sarebbe comunque riuscita ad avere un rapporto intimo con lui.
«Luuuuuteeee…»
Un canticchiare la strappò a quei pensieri, riportandola alla realtà.
Adam la stava fissando, incuriosito:
«Mentre eri su un altro pianeta, ho dato un’occhiata ai dati. Beh… Cazzo, abbiamo pestato una bella merda!»
«Lo so. A tal proposito, vorrei parlarne con Sera.» vide l’espressione di lui incrinarsi nel dubbio, ma continuò «Non possiamo tenerle nascosto un ammanco simile; se lo scoprisse da sola, potrebbe essere peggio.»
«E se fosse coinvolta?»
«Ho pensato anche a questo, ma se così fosse… non credo avrebbe mandato Emily all’Inferno, in barba alla volontà del Concilio Angelico. Tiene sinceramente a Emily, lo sai. Non farebbe nulla per metterla in pericolo. Inoltre, ha avvallato gli Stermini tanto quanto noi. Perché dovrebbe fornire armi ai peccatori?»
«Denaro?»
«Oh, ti prego! Caga soldi dal buco del culo, quella.»
Adam si massaggiò le tempie, riflettendo: la collega aveva ragione. L’idea di coinvolgere l’Alto Serafino non lo faceva impazzire di gioia, ma che alternative avevano? Sera, prima o poi, sarebbe venuta a conoscenza dell’accaduto. Avrebbe potuto scagliarsi contro di loro, accusandoli di aver taciuto o di essere addirittura complici di un crimine del genere? Come scenario era plausibile. Occorreva passarle l’informazione quanto prima.
«D’accordo» acconsentì, infine «Te ne occupi tu?»
«Le chiederò un confronto appena possibile.»
«Fantastico. Altre liete novelle?» chiese, sarcastico.
Vide l’amica annuire:
«Potremmo diventare zii a breve.»
«Cosa? Che cazzo stai dicendo?»
«Bra…»
«è incinta?!»
«No, spero di no. Voglio credere che prenda tutte le precauzioni, ma se così non fosse… beh, sei avvisato.»
«Oh, fanculo! Chi è il fortunato?»
«San Pietro.»
Adam sgranò gli occhi e quasi si strozzò con la saliva. Tossì, schiarendosi la voce:
«Cosa?! Quel cesso a pedali?!» esclamò, incredulo «Diamine, Lute… Bra è una gnocca fotonica, come fa a stare con quell’idiota dal cazzo moscio quanto una lumaca?»
«Li ho beccati in magazzino, mentre indagavo. Sono entrati da una finestra e si sono messi a …»
«Ti prego!» sollevò la destra, come a bloccare quella descrizione «Posso immaginare… non mi serve un resoconto approfondito.»
«Questo è tutto. Veniamo a te, hai notizie?»
Annuì, soddisfatto della domanda. Parlare delle recenti scoperte lo avrebbe sicuramente aiutato a distrarsi da quell’orribile visione: San Pietro, quell’esserino pallido e molliccio, si ripassava una delle sue ragazze migliori. L’amore era, evidentemente, cieco!
Prescriverò a tutte un controllo oculistico, non appena tornerò .
«Si, dunque… anche io non ho buone nuove. Ho intercettato la maggiore trafficante d’armi di Pentagram City. Carmilla Carmine… e sai quale è la cosa divertente? È stata questa stronza ad uccidere la nostra subalterna, lo scorso sterminio.»
«Cosa?!» colse Lute stringere nervosamente i pugni e scattare in piedi «L’hai ammazzata, vero? Quella puttana… come ha osato…»
«Calmati, Tette Pericolose. Capisco e condivido i tuoi sentimenti, ma purtroppo ho dovuto optare per un’altra via.» sospirò, appoggiando il viso nel palmo della destra «Ho barattato la sua immunità e quella delle figlie in cambio di informazioni. Non fare quella faccia schifata, Lute! Non avevo altra scelta. Credi non avrei preferito incenerire quelle tre stronzette? Ovviamente. Però, una scelta simile avrebbe avuto… ripercussioni non indifferenti: avrei dovuto vedermela con Morningstronz e Alastor il demone Jukebox…» sogghignò al notare l’espressione interrogativa di lei «Un totale coglione, ma abbastanza potente da crearmi rogne; e naturalmente la nostra cara Vagina. Per tacere di Emily e Sera, che non credo avrebbero gradito se avessi mandato a monte quest’indagine idiota. Comunque…» si strinse nelle spalle «Ho scoperto che Carmilla non è l’unica trafficante d’armi dell’Inferno, ma è la maggiore. Gli altri, a detta sua, sono pesci piccoli su cui non val la pena investire del tempo.
Inizialmente, raccattava solo le armi che smarrivamo o abbandonavamo durante gli Stermini. Poca roba, quindi… ma a quanto pare, da due anni a questa parte, ha un nuovo contatto. Dice di non averlo mai visto in viso, e la voce è tanto distorta e metallica essere completamente anonima. Non sa se sia un uomo o una donna, ma si fa chiamare Betsaida. è lui… o lei… insomma, il cazzo che è… comunque, è Betsaida a fornirle le armi. è il contrabbandiere che cerchiamo.
Questo è tutto ciò che so. Ho imposto a Carmilla l’assoluto divieto di smerciare ancora armi angeliche, e le ho detto di contattarmi, qualora Betsaida si rifacesse vivo.»
«La diplomazia non è il tuo forte, ma ammetto che questa volta mi hai stupito.» Lute gli rivolse un sorriso ammirato «Betsaida.. il nome non mi dice nulla, ma terrò occhi e orecchie ben aperte, nel caso dovesse spuntare da qualche parte» esclamò pensierosa, virando poi il discorso «Come va la tua ferita?»
Sollevò la sinistra, il palmo ancora fasciato.
«Meglio. Non si è ancora rimarginata, ma brucia decisamente meno ed ha smesso di sanguinare. A quanto pare, nemmeno Lucifer riesce a sanare queste.»
«Fai attenzione con lui. Non c’è da fidarsi.»
«Lo so, non preoccuparti. È solo… un povero idiota che stravede per la figlia.»
All’improvviso, si udì un tonfo ovattato provenire dall’esterno della stanza. Adam aggrottò la fronte, alzandosi di scatto. Si calcò nuovamente il cappuccio sul capo, nascondendo l’aureola.
«Incontro finito. Prossimo aggiornamento: tra tre giorni, stessa ora!» salutò frettolosamente, mentre Lute ricambiava il suo cenno e scompariva nel nulla.
***
Ernesto lo Svelto si staccò rapidamente dal battente e indietreggiò con un rapido salto. Essere un demone canguro aveva indubbiamente i propri vantaggi: si spinse con le possenti zampe, scattando a tre metri dalla porta e si accucciò prontamente su uno dei divanetti. Lasciò ciondolare la lunga coda oltre uno dei braccioli e finse di dormire.
Non dovette attendere molto: l’uscio si aprì con un sibilo e dei passi affrettati si mossero nel corridoio.
«Ronff… ronff…» mimò con le labbra, ma questa recita non scoraggiò l’estraneo.
Si sentì afferrare per una spalla e tirare bruscamente in piedi. Stropicciò le palpebre e stiracchiò le braccia, fingendo un lento risveglio. Lo sconosciuto lo scrollò malamente.
«Che cazzo ci fai qui?!» ringhiò una voce affilata.
Riaprì gli occhi, trovandosi a fissare uno sguardo dorato appena visibile da sotto un largo cappuccio nero. Il volto possedeva dei tratti sorprendentemente umani: carnagione chiara, capelli castani e una bocca priva di zanne. Anche la mano stretta attorno al suo braccio non possedeva artigli, né squame o pollici aggiuntivi.
«Io… io…» balbettò, sentendosi nuovamente strattonare. Congiunse i palmi, in una muta supplica «Non sapevo dove andare e… ho trovato aperto. Ero stanco, volevo soltanto dormire un po’.»
L’uomo lo gettò al suolo, con disprezzo. Ernesto rotolò per qualche metro, prima di schiantarsi contro una poltroncina. Si rannicchiò, stringendo le ginocchia al petto:
«è casa tua? Non lo sapevo. Non era mia intenzione, io…»
«Che cazzo sei? Un ladro? Un assassino in cerca di un buon nascondiglio?» un calcio lo raggiunse al fianco «Rispondi, feccia! Perché sei qua?»
«Te l’ho detto, cercavo un posto tranquillo dove riposare. Non sapevo che… fosse di qualcuno.»
«Mi prendi per il culo? Vuoi farmi credere che non sai dove ti trovi?»
«è… la tua dimora? Oh, no.. un albergo? Un bordello?» un’altra pedata lo colpì negli stinchi, con quasi più enfasi della precedente «Non ho denaro! Non voglio rubare, sono solo un senzatetto… Ah, signore! Pietà, pietà!»
Vide la figura stendere la destra in sua direzione, il palmo ben aperto e le dita rigide.
«Hai dieci secondi per convincermi a non farti saltare le cervella.»
Ernesto si rammaricò di non essere stato abbastanza veloce nel fuggire, poco prima. Credeva che spacciarsi per un clochard fosse una buona idea, e che gli avrebbe permesso di scoprire a chi appartenevano le voci che aveva sentito provenire dalla stanza laterale. Ora, invece, non era più così sicuro d’aver preso la scelta giusta.
Si trascinò carponi, prostrando il viso a terra.
«Pietà, pietà.» ripeté, mentre il terrore lo assaliva.
«Nove…»
«Ah, perdono, mio buon signore…»
«Otto…»
«Ho una famiglia!» gridò disperato «Due figli a carico, la loro madre è morta durante l’ultima Epurazione. Non hanno altro che me.»
«Ah si? Hai appena detto di essere un senzatetto. Lasci che i tuoi bambini vivano sul marciapiede? Pff… che padre esemplare! Sette!»
«Sono con la nonna!»
«Ma… come? Fino a poco fa, hai detto che non avevano nessun altro al mondo. Beh, se sono con la nonna… sicuramente non sentiranno la tua mancanza. Sei.»
Ernesto tremò da capo a piedi. Per un attimo fu tentato di vuotare il sacco: i Vees lo avevano incaricato di piantonare l’Ambasciata Celeste e riferire qualsiasi movimento sospetto in quella zona. Forse, se avesse raccontato la verità, l’estraneo lo avrebbe lasciato andare. Oppure gli avrebbe fatto saltare le cervella in un attimo. Allungò la destra, afferrando un lembo del mantello nero e posandovi le labbra. L’uomo si ritrasse immediatamente.
«Che cazzo stai facendo?! Non sono il tuo santo protettore. Il tempo passa, ratto di fogna! Cinque.»
«Sono un canguro…»
«Quattro.»
«Ti prego, ascoltami!» scoppiò in singhiozzi «Ero una brava persona, in vita. Te lo giuro.»
«E come mai sei all’Inferno? Tre.»
«Ero un onesto lavoratore. Avevo una sposa che adoravo e due bambini bellissimi. Mia moglie morì di tisi e io annegai il dispiacere nell’alcool e nel gioco d’azzardo. Persi tutto ciò che avevo. Mi ritrovai sul marciapiede da un giorno con l’altro, insieme ai miei figli. Non sapevo che fare… ero disperato. I ragazzi erano piccoli, avevano tre e cinque anni. Soffrivano la fame e il freddo. Non ebbi altra scelta che rubare, per poterli proteggere e sfamare. Quando mi sorpresero, venni arrestato e loro finirono in orfanotrofio. Non li rividi mai più.
Uscii di prigione anni dopo, ma ero un uomo finito. Nessuno voleva avere a che fare con me. Ritornai a vivere in strada e a rubare. Un giorno, tentai di scippare un anziano. Il vecchio cadde, batté la nuca e morì. Fu un incidente!»
«Fu colpa tua! Due.»
«Lo so, lo so!» Ernesto si prese la testa tra le mani con rabbia «Non riuscii a sopportare il peso dell’omicidio e così mi gettai nel fiume.»
«Una gran bella collezione di peccati, non c’è che dire. Spaziamo dalla ludopatia, all’alcolismo, passando per l’abbandono, il furto, l’assassinio e il suicidio. Ti manca solo il “desiderare la donna d’altri” e poi hai fatto jackpot! Credo siamo arrivati all’Uno. Il tempo è decisamente scaduto.»
Lasciò ricadere le braccia lungo i fianchi e chinò il capo:
«Lo so. Mi dispiace. Merito di essere qui.» sussurrò, fissando il pavimento «Avrei voluto essere una persona migliore… un padre migliore. Avrei fatto qualsiasi cosa per i miei ragazzi! Non so neppure dove siano, ora: ovviamente non sono qui, né con una fantomatica nonna. Non so che fine abbiano fatto: avranno trovato una famiglia che li ha adottati? O saranno rimasti in orfanotrofio fino alla maggiore età? Saranno rimasti uniti, come fratelli? Oppure avranno litigato e preso le distanze l’uno dall’altro? Li ho cercati a lungo, sai? Sono felice di non averli trovati quaggiù. Forse, però… non sono a Pentagram City, ma altrove. Oppure sono in Paradiso. Io spero sia così… che siano tra i Vincitori, che abbiano dimenticato il loro sciagurato padre e possano finalmente essere felici.» tirò su col naso «Hai figli tu? Ne hai avuti, quando eri vivo? Indubbiamente… sarai stato un genitore più capace del sottoscritto.»
Una bella storiella, non c’è che dire. Dovrei davvero iscrivermi ad un corso di recitazione, perché come attore sarei fighissimo. Si sussurrò Ernesto Ah, che grande rammarico. Un talento come il mio… sprecato! Presto morirò. Quale grande artista perisce con me! Continuò, aspettando il colpo fatale, che però non giunse.
Sollevò lo sguardo, cercando il volto dell’estraneo. L’uomo appariva confuso: gli occhi dorati avevano assunto una sfumatura malinconica e le labbra erano storte in un sorriso amaro. La mano, ora stretta a pugno, era ricaduta inerte lungo il fianco.
Se ne esco vivo, devo chiedere un aumento! Pensò, prima di domandare:
«Signore?»
«Vattene!» la voce dello sconosciuto appariva vuota, apatica… come se avesse perso tutta la propria baldanza e strafottenza «Vai via.»
Ernesto non se lo fece ripetere due volte. Si rimise in piedi e in quattro balzi raggiunse la porta dell’Ambasciata. Scivolò all’esterno e richiuse il battente alle proprie spalle, appena in tempo per sentire l’uomo mormorare al nulla:
«Mi sto rammollendo. Questo posto ha una cattiva influenza su di me.»
***
Velvette non nascose la sorpresa quando Betsaida accettò la chiamata. Non era mai accaduto prima d’ora. Solitamente, era sempre lui a ricontattarli.
Vox aveva immediatamente passato il video sul largo teleschermo del salotto e si era accomodato sul divano, cedendo a lei la parola.
«Sono colpita! È la prima volta che rispondi per tempo.»
«Potrebbe anche essere l’ultima, ragazzina. Cosa vuoi?» gracchiò la solita e anonima maschera nera.
«Abbiamo degli aggiornamenti che forse potrebbero interessarti.» un cenno del capo altrui la spinse a proseguire «Dopo il nostro ultimo incontro, abbiamo pensato fosse opportuno prendere delle contromisure. Abbiamo sguinzagliato alcuni uomini di fiducia per la città: a turno, tengono d’occhio l’ingresso dell’Hotel, le vie principali di Pentagram e, naturalmente, l’Ambasciata Celeste. Inoltre, Vox ha telecamere sparse per quasi tutta la città. Non è stato difficile, quindi, individuare una figura ammantata e incappucciata uscire dall’Hazbin, questo pomeriggio. Gli informatori l’hanno seguita fino all’Ambasciata.»
«Bene… dunque? Avete solo fatto i compiti, da bravi scolaretti. Qualcosa d’altro?»
«Uno dei nostri si è infilato nell’Ambasciata e ha avuto… un incontro ravvicinato con uno degli angeli. O, almeno, supponiamo sia così. È tornato poco fa, visibilmente scosso, ma con un carico di notizie preziose: ha intravisto un volto umano, sotto il cappuccio. Capelli castani, occhi dorati, carnagione chiara. Ha riferito che l’uomo ha tentato di ucciderlo, ma si è impietosito davanti ad una storiellina strappalacrime.»
«Quell’idiota di Ernesto ha chiesto un aumento!» interruppe Valentino, accavallando le lunghe gambe «Gliel’ho corrisposto… in randellate!»
Betsaida agitò la destra, visibilmente seccato da quella interruzione.
Velvette si affrettò a continuare:
«Ernesto, appunto… è riuscito ad origliare parte della conversazione che si è tenuta in una stanza privata, tra l’angelo e una donna, di cui ha colto solo la voce. A quanto pare, li ha sentiti fare il tuo nome, quello di Carmilla e poi parlare di un prossimo incontro, alla stessa ora e tra tre giorni.»
«Questa… è una notizia interessante!» confermò la voce metallica, tradendo un’allegria perversa «Quindi, in qualche modo sono venuti a conoscenza del mio legame con la Carmine. Poco male; non sono preoccupato, anzi… forse potrei volgere questa cosa a mio favore. Veniamo a noi! Credo sia ora di mettervi al corrente delle identità degli angeli.»
I tre Vees si sporsero contemporaneamente in avanti, fissando lo schermo, come ipnotizzati. Betsaida congiunse le mani guantate sotto al mento.
«L’uomo dai capelli castani è Adam. Sì, quell’Adam. Il comandante degli Esorcisti. La giovane serafina che avete visto nello scorso video, si chiama Emily. È la protettrice della serenità, della gioia, della speranza e dell’indulgenza. Sono entrambi pezzi grossi, da queste parti, ma lei… è decisamente potente. Faccia da televisore!»
«Mi chiamo Vox.»
«Come ti pare. Volevi che gli angeli lavorassero per voi, giusto? Beh, non avrai occasione migliore di questa. Tra tre giorni, si recheranno nuovamente all’ambasciata. Farò in modo di raggiungervi per tempo. Prepareremo una trappola. Sarebbe ottimale se riuscissimo a sequestrarli entrambi, ma se così non fosse… ricordatevi che la ragazza è prioritaria. Ha più potere lei nell’unghia del suo mignolo che quell’altro imbecille con le ali da canarino. Il fatto che non lo sfoggi in pubblico, non significa che non possa essere sfruttato a dovere.» si concesse una pausa. I Vees pendevano dalle sue labbra «Io posso aiutarvi nella cattura, ma poi sarà compito vostro capire come spingerli o… obbligarli a collaborare. Tenete a mente questa cosa: con la leva giusta, Emily sarà relativamente semplice da piegare. È compassionevole, generosa e altruista. L’altro invece… è un perfetto idiota, ma penso possiate intuirlo: un pallone gonfiato, pieno di sé e orgoglioso. Non si lascerà domare facilmente; si spezzerà, piuttosto che sottomettersi.»
«Quindi…»
«Come ho detto, puntate a Emily. Adam può essere una buona merce di scambio, qualora fosse necessario. Se il Paradiso scoprirà che avete rapito due angeli, non resterà con le mani in mano. Potete scommettere il vostro maledetto culo che farà di tutto per riprenderseli.»
«Non è molto incoraggiante come prospettiva…»
«Volete il potere sull’Inferno o no?»
«Sì, certo! È solo che…»
«Stai tremando, signor Tubo Catodico?»
«Mi chiamo Vox! Non ho paura, anzi… non vedo l’ora! Finalmente potrò sbatterlo in culo a quello stronzo di Alastor!» la sola idea fece brillare lo schermo azzurro del demone «Dunque, nel mentre come ci muoviamo?»
«Studiate un piano d’azione per colpire l’Ambasciata Celeste mentre quei due sono dentro. Capite come bloccarli e tagliate ogni possibile via di fuga. Al resto penserò io.»
«Bene, e per quanto riguarda la tua venuta?»
«Arriverò per tempo, non preoccupatevi. Ora devo allontanarmi. Ci vediamo tra tre giorni.»
Lo schermo sfarfallò.
Betsaida scomparve dal monitor.
Chapter 14: 1500 anni di ferie arretrate
Chapter Text
Ernesto non avrebbe mai immaginato che la sua fedeltà sarebbe stata ricompensata con un compito ancor più ingrato del precedente. Dopo l’incontro con l’angelo - che gli era quasi costato la vita - aveva chiesto un aumento a Valentino, ma aveva ottenuto soltanto del lavoro extra. Da giorni il distretto sud era nel caos più completo: i Conigli Mannari, sciamati dai resti del Siccomoro Ambulante, si erano stanziati in periferia, occupando abusivamente comignoli, grondaie, sottoscala e tormentando gli abitanti con le loro grida acute. Gli esperti assicuravano che il fenomeno sarebbe durato ancora per poco, ma la popolazione era ormai esausta: le urla penetravano nel cervello come una lenta tortura, spaccavano i timpani, facevano sanguinare le orecchie... per tacere del morso infetto! Numerosi cittadini erano stati ricoverati per febbre, vomito e allucinazioni. Alcuni ricercatori avevano messo a punto un antidoto, che garantiva la dissoluzione del veleno nel sangue nell’arco di poche ore, ma il farmaco era ancora in fase sperimentale e la produzione ridotta all’osso.
Per questo, Valentino si era assicurato di acquistarne un paio di fiale per ogni eventualità: la caccia ai Conigli Mannari non era semplice e nessuno aveva esperienza. Il demone falena, tuttavia, aveva riunito una decina dei suoi scagnozzi più fidati, munendoli di retino, tappi per le orecchie, guanti di ferro e gabbie.
Li aveva spediti a sud della città, con il compito di catturare quanti più Conigli Mannari possibili. Fino ad ora, erano riusciti a prenderne soltanto una decina, ma Ernesto stimava fossero sufficienti per qualsiasi cosa il capo avesse a mente. Inutile dire che le Vee si erano ben guardati dal renderlo partecipi dei loro piani: la semplice manodopera non era tenuta a conoscere le macchinazioni dei tre Overlord. Eppure, più Ernesto ci rifletteva, meno capiva il senso di accaparrarsi tutti quei mostriciattoli: escludendo lo stessero facendo per il bene di Pentagram City, non rimanevano molte opzioni. Forse Valentino voleva utilizzarli in qualche nuovo film erotico. Dopo tutto, aveva incaricato Ildebrando - un demone con le fattezze da castoro sdentato - di procurarsi alcuni fumogeni e un anonimo furgone nero, affatto riconducibile alle Vee.
Il canguro riportò l’attenzione al collega, un ometto basso e tozzo, con un enorme cappello da fungo in testa e dita simili a viticci bitorzoluti. Orenzio, questo era il suo nome, stava stipando sul furgone altre due gabbiette.
“Con questi dovremmo essere a dodici” stimò nella propria mente, prima di guardare l’orologio al proprio polso “Spero siano sufficienti. Tra mezz’ora inizia Temptation Pentagram! Non ho intenzione di perdere il falò di confronto tra Alexa e Linus.”
***
«Cioè, quindi... fammi capire, ci sono due villaggi dove i fidanzati e le fidanzate incontrano dei demoni lussuriosi che li spingono al tradimento?» Emily fissò lo schermo perplessa «Non ne capisco il motivo. Perchè fare una cosa del genere?»
«Per testare la fedeltà del proprio partner» Angel Dust si era lanciato sul divano accanto a lei, con una ciotola di pop corn appena sfornati. Li tese verso la serafina, apostrofando però Husk «Ehi micione, potremmo partecipare anche noi, che ne dici?»
Il barista lo ignorò, limitandosi a lucidare i bicchieri.
«Eddai! Vuoi dirmi che rimarresti insensibile se qualche bel fustacchione venisse a stuzzicare la mia virtù?»
«Dubito ci sia ancora qualcosa di virtuoso in te.» fu l’unica risposta che scucì Husk, mentre Emily fissava la televisione ancora più incuriosita.
«In paradiso non abbiamo niente del genere» esclamò, entusiasta.
«Perchè non viviamo in un posto di depravati!» quella stridula considerazione la spinse a sollevare lo sguardo. Adam si era appollaiato su una trave e, come al solito, stava pizzicando le corde della sua chitarra.
«Ti dispiace? Stiamo cercando di guardare la tv, qui!»
«Beh, non dovresti. Sono sicuro che Sera non approverebbe quello schifo di programma.»
«Sera non è qui!»
«Ma io si. E in qualità di vice-Sera...»
«Da quando sei diventato il suo vice?»
«Da cinque minuti! Ora spegni quella roba!»
«Chiudi il becco, canarino!» Angel Dust era scattato in piedi, allungando un dito medio verso il soffitto «Stiamo cercando di seguire il programma qui. E posso assicurarti che... è quanto di meglio Emily possa vedere sulle reti di Pentagram»
«Ah, meglio di uno dei tuo filmucci da quattro soldi sicuramente.»
«E tu che ne sai? Ne hai mai visto uno?!»
La chitarra emise una nota stonata.
«Che cazzo stai insinuando?! Certo che no, io non guardo quelle porcherie»
«E allora come fai a sapere come sono, mh?» il demone ragno strizzò l’occhio, sfoderando un ghigno «A me puoi dirlo, uccellino. Non c’è niente di male, sai?»
«Vaffanculo! Mh... io...non... non...» Adam si bloccò, inclinando il capo «Come? Oh, si... la principessa Morningstronz mi sta chiamando!»
«Veramente non mi pare che...»
L’angelo lo ignorò; si tuffò dalla trave, virò stretto e infilò rapidamente la porta in fondo alla stanza.
***
Lute si pizzicò il dorso del naso.
Il colloquio con Sera stava andando come previsto, purtroppo. L’Alto Serafino stava ancora scartabellando gli ultimi resoconti: dopo il colloquio con Adam, la luogotenente aveva passato la notte a ricontrollare i dati e stendere un rapporto completo. L’ammanco di armi era enorme, e davvero non si capacitava come fosse loro sfuggito.
«è terribile.» la sentenza di Sera arrivò secca «Come è stato possibile?»
«Non ho una spiegazione.»
«Beh, io sì! Evidentemente, qualcuno era troppo intento a sfogliare cataloghi di biancheria intima per fare svolgere decentemente il proprio lavoro.»
«Non credo che sia imputabile a...»
Con un cenno imperioso, Sera tagliò ogni rimostranza:
«Sei troppo accondiscendente con lui. Supervisionare gli stock delle armi rientra nelle sue mansioni. Se avesse svolto i compiti assegnati, si sarebbe accorto subito che qualcosa non tornava nei conteggi e saremmo immediatamente corsi ai ripari. Evidentemente, il nostro trafficante conosce bene le abitudini di Adam... e sa quanto possa essere distratto; oppure semplicemente non ha una grande stima delle sue capacità; non posso dargli torto!»
«Sono rammaricata per l’accaduto.»
«Non me ne faccio nulla del tuo rammarico, Lute. Né di quell’idiota del tuo superiore. Non possiamo restarcene con le mani in mano.»
«A tal proposito, so che Adam sta indagando circa il traffico di armi verso Pentagram City. Ha incontrato il principale commerciante, tale Carmilla Carmine, che ci ha fornito alcune informazioni rilevanti.»
Vide il serafino sporgersi in avanti, appoggiando le mani al tavolo della sala riunioni:
«Continua.»
«Sappiamo che la Carmine ha un filo diretto con il Paradiso: tra di noi c’è un traditore. Tuttavia, la sua identità è ben custodita: Carmilla dice di non averlo mai visto in faccia. Gira con un mantello e una maschera che ne cammuffa la voce; non conosciamo altri dettagli: né l’altezza, né il peso, né il sesso. Si fa chiamare Betsaida e si mostra esclusivamente attraverso terminali video.»
«Come? Non ci sono canali aperti tra Pentagram City e il Paradiso.»
«Non conosciuti, evidentemente. Probabilmente usa qualche rete clandestina.»
«Altro punto su cui dovremo focalizzarci, non appena risolta questa faccenda del contrabbando.»
Lute annuì, mordicchiandosi il labbro inferiore:
«C’è un altro dettaglio importante raccolto da Adam» si concesse qualche attimo: non sapeva bene come intavolare il discorso, ma Sera non poteva assolutamente rimanerne all’oscuro «Il disertore, Vaggie... ha scoperto che siamo vulnerabili alle armi angeliche.»
«Che cosa?! Non ne ero a conoscenza.»
«Durante l’ultimo sterminio, hanno usato un’arma angelica per abbattere una di noi. A quanto sappiamo, è stata proprio la Carmine.»
«Accidenti!» Sera batté un pugno sul pianale del tavolo «Adam come l’ha gestita?»
«Credo abbia incontrato difficoltà nel costringere la Carmine a vuotare il sacco, ma alla fine... l’ha obbligata a chiudere il traffico d’armi e a contattarlo qualora Betsaida si rifacesse vivo con lei.»
«Bene. Lute, ora ti prego di parlare con franchezza... so che la mia domanda potrebbe rivelarsi scomoda per te, perchè vi è grande affiatamento nel corpo degli Esorcisti, ma... hai dei sospetti qualcuno?»
«Nulla di concreto. Ho perquisito le stanze delle mie subordinate e non ho trovato alcunché di compromettente. Non posso escludere che il contrabbandiere sia interno al nostro esercito, ma potrebbe trattarsi anche di una persona del tutto estranea. è una ipotesi da considerare e che non ci aiuta a restringere il campo, purtroppo.»
«Da quanto dura il traffico d’armi?»
«Stando alle parole della Carmine, almeno un paio d’anni.»
Sera si alzò:
«Interroga il produttore, Lute: il fabbro e tutti i suoi aiutanti, fino all’ultimo dei garzoni. Sorveglia attentamente le tue colleghie: appuntati ogni dettaglio, anche il più insignificante. Controlla tutti coloro che hanno accesso alla caserma: dagli inservienti, al personale del refettorio, fino anche al postino.»
Lute scattò sull’attenti:
«Sì, Vostra grazia.»
«Il prossimo aggiornamento?»
«Tra due giorni, nel pomeriggio. Un’ultima cosa: Emily non è ancora stata informata dei fatti. Abbiamo pensato, per il momento, che fosse più prudente non esporci con lei.»
«Gliene dovremo parlare. Ti confesso che, a fronte di queste informazioni, è mio desiderio richiamarla il prima possibile. Conferirò con il Concilio Angelico affinché ...»
Un sommesso bussare interruppe la conversazione. Le donne si scambiarono una rapida occhiata, prima che Sera producesse un brusco:
«Avanti!»
Il battente si schiuse e la testa bionda di San Pietro fece capolino:
«Mi... mi dispiace interrompervi, ma avrei bisogno di chiedere una cortesia.»
«Pietro...» Sera arruffò un sorriso affabile «Accomodati. Cosa posso fare per te?»
L’ometto spalanò la porta e altre due figure apparvero ai suoi lati: la prima era logicamente Bra. La Sterminatrice si affrettò a prendere il fidanzato per mano, rivolgendo a Lute un breve cenno in saluto.
La seconda, invece, era un uomo alto e robusto: i folti capelli neri, intonati ad una barba riccia e a degli occhi profondi; indossava una tunica scollata, sotto cui si intravedeva il petto villoso. Il colore perlaceo dell’abito era richiamato anche dalle ali, con qualche vago riflesso argento.
«’Giorno!» bofonchiò spiccio lo sconosciuto, mentre San Pietro prendeva parola.
«Alto Serafino, Lute... ecco, io... volevo domandare un permesso, sì. Un permesso per... ferie.» biascicò, mentre Bra gli stringeva con affetto le dita sottili «Bra non ha mai visitato le sponde del Tigri e dell’Eufrate e io.. pensavo, beh... che forse potevamo prendere qualche giorno di vacanza per una breve crociera sul fiume.» indicò prontamente l’omone accanto a sé «San Paolo è un mio carissimo amico e si è offerto di sostituirmi al... ai Cancelli finché non saremo di ritorno.»
«Mi stai chiedendo un congedo per le ferie?» esclamò Sera, stupefatta, poco prima che San Pietro scoppiasse in lacrime.
«Chiedo perdono, davvero... ma saranno.. millecinquecento anni che non vado in vacanza! E avevo promesso a Bra che avremmo fatto qualcosa di romantico e... e...» tirò su col naso e si rivolse a Lute «So che quanto accaduto l’altro giorno è stato estremamente disdicevole, ma... vengo a implorare il tuo perdono e...»
La luogotenente alzò la destra, frenando quel piagnisteo irritante:
«Non credo che Bra lo meriti, dopo quello che ha fatto.» ribatté secca, indicandola poi a Sera «Li ho sorpresi a pomiciare nel magazzino!» spiegò frettolosamente, prima di tornare ai due innamorati: San Pietro era nuovamente sull’orlo delle lacrime «Tuttavia, non intendo tollerare ulteriormente questa patetica sceneggiata. Firmerò oggi stesso il congedo. Per quanti giorni?»
«Ci... cinque saranno sufficienti.»
«Solo?»
«Amh... ecco... una crociera sul fiume non è proprio a buon mercato e io ho solo l’umile stipendio di un portinaio.»
«Che non va in ferie da millecinquecento anni. Ho capito.» Lute mimò una smorfia irritata e volse l’attenzione all’Alto Serafino. Sera si limitò a scrollare le spalle e ad aggiungere:
«Accordato. Assicurati solo di istruire San Paolo sui suoi nuovi doveri.» Sera li liquidò con un cenno della destra «Siete liberi di andare. Tutti quanti.»
***
Adam fu costretto ad abbassarsi per scivolare sotto la trave, che segnava l’ingresso della polverosa soffitta.
«La tua cameriera psicopatica dovrebbe dare una spazzata anche da queste parti» tossì, mentre le corna della maschera strappavano alcune ragnatele, con sommo disappunto degli abitanti.
«Lo so, ma temo che Niffty impazzirebbe davanti a una mole di lavoro così imponente. Inoltre... abbiamo scoperto una tana di coppia di topi con i topolini. Non vogliamo rischiare che... più o meno inavvertitamente... distrugga la loro casa.»
Come chiamato dalle parole della principessa, un grosso roditore peloso attraversò loro la strada.
Il Primo Uomo balzò indietro e sollevò l’orlo della veste, per evitare di strisciarla sul pavimento sudicio:
«E tu quello lo chiami topolino? È un fottuto ratto!»
«Beh, è la stessa cosa! Comunque... la chitarra dovrebbe essere qui da qualche parte. È una semplice chitarra acustica, però... niente di simile alla tua.»
«Andrà benissimo.»
«Mi spieghi a cosa ti serve?» domandò Charlie, oltrepassando un vecchio baule e recuperando una custodia in spessa stoffa nera. Vi soffiò sopra per eliminare l’eccesso di polvere e la spazzolò sommariamente con le mani, prima di tenderla all’angelo «Ecco qui. Non chiedermi di chi fosse, però... è tra gli oggetti abbandonati che abbiamo recuperato, quando ho acquistato l’hotel. Abbiamo trovato anche un arcolaio, un acquario vuoto, una bicicletta senza pedali e... oh, una specie di bambola di porcellana che cammina da sola. La vuoi vedere?»
«Assolutamente no! Di cose inquietanti ce ne sono già abbastanza, in questo posto di merda» Adam prese la chitarra e se la caricò su una spalla «Possiamo tornare giù? Non intendo rimanere un istante di più in questo cesso di solaio, men che meno con una bambola assassina nascosta da qualche parte.»
«Certo, ma non hai risposto alla mia domanda. Che te ne fai di una vecchia chitarra?»
«Ho promesso a Angel che gli avrei spiegato come suonarla.»
Vide gli occhi di Charlie diventare lucidi e la bocca schiudersi per lo stupire. La principessa non trattenne un gridolino gioioso:
«Ma è... fantastico! Vedi? È esattamente a questo che serve l’hotel! A creare legami, a far sbocciare la parte migliore di noi...»
«Io non ho una parte migliore. Sono perfetto a trecentosessanta gradi!»
«È un grande passo avanti verso la redenzione!»
«Non mi serve nessuna redenzione, Morningstronz! Ti ricordo che io sono già in paradiso!»
«Sono così felice che penso potrei persino abbracciarti!»
«Ecco, fai in modo che rimanga solo un pensiero!»
«Desidero raccontare a tutti dei tuoi impressionanti progressi.»
«Evita.»
«Inoltre, mi hai dato una splendida idea per l’esercitazione di domani...»
«Che culo...dobbiamo proprio farla? Non possiamo... che ne so... stare sul divano a fissare il muro? La troverei un’attività infinitamente più produttiva.»
Ma Charlie non lo sava più ascoltando. Lo prese sotto braccio e lo condusse fuori dalla soffitta, fischiettando un motivetto allegro.
Chapter 15: La via della redenzione
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San Pietro guardò con disappunto il proprio trolley, incastrato per metà in un misuratore per bagagli a mano. Quando aveva prenotato il volo, non aveva assolutamente fatto caso alle misure consentite per l’imbarco delle valigie. Deciso a voler offrire a Bra un’esperienza irripetibile, aveva selezionato una compagnia terrestre low cost. I biglietti a 15,90 andata e ritorno si erano rivelati una vera occasione. Non ci aveva riflettuto, procedendo all’acquisto senza leggere i termini e le condizioni.
Non si era reso conto del proprio errore, finché una gentile assistente non gli aveva chiesto le misure del bagaglio. Il sorriso zuccherino della hostess non si era cancellato, nemmeno quando il trolley giallo limone era rimasto incastrato malamente, con le rotelle all’aria. San Pietro aveva tentato inutilmente di schiacciarlo e spingerlo verso il basso, ricavando soltanto una lunga crepa sul coperchio anteriore.
«Sono sicuro che ci entra!» Esclamò l’ometto, prendendo a calci la valigia.
«Mi dispiace signore, ma temo dovrò fare imbarcare il suo bagaglio. Purtroppo, non rispetta le dimensioni standard previste per la cabina.»
«Ma...»
«La prego di togliere la sua valigia dal misuratore; ci sono altri passeggeri che attendono per il controllo.»
«Ma...»
«Devo insistere.»
San Pietro si voltò, scrutando a disagio la folla inferocita. Un centinaio di persone lo fissava in cagnesco, battendo con impazienza un piede a terra o insultandolo a bassa voce.
Il santo afferrò la maniglia, scuotendola ripetutamente nel tentativo di disincastrare il trolley. La valigia rimase ingabbiata, senza muoversi di un millimetro. Riprovò, ma senza alcun successo.
«Io... amh... non... non ci riesco.» Ammise infine, sollevando timoroso lo sguardo all’assistente, la quale si limitò ad annuire, accondiscendente:
«Nessun problema. Imbarcheremo il suo bagaglio con tutto il misuratore. Naturalmente, dovrà pagare una tariffa extra per lo stivaggio del suo trolley e per gli articoli ingombranti.» La donna lo spinse dolcemente da parte, facendo avanzare la fila «Il prossimo!»
***
Angel Dust si lasciò cadere sul divano. Si sgranchì le spalle e accavallò le gambe oltre il bracciolo, posando la testa sul cuscino. Si sfregò gli occhi arrossati e stanchi.
«Stai bene?» La voce di Emily lo spinse a volgere l’attenzione verso la soglia della cucina. La serafina reggeva tra le mani un vassoio di biscotti ancora fumanti; il profumo risvegliò immediatamente la fame, sottolineata da un sonoro borbottare dello stomaco.
«Sì» sussurrò, allungando la destra «Posso avere un dolcetto?»
«Certamente!» l'angelo frullò le ali e gli si avvicinò, tendendogli un biscotto con gocce di cioccolato e ricoperto di zucchero a velo «Sicuro sia tutto ok? Mi sembri...»
«Sono esausto!» non si sollevò nemmeno a sedere; si limitò ad addentare la frolla e concedersi un mugolio soddisfatto «Non so neppure se ho più fame, sonno oppure bisogno di una doccia. Valentino mi ha letteralmente fatto a pezzi, ieri sera.»
«Valentino?»
«Uno stronzo.» tacque per qualche istante, concentrandosi sul biscotto: era semplicemente squisito. Oltre al cioccolato, percepiva un leggero retrogusto di agrumi e vaniglia «Sono deliziosi. Li hai fatti tu?» chiese, raccogliendo un cenno d’assenso «Comunque... Valentino è il mio capo. È lui che si occupa della... produzione dei miei film, diciamo.»
«È una specie di regista?»
«Più o meno... ma è... estremamente esigente. Mi ha fatto girare la stessa scena... almeno sei volte, prima d’essere soddisfatto. Ho un tale male al culo...»
«Perché?»
«Beh, amh...» Angel Dust si rese conto di non poterle assolutamente raccontare la verità. Emily era così pura e innocente! Credeva davvero che la redenzione fosse possibile per chiunque, esattamente come Charlie... ma cosa avrebbe detto, se avesse scoperto quel lato del suo lavoro? Ai suoi occhi, lui era un attore famoso, probabilmente circondato da fans adoranti e così in auge da avere una stella sulla Walk of Fame di Pentagram City. Se fosse venuta a conoscenza della realtà... come lo avrebbe giudicato? L’avrebbe guardato con disprezzo, come facevano quasi tutti. Avrebbe visto l’entusiasmo spegnersi nel suo sguardo affascinato, rimpiazzato dal disgusto e dalla pietà. L’avrebbe ritenuto indegno del Paradiso e sarebbe così sfumata anche l’ultima sua occasione per riscattarsi.
Angel Dust scosse tristemente il capo: per quanto desiderasse confidarsi, non poteva assolutamente metterla a conoscenza delle proprie attività. Scrollò le spalle, fingendo noncuranza.
«Sono dovunto rimanere seduto su uno scomodissimo sgabello tutta la notte a...» si sforzò di apparire sicuro e disinvolto in quella menzogna «A recitare un monologo piuttosto complesso.»
«Capisco. Accidenti, il tuo capo deve essere davvero pretenzioso!»
«Molto.»
«Beh, allora ti lascio riposare. Prima che vada, c’è qualcosa d’altro che posso fare per te? Altrimenti, torno in cucina a finire. Charlie ha organizzato un’eseercitazione per il pomeriggio» Emily gli si avvicinò con aria complice, abbassando la voce «Ciascuno di noi deve portare un piccolo dono per qualcun altro. Non importa quanto grande sia, l’importante è che venga dal cuore. Non ho ancora deciso a chi regalare i miei biscotti, ma... vorrei farne il più possibile, magari anche di gusti diversi. Che ne pensi?»
«È un’idea splendida» il demone ragno nascose uno sbadiglio dietro il dorso della mancina «Io... scusami, credo di essere davvero stanco.»
«Nessun problema, a dopo!»
Emily gli lasciò un altro paio di dolci sul cuscino, prima di frullare le ali e scomparire dietro la porta.
***
Lute voltò a destra, infilando uno stretto vicolo. Il Paradiso, a volte, sapeva essere così monotono! Quel lato della città era completamente anonimo, con strade lastricate in pietre dorate, edifici dai colori pastello e uccellini cinguettanti appesi ai fili del bucato. Aveva perso il conto di quanti Vincitori le avevano allegramente rivolto dei saluti, offerto fiori o chiesto timidamente informazioni. Infine, era arrivata alla fucina.
La bottega del fabbro si stagliava contro l’orizzonte, distaccata di qualche centinaio di metri dalle basse case della periferia. Era una costruzione bassa, in pietra chiara, con tegole argentate e diversi camini da cui uscivano costantemente sbuffi di fumo.
Lute si avvicinò all’unico ingresso, battendo alcuni colpi sulla porta. Tese l’orecchio all’udire un leggero trambusto dentro l’officina, sovrastato da una voce femminile:
«Arrivo!»
Di lì a poco, una donna di mezza età, tarchiata e ancora graziosa, si palesò sull’uscio; indossava un grembiule sporco di fuliggine, sopra un’ampia gonna lilla, e una cuffietta bianca, dai cui lati sfuggivano alcune ciocche rossicce.
«Sì? Come poosso aiutarti, cara?»
La Sterminatrice allacciò le mani dietro alla schiena, irrigidendo le spalle e sollevando il mento:
«Sono Lute, luogotenente degli Esorcisti. Tuo marito è qui?»
«Ma certo! Vieni, accomodati. Te lo chiamo subito.» La signora si fece da parte, consentendole di varcare la soglia.
L’interno della fucina era piuttosto semplice: alcuni tavoli da lavoro erano disposti lungo le pareti, ricolme di rastrelliere, mensole e ganci per gli attrezzi. Sul fondo, due fuochi ardevano nei braceri, alimentati dai mantici che alcuni solerti garzoni schiacciavano regolarmente. Un paio di giovani fabbri stavano lavorando l’acciaio, battendolo con forza su un’incudine nera.
Nessuno badò al suo ingresso.
Lute si incamminò nella stanza, guardandosi attorno. Si accostò ad un bancone, dove una spada giaceva incompleta: l’elsa non era ancora stata rifinita e mancava il pomolo, ma la lama era leggera, ben affilata e perfettamente bilanciata. La afferrò, soppesandola nel palmo: l’impugnatura si adattava perfettamente alla sua mano. Menò un paio di fendenti a vuoto, la ruotò ed osservò attentamente il filo. Lungo il piatto, prossimo alla guardia, riconobbe il simbolo degli Esorcisti: la E cerchiata era però accompagnata da una scritta più piccola, in un corsivo affilato. Sollevò l’arma e aguzzò la vista, leggendovi il proprio nome. Sconcertata, riappoggiò immediatamente l’oggetto.
«Che diamine...» sussurrò, ma un rumore di passi la costrinse a voltarsi in fretta.
Un uomo robusto, dalla folta barba canuta, stava marciando in sua direzione.
«Sant’Eligio, suppongo.» disse, piegando il capo in un cenno.
Il fabbro le rivolse un breve cenno, prima di afferrare uno straccio sporco e gettarlo sulla spada, nascondendola alla vista:
«Non è ancora completa!» sbottò l’uomo, poco cordiale «Non amo chi ficcanasa tra le mie creazioni,specie se non terminate.»
Lute si irrigidì: come si permetteva quell’omuncolo di apostrofarla in quel modo? Sapeva chi era, almeno? O l’aveva scambiata per una turista in cerca di souvenir? Si morse il labbro, trattenendo qualche insulto troppo colorito: spazientire il fabbro non sarebbe servito a nulla. Si limitò ad annuire e assumere nuovamente una posa marziale.
«Mi scuso» ringhiò «Permettimi di presentarmi, sono...»
«Lo so chi sei. Mia moglie mi ha informato. A cosa devo la tua visita?»
«Ho bisogno di parlarti in privato.»
«Molto bene. Segumi.»
Sant’Eligio la condusse attraverso una seconda porta, che immetteva in un lungo e stretto magazzino.
«Qui non ci sentirà nessuno. I rumori della fucina sono troppo alti. Puoi parlare liberamente.» la rassicurò, accomodandosi su una bassa cassetta. Lute fece lo stesso: scelse per sé un barile in un angolo e vi si sedette, accavallando le gambe e incrociando le braccia al petto.
«Sant’Eligio, sarò rapida e prometto che non vi ruberò troppo tempo. Sei l’unico fornitore di armi al corpo degli Sterminatori e lo siete da..?»
«Così tanti anni che nemmeno lo ricordo.»
«Hai mai notato alcune attività sospette, tra gli operai?»
«Mai. Perchè lo chiedi?»
«Sono io che faccio le domande.» Lute scosse il capo, infastidita. Avrebbe rapidamente ricacciato il fabbro al suo posto e non gli avrebbe concesso alcun margine di manovra. Fino a prova contraria, tutti erano sospettabili. Nonostante ciò, era davvero poco probabile che il vecchio o la moglie fossero i contrabbandieri: lavoravano con l’acciaio angelico da sempre. Perchè mai avrebbero dovuto iniziare a vendere armi all’Inferno soltanto due anni prima? «I tuoi assistenti: quanto ti fidi di loro?»
«I due ragazzi che hai visto all’incudine sono i miei figli.»
«Da quanto sono nell’attività di famiglia?»
«È un interrogatorio, luogotenente?»
«Potrebbe esserlo.» Lute assottigliò lo sguardo, fissandolo in cagnesco «Rispondi alla domanda.»
«Il minore da quattro anni. Il maggiore da sei.»
«Sono contenti del loro lavoro qui? Hai mai notato... segni di insoddisfazione o lamentele da parte loro?»
«Che cosa c’entrano i miei ragazzi, ora?»
«Rispondi!»
Vide l’uomo scuotere mestamente il capo:
«Mai. Tuttavia, se sono sospettato di qualcosa, vorrei esserne messo al corrente.»
«Non ora. Proseguiamo.» Lute cambiò posizione: chinò la schiena in avanti, rilassò le gambe e appoggiò i gomiti alle ginocchia «Hai dei garzoni, ho notato. Quanti sono, oltre ai tre che ho visto ai mantici?»
«Soltanto loro.»
«Quando hanno iniziato a lavorare per te?»
«Agliulfo e Rotari rispettivamente da otto e cinque anni. Rami da due e mezzo.»
«Rami? Interessante. Parlami di costui.»
«Perché? Che cosa ha combinato?»
«Ancora una volta: non sei tu che fai domande.»
«Ma... i miei ragazzi sono dei modelli di virtù. Non farebbero mai nulla di male o di sbagliato, almeno... non consapevolmente! Se sono in torto, ti prego... dimmelo, affinché possa riparare ai...»
Lute tagliò quel monologo con un gesto secco:
«Non mi importa cosa pensi di loro. Voglio soltanto informazioni su questo... Rami.»
«Cerca di capire! Quei giovanotti... è come se fossero tutti figli miei.»
«Allora... per il bene della tua vera famiglia e della fucina, farai meglio a esaudire la mia richiesta. Se, come dici, sono brave persone, non hanno nulla da temere.»
«Io...» Sant’Eligio si grattò furiosamente la barba, palesando la propria indecisione. Lute sogghignò: evidentemente il vecchio era ad un bivio. Tradire il suo garzone e vuotare il sacco? Oppure proteggerlo e mettere a rischio la propria attività e famiglia? Capiva il suo punto di vista: non lo aveva messo innanzi ad una scelta facile. Tuttavia, era fiduciosa che il vecchio avrebbe preso la decisione migliore.
«Non so molto di lui. È un giovane estremamente riservato»
«Questo non mi è di alcun aiuto.»
«Rami è taciturno, se ne sta spesso sulle sue. Che io sappia, non ha molti amici. Non ha legato nemmeno con Agliulfo e Rotari, nonostante ormai li conosca da molto. Dopo il lavoro, va dritto a casa. È raro che si conceda distrazioni.»
«Hai mai notato comportamenti insoliti in lui?»
«Che intendi?»
«Lo hai mai sorpreso a rubare?»
«Buon Cielo, no!» Sant’Eligio congiunse le mani e chiuse gli occhi, come a scacciare quel concetto blasfermo «Siamo in Paradiso! Perchè mai qualcuno dovrebbe rubare, qui?»
Lute eluse la domanda e proseguì:
«Paghi abbastanza i tuoi garzoni?»
«Io... si, si! Almeno, credo di sì! Nessuno si è mai lamentato del salario.»
«Nemmeno Rami?» di nuovo una smorfia incerta tradì il vecchio. Lute decise che era il momento di rincarare la dose «Non pensare di potermi mentire. Se vuoi che la tua officina continui a lavorare a pieno regime... dimmi ciò che sai.»
«Beh, circa sei mesi dopo essere stato assunto, Rami venne a chiedermi un aumento. Rifiutai, ovviamente: lo stipendio era già allineato a quello degli altri garzoni. Rimase un po’ deluso, e lo capisco... ma non sollevò mai più l’argomento.»
«Fu l’unica richiesta che fece?» vide il vecchio annuire «Molto bene. Ho raccolto informazioni a sufficienza. Mi serve soltanto un ultimo dettaglio e poi ti lascerò ai tuoi impegni.»
«Sì, qualunque cosa.»
Lute balzò dalla botte e si avvicinò al fabbro, con un sorriso vittorioso:
«Voglio l’indirizzo di Rami.»
***
San Pietro aveva vomitato quattordici volte durante il volo. Si era messo a piangere al decollo e persino all’atterraggio, tra le risate e il risentimento degli altri passeggeri. Nascondere le ali sotto ad un giubbotto taglia XXXL non si era rivelata una grande idea: non appena messo piede a terra, si era reso conto di quanto fosse afosa la Mesopotamia. Tuttavia, non poteva certo liberarsi del giaccone senza rivelare la propria identità ai comuni esseri umani. Bra, invece, aveva optato per un poncho variopinto, altrettanto utile e decisamente meno caldo.
La Sterminatrice si stava sforzando di non mostrare tutto il proprio disappunto al compagno, intento a trascinare il malmesso trolley giallo lungo il molo di Mosul, da dove sarebbe partita la fantomatica crociera sul Tigri.
«Perché diamine hai voluto prendere l’aereo a tutti i costi?» sussurrò Bra al fidanzato «Siamo angeli! Avremmo potuto, semplicemente, volare fin qui per i fatti nostri.»
«Volevo fare qualcosa di romantico» si schermì San Pietro, ricevendo in cambio una risata piccata.
«Quanto credi possa essere romantica una traversata di sei ore con te che rimetti in un sacchetto di carta, un bambino che ha strillato per tutto il tempo e... una bottiglietta d’acqua costata un rene?»
«Scusami, tesoro. Hai ragione! La prossima volta...prenderemo il treno!»
***
Angel Dust sussultò quando sentì una coperta scivolargli sulle spalle. Si sfregò gli occhi, biascicando un:
«Che ore sono?»
La voce di Husk, ridotta ad un sussurro, lo raggiunse:
«Non è neppure mezzogiorno. Hai ancora un’ora prima del pranzo e degli esercizi di redenzione.»
«Mh... che ci fai qui?»
«Stavo andando al mio bancone...»
«E hai pensato di regalarmi una trapunta?»
«Stavi tremando.»
«Oh...» l’attore si raggomitolò sotto il plaid, tirandolo sin sulle spalle «Non... non mi ero accorto di avere freddo. O forse... stavo solo facendo un brutto sogno.»
«Ne vuoi parlare?» colse Husk accomodarsi sul bracciolo opposto del divano.
«Da quando sei anche psicologo?»
«Meglio un barista psicologo, che uno psicologo barista... ricordatelo!»
Il demone ragno rise a quell’uscita e poi scosse il capo:
«Sinceramente? Non ricordo neppure se stessi sognando. Valentino mi ha fatto passare una notte infernale e... oh, a propoposito! Emily mi ha lasciato dei biscotti, prima.» frugò tra i cuscini del sofà, sino a ritrovare i due dolcetti. Ne tese uno «Vuoi?»
L’altro ciondolò la testa in un cenno di diniego:
«No, ti ringrazio. Ma... circa Emily, ho sentito in parte il vostro discorso.»
«Anche spia, oltre che barista!»
«Ammetto di aver origiato... qualcosa. Ero interessato a capire cosa stesse preparando per l’esercitazione pomeridiana e... le hai mentito, riguardo al tuo lavoro.»
«Emily... mi piace, come persona. Cazzo, lo so che non dovrei dirlo! È un fottuto angelo, anche lei fa parte di quel sistema di merda che ci ha relegati qui e ci stermina una volta all’anno, ma...» Angel si alzò a sedere di scatto, massaggiandosi le guance «è buona e gentile e... crede davvero che ci sia una possibilità anche per noi.» ignorò lo sbuffo sarcastico altrui «Se fosse davvero così, se ci fosse anche la minima speranza di poter lasciare questo posto di merda e ascendere, allora... non la voglio sprecare. Non voglio deluderla!»
«E mentire mi sembra un ottimo inizio, per uno che tanto ambisce alla redenzione!»
«Tu non capisci!» Si premette le quattro mani al petto «Se scoprisse che cosa faccio realmente, di che...genere di film mi occupo... o del mio patto con Valentino, vedrei sfumare anche quell’ultima possibilità di riscatto! Mi disprezzerebbe, lo so. Mi guarderebbe dall’alto in basso, come fanno tutti. Penserebbe che sono un debole, che si è venduto per ... per...» nascoste il viso contro le ginocchia rannicchiate «Vattene, per favore. Lasciami solo.»
«Oh, cazzo! Non dirmi che sei di nuovo in quella fase della vita in cui il tuo passatempo preferito è compiangerti.»
«Vaffanculo!»
«Ascolta, onestamente... no, non credo che la redenzione per noi possa funzionare...»
«Grazie, stronzo! Sei di grande conforto.»
«...Ma sono sicuro che Emily non ti giudicherebbe mai, neppure se conoscesse la verità. Comprendo perfettamente perchè lei ti va a genio. A dirla tutta, piace anche a me; e se c’è una persona che può aiutare la principessa con questo hotel del cazzo, beh... è lei. Come potrebbe sentirsi delusa da te, quando stai facendo così tanti progressi? Non sarà certo il tuo lavoro a screditarti.»
«Questo mi consola solo in parte. Non voglio comunque che lo sappia, credo mi seppellirei per la vergogna.»
«Tranquillo. Sarò muto e discreto, come ogni buon barista dovrebbe essere... ma se vuoi un consiglio, potresti approfittare dell’esercitazione del pomeriggio. A quanto pare, Charlie vuole che ci scambiamo dei regali e...»
«E tu hai pensato di regalarmi un nuovo sex-toys con la tua faccia stampata sopra? Mh... erotico!» Angel si concesse un’occhiatina maliziosa, che Husk finse di non cogliere.
«Oh, no. Rimarrai deluso, ma il mio regalo non è per te. Tu hai già un regalo e... credimi, se riuscirai ad usarlo come sex-toys ti offrirò da bere finché campi!»
«Uh, mi stai sfidando? Adoro questo genere di sfide, gattone... lo sai.»
Husk si alzò e tornò verso il corridoio:
«Sei completamente scemo. Torna a dormire: almeno quando dormi, non spari cazzate.»
«Sì, paparino.» canticchiò Angel Dusk, scivolando nuovamente sul divano «Ah, Husk... grazie per avermi ascoltato.» disse, gettando un rapido sguardo alla porta della sala.
Tuttavia, del barista non vi era già più traccia.
***
San Paolo si stava annoiando. Il lavoro ai cancelli era ridicolo: consisteva semplicemente nel controllare un lungo elenco di nomi. Aveva già fatto accomodare una dozzina di anime e altrettante ne aveva respinte. Finalmente poteva concedersi un momento di pausa: all’orizzonte non si vedeva più nessuno in arrivo.
San Pietro, premuroso come sempre, gli aveva lasciato una “lettura leggera” per i momenti morti. Gli parve un buon momento per sfogliare il libro, che l’altro gli aveva procurato.
Si chinò e sfilò da sotto il leggio un tomo da millecinquenceto pagine; lo sbattè con forza sul pianale dorato. Soffiò sulla copertina rossa per eliminare alcuni granelli di nuvola, rimasti incastrati tra la tela e le lettere in rilievo del titolo: “Vita dei Santi” era universalmente conosciuto come un mattone, un libro di una pesantezza unica che nessuno era mai riuscito a leggere da cima a fondo.
«Davvero, Pietro? Mi avevi promesso una lettura leggera...e mi hai lasciato questa robaccia?!» esclamò frustrato, aprendo l’indice e scorrendo il nome dei principali santi. Naturalmente, vi erano anche il proprio e quello dell’amico, oltre ai quattro evangelisti, a Santo Stefano Primo Martire e a una sfilza d’altri di cui a stento si ricordava.
San Paolo sbuffò e aprì una pagina a caso.
«Bah, vediamo un po’... Sant’Edisto. Soldato romano... bla bla... sepolto vivo? Mh, che sfiga. Brutta roba! Io almeno sono stato decapitato...»
***
Charlie si accomodò al tavolo.
«Ci siamo tutti?» chiese, scrutando gli astanti. Come previsto per l’esercitazione pomeridiana, i partecipanti avevano portato un regalo: qualcuno lo aveva incartato, altri lo avevano nascosto in tasca oppure celato sotto un lenziolo o dentro un vecchio sacco di iuta «Allora, come sapete... oggi ci eserciteremo a donare qualcosa al prossimo. Non importa che sia un regalo grande o piccolo, ma deve essere un dono che viene dal cuore. Non qualcosa che piace a voi, ma che potrebbe colmare di gioa la persona che lo riceve. Oggi giochiamo tutti, compresi i nostri angelici ospiti e mio padre» strinse affettuosalemnte la mano del genitore, seduto accanto a lei «Chi vuole iniziare? Sir Pentious, per esempio?»
Il serpente si alzò, cavando da sotto il tavolo un lanciagranate rosa e lo spinse verso Cherri.
«Miss Bomb, ecco... ho cosssstruito quesssto per te...perché, beh... ho pensato potessssse esserti utile. È anche pieghevole, nel caso volessssi portarlo in vacanza, ecco. Può essere riposto comodamente in valigia.»
La giovane afferrò immediatamente l’arma, soppesandola con cura, imbracciandola e provando a mirare:
«Che figata!» fu il suo unico commento, prima di recuperare un ordigno infiocchettato e farlo rotolare verso Vaggie «Questo è per te. È una bomba a frammentazione, ripiena di schegge affilate. Perfetta contro i piccioni.» esclamò, piegando il capo in direzione del Primo Uomo.
«Vaffanculo, troia!» la replica di quest’ultimo non si fece attendere, ma Vaggie lo ignorò. Agguantò invece il proprio pacchetto e lo porse a Niffty «Ecco a te. È un nuovo spolverino per...»
Niffty, tuttavia, aveva già agguantato lo scopettino al contrario come fosse un coltello, e stava pugnalando l’aria.
«Bello» ridacchiò la cameriera, acciuffando una coroncina di insetti morti e foglie. Si arrampicò sul tavolo per poggirla solennemente sul capo del Demone Radio «Re Scarafaggio.»
«Grazie, Niffty!» Alastor mimò un inchino garbato, e allungò il proprio regalo a Charlie.
La principessa afferrò la scatola di cartone, sollevando il coperchio e cavandone una tazza rossa, con la scritta “ Hell’s Best Daughter ” stampata sul fronte.
«Che cazzo significa?!» Lucifer scattò in piedi, non appena scorse le parole sulla ceramica «Stai insinuando qualcosa?»
«Oh, qualcuno si sente punto sul vivo?» Il sorriso di Alastor non si incrinò minimamente, anzi... rivolse al sovrano un gentile cenno del capo «è solo un regalo. Non c’è bisogno di reagire così... a meno che non si abbia la coda di paglia.»
Lucifer si aggiustò il cappello e evocò il violino:
«Allora non ne hai avuto abbastanza!» ringhiò, poggiando l’archetto sulle corde, ma Charlie si affrettò a frapporsi tra i due.
«Papà, basta! Per favore, Alastor ha solo avuto un pensiero carino, d’accordo?» spiegò, scoccando uno sguardo all’Overlord, che si era accomodato con un’espressione chiaramente vittoriosa «Non serve ricorrere al violino. Suvvia... perchè invece non ci mostri il tuo regalo?»
«Oh, ma certo tesoro!» lo strumento venne accantonato e Lucifer schioccò le dita, facendo apparire davanti a Husk un cavatappi a forma di papera «Bello, vero? Starnazza pure quando apre le bottiglie!»
Il barista afferrò il cavatappi con due dita, chiaramente disgustato:
«Incantevole» fu l’unico commento, prima di rivolgersi al Sir Pentious. Lanciò verso il serpente un portauova di plastica «Non c’è di che.» mormorò.
«Benissimo! Amh... a chi tocca?» Charlie guardò verso l’attore. Angel Dust sembrava insolitamente taciturno: non aveva aperto bocca, nemmeno per commentare i regali altrui. Decise che era arrivato il momento di conivolgerlo «Angel!»
Il demone ragno si agitò sulla sedia:
«Io, ecco... non... non ho fatto in tempo a preparare un regalo, mi dispiace.» abbassò il capo, chiaramente contrito. Aveva dormito sino all’ora di pranzo, si era alzato solo per mangiare un paio di bocconi ed era crollato nuovamente sul divano. Si era svegliato quando ormai si era fatta l’ora dell’esercitazione «Però, ecco... forse...» strinse le mani sul papillon nero e lo sganciò dal bavero della giacca. Lo porse a Emily «Scusami. Avrei voluto donarti qualcosa di più adatto, di... migliore, ma non ho altro con me.»
Inaspettatamente, la serafina gli gettò le braccia al collo:
«Oh, Angel! È il più bel regalo che potessi farmi!» Emily si affrettò a legare il fiocco al polso destro e lo ammirò soddisfatta «Hai colto in pieno lo spirito di questo compito. I tuoi progressi sono davvero notevoli. Devi essere fiero di te!» concluse la giovane, prima di spingere il piatto di biscotti verso i Morningstar «Questi sono per voi. Non sapevo cosa potesse piacervi, ma ho notato che apprezzate i dolci. Magari non sono fenomenali come i pancakes, ma...»
«Aww, è un pensiero adorabile, Emily!» Il sovrano si ficcò in bocca due dolcetti contemporaneamente, mentre la principessa riprendeva la parola.
«Grazie! Sono sicura che saranno spettacolari. Bene, ultimi regali. Adam, tocca a te.»
«Dav-vehro hai un re-halo an-he tu?» Lucifer non riuscì a trattenere un’esclamazione stupita, con la bocca ancora per metà piena di pasta frolla.
«Sì, razza di pagliaccio sottosviluppato!» il Primo Uomo si alzò in piedi e recuperò da sotto al tavolo un sacco di iuta, allungandolo verso Angel Dust «Ovviamente non è il massimo. Non è esattamente... figa quanto la mia, ma... per iniziare andrà alla grande!»
L’attore aprì quella curiosa confezione, emettendo un fischio ammirato. Sfilò una chitarra acustica: era un vecchio modello, rovinato lungo i bordi e con qualche ammaccatura qui e là, ma a lui non importava. Pizzicò timidamente le corde e poi la strinse a sé:
«Grazie. È bellissima.»
«No, non lo è. La mia è bellissima! Quella è...»
«Adam... va bene così. A Angel piace. È questo che conta» Charlie batté un paio di volte le mani, come a chiedere il silenzio e richiamare l’attenzione «Bene, ora che abbiamo tutti i nostri doni... anzi, mi correggo: quasi tutti.» scoccò un’occhiata a Adam, che era tornato ad accucciarsi malvolentieri sulla propria seggiola.
Non appariva particolarmente sorpreso che nessuno dei peccatori avesse pensato a lui, ovviamente... ma evidentemente aveva confidato in Emily, per ricevere qualcosa. L’idea che la collega avesse prodotto biscotti per il re dell’inferno e sua figlia, lo destabilizzava. Il Comandante degli Sterminatori aveva montanto un broncio annoiato: la visiera tradiva una smorfia pigra, con gli occhi bassi e la bocca stretta in una sottile linea piccata. Charlie ritenne che fosse giunto il momento: sfilò dalla tasca una scatoletta di plastica azzurra e la spinse sul tavolo. Il contenitore scivolò lungo il legno e si fermò giusto davanti all’Esorcista.
«Per te! Non conoscendo i tuoi gusti... o meglio, conoscendo solo i tuoi gusti peggiori, ho pensato di andare sul sicuro.»
Osservò soddisfatta le espressioni mutare rapidamente sulla maschera: dallo stupore, al sollievo e all’interesse. Vide Adam aprire la scatolina con malcelata curiosità e afferrare con due dita una sottile linguetta in osso, a forma di goccia. Sulla superficie, era incisa una A dorata.
«Cazzo!» lo sentì esclamare «è un plettro...»
«Ti piace?»
La risposta era ovvia: Charlie non ricordava di aver mai visto la maschera produrre un sorriso così sincero; di solito era più un ghigno sadico e distorto. Tuttavia, ancora una volta, l’orgoglio del Primo Uomo ebbe la meglio:
«No, è brutto e mi fa cagare!»
Si era immaginata una reazione simile, quindi tese prontamente la mano:
«Allora puoi restituirmelo.»
«No, affatto! Lo terrò comunque... come ricordo di quanto faccia schifo questo cesso di Hotel.»
La principessa si concesse un risolino, quando vide il plettro sparire prontamente tra le pieghe della tunica. Decise di non insistere. Spinse indietro la sedia e si avviò verso la cucina.
«Bene!» esclamò «Chi vuole un gelato?»
***
San Pietro scivolò sul balconcino privato della loro cabina, porgendo a Bra un calice di champagne.
«È bellissimo qui, non è vero?» domandò, osservando lo scafo solcare le placide acque del fiume Tigri «Sai, per domani è prevista una escursione a terra e mi domandavo se volessi parteciparvi.»
«Ed essere nuovamente costretta a nascondere le ali sotto un poncho messicano o una giacca a vento? Sei fuori di testa? Preferisco restare a bordo della nave...»
«Mh, giusto... Se invece trovassimo una caletta appartata dove fare il bagno e prendere il sole in pace?»
Bra si abbassò e posò un bacio tra le ciocche arruffate di San Pietro:
«Sì, mi piacerebbe davvero tantissimo, ma... e se ci fossero i piranha?»
«Oh, tesoro... non ci sono piranha in Africa!»
***
Bruto e Nerone sollevarono il muso dall’acqua:
«Grrrrrr»
«Grrrrrr»
«Grr grr...»
* Consapevoli della difficoltà del lettore di leggere il coccodrillese, si fornisce di seguito un’accurata traduzione.
«Che stronzo! La sta chiaramente illudendo.» esclamò Bruto, schioccando le fauci verso l’altro alligatore «Si approfitterà di lei e poi la lascerà per la graziosa morettina della cabina cinquantadue.»
Nerone annuì:
«Quasi sicuramente. Ah, gli uomini! Tutti uguali... e poi mi spieghi questa idiozia dei piranha da dove gli è uscita?»
«Beh, comunque... non dovrebbe dirle certe cose. Certo che ci sono i piranha in Africa!»
«No, sono originari del Sud America.»
Bruto dondolò la massiccia testa:
«Ne sei sicuro?»
«Diamine, sì! Ci viviamo noi nei fiumi africani... ti sembra ci sia spazio anche per i piranha? Ce ne saremmo accorti se così fosse, non credi?»
«Hai ragione...»
«...Come al solito. Piuttosto, chiama a raccolta anche gli altri ragazzi.» Nerone sogghignò, sfoderando i denti aguzzi e osservando la nave in placido allontamaneto «Pensano di appartarsi in una romantica caletta, vero? Che teneri... Buon per noi! Domani avremo un bel paio di polletti per pranzo!»
Chapter 16: L'agguato
Chapter Text
L’indomani, Lute uscì di buon mattino, accompagnata da altre due Esorciste: Waffle e Pie si erano immediatamente offerte per quella breve missione, malgrado l’appuntamento fosse fissato appena dopo l’alba.
Ciò che la luogotenente sperava era di cogliere Rami di sorpresa, possibilemente ancora mezzo addormentato e con il pigiama addosso. Stando alle indicazioni del fabbro, la casa del giovane si trovava a pochi isolati dalla fucina.
Imboccò Via S. Natale e controllò i numeri civici. Non fu difficile trovare l’abitazione del garzone: si trattava di un edificio singolo, stretto tra due condomini più alti. La pittura celeste era scrostata qui e là, mentre le imposte lilla erano ancora chiuse.
Si accostò alla soglia e batté il pugno sulla porta.
Dall’interno non provenne alcun rumore.
Riprovò, bussando vigorosamente:
«Rami!» chiamò «Siamo Esorcisti. Ti consiglio di farci entrare immediatamente.» gridò, ma senza ottenere risposta. Tentò nuovamente «Sappiamo che sei lì dentro! Non aggravare ulteriormente la situazione. Apri, è un ordine.»
Nulla.
Lute fece un passo di lato e indicò alle colleghe la soglia:
«Scassinatela!» sentenziò.
Waffle e Pie si affrettarono: estrassero dei corti pugnali e li inserirono rispettivamente nella serratura e nella sottile scanalatura tra il battente e lo spigolo. Dopo qualche insistenza, la porta cedette e ruotò pigramente sui cardini.
L’interno della casa era avvolto in una inquietante penombra: l’unica luce era fornita da alcuni candelabri tremolanti, appesi alle pareti. Il disordine regnava pressocché sovrano: pile di panni stropicciati occupavano sedie e poltrone, mentre il largo tavolo al centro della stanza era cosparso di libri, manoscritti e qualche curioso oggetto antico.
Lute si avvicinò, superando alcuni batuffoli di polvere e una scopa gettata a terra da chissà quanto; si chinò a osservare i volumi dimenticati aperti e i fogli degli appunti. Vi erano alcune mappe datate, dove i confini della vecchia Galilea e del lago di Tiberiade erano evidenziati in rosso. Poco oltre, un’area rettangolare era punteggiata. Una calligrafia affilata aveva scribacchiato alcuni nomi: regno di Gheshur, vescovo Willibald, Mordechai Aviam. L’ultimo nome era accerchiato da insulti e gestacci scarabocchiati qui e là. Vi era dell’altro: sulla mappa erano riportati i nomi di tre città. Messadiye, El-Tell, El-Araj erano cerchiate in verde, accompagnate dalla scritta “ Contenzioso di Betsaida? ”.
Si affrettò a scorrere il resto del materiale. I libri, gli appunti, persino alcune etichette appiccicate a rocce e vecchi mattoni riportavano tutti gli stessi nomi: Rami e Betsaida.
«E voi chi siete? Che ci fate in casa mia?»
Sobbalzò al sentire quella voce e si voltò di scatto. Waffle e Pie erano state leste: avevano immediatamente affiancato il nuovo arrivato, sfoderando le armi e puntandogliele alla schiena.
Il poveretto alzò tremante le mani:
«Non so cosa vogliate, ma... non sono ricco, ve lo giuro! Se volete dei soldi, sono...»
Lute lo squadrò con attenzione: il ragazzo vestiva un sobrio pigiama a righine azzurre ed era scalzo. I capelli neri erano completamente arruffati, ma ben si sposavano alla carnagione scura e ai grandi e spaventati occhi castani. Non riusciva a stimare l’età precisa, ma era indubbio che dovesse essere morto giovane. Le guance recavano alcuni segni di una rasatura superficiale, forse risalente alla sera precedente.
«Non siamo ladri. Cerchiamo Rami. Sei tu?» ricevette un cenno d’assenso. Si girò verso il tavolo e afferrò una delle tante mappe. La sollevò, avanzando verso lo sfortunato garzone «Cos’è questa roba?»
«Una... una piantina.»
«Questo lo vedo! Non fare il finto tonto con me. Sei tu, non è vero? Sei Betsaida...»
«Betsaida? No, no! Betsaida non è una persona. È una città.»
Lute lo schiaffeggiò e sventolò nuovamente la pergamena nell’aria:
«Non prendermi per stupida! Risponderai alle mie domande spontaneamente o ti costringerò a farlo. A te la scelta.»
«Non... non capisco! Cosa volete da me?»
«La verità.» con un cenno, indicò a Waffle e Pie una seggiola malmessa. Le due Sterminatrici vi spinsero l’uomo senza troppo cerimonie. Lute recuperò uno sgabello traballante e gli si piazzò davanti.
«Ricominciamo da capo» disse, sforzandosi a mantenere un tono di voce neutro «Siamo stati alla fucina e Sant’Eligio ci ha dato alcune informazioni interessanti. Lavori con lui da due anni e mezzo, è corretto?»
«S-sì»
«Ti ha descritto come un modello, un bravo assistente, ma con pochi interessi all’infuori del lavoro. Non sembra tu abbia amici, non ami uscire a svagarti, e quando rientri ti chiudi immediatamente in casa. Eppure sei giovane e di bell’aspetto; immagino tu sia anche ben educato. Quindi... fatichi a trovare persone con cui relazionarti oppure hai affari più urgenti da sbrigare tra queste quattro mura? Di cui, a giudicare dal disordine, nemmeno ti prendi cura.»
Vide il ragazzo indicare il tavolo, con mano tremante.
«Sono occupato con i miei studi, ecco tutto. In vita ero... ero un archeologo. Sa cos’è un..?»
«Naturalmente, brutto idiota! Vai avanti!»
«Ebbene, ho... dedicato la mia breve vita alla ricerca di Betsaida. Come accennavo, si tratta di una città dove vennero compiuti diversi miracoli e...»
«Non mi importano la storia o la geografia! Voglio sapere perché ti interessa tanto e perché il tuo nome è legato al suo. Lo hai scritto ovunque: sugli appunti, sulle mappe, tra le pagine dei libri.»
«Vedete, io... sono l’archeologo che l’ha scoperta. Ho trovato il suo sito quando ero ancora un giovane studente universitario. Mi venne offerta una borsa di studio e la possibilità di partecipare alla spedizione organizzata dal professor Mordechai Aviam. Naturalmente accettai! Dopo giorni interminabili di cammino e scavi senza sosta, trovai un indizio: alcune pietre e suppellettili abbandonati. Approfondii la mia ricerca, e finalmente dal terreno emersero le fondamenta dei vecchi edifici. Avevo trovato Betsaida! Entusiasta corsi a riferirlo al professor Aviam che, per tutta risposta, si sbarazzò di me offrendomi del cibo avvelenato. Aviam si prese ingiustamente il merito della scoperta. Per questo sto continuando a studiarla, capite? Le ho dedicato la mia vita! E quando sono arrivato vicino alla meta, mi è stata portata via.»
Lute inarcò un sopracciglio: quella versione non la convinceva fino in fondo. Possibile che un Vincitore, malgrado tutto, fosse rimasso così attaccato alle proprie ricerche terrene? Nonostante il trapasso e l’ammissione in Paradiso, era ancora consumato dalla curiosità umana? Poteva comprendere la delusione per il tradimento del proprio mentore, ma... mantenere questa ossessione anche dopo la morte, non era eccessivo? Non sapeva come rispondere a questi interrogativi che le frullavano in mente. Da un lato, più ci rifletteva e più la versione di Rami le sembrava plausibile; il suo istinto, tuttavia, le suggeriva di non fidarsi. Scagionarlo sulla sola base del racconto, poteva rivelarsi un errore madornale: se Rami fosse stato il contrabbandiere, avrebbe sicuramente trovato un modo per fuggire dal Paradiso e chiedere asilo ai suoi contatti in Pentagram City.
Fissò nuovamente l’interrogato:
«Rami, sei mai stato al quartier generale degli Esorcisti?»
«Sì signora, alcune volte.»
«Per quale motivo?»
«Sant’Eligio mi incaricava spesso del trasporto delle armi appena prodotte.»
«Quindi non ti sarebbe stato difficile fare sparire qualche lotto o due, mh? Magari perderlo nel trasporto, falsificando i documenti... oppure portandolo fuori direttamente dal nostro magazzino, a cui - immagino - avessi libero accesso.»
«Cosa?» la confusione sul viso del giovane aumentò «No! Io... cioè, non ho mai rubato nulla. Ero solo uno degli addetti, insieme a Agliulfo e Rotari. Ci alternavamo nelle consegne e... sì, avevamo l’ordine di scaricare direttamente nel magazzino» Rami cadde in ginocchio e congiunse le mani «Ma ve lo giuro, sono innocente! Non sono un ladro. Non ho mai rubato, mai! Perché mi accusate di furto? Che cosa ho fatto? Che c’entra tutto questo con i miei studi archeologici?»
«Non posso sbilanciarmi, al momento. Dovremo proseguire questa conversazione in luogo più opportuno.» Lute schioccò le dita e Waffle e Pie si affrettarono a sollevare il garzone da terra, trattenendolo per le braccia «Rami... ce l’hai un cognome?»
«Arav.»
«Bene. Rami Arav sei in arresto.» diamine, aveva sempre sognato di dirlo! Non capitava tutti i giorni di arrestare qualcuno in Paradiso! Anzi, a dirla tutta... quasi mai «Verrai scortato alla caserma degli Esorcisti per ulteriori accertamenti circa le tue attività. Sei affidato alla custodia delle qui presenti Waffle e Pie. Obiezioni?» il ragazzo non le rispose. Si limitò a tenere il capo chino e a fissarsi la punta dei piedi, ancora scalzi «Molto bene. Andiamo!»
Lute si mosse verso la porta, seguita a ruota dalle colleghe e dal malcapitato che, stretto tra loro, singhiozzava disperato.
***
San Pietro si guardò le gambe. Avrebbe dovuto prendere una crema con un portezione solare più alta! Gli stinchi erano già rossi come il carapace di un gamberetto, e sentiva dei formicolii sospetti al petto e alle braccia. Se solo avesse potuto tuffarsi in acqua! Quando ci aveva provato, una allegra famigliola di coccodrilli aveva tentato di sbranarlo. Sconfortato, era immediatamente tornato a riva, dove Bra lo attendeva con l’asciugamano.
Il portinaio spiò la compagna con la coda dell’occhio: la Sterminatrice sembrava decisamente a proprio agio. Aveva inforcato un paio di occhiali da sole e un cappello di paglia; si era distesa sulla stuoia e si era messa a leggere. Non aveva mai staccato l’attenzione dal libro.
«Come... amh... come è quel romanzo?» chiese timidamente San Pietro.
«Avvincente! La narrativa umana è davvero interessante. Ho fatto bene a comprarlo in aeroporto.»
«E... di cosa parla?»
«È una storia d’amore tra una studentessa del liceo e... non ho capito bene cosa sia lui. Una specie di... succhiasangue erbivoro che brilla alla luce del giorno. Una cosa così.» la vide scrollare le spalle con noncuranza «Comunque, è carino.»
«Ah, certo... amh... senti, pensavo di fare due passi. Ho notato un’antica rocca, oltre quel promotorio» indicò una collinetta scoscesa che, superati alcuni scogli, si tuffava direttamente nel fiume «Vorre visitarla.»
«Ok, ciao!»
«Tu non... non vieni?»
«Stai scherzando? Proprio ora che lui le sta confessando di essersi innamorato? Assolutamente, rimarrò qui a leggere» Bra gli rivolse un sorriso zuccherino «Ma tu vai pure, tesoro.»
San Pietro la guardò con tenerezza: conosceva la sua grande passione per la lettura e l’amava anche per questo. Quella risposta, quindi, non lo sorprese affatto: aveva considerato la possibilità d’essere temporaneamente abbandonato, scivolando al secondo posto nel cuore di Bra... rimpiazzato da un affascinante vampiro vegano. Si alzò in piedi e spazzolò i granelli di sabbia attaccati ai boxer azzurrini.
«Va bene, a... a dopo, mia cara.» concluse, prima di avviarsi lungo il bagnasciuga.
***
Adam scivolò all’interno dell’ambasciata celeste e chiuse la porta alle proprie spalle. Si liberò in fretta del cappuccio che copriva l’aureola e si ravvivò le ciocche disordinate. Emily, che lo precedeva di qualche passo, era già sulla soglia della consueta sala riunioni.
«Arrivo...» disse, allungando il passo per per poterla raggiungere. Accostò il secondo battente e si accomodò al lungo tavolo, fissando i due ologrammi che, all’altro capo, si erano già materializzati «Sera, Lute...ben riviste.» salutò, mentre la giovane serafina prendeva posto accanto a lui.
Emily non stava più nella pelle: non vedeva l’ora di raccontare i progressi degli ospiti dell’ Hotel. Aveva appuntato le proprie considerazioni su un quadernetto, che aveva prontamente cavato da sotto la cappa e aperto sul tavolo. Impaziente, dondolava le gambe, batteva i piedi a terra e stropicciava continuamente il fiocco nero di Angel Dust, ancora legato al suo polso destro.
«Sera!» attaccò immediatamente, non appena scorse l’Alto Serafino palesarsi «Ho così tante cose da raccontarti! Non ci crederai, ma dall’ultimo nostro incontro, beh... i peccatori dell’Hazbin si sono davvero impegnati moltissimo. Ho preso nota di tutto, per poterne discutere con te e...»
Sera, tuttavia, alzò una mano per interromperla:
«Perdonami, Emily. Al momento, abbiamo questioni più urgenti da affrontare. Ci sono alcuni dettagli di cui devi essere messa al corrente, ma prima... vorrei che Lute ci fornisse un quadro completo della situazione.»
Emily si azzittì e si guardò attorno, smarrita. Gettò un’occhiata perplessa al Primo Uomo che, però, non la stava calcolando.
L’ologramma di Lute avanzò di qualche passo, mantenendo la abituale postura marziale.
«Buon pomeriggio» salutò educatamente, prima di recuperare alcuni fogli frettolosamente scribacchiati «Comandante, come d’accordo, ho provveduto ad informare l’Alto Serafino della situazione e ho avviato le indagini, a partire proprio dal nostro fornitore di armi. Il fabbro, Sant’Eligio, mi è parso al di sopra dei sospetti, così come la moglie e i suoi due figli. Viceversa, tra i garzoni di bottega ho trovato qualcuno che potrebbe essere invischiato nel traffico d’armi...»
«Traffico d’armi?!» lo stupore di Emily non venne considerato da nessuno dei presenti.
Lute proseguì, come se non fosse mai stata interrotta:
«Si tratta di Rami Arav, un Vincitore. In vita, era un archeologo e ha preso parte alla scoperta del sito di Betsaida, una città al confine con l’antica Galilea e il lago di Tiberiade. Pare sia stato teatro di alcuni miracoli e... beh, nella sua casa ho rinvenuto mappe, appunti e persino alcuni reperti. L’ho interrogato, ma ha affermato che il suo interesse per la città è esclusivamente accademico: sembra, infatti, che sia stato ucciso dal suo mentore prima di poter completare gli scavi archeologici relativi e che sia, quindi, rimasto... ossessionato, diciamo, dalla città e da tutto ciò che le gravita attorno.»
Adam si pizzicò l’attaccatura del naso: come al solito, Lute aveva svolto un lavoro impeccabile. In meno di quarantotto ore, aveva trovato un possibile sospettato, lo aveva interrogato e stava fornendo preziose informazioni. Eppure, qualcosa non lo convincenva: come aveva fatto tale Rami a sottrarre così tanti lotti? Come comunicava con l’Inferno? Oltre alla Carmine, chi erano gli altri acquirenti? Qualcuno che, magari, avrebbe potuto fornirgli protezione, se fosse riuscito a fuggire dal Paradiso?
«Potrebbe corrispondere al nostro uomo?» chiese, cogliendo l’agitarsi di Emily accanto a sé. La giovane si stava dimenando nervosamente sulla seggiola, spostando l’attenzione ai tre, ma senza osar domandare altro.
«È presto per dirlo, signore» replicò la luogotenente «Indubbiamente, ci sono un bel po’ di indizi che conducono a lui. Come l’aver incominciato a lavorare per Sant’Eligio due anni e mezzo fa, oppure il ritrovarsi con una richiesta d’aumento respinta. Suppongo potrebbe aver iniziato il commercio d’armi proprio dopo questo fatto. Le tempistiche coincidono. Inoltre, ha ammesso d’aver avuto accesso al nostro magazzino per lo scarico della merce.»
«Ma..?»
« Ma ...cosa, signore?»
«C’è qualcosa che non ti convince, Lute. Ti conosco troppo bene. Non ne sei sicura o sbaglio?»
«È così.» Convenne la donna «Rami è... terrorizzato. Continua a ripetere d’essere innocente, di non essere un ladro. Non fornisce nessuna altra versione. Risponde a tutte le nostre domande e chiede solo quando potrà tornare a casa. Non ha cercato di accusare gli altri garzoni o il proprietario della fucina. È convinto che possa esserci stato un malinteso. Purtroppo, non ha nesssuno che possa testimoniare. Non ha alcun alibi e tutti gli inidizi finora raccolti gli remano contro.»
«Lascia perdere l’indagine, ora. Rispondi sinceramente: credi che sia lui?»
«Beh, signore... non conosciamo nulla del nostro contrabbandiere: l’età, l’altezza, il sesso, il peso. Onestamente, potrebbe essere chiunque, ma... no, signore. Non credo sia lui Betsaida.»
Adam si spinse all’indietro, adagiando la schiena contro la spalliera della seggiola. Sbuffò, frustrato:
«Hai fatto un ottimo lavoro, come sempre, ma... siamo punto e a capo. Non possiamo considerare Rami innocente, ma neppure accusarlo con... niente per le mani. Dove lo hai sistemato, a proposito?»
«In Paradiso, come saprà, non ci sono delle celle di dentenzione. È il Paradiso, giusto? Perchè dovrebbe esserci bisogno di una prigione? Per cui, l’ho rinchiuso in una delle camerate. È piantonato giorno e notte; Waffle e Pie sono costantemente con lui e lo tengono d’occhio.»
«Eccellente» spostò l’attenzione al secondo ologramma. Sera non aveva proferito parola, limitandosi ad annuire di tanto in tanto «Immagino che Lute ti abbia già riferito tutto, Sera... quindi, da parte mia, non ho ulteriori novità.» sospirò, finalmente volgendo l’attenzione alla propria destra «Credo sia arrivato il momento di fornire una spiegazione a Emily.»
La piccola serafina sollevò di scatto il capo, sentendosi chiamata. Spostò lo sguardo da Adam a Lute e, infine, a Sera. La collega la stava osservando con malcelata preoccupazione, chiaramente nervosa: le lunghe dita allisciavano invisibili piegoline sul vestito, mentre una leggera ruga le corrugava la fronte.
Sera prese la parola, rompendo il silenzio:
«Emily, ascolta... siamo venuti a conoscenza di un traffico illegale di armi angeliche. Lute mi ha detto che alcuni giorni fa, mentre raggiungevi l’ambasciata, sei stata minacciata da un vagabondo con un coltello. Ricordi?»
Emily annuì. Come avrebbe potuto dimenticarsene? Tuttavia, lei non ne aveva fatto parola con nessuno, esattamente come le era stato consigliato. Gettò un’occhiata interrogativa a Adam, che le rispose con una scrollata di spalle:
«Ho dovuto informarle» fu tutto ciò che ricevette.
Tornò a Sera.
«Emily, quel pugnale... era fatto di acciaio angelico. Apparteneva a nuova produzione. Lute e Adam hanno svolto alcune indagini e hanno scoperto un traffico d’armi, iniziato due anni fa e ancora attivo. Dalle stime, sappiamo con certezza che sono stati sottratti agli Sterminatori numerosi lotti, e che sono stati distribuiti a Pentagram City. Adam ha scovato il nome del principale acquirente e si è assicurato di chiudere quel canale, ma... sappiamo che vi sono altri compratori, sparsi per la città. Non sappiamo quante armi possano ormai essere finite nelle mani dei peccatori.»
«Abbastanza da armare un esercito» si intromise Adam.
«Lute si sta adoperando per scovare il colpevole: si fa chiamare Betsaida, ma non abbiamo altre informazioni. Non conosciamo nulla di lui... o lei. Non si è mai mostrato a volto scoperto, nemmeno con i suoi clienti più affezionati. L’unica cosa di cui siamo certi... è che è dei nostri. C’è un traditore in Paradiso.»
Emily non riuscì a nascondere lo stupore. Si portò le mani al viso, nascondendo in fretta una smorfia incredula.
«È terribile...» sussurrò, lasciando rimbalzare le iridi viola tra gli astanti, prima di tornare all’Alto Serafino «Che cosa possiamo fare?! Dobbiamo assolutamente fermare questo traffico. Per prima cosa, credo dovremmo informare Charlie e...»
«Ne è già a conoscenza» la interruppe Adam «Lei, Vagina...»
«Vaggie!»
«Il demone con la voce da giradischi rotto...»
«Alastor!»
«... Sono già al corrente. È grazie a loro che sono riuscito a risalire a Carmilla Carmine, la più importante trafficanti d’armi dell’inferno. Come accennato, mi sono assicurato che chiudesse l’attività, ma... lei è soltanto una. Puoi scommetterci, come Betsaida capirà che la Carmine non è più tra i suoi clienti cercherà nuovi compratori.»
«Allora come..?»
Sera riprese parola:
«Ho richiesto un colloquio con il Concilio Angelico, ma non hanno potuto ancora ricevermi. Tuttavia, ritengo che la già precaria sicurezza di Pentagram City, per voi si sia definitivamente compromessa. Non è prudente lasciarvi laggiù.»
«Che cosa?!» Emily balzò in piedi.
«Dispongo che rientriate immediatamente e...»
«No! E la mia missione? Gli ospiti dell’hotel stanno facendo grandi progressi e sacrifici. Non posso abbandonarli, non ora! Non sono nemmeno a metà del lavoro.»
«Mi dispiace, Emily Non c’è modo garantire ulteriormente la vostra incolumità.»
«Non posso deluderli.»
«Sono certa comprenderanno il motivo di queste misure.»
«Sera, ti prego!»
«No. La mia decisione è irrevocabile.»
Emily abbassò lo sguardo, incapace di frenare le lacrime che le pungevano gli occhi e le colavano lungo le guance. Strinse i pugni con rabbia, le nocche bianche per lo sforzo e le unghie conficcate nei palmi. Tre paia d’ali tremarono oltre le spalle sottili e l’aureola si accese di un bagliore sinistro.
«Tu non capisci! Sono l’unica possibilità per queste persone! Sono il serafino della gioia, della speranza, dell’altruismo... è compito mio aiutarli.»
«No. Non intendo discuterne ulteriormente. Torna all’hotel e prepara i bagagli. Domattina apriremo un portale, affinché possiate risalire. Mi dispiace, ma...»
Emily non la stava più ascoltando.
Si voltò e corse fuori dalla stanza, sbattendo con forza la porta alle proprie spalle.
***
Adam si alzò di scatto:
«Emily, aspetta!» allungò una mano, per cercare di afferrarla, ma la piccola serafina lo scansò e guizzò rapidamente oltre la porta «Merda» ringhiò, scoccando un’occhiata ironica alle due sagome ferme oltre il tavolo «Bel lavoro, Sera!»
«Risparmia il sarcasmo e cerca di farla ragionare» vide l’Alto Serafino massaggiarsi la fronte, decisamente spazientita «Non intendo lasciarvi in quel buco infernale un momento di più.»
«Lascia fare a me, riuscirò a convincerla.» esclamò, abbandonando in fretta la sala riunioni.
Gli ologrammi di Sera e Lute si dissolsero un attimo dopo.
***
Adam si bloccò sulla soglia.
La hall dell’ambasciata era immersa in una fitta nebbia. Non riusciva a scorgere nulla, che non fosse un muro bianco. Si voltò, ma anche la sala riunioni era stata invasa in breve tempo dal fumo denso.
Avanzò di qualche passo, i muscoli rigidi per la tensione. L’istinto lo mise immediatamente all’erta: dubitava che quella foschia fosse dovuta a qualche tubo di ventilazione rotto. Non riusciva, tuttavia, a coglierne la fonte. Più si guardava attorno e meno riusciva a vedere.
I suoi passi riecheggiavano nel silenzio, producendo un rumore sin troppo ovattato.
Serrò i pugni e li sollevò, pronto a combattere qualsiasi cosa fosse spuntata dalla cortina.
Spiegò le ali e le sbatté un paio di volte, nel tentativo di diradare la coltre bianchastra, ma senza successo.
«Emily!» chiamò infine, mentre l’eco della sua voce si perdeva nel nulla «Emily, dove sei?»
«Qui» la risposta giunse da un punto imprecisato «Non riesco a vedere niente.»
«Cos’è successo?»
«Stavo andando verso la porta, quando... non lo so. Ho sentito un sibilo e la stanza si è immediatamente riempita di fumo! Stavo cercando di tornare indietro per avvertirti, ma... non sono riuscita a ritrovare il percorso!»
«Non importa. Continua a parlare, provo a raggiungerti.»
Affidarsi agli occhi era impossibile; l’unica chance era seguire i suoni e sperare lo conducessero nella giusta direzione.
«Non trovo l’uscita.»
«Lo so, però...»
«Non so dove sei.»
«Non lo so nemmeno io, ma... non muoverti o rischiremo solo di perderci. Continua a parlare. Raccontami qualcosa.»
«Ho... una brutta sensazione.»
Anche io , avrebbe voluto risponderle. Si costrinse a mantenere un tono neutro, per non spaventarla ulteriormente.
«Emily, hai... non so... aspetta.» che razza di argomenti potevano intrattenere un angelo adolescente? Aveva bisogno di ascoltare la sua voce per rintracciare la giusta direzione, ma la serafina sembrava così intimorita da aver perso la consueta loquacità «Amh... dimmi del libro che stai leggendo! La... amh... la Matrigna di Pechino.»
«È la Vergine di Calcutta!»
«Quello che è!»
«D’accordo, sono arrivata al punto...» la voce di Emily mutò in un gridolino «Qualcosa mi ha toccato la gamba!»
«Vola!»
Percepì un fruscio alla propria sinistra e si voltò in quella direzione. Poco dopo, la sentì di nuovo lamentarsi:
«Qualcosa mi è volato accanto! È...»
Le sue parole vennero coperte da alte urla.
Adam si tappò immediatamente le orecchie. Non aveva mai sentito un lamento così straziante... o forse, sì. Anche se per pochi attimi: ricordava quegli squitti striduli, il giorno in cui aveva messo piede all’inferno. Quando aveva abbattuto il Siccomoro Ambulante per recuperare la propria valigia. Aveva rivisto quegli esserini immondi alla televisione, quando era passato un servizio sulla loro pericolosità. Rammentava a stento le parole della giornalista bionda sulle capacità distruttive dei Conigli Mannari: morso infetto, latrati così potenti da spaccare i timpani e far sanguinare le orecchie. Effetti terribili già per le vie della città, che in un ambiente chiuso si rivelavano semplicemente devastanti.
Spiegò le ali e balzò in aria, ma ricadde pesantemente a terra. Provò a rialzarsi, ma le ginocchia cedettero e ruzzolò sul pavimento freddo. Non riusciva a pensare ad altro che al dolore: era come avere il cervello trafitto da una miriade di spilli. Più cercava di turarsi le orecchie, più i lamenti dei Conigli gli riecheggiavano in testa. Il sangue dorato colava dai padiglioni, scivolando lungo il collo e macchiando la tunica. Si costrinse a mantenere gli occhi ben aperti, nonostante le lacrime li invadessero e rendessero ancor più difficoltoso l’orientamento. Si mosse carponi, strisciando lungo il suolo. Le mani vagavano alla ricerca di appigli nelle piastrelle, per potersi trascinare in avanti di qualche metro. Ogni movimento gli costava una fatica immensa: le fitte si propagavano lungo i nervi, scuotendo il suo corpo come fosse di pezza. Si sentiva completamente in balia del caso: non sapeva in che direzione stava avanzando, né dove effettivamente fosse Emily. Doveva raggiungerla al più presto e riguadagnare l’uscita. A stento percepiva i singhiozzi della giovane serafina: a tratti riusciva a cogliere la sua voce, poi sovrastata dalle urla dei mostriciattoli.
«Emily!» chiamò, ma dalle labbra gli sfuggì solo un flebile sussurro.
Allungò la destra per arrancare e le sue dita si strinsero attorno ad una folta pelliccia. Il Coniglio Mannaro emise uno squittio e affondò i denti tra l’indice e il pollice. Adam gridò, rotolando su un fianco e stringendosi la mano ferita. Senza riflettere, evocò un fascio di luce angelica e spazzò via la creatura.
«Cazzo...» ringhiò, tentando inutilmente di valutare il danno.
La ferita pulsava e il bruciore si diffuse rapidamente all’intero arto, per poi attanagliargli il petto e le viscere. Rabbrividì, mentre un sudore gelido gli imperlava la fronte e la vista si sfuocava sempre di più. Provò a rialzarsi, ma ricadde nuovamente sulle ginocchia.
«Emily...» sussurrò, quando la disperata richiesta d’aiuto della ragazza lo raggiunse.
Si sforzò di alzare nuovamente la mancina e di fendere la nebbia con il proprio potere, ma una risata stridula lo interruppe.
All’improvviso, piombò il silenzio: le urla dei Conigli Mannari si fecero sempre più flebili, sino a spegenrsi, come se si fossero semplicemente allontanati o qualcuno li avesse portati via.
Adam alzò lo sguardo quando sentì dei passi avvicinarsi e una voce meccanica interrompere la quiete.
«Non lo farei se fossi in te. Non vorrai rischiare di colpire inavvertitamente la piccola Emily, vero?»
«Chi cazzo sei?» ringhiò, ma la risposta gli parve ovvia prima ancora che lo sconosciuto si presentasse. Tra la foschia, riusciva a intravedere un ampio mantello nero, un cappuccio e una maschera lucida. La figura non era particolarmente alta, ma celava alla perfezione le proprie fattezze.
«Lo sai.»
«Betsaida.»
Un calcio al fianco lo spedì nuovamente a terra. Lottò per rialzarsi, ma il rivale gli calpestò le ali e gli piantò un piede tra le scapole.
«Niente mosse azzardate, se vuoi rivedere la tua giovane amica tutta intera.»
«Figlio di puttana! Che le hai fatto?»
«Più o meno la stessa cosa che sto per fare a te.»
Provò a risollevarsi, ruzzolando di lato, ma le forze lo stavano abbandonando. L’infezione dovuta al morso si era ormai diffusa: le membra erano scosse da tremori, la vista andava annebbiandosi sempre più, lo stomaco si contraeva per la nausea e la febbre gli bruciava la mente e la gola.
«Vaffanculo» sibilò, mentre l’altro lo agguantava per i capelli e gli sbatteva la testa contro il suolo.
«Modera i termini. Non ti hanno insegnato l’educazione?»
Si sentì strattonare il capo in avanti e abbassare il colletto della tunica. Poco dopo, si ritrovò a fissare una curiosa bacchetta nera, con la punta acuminata.
«Sai cos’è questo?» domandò la voce robotica, che non gli concesse nemmeno tempo di replicare «Ovviamente no. Sei così ignorante. È uno stilo. Una sorta di... penna, usata nell’antichità per scrivere su tavolette d’argilla. Non che tu ne abbia mai avuto l’occasione.»
«Cosa cazzo..?»
Le sue parole sfumarono in un grido quando sentì la punta affilata incidergli la pelle sulla nuca. Colse il sangue scorrere lungo la curvatura delle spalle, mentre lo stilo tratteggiava un complicato simbolo nella sua carne. Tentò di divincolarsi, ma la lama scavò ancora più in profondità.
«Non muoverti, o soffrirai il doppio. Ho quasi fatto.» canticchiò Betsaida «Un piccolo regalo da parte mia: un marchio, che ti priverà di ogni tuo potere. Non preoccuparti, non è permamente, putroppo... ma hai davanti sette giorni da completa nullità. Sarà un po’ come tornare agli inizi, per te: di nuovo un banale essere umano.» lo stilo disegnò un cerchio e si staccò «So a cosa stai pensando: soltanto gli Angeli Superiori possono imporre sigilli di una tale portata. Chissà... forse siedo nel Concilio Angelico o forse no. Forse sono soltanto una persona... studiosa.»
La maschera si abbassò e Adam si ritrovò ad osservare il proprio volto malconcio nel riflesso.
«Chi... sei?»
«Non ti aspetterai davvero che te lo dica!»
«Sto per morire... che differenza fa?»
«La riprova che sei uno stupido. Se avessi voluto ucciderti, non ti avrei inciso il sigillo. Ti avrei tagliato la gola con un’arma angelica e tanti saluti.» vide l’altro scrollare le spalle e allontanarsi di qualche passo.
Non poteva assolutamente finire così. Doveva farlo parlare, raccogliere più indizi possibili, sfruttare il delirio di onnipotenza di quell’imbecille borioso e poi... trovare un modo per trasmettere le informazioni a Lute. Sempre che fosse riuscito a sfuggire a... qualunque idea malsana avesse in mente il suo aguzzino.
«Asp...» un conato di vomito lo scosse. Adam rigurgitò bile e sangue sul pavimento.
«Non temere. C’è un antidoto al veleno dei Conigli Mannari... solo, non ti verrà somministrato ora.»
«Se... se non sei un Angelo Superiore, allora... come..?»
«Te l’ho detto, ho studiato. Se fossi così in alto nella gerarchia del Paradiso, non avrei certo avuto bisogno di tutta questa messa in scena per estrometterti dai giochi. Avrei potuto semplicemente strapparti aureola e ali. Invece sono... come te» una pausa, prima che la maschera tornasse a gracchiare «Più di te, o meno di te... non ha importanza. So imporre sigilli, aprire portali e altri trucchetti del genere, ma... purtroppo, i miei poteri sono ancora limitati. Però, mentre tu hai sprecato l’ eternità a strimpellare una chitarra e a trastullarti con gli stermini... io ho letto, ho appreso, ho perserverato nel mio cammino. Ho sperimentato. Ho conosciuto il fallimento, la tenacia nel perseguire un obiettivo e, alla fine, la soddisfazione di raggiungerlo. Ho ottenuto un potere che si avvicina a quello degli Angeli Superiori, a cui nemmeno un serafino può ambire.»
Mi conosce , fu il pensiero che attraverò la mente dell’Esorcista. Questo però non restringeva il campo: le sue abitudini erano note in buona parte del Paradiso, fatto salvo per le epurazioni annuali.
La figura ammantata gli si accostò, afferrandolo nuovamente per i capelli e costringendolo a risollevare il capo. Adam decise per un ultimo e disperato tentativo: a fatica, stese la destra e cercò di evocare il proprio potere. Dalla punta delle dita non scaturì neppure una scintilla.
«Sei uno spasso, davvero! Così insulso nella tua arroganza. È stato divertente giocare con te, ma il tempo a nostra disposizione è scaduto.» l'aguzzino si abbandonò ad una risata pungente «Buona notte, Primo Idiota.»
Betsaida gli sbattè la testa a terra una, due, tre volte, spaccandogli la fronte. Il sangue dorato gli colò sugli occhi, mentre un rinnovato dolore gli trapassava il cranio.
Adam si abbandonò all’incoscienza e giacque immobile sul pavimento dell’ambasciata celeste.
Chapter 17: Se muori, ti ammazzo e sembrerà un incidente!
Chapter Text
San Pietro tornò trafelato all’ombrellone.
«Tesoro... tesoro... non puoi capire!»
Era paonazzo e non soltanto per lo sforzo d’aver corso lungo tutto il bagnasciuga: la sabbia umida si era appiccicata alle sue gambette magre, i capelli si erano seccati e arruffati per via della salsedine; il dorso del naso, forse per la troppa calura, stava iniziando a spellarsi.
Bra staccò pigramente lo sguardo dalle pagine: non sembrava aver progredito molto nella lettura, da quando si erano lasciati. Forse la storia d’amore tra la giovane liceale e il succhiasangue vegetariano era meno interessante del previsto.
«Che c’è mio caro?» La donna scivolò di lato, facendogli spazio sulla stuoia.
San Pietro vi si accasciò, visibilmente scosso:
«Ho raggiunto la rocca, sai... ecco, quella dietro il promontorio. Mi sembrava carina, mi sembrava un posto affascinante, ma... ma...» gesticolò, mulinando le braccia in aria, prima di nascondere il viso tra i palmi «In realtà c’era... una spiaggetta dove erano ... tutti nudi!»
«Calmati, pasticcino, va tutto bene» sentì il braccio altrui stringergli le spalle.
«No, non va tutto bene! Era così... indecente, impudico e... promiscuo! Uomini e donne assieme, senza vestiti e nemmeno un costume da bagno. Dobbiamo andarcene subito.»
Si alzò, chiudendo in fretta il piccolo ombrellone e prendendo ad arrotolare gli asciugamani.
«Perché? Non ho ancora finito il capitolo!»
«E non lo finirai, se non ce la svigneremo immediatamente. Presto! Prima che nell’Alto dei Cieli si accorgano di un tale scempio!»
«Ma... che fretta c’è?»
«Amore, ricordi cosa è successo a Sodoma e Gomorra?! Io... io...» congiunse le mani in preghiera «Non voglio trasformarmi in una statua di sale mentre il castigo divino si abbatte sulla spiaggia dei nudisti! Andiamo via, per favore.»
Bra sbuffò e si alzò controvoglia. Piegò l’angolo superiore della pagina per tenere il segno e riprese la propria borsa mare.
«Va bene...» acconsentì infine «Se la cosa ti fa stare più tranquillo... torniamo sulla nave. Lì saremo al sicuro.»
***
«E anche oggi, si pranza domani!» Sbuffò Bruto, osservando la coppia allontanarsi dal litorale.
«Sei proprio una zucca vuota! Non hai sentito che cosa ha detto il pollo? C’è una spiaggetta di nudisti oltre il promontorio!» Nerone si immerse, schioccando allegramente le fauci «Andiamo! Magari riusciremo a trovare ancora qualcuno da mettere sotto i denti.»
***
Charlie osservò nervosamente l’orologio.
Il pendolo, in fondo alla stanza, aveva appena battuto le dieci di sera.
Adam e Emily non erano ancora rientrati.
Non si era preoccupata fino all’orario di cena: era plausibile che il colloquio con il Paradiso si stesse protraendo, specie dopo gli ultimi avvenimenti. Tuttavia, i due non si erano fatti vivi. Aveva atteso un po’ e poi chiamato gli altri ospiti a tavola.
Aveva sperato di vederli sbucare in cucina da un momento all’altro, ma il pasto si era consumato senza di loro. Si era premurata di salvare un paio di porzioni di stufato e aveva raggiunto gli altri nel soggiorno, unendosi alla serata film: in televisione sarebbe presto iniziato il secondo capitolo della corroborante trilogia “Il Signore dei Fringuelli”, ma pareva che a nessuno importasse poi molto. Husk lucidava continuamente i propri bicchieri, come se si stesse sforzando di non pensare. Cherri Bomb controllava il telefono, Sir Pentious si rosicchiava le unghie nervosamente. Niffty era assorta nei propri doveri e spazzava con cura le briciole dal pavimento. Alastor non aveva perso il solito aplomb: sedeva composto sul bordo del divano, completamente disinteressato alla televisione e rigirandosi tra le dita il proprio bastone radiofonico.
Vaggie le si accostò:
«Non ti tormentare. Probabilmente, la loro riunione si sta dilungando più del previsto. Oppure Emily si è fermata lungo la via per fare acquisti. Non lo troverei così insolito.»
«Spero sia come dici. È solo che... ho una brutta sensazione, a riguardo.»
«Ehy, è solo una sensazione» la compagna le strinse affettuosamente una spalla «Torneranno presto, vedrai.»
«Maggie ha ragione, tesoro.» Lucifer le porse una tazza di tè fumante.
«Vaggie.»
«Non c’è motivo di essere in pensiero! Sono sicuro saranno qui entro breve.»
«Non lo so, papà» la principessa scosse il capo e soffiò sulla bevanda calda «E se fosse capitato qualcosa?»
«Oh, suvvia... sanno badare a loro stessi.»
All’improvviso, la porta sbatté di colpo e un trafelato Angel Dust si affacciò sulla soglia della sala. Il suo volto tradiva sollievo e soddisfazione.
«Non ci crederete mai!» Esclamò, agitando il cellulare in aria «Valentino mi ha lasciato la serata libera. Mi ha scritto che per oggi non ci saranno riprese.» si avviciò a una poltroncina e vi si lasciò cadere a peso morto «Non è splendido? Non mi capitava da...» si interruppe osservando gli astanti: nessuno sembrava realmente interessato a quella notizia. Le espressioni, inizialmente distese quando aveva spalancato l’uscio del salotto, erano tornate cupe e pregne di preoccupazione «Che c’è? Il gatto vi ha mangiato la lingua?» strizzò l’occhio in direzione di Husk, che non raccolse la sua provocazione «Oh, insomma... che avete tutti quanti?»
Charlie gli si avvicinò, le mani giunte in grembo. Non c’era un modo migliore per affrontare l’argomento: il legame che l’attore stava intessendo con la serafina era importante e sotto gli occhi di tutti. Non desiderava rovinare ad Angel una delle sue poche serate libere, né gettarlo nello sconforto o nell’inquietudine. Tuttavia, era giusto conoscesse la situazione:
«Emily e Adam non sono tornati. Sono usciti dopo pranzo per un colloquio con il Paradiso. Solitamente, rientrano dopo un paio d’ore al massimo, ma... non abbiamo loro notizie da questo pomeriggio.»
«Credi possa essergli accaduto qualcosa?» la voce di Angel si era macchiata di una sfumatura angosciata «O possano essere... stati richiamati lassù?»
Charlie scrollò le spalle: non conosceva la risposta, e comprendeva il tormento dell’amico. Emily lo stava supportando così tanto nel cammino verso la redenzione. Perché sarebbe dovuta fuggire nel Regno dei Cieli senza neppure avvertirli? Non l’avrebbe mai fatto, se non per motivi più che validi. Tanta urgenza non poteva significare nulla di buono.
«Non lo so, mi dispiace. Ma... sono certa ci faranno avere loro notizie, in qualche modo. Insomma, Emily non è una persona che sparisce così, senza nessun preavviso. Sicuramente, c’è una più che logica spiegazione a...»
«E se fosse nei guai?»
Angel aveva espresso ad alta voce un pensiero comune, ma che nessuno aveva osato formulare tanto direttamente: la parola ” guai ” riecheggiò sinistramente nella sala, interrotta solo da un fischio stupito di Cherri Bomb.
La giovane stava ancora osservando lo schermo del proprio cellulare, quando dalle sue labbra era scoccato un:
«Porca puttana, sentite qua!» esclamò «Pare che nel pomeriggio abbiano scorto dei Conigli Mannari sorvolare il centro di Pentagram City. Gli esperti erano sicuri fossero migrati già tutti verso sud, invece... probabilmente ce n’era una colonia annidata chissà dove. Qualcuno ipotizza si fossero nascosti nel sottotetto dell’Ambasciata Celeste.»
Charlie le si accostò, spiando lo schermo. Il sito riportava un breve trafiletto con la notizia, accompagnato da una foto dell’Ambasciata. Apparentemente, sembrava tutto in ordine, se non per il sottile filo di fumo biancastro che fuoriscuiva dalla soglia dell’ingresso principale.
«Cazzo, Cherri! Perchè non lo hai detto subito?!» sbottò, picchiando due volte l’indice per ingrandire l’immagine e osservarla meglio «è successo qualcosa...» sentenziò «Devo andare a controllare.»
«Vengo con te!» si offrì subito Vaggie.
«Ti accompagno, tesoro.» le fece eco Lucifer, mentre anche l’attore faceva un passo avanti.
La principessa scosse immediatamente il capo quando lo notò:
«No, Angel. Tu... rimani qui, per favore. È la tua sera libera e meriti di riposare e distrarti.»
«Come posso, sapendo che Emily potrebbe essere in pericolo?»
«Tre persone saranno più che sufficienti per un sopralluogo all’ambasciata. Un gruppo più numeroso potrebbe dare nell’occhio.»
«Potrei setacciare altri quartieri, chiedere se qualcuno li ha visti...»
Alastor si alzò, mimando un cenno cordiale del capo:
«Francamente, non credo sia saggio girare per la città chiedendo informazioni su due angeli» si intromise, il solito ghigno giallastro stampato sul volto «Inoltre, la nostra principessa ha ragione: troppe persone desterebbero sospetti. Ritengo quindi sia meglio tu rimanga qui. Sarà mia premura svolgere una piccola ronda e raccogliere... indizi, pettegolezzi, qualunque cosa Pentagram abbia da offrire» le dita affilate picchiettarono alcune volte sull’asta del microfono «Non temere, troveremo la piccola Emily... e quell’altro.»
«Ebbene anche io potrei esssssere d’aiuto» si propose Sir Pentious «Potrei sssorvolare la città con il mio dirigibile o puntare il telesssscopio sulla città e setacciare le ssstrade e i vicoli.»
Charlie annuì e si mosse verso la porta:
«Ottimo, Sir Pentious. Scarterei l’aerostato, troppo vistoso, ma...L’idea del telescopio è ottima. E...grazie, Alastor. Sono certa che sarai discreto, come sempre» sussurrò, prima di rivolgersi agli altri ospiti «Voi rimanete qui, e avvisateci nel caso rientrassero. Vaggie, papà... andiamo!» concluse, attraversando in fretta l’uscio.
***
Cherri Bomb raggiunse il demone serpente, appostato sul tetto con un enorme cannocchiale montato su un treppiede.
«Ancora nulla?»
«Oh, amh... Misssssss Bomb, ecco...» Sir Pentious si tolse il cappello e lo stropicciò tra le mani «In realtà, no... stavo, stavo...»
«Fammi dare una sbirciata.» La ciclope lo scansò e si avvicinò all’oculare. Mosse l’ottica avanti e indeitro, fermandosi poi improvvisamente «Oh, wow... che fusto!»
«Cosssa?»
«Mh, davvero un bonazzo.»
«Oh, Misssss Bomb, ecco... così mi fai arrossire.»
«Non ho mai visto nessuno di così affascinante. E guarda che addominali!»
Pentious sollevò timidamente l’orlo della propria giacca: non aveva mai pensato a sé stesso in quei termini, né immaginava che i rettili potessero avere degli addominali. Beh, le tartarughe... forse. Ma i serpenti? Si passò una mano sullo stomaco, tastando vigorosamente per cercare almeno un accenno di muscolatura scolpita.
«Ecco, sssssi? In effetti, dovrei iscrivermi in palesssstra...»
«Che capigliatura folta, che ricci selvaggi!»
Salì in fretta dalla pancia ai capelli, intrecciandovi le dita:
«Dici? Beh, faccio un trattamnto col balsssssamo tutti i giorni, ma... ricci, non ssaprei...»
D’un tratto, Cherri si staccò dal telescopio e gli batté una spalla:
«Accomodati, guarda anche tu! Magari prendi spunto...» disse con una risatina.
Pentious si chinò sul cannocchiale.
Con sommo disappunto, i suoi occhi incrociarono la figura marmorea di un demone toro, dai capelli neri, la prominente muscolatura e il petto villoso; il peccatore si stava insaponando sotto la doccia, sfregandosi con vigore il ventre, le cosce e...
«Oh, diamine! Cossss’è quel... quel...?» lo stupore gli tolse il fiato.
Ruotò in fretta il cannocchiale e tornò a scrutare le vie della città, paonazzo per la vergogna e il disonore.
***
Alastor si accomodò e afferrò il tè, che un servitore si era affrettato a porgergli.
Appoggiò le labbra sul bordo in ceramica e si concesse un sorso, prima di riappoggiare la tazza sul piattino.
«È raro ricevere tue visite, Alastor... soprattutto a quest’ora.»
Zestial sedeva all’altro capo del tavolo, con la sua consueta discretzione. L’Overlord lo stava scrutando con attenzione, celando la curiosità dietro un sorriso affabile.
«Hai ragione e ti chiedo perdono per il poco preavviso. Tuttavia, desideravo avere una tua... opinione, diciamo.»
«Parla senza remore.»
«Ebbene... ho appreso la notizia che alcuni Conigli Mannari sono stati visti, oggi pomeriggio, sorvolare il centro di Pentagram City. Purtroppo, non ho potuto approfondire, e mi chiedevo se tu ne fossi al corrente.»
«Sì. Ero uscito per andare a trovare Carmilla ed ero già sulla via del rientro, quando è successo.»
«A proposito, come sta?»
«Carmilla? Oh, oserei dire... affranta. Non lo da a vedere, naturalmente, se non a pochi intimi...»
«E tu sei uno di quei pochi, non è vero?»
Il demone ragno annuì solenne:
«Le ho chiesto cosa la affliggesse. Non è scesa nei dettagli, ma sembra dovrà interrompere al più presto le proprie attività. Ne sai qualcosa?»
Alastor scosse il capo, senza permettere che la menzogna incrinasse il proprio sorriso:
«No, purtroppo. Lo apprendo ora. Come mai questa decisione così affrettata?»
«Non ha voluto dirmelo, e io non ho insistito.»
«Galantuomo come sempre. Tornando ai Conigli Mannari...»
«Oh, si! Stavo percorrendo il viale principale, quando li ho notati sciamare. Non ero molto distante dall’Ambasciata Celeste e sono quasi sicuro di averli visti spuntare da li.»
«C’era tanta gente in strada?»
«No, assolutamente... io e pochi altri. Ovviamente, abbiamo subito cercato un riparo quando abbiamo scorto quei mostriciattoli.»
«Hai notato qualcosa di strano, nei pressi dell’Ambasciata?»
«Mh, no... nulla di insolito» vide Zestial carezzarsi il mento con aria pensierosa «Ricordo solo un furgone nero, anonimo, fermo davanti all’ingresso. Ci ho fatto caso perchè era davvero parcheggiato male» l’altro scrollò le spalle «Mi sono rifugiato in un negozio d’antiquariato per scampare alle urla dei Conigli Mannari e quando sono uscito, il veicolo non c’era più.»
«Non hai notato in che direzione potrebbe essersi allontanato?»
«No, spiacente. Ero troppo impegnato a salvarmi le orecchie.»
Alastor si concesse un altro sorso. Le informazioni reperite erano importanti, ma non cruciali come aveva sperato. Fornivano qualche indizio aggiuntivo, ma non risolvevano completamente il puzzle. Di una cosa, tuttavia, era certo: chiunque avesse commissionato il rapimento di due angeli - perchè di questo si trattava - non doveva essere uno sprovveduto; e con un’arma del genere tra le mani, anche il più insignificante dei peccatori poteva ambire al dominio di Pentagram City, se non dell’interno inferno.
Scrutò il proprio riflesso nel tè, meditabondo: avrebbe dovuto riferire alla principessa quella scoperta?
Probabilmente, lo apprenderà comunque a breve. E poi... dove sarebbe il divertimento, se le raccontassi ciò che sospetto? Si concesse un intimo sorriso. Charlie dovrà cavarsela da sola e io dovrò tenere gli occhi ben aperti... e accertarmi d’essere dal lato del vincitore, quando questa contesa verrà risolta.
«Ti vedo pensieroso...» la voce di Zestial lo strappò a quelle riflessioni «Vuoi rendermi partecipe delle tue elucubrazioni?»
«Non ancora, amico mio» sfumò quelle parole con una leggera ironia «Ma temo che gli equilibri stiano per cambiare. Assicuriamoci d’essere dalla parte giusta, quando il vento soffierà.»
***
Charlie trattenne il respiro, quando entrò nell’Ambasciata Celeste.
La hall era completamente a soqquadro: i divanetti erano ribaltati o graffiati, tanto che l’imbottitura sfuggiva dagli strappi sui cuscini.
Un leggero odore di fumo aleggiava ancora nell’aria.
Qui e là erano sparse alcune piume bianche e bionde, accompagnate da tracce di sangue dorato.
Allungò la mancina e si appoggiò alla parete per sorreggersi: le girava la testa e le mancava il fiato. Un peso opprimente le schiacciava il petto, e la mente veniva assalita dai peggiori scenari: Emily e Adam erano stati rapiti? Uccisi, forse? Non se ne sarebbe meravigliata: non c’era un solo abitante dell’inferno che non bramasse l’omicidio di un angelo. Forse, c’era ancora una speranza di salvarli... o forse no. Per quanto tempo avrebbe potuto tenere nascosta la sparizione al Paradiso? Qualche giorno la massimo. Sarebbe stato sufficiente per ritrovarli? E se per loro non ci fosse stato più nulla da fare?
Come se le avesse letto nel pensiero, Vaggie si avvicinò e la strinse in un abbraccio:
«Li ritroveremo.»
«Se fosse troppo tardi?»
«Non pensarlo nemmeno. Emily è... beh, in gamba; e Adam sarà anche un perfetto idiota, ma non lascerà che le facciano del male.»
«Peggie ha ragione, tesoro...» si intromise Lucifer, ignorando quel “Vaggie” in sottofondo «Se la caveranno, vedrai.»
La principessa tirò su col naso e guardò suo padre:
«Per quanto possiamo tenerlo nascosto al Paradiso?»
«Neppure per un istante, temo.»
Sentì la gola seccarsi e la nausea attanagliarle la bocca dello stomaco. Non era pronta ad un confronto simile. Sera le inviava Emily come ambascistrice, a supporto del suo progetto e lei... non era neppure stata capace di tutelarla. Inoltre, aveva aspettato troppo: sarebbe dovuta uscire a cercarli immediatamente, invece che temporeggiare fino oltre l’ora di cena. Adesso, era tardi. I rapitori avrebbero potuto essere ovunque. Non aveva indizi, se non quello stupido reportage sui Conigli Mannari, a cui si potevano attribuire le unghiate alle poltrone della hall .
Si prese la testa tra le mani:
«Che cosa dirò a Sera?» singhiozzò «Manderà gli Sterminatori a trucidarci tutti, e non li fermerà finché non ritroverà Emily e Adam. Farà radere al suolo Pentagram City e l’Hotel e... e...» tremò tra le braccia della compagna «Io volevo solo aiutare! Desideravo soltanto un’altra possibilità per la mia gente. Ora, invece... è andato tutto a puttane!»
Lucifer le arruffò i capelli, in un blando tentativo di rincuorarla silenziosamente; poi si mosse verso la porta della vicina sala riunioni:
«Ci penso io, Char-Char. Lascia parlare me.»
***
Un Vincitore trafelato si affacciò sulla soglia dell’ufficio dell’Alto Serafino.
Fortunatamente, Sera era lì: ancora seduta alla scrivania, stava finendo di redigere alcuni resoconti.
«Vo-vostra Grazia!» il Vincitore si inchinò «Mi-mi dispiace disturbarvi a quest’ora tarda e interrompere il vostro lavoro, ma... ma... stavo sorvegliando il canale di comunicazione con l’Ambasciata Celeste e... e...» si torse le mani, tremante «Abbiamo ricevuto una chiamata in entrata. È...»
«Emily?!» vide la serafina scattare immediatamente allarmata.
«No.»
«Adam?»
«Nossignora.»
«Parla, dunque! Di chi si tratta?»
«Di su-sua altezza... beh, non so se sia corretto chiamarlo così, visto che credo sia alto un metro e un tappo, ma...sua altezza, il sovrano dell’inferno.»
Il cuore di Sera mancò un battito: un contatto da Lucifer in persona non prometteva niente di buono.
«Che vuole?»
«Non me lo ha riferito. Desidera parlarvi in privato e...»
Sera non lo lasciò terminare. Calciò indietro la sedia e si mosse a passo svelto. Si fermò sulla soglia, gettando un’occhiata fugace al Vincitore:
«Recati al quartier generale degli Esorcisti. Riferisci a Lute che deve raggiungermi immediatamente.» ringhiò, prima di sparire nella penombra del vicino corridoio.
***
Lute storse le labbra in una smorfia disgustata quando scorse i tre ologrammi all’altro capo del tavolo. Sera l’aveva mandata a chiamare con urgenza, e lei si era precipitata fuori dal letto - dove stava leggendo un appassionante manuale di scherma - per raggiungerla. Non aveva avuto bisogno di cambiarsi: un bravo Esorcista dormiva sempre vestito, con indosso la divisa, gli stivali e qualche pugnale da lancio sotto al cuscino.
Il Vincitore, durante il tragitto, l’aveva sommariamente informata dei fatti: Lucifer Morningstar aveva impellenti notizie da riferire. L’idea di un faccia a faccia con signore dell’inferno non la colmava di gioia, ma vedere Vaggie accanto a lui e a quell’inutile principessa, le aveva mandato il sangue al cervello.
Si sporse in avanti e batté un pugno sul pianale di legno:
«Che ci fa qui, quella puttana traditrice?» ringhiò, ma Sera placò ogni sua rimostranza con un cenno imperioso.
«Modera il linguaggio» l’apostrofò, prima di concedere nuovamente parola agli ospiti «Lucifer, ti prego di ripetere ciò che mi hai raccontato.»
Lute scorse l’ometto aggiustarsi il cappello e schiarirsi la voce con un colpetto di tosse:
«Salve! Tu devi esseere Ruth.»
«Lute!»
«E io che ho detto?» l'altro produsse un mezzo inchino «Lieto di conoscerti, Sega... volevo dire, Sera mi ha parlato tanto di te.»
«Gradirei saltassimo gli inutili convenevoli» tagliò corto, riacquistando una postura marziale: sollevò il mento, allacciò le mani dietro la schiena «Vi ascolto.»
«Bene, ecco... non c’è un modo semplice per dirlo. Emily e Adam sono scomparsi.»
«Che cosa?!» spostò lo sguardo dal ex-angelo all’Alto Serafino, perplessa «Che significa?»
«Ciò che ho detto. Non abbiamo loro notizie da questo pomeriggio: sappiamo che si erano recati all’Ambasciata per la vostra consueta riunione, da cui non sono mai rientrati» una pausa, come se volessero lasciarle assimilare quella notizia «Non avete notato nulla di insolito, durante il colloquio?»
«Niente» conferò con un cenno «Quando abbiamo chiuso il collegamento, sembrava tutto in ordine.»
«Quindi, deve essere successo poco dopo...» Lucifer si frugò nel panciotto e lasciò cadere una piuma bianca e una dorata; lungo il rachide, tracce essiccate di sangue dorato.
Lute le osservò, sforzandosi inutilmente di mantenere la propria compostezza. Digrignò i denti, spostò nervosamente il peso da una gamba all’altra, torse le mani dietro la schiena. Non riusciva a distogliere l’attenzione. Boccheggiò, sentendo il vuoto artigliarle il petto.
Ti prego, fa che sia vivo! Si sussurrò, senza smettere di fissare le due penne:
«Se gli è successo qualcosa, ti giuro che raderò al suolo quel cazzo di Hotel e farò a pezzi ogni suo ospite.»
«Non sei nella posizione di minacciare nessuno!» Vaggie si intromise, schermando Charlie oltre le proprie spalle.
«Nessuno ha chiesto il tuo parere, lurida stronza!» Lute si voltò di scatto in direzione dell’Alto Serafino «Concedimi di guidare gli Esorcisti. Spazzerò via Pentagram City con tutti gli abitanti; non mi fermerò finché non li avrò trovati! Lo giuro!» si portò una mano al petto, come a suggellare quella promessa.
Sera, tuttavia, scosse il capo in sua direzione:
«Calmati. Capisco la tua preoccupazione e premura, e la condivido. Farò qualsiasi cosa perchè tornino sani e salvi, ma dobbiamo essere prudenti. Piombare all’inferno con un esercito, potrebbe peggiorare la situazione. Finché non saremo assolutamente certi dell’incolumità dei prigionieri, agiremo con discrezione.» le strinse delicatamente una mano «Ho bisogno che tu sia obiettiva, Lute. Non lasciarti accecare dal rancore e dall’angoscia. Loro...» e con un cenno, sottolineò la delegazione «Ci possono aiutare. La principessa Morningstar tiene sinceramente a Emily e so che farà tutto il necessario per rintracciarla.»
Charlie, a lato dello schermo, annuì vigorosamente.
Sera proseguì:
«Ecco le mie disposizioni: scenderai all’inferno e ti coordinerai con il personale dell’Hazbin Hotel. La massima priorità è ritrovare gli ostaggi e portarli al sicuro» la serafina si rivolse nuovamente a Lucifer «Domattina Lute vi raggiungerà. Fate in modo d’essere preparati per il suo arrivo. Da parte mia è tutto. Avete altre considerazioni?»
Charlie alzò timidamente la destra e si fece avanti:
«Io... desidero scusarmi con te, Sera. Mi dispiace di non essere riuscita a proteggere Emily.»
«Sono certa della tua buona fede, principessa» Sera si alzò «Per me è tempo di andare. A voi, i miei omaggi.» disse, attendendo i saluti di rito prima di chiudere il collegamento.
L’Alto Serafino aspettò qualche attimo, assaporando il silenzio calato nella stanza prima di rivolgersi a Lute:
«Hai carta bianca. Trovali. Non mi importa come lo farai, non mi importa quanto sangue verserai: rivoglio Emily al più presto. Consideralo una deroga alla sospensione degli Stermini: mi assumerò la piena responsabilità di questa decisione, se dovesse rivelarsi necessario.»
«E se fosse...» la voce del luogotenente si spense, lasciando quell’ipotesi aleggiare nell’aria.
«Non voglio nemmeno pensarci.»
«Perchè attendere domani mattina? Perchè non farmi scendere adesso?»
«Non sei lucida, Lute. Il modo in cui hai perso le staffe davanti ai Morningstar è riprovevole. Le emozioni ti sovrastano, e mi stupisco che non te ne sia resa conto. Capisco come ti senti: la tua apprensione per le sorti di Adam è la stessa che provo io per Emily, ma se ci lasciamo dominare dall’irrazionale li perderemo entrambi.»
«Chiedo perdono.»
«Non fraintendere, non ti sto rimproverando per la mancanza di contegno. È comprensibile. Tuttavia, ricordati di non mostrare mai troppo di te stessa al nemico, concreto o potenziale che sia.»
«Non accadrà più»
«Bene. Ora va a riposare. Sei congedata.»
Lute mimò un saluto militare e girò sui tacchi, infilandosi nel corridoio; imboccò le scale, ma si fermò sul primo pianerottolo, fissando la parete innanzi a sé, tinteggiata di bianco.
Sollevò un pugno e lo scaricò con forza contro il muro. Sogghignò, notando il bruciore alle nocche e il guanto macchiarsi d’oro.
«Brutto idiota» sussurrò, certa che nessuno potesse sentirla «Non morire. Se muori, ti ammazzo e sembrerà un incidente!»
Chapter 18: Valentino
Chapter Text
Emily non risuciva a smettere di piangere.
Sentiva le lacrime calde solcarle il volto, cadere sul colletto del vestito e poi scivolare via.
Era inginocchiata in un prato, coperto di fiori gialli e rosa. Il cielo cupo dell’inferno la sovrastava.
Sera, a pochi passi da lei, la guardava con disprezzo; stringeva la sua aureola, macchiata di scarlatto.
«Sera! Non lasciarmi qui.»
L’altra non la stava ascoltando.
«Non ho fatto nulla, te lo giuro. Non lo merito!»
Di nuovo, silenzio.
Emily si portò le mani al petto, dove un dolore acuto la straziava. Non riusciva a capirne la provenienza. Il suo corpo era scosso da brividi, eppure sudava abbondantemente. Il fiocco che le aveva regalato Angel Dust non c’era più. L’aveva sicuramente perso nella Caduta.
In compenso, l’indice della mano destra sanguinava copiosamente. Il sangue, però, era rosso.
«Sera!» chiamò ancora.
Un nodo le schiacciò la gola, tagliandole il fiatto. Tentò di vomitare, ma dalle labbra colò soltanto un filo di bava. Stese la destra al cielo, tremante:
«Ti prego!» supplicò un’ultima volta, mentre un bruciore acuto, simile ad una puntura, le trafiggeva improvvisamente il braccio.
Abbassò le palpebre e si abbandonò nuovamente all’oscurità.
***
Vox non riusciva a smettere di camminare avanti e indietro, nel salone principale della V-Tower. Teneva il capo chino e le mani allacciate dietro la schiena, sbuffando ad ogni passo.
Velvette, accomodata sul sofà, rispondeva ad alcune notifiche dal proprio smartphone.
«Oh, smettila!» lo apostrofò la ragazza, senza staccare gli occhi dal cellulare «Se continui così, finirai per fare un buco nel pavimento.»
«Scusa tanto se sono nervoso!»
«Scommetto che non hai neppure dormito.»
«Come avrei potuto? Ti rendi conto di quello che abbiamo fatto?!» lo schermo venne attraversato da una doppia banda multicolore, prima di proiettare nuovamente il volto «Forse dovremmo lasciarli andare. Insomma, non possono risalire a noi in alcun modo, giusto? Siamo stati prudenti. Nessuno ci ha visto e... quindi, scarichiamoli a bordo strada prima che il Paradiso lo venga a sapere.»
«Sei patetico. È stata una tua trovata e ora te ne lamenti? Tu hai detto che rapire due angeli avrebbe potuto renderci i padroni dell’inferno. E ora che li abbiamo per le mani, ci stai ripensando?»
«Beh, sì! Forse, la mia intuizione geniale... non era poi così geniale. Perchè mi hai dato retta? Avresti dovuto stroncare questa stronzata sul nascere!»
«Stai frignando come un poppante, te ne rendi conto?» vide la giovane cambiare posizione: si sdraiò sul divano, buttando i piedi oltre il bracciolo «Onestamente, non mi interessano tue paturnie. Se hai dei rimorsi di coscienza, sei libero di costituirti all’Ambasciata Celeste, ma non tirare noi di mezzo.»
«Siete invischiati in questa storia tanto quanto lo sono io! Anzi, forse anche di più.»
«Sai perchè non ti ho fermato? Per due motivi: il primo, è che non me ne fregava un cazzo. Il secondo, è perchè sotto sotto... la reputavo una buona idea. E lo penso tutt’ora. Ormai siamo in ballo, no? Lasciamo che gli eventi facciano il loro corso. Inoltre, non devi occupartene tu personalmente: se n’è fatto carico Valentino, quindi... permettiamogli di svolgere il lavoro.»
Vox sbuffò, esasperato:
«Valentino è completamente pazzo!»
«Ecco perchè ti piaccio tanto.»
Sussultò, quando una lingua appuntita tracciò il contorno del suo schermo. Si voltò di scatto, ritrovandosi a fissare il ghigno compiaciuto del demone falena. Quattro mani gli scivolarono sul corpo, indugiando sulle spalle e sui fianchi. Valentino lo attirò a sè, piegando il volto per sussurrargli:
«Rilassati. Ho tutto sotto controllo. Fidati di me.»
«Non... non credo dovremmo perseverare, Val. Ammettiamolo, il sequestro è stato... una colossale stronzata.»
«Non hai nulla da temere.»
«Si, invece! Davvero vuoi che il Paradiso invii le sue legioni a farci il culo?»
«E se anche fosse? Ricordati che abbiamo Betsaida dalla nostra parte.»
«Non mi fido di lui... e se ci abbandonasse? Se ci voltasse le spalle proprio ora che il gioco si fa pericoloso?»
«Non lo farà. Anche lui ha da guadagnarci in questa faccenda» Valentino gli aggiustò il papillon «Non hai di che preoccuparti, mi sto occupando io dei nostri... ospiti.»
«Sono ancora svenuti?»
Ricevette un frettoloso assenso:
«Dormono come agnellini... più o meno. Ho somministrato loro l’antidoto. Gli effetti del morso dei Conigli Mannari dovrebbero svanire entro qualche ora.» Valentino si lasciò cadere nella vicina poltrona. Puntò una sigaretta nel bocchino e l’accese «Ho sistemato la ragazza in una delle stanze degli ospiti, al terzo piano. L’Esorcista, invece, in uno dei magazzini al piano terra. Sono adeguatamente sorvergliati. I miei tirapiedi hanno l’ordine di avvisarmi, non appena riprenderanno conoscenza.»
«Questa faccenda mi convince sempre meno.»
«Basta lamentele! Non sei obbligato ad averci a che fare, Vox. Se la cosa ti stressa così tanto, stanne fuori! Me ne farò carico io, contento? Così, se mai dovessi essere catturato e torturato dal Paradiso, potrai semplicemente scaricare la colpa su di me» esalò pigramente il fumo.
La stilista lo spiò brevemente, prima di chiedere:
«Hai già trovato un modo per sottometterli? Dovremo vincolarli con...»
«...Un contratto, lo so» la falena sorrise, stiracchiando poi braccia e gambe. Aspirò nuovamente, ignorando il tormento di Vox e la malcelata curiosità di Velvette «E... sì, credo di aver trovato la giusta leva per entrambi.»
***
Adam osservò con sgomento la sagoma nera emergere dalla foschia.
Betsaida era di nuovo lì.
Provò a muoversi, ma il suo corpo si rifiutò di obbedire: non poteva fuggire, né combattere. Poteva soltanto aspettare.
Vide la figura avvicinarsi sempre più e fermarsi a pochi passi da lui. La maschera lucida venne rimossa e un volto familiare apparve: gli occhi dorati, la pelle nivea, il caschetto argentato.
Lute?, si ritrovò a pensare.
Era tutto sbagliato! Perchè Lute era lì? Era lei Betsaida? Non era possibile. Eppure, la Sterminatrice lo fronteggiava, ancora ammantata nella cappa nera.
Lei gli prese la mancina e delicatamente la spinse contro la parete alle sue spalle.
Quando diamine si è materializzato un muro?! si chiese.
Colse il dorso premere contro i mattoni ruvidi, e poco dopo un dolore inatteso propagarsi dal palmo al polso e alla punta delle dita.
«Che stai facendo?!» gridò, ma l’Esorcista gli voltò le spalle e si allontanò.
Betsaida riapparve, e si arrestò nuovamente innanzi a lui. Questa volta, da sotto il casco emerse Lilith:
«Avrebbe potuto funzionare, se tu non fossi stato... un perfetto idiota.»
Gli afferrò la destra e la premette contro la parete. Il bruciore tornò a farsi sentire.
Lilith gli sorrise, e poi il suo viso si sciolse: la pelle colò in dense gocce, come fosse cera fusa; i capelli caddero e ricrebbero, spuntando dal cranio glabro in ciuffetti sparuti. Gli occhi cambiarono colore e il corpo si rimodellò, come fosse fatto d’argilla.
«Eva...»
La donna gli accarezzò una guancia:
«Un perfetto idiota.» gli sussurrò, poco prima di dissolversi anche lei nel nulla.
Betsaida tornò per la terza volta. Quando si tolse il casco, la faccia mostrò un puzzle di mille altri visi, tutti femminili: ragazze che aveva incontrato nella sua lunga permanenza in paradiso. La maggior parte di loro era stata una fugace parentesi nella sua esistenza; di molte, nemmeno si ricordava il nome.
Le bocche delle giovani si muovevano all’unisono e ripetevano la stessa frase:
«Un perfetto idiota. Un perfetto idiota.»
Adam avrebbe voluto tapparsi le orecchie, ma il suo corpo ancora non reagiva.
Improvvisamente, un bruciore acuto gli attraversò una coscia. Chinò lo sguardo, ma non vide nulla. Sentì le palpebre farsi pesanti e l’oblio lo colse nuovamente.
***
Emily riaprì gli occhi e si ritrovò a fissare un soffitto color malva, perfettamente intonato al resto delle pareti. La stanza dove si trovava non aveva finestre, ma soltanto una porta legno massiccio. L’arredamento era piuttosto spartano, ma conteneva tutto il necessario: vi era un letto a due piazze, un armadio e un piccolo scrittoio, su cui qualcuno aveva poggiato un vestito rosa pastello. Una porta a soffietto conduceva in una toilette altrettanto modesta.
Si alzò cautamente: si sentiva spossata e stordita. Il suo corpo reagiva lentamente agli stimoli, come fosse provato da un sonno lungo e agitato. Abbassò lo sguardo alla propria figura: l’abito era logoro, stropicciato e macchiato. Tracce dorate avevano sporcato il colletto e le maniche. Le piume delle ali erano arruffate. Al polso destro era ancora legato il fiocco di Angel Dust, mentre il rispettivo indice recava ora una sottile cicatrice a mezzaluna.
Avanzò di qualche passo in direzione della porta e saggiò la maniglia; spinse e tirò più volte il battente, ma questo non si mosse. Sollevò un pugno e batté furiosamente sul legno.
«Mi sentite?! Ehy! C’è qualcuno lì fuori?»
Nessuna risposta.
«Sono chiusa dentro! O... mi avete chiusa dentro!» il sospetto d’essere prigioniera le si insinuò nella mente. Ricordava davvero poco di quanto accaduto all’Ambasciata Celeste.
Rammentava di aver discusso con Sera e di essersi precipitata fuori dalla sala riunioni. Mentre attraversava la hall , un denso fumo bianco aveva rapidamente invaso la struttura. Si era trattata di una manciata di secondi: era tornata indietro per avvertire Adam del pericolo, ma si era ritrovata accecata dalla nebbia. Lo aveva chiamato ripetutamente e poi aveva udito quelle grida strazianti, che le avevano spaccato i timpani. Da lì, i ricordi si facevano confusi: qualcosa le aveva morsicato un dito e lei era crollata sul pavimento. Febbre e delirio erano insorti velocemente, condannandola dopo poco all’incoscienza.
Non aveva idea per quanto avesse dormito, né dove fosse e cosa ci facesse in quella stanza.
Appoggiò il palmo al battente: non amava ricorrere alla luce angelica, ma quella era una situazione d’emergenza. Evocò il potere, ma non accadde nulla: il suo palmo rimase immutato e dalle dita non scaturì alcun fascio luminoso. Riprovò, ma senza successo.
«Ma che diamine...?» esclamò, incredula. Tentò una terza volta e poi una quarta, ma niente: le sue capacità sembravano essersi dissipate.
Corse all’armadio: aprì le ante, frugò nei cassetti. Controllò il letto, lo scrittoio e persino il piccolo bagno, alla ricerca di qualcosa che potesse essere usato per scassinare la serratura.
Non trovò nulla di utile. I suoi rapitori erano davvero stati meticolosi.
All’improvviso, la porta si spalancò e un peccatore tremante scivolò oltre l’uscio. Poggiò sul comodino un bicchiere d’acqua e un piattino con alcuni biscotti, prima di ritirarsi e cedere il posto a un secondo demone.
Quest’ultimo era alto, slanciato: la pelle violacea era sottolineata da un abbigliamento stravagante, composto da un cappello a cilindro e un mantello rosso bordato di pelliccia; gli occhi erano cerchiati da curiose lenti a forma di cuore. Possedeva quattro braccia e una coppia di antenne; nel complesso, l’aspetto ricordava quello di una farfalla.
«Buongiorno, piccola Emily.»
L’angelo arretrò di due passi, mentre la falena scivolava nella stanza.
«Chi sei?» chiese, intimorita da quella presenza stravagante.
«Lascia che mi presenti, il mio nome è Valentino. Sono uno degli Overlord, nonché membro delle Vees. Avrai sentito parlare di noi, immagino.»
«Mh, veramente...»
«Ah, non ha importanza! Veniamo a noi: ho selezionato personalmente questa camera per te, mia cara. Spero la troverai confortevole. Nella toilette sono inclusi articoli da bagno, come lo spazzolino e dentifricio, il balsamo agli agrumi e... naturalmente l’accappatoio e le ciabattine. Mi sono premurato di farti recapitare un vestito in tempi record: credo sia della giusta taglia. Se il colore non è di tuo gradimento, chiederò a Velvette di crearne uno adatto alle tue esigenze...»
«Sì, ma...»
«Non devi ringraziarmi, zuccherino. Non ho ancora fatto portare dei libri, perché non conosco i tuoi gusti. Immagino tu sia una lettrice accanita, quindi... non hai che da chiedere. Per quanto riguarda la televisione, quella è temporaneamente sospesa, ma sono certo che la riguadagnerai durante la tua permanenza qui.»
«Beh, io...»
«Non ho ancora terminato!» Valentino le mostrò un ghigno affilato «I pasti ti saranno serviti ad orari regolari, e sei pregata di comunicare in anticipo le tue preferenze. Cercheremo di soddisfarle. Poi...»
«Senti, è tutto molto...gentile da parte tua» Emily sollevò una mano, interrompendo quel monologo «Ma come prima cosa, desidero sapere che ci faccio qui.»
«Ti trovi a casa mia, nella V-Tower. Sei una gradita ospite.»
«Prigioniera, vorrai dire.»
Il demone le rifilò una risatina:
«Che differenza fa?»
«Perchè mi hai rapita?»
Valentino si accomodò sul bordo del letto e incrociò le lunghe gambe:
«Cosa ricordi dell’Ambasciata Celeste?»
«Poco. C’era molto fumo e queste... fastidiosissime grida. Qualcosa mi ha morso un dito» sollevò l’indice e lo mostrò «Ricordo d’essermi sentita male, come se avessi la febbre e poi... c’era una figura verstita di nero. L’ho intravista nella foschia, ma non rammento altro.»
L’uomo le confermò tutto con un cenno del capo:
«Sei stata morsa da un Coniglio Mannaro... diciamo che quei mostriciattoli erano una parte fondamentale del piano, oltre alla nebbia: destabilizzarti, farti perdere l’orientamento, gettarti nello sconforto... erano punti essenziali per poterti catturare. I Conigli hanno fatto il resto: è impossibile resistere alle loro urla. Per nostra fortuna, ti sei fatta azzannare: il loro veleno ha un effetto quasi immediato. Provoca febbre, dolori diffusi, vomito, allucinazioni... un espediete perfetto per immobilizzarti. Ah, e la figura che hai visto... è Betsaida. Non guardarmi con quell’aria perplessa! Ne so quanto te.» Valentino sfilò una sigaretta e la incastrò tra le labbra «è uno di voi, sai? Un traditore in Paradiso» rise, dondolando il capo «Ti ha imposto un marchio per bloccare i poteri. Anche se cercherai di evocare qualche raggio di morte, arma o qualsiasi altra puttanata angelica, beh... non ci riuscirai. Non finchè avrai questo sul collo.» allungò una mano e le sfiorò il sigillo.
Emily rabbrividì. Le sue dita corsero immediatamente alla nuca, percependo una sottile cicatrice in rilievo: il disegno non era regolare, e sembrava che qualcuno glielo avesse inciso nella pelle con una lama sottilissima.
«Non... non è possibile! Nessuno sa fare una cosa del genere...» esclamò, in preda al panico.
«Evidentemente, ti sbagli.»
Nascose il capo tra le mani. Non riusciva a capacitarsene: come era stato possibile? Eppure erano stati vigili, attenti. Come era successo? Da quanto Valentino era a conoscenza della sua presenza all’inferno? Quando aveva deciso di rapirla e perchè? Chi era la figura ammantata che aveva visto nella sala? Un marchio così potente poteva essere inciso solo dagli Angeli Superiori. Ma nessuno di loro avrebbe mai fatto una cosa simile! O ...si? Il dubbio le lambiccava il cervelo. Doveva immediatamente trovare una scappatoia, raggiungere Sera e metterla al corrente. Ma... come? Senza capacità angeliche, non era in grado neppure di evocare un portale che la riportasse in Paradiso.
«Non fare così, piccola. Ti prometto che farò di tutto per rendere confortevole la vacanza.» La voce di Valentino la strappò a quei pensieri.
«Che cosa vuoi da me?»
«È semplicissimo! Desidero che lavori per me»
«Mai!»
«Immaginavo questa tua risposta, ma lascia che ti illustri i termini del nostro... contratto. Stipulerai un patto con me. Un accordo formale, in cui ti impegnerai a esaudire ogni mia richiesta. In cambio, ti verranno restituiti i poteri. Beh, ovviamente... non potrai tortartene a saltellare in Paradiso, ma riavrai accesso alla tua luce sacra.»
«Che immagino dovrò mettere al tuo servizio e usare per fare del male alle persone.»
« Fare del male ... che brutte parole! Diciamo che diventeresti una sorta di guardia del corpo personale, nonché il mio sicario preferito. Sarai alle mie dirette dipendenze e non risponderai a nessun altro. Sarò il tuo unico...»
«...Padrone.»
«Stavo per dire “Amministratore Delegato”, ma anche padrone va bene.» Valentino produsse un occhiolino e si alzò, piroettando su sé stesso «è un’offerta molto vantaggiosa, come vedi. Dove lo trovi, un capo migliore di me?»
«No.»
«Capisco, beh... sei stressata per l’accaduto, giustamente. Sconvolta, spaventata, indubbiamente stanca. Hai bisogno di riflettere e considerare la mia proposta con maggior calma.» La falena indietreggiò verso l’ingresso «Pensaci su. Quando sarai pronta a darmi una risposta, ti basterà contattare uno dei miei servitori. Ci sarà sempre qualcuno a guardia della porta.»
Senza alcun preavviso, Emily afferrò l’abatjour dal comodino e lo scagliò contro Valentino, che si abbassò prontamente. La lampada si infranse contro il muro. Un demone-scoiattolo, richiamato dal trambusto, si affrettò a scivolare nella stanza e a raccogliere i cocci, senza lasciarne neppure uno a terra.
«Che caratterino!» Esclamò l’Overlord, ammirato «Mi piacciono le ragazze con stile, ma... fai attenzione a non abusare della mia pazienza. Ricordati che non sei l’unico ostaggio che ho per le mani.»
La serafina impallidì:
«Adam...» sussurrò «Dov’è? Che gli hai fatto?»
«Non ti aspetterai che risponda» la falena scoppiò a ridere «Se stai pensando di aggredire i servitori che verranno a portarti il cibo, di fuggire o di chiedere aiuto in qualche modo, beh... toglitelo dalla testa. Comportati bene, se vuoi rivederlo tutto intero.» concluse, scivolando oltre la porta e richiudendola a doppia mandata.
Emily agguantò un cuscino e lanciò anche quello:
«Ti odio!» gridò.
Il guanciale rimbalzò sullo stipite e rotolò a terra.
***
Lute storse la punta del naso, osservando i peccatori radunati nella sala principale dell’Hotel.
Come d’accordo, Sera aveva aperto un portale alle prime luci dell’alba e lei vi si era tuffata a capofitto, così che il serafino potesse immediatamente richiuderlo.
Era scesa in picchiata fino all’Hazbin, atterrando davanti al suo ingresso principale.
Aveva ignorato l’adesivo posto accanto al campanello: un chiaro divieto d’accesso per lei e il Capo Esorcista. Si era attaccata al citofono, premendolo a forza per una trentina ininterrotta di secondi, finché la principessa non era accorsa.
Aveva saltato i convenevoli, mimando un cenno seccato e facendosi accompagnare in salotto. Charlie si era scusata, e si era dileguata per andare a svegliare gli ospiti dell’hotel.
Ora erano tutti seduti innanzi a lei, sparpagliati tra sedie, divanetti e poltrone. Con la sola eccezione di un demone dai capelli rossi e delle buffe orecchie pelose, gli altri sembravano ancora mezzi addormentati.
Feccia! Si disse Sono le cinque e quaranta e questa marmaglia era ancora a letto .
«Bene, amh... ci siamo tutti.» Charlie aveva indosso ancora il pigiama di raso scarlatto e i capelli biondi erano sommariamente legati in una coda disordinata «Penso dovremmo iniziare col presentarci alla nostra nuova... amh... amica?»
Emise un sibilo seccato:
«Non sono vostra amica e non lo sarò mai» ringhiò di rimando, poggiando la destra sulla spada legata al fianco. La mano sinistra lasciò cadere il suo unico bagaglio nero, anonimo ma morbido. Non appena toccò terra, emise un sordo rumore di ferraglia «Per chi non mi conoscesse, mi chiamo Lute e sono il vicecomandante degli Esorcisti. Non sono qui per intrecciare relazioni o raccogliere confidenze, ma soltanto per ritrovare Emily e Adam. I vostri intrallazzi peccaminosi non mi interessano e...» si interruppe, quando colse una figura bassa sgattaiolare verso la sua valigia. Piantò un piede sul borsone, impedendo a Niffty di raggiungere l’apertura «Queste armi non sono destinate a te, mostriciattolo ciclope. Gira al largo!»
Vaggie si affrettò a recuperare la cameriera e a condurla in cucina, al sicuro.
«Non sei stata molto cortese con Niffty.» A parlare fu il demone in rosso.
Lute lo squadrò con aria di sufficienza:
«Non mi interessa» tagliò corto, tornando a Charlie «Se dobbiamo proseguire con questa pagliacciata, facciamolo alla svelta. Ho del lavoro da sbrigare.»
«Bene, si... amh... Vaggie la conosci già, e così anche mio padre» la principessa le indicò il genitore, vestito con una sfavillante camicia da notte a paperelle «Poi lì abbiamo Cherri Bomb e Sir Pentious» la prima le rifilò il dito medio, mentre l’altro si tolse educatamente la papalina e produsse un inchino «Angel Dust, il nostro ospite più talentuoso»
«Quello nudo?»
«Beh, si...»
«E il mezzo gatto che gli siede accanto?»
«Husk, il nostro barista.»
«Eccellente. Un Dry Martini, agitato, non mescolato.»
«Il bar apre alle otto.» Fu la risposta secca del demone. Lute decise di ignorarlo.
«Lui è Alastor! È uno dei Signori Supremi» Charlie le indicò il tizio con le cornina e le orecchie da cervo «Mentre la cameriera che hai fatto scappare è Niffty. Sii gentile con lei, te ne prego. È la nostra governante, ci aiuta a mantenere l’ordine nell’hotel.»
L’Esorcista scosse le spalle: nomi inutili, che probabilmente si sarebbe dimenticata nel giro di breve tempo. Mantenne, tuttavia, l’attenzione al gruppetto di dannati radunato nella sala.
«Vorrei poter dire che è un piacere fare la vostra conoscenza, ma ovviamente sarebbe una menzogna. Non prendiamoci in giro vicendevolmente: io non sono felice d’essere qui e voi non volete avermi tra i piedi. Quindi, veniamoci incontro: ritrovare Emily e Adam è assolutamente prioritario. Vi invito a condividere con me qualsiasi informazione in vostro possesso. Vi interrogherò a turno e assieme cercheremo di ricostruire il quadro della situazione. Inizierò da... te!» Puntò l’indice verso Sir Pentious, che si rannicchiò dietro le spalle di Cherri «Sì, aspide! È il tuo momento. Tutti gli altri... siete congedati. Vi manderò a chiamare quando sarà il vostro turno.»
Lute si mosse, andando ad occupare una poltrona. Vi si accomodò, accavallò le gambe e osservò gli ospiti abbandonare in fretta la stanza. Il suo sguardo dorato indugiò qualche attimo sulla figura di Angel Dust:
«E tu!» Lo apostrofò malamente «Vedi di presentarti al colloquio con almeno un paio di mutande addosso. Scostumato!»
Angel Dust alzò gli occhi al cielo: quella tizia era persino peggio del suo comandante! Ma perchè gli Esorcisti dovevano essere tutti delle enormi pigne in culo?
***
Adam non ricordava d’aver mai provato un dolore così intenso, nemmeno quando era morto la prima volta.
Perchè, beh...evidentemente stava per succedere di nuovo.
Non sapeva da quanto tempo stesse urlando, malgrado le labbra fossero sigillate e il corpo immobile. Che fosse tutto soltanto nella sua mente? Il bruciore lo straziava: era come se qualcuno avesse sostituito il sangue con del piombo fuso. Gli spasmi più violenti nascevano dalle mani e dalle ali, propagandosi poi alle spalle, al petto, risalendo verso il capo e scendendo verso l’addome e le gambe. Non riusciva a sentire alcun appoggio sotto di sé, come se i piedi stessero penzolando nel nulla.
La febbre che lo aveva colto era scemata, così come la nausea e le allucinazioni. Allora, perchè il dolore era rimasto altrettanto vivido e pungente?
Aprì lentamente gli occhi, dopo quelli che gli parvero minuti interminabili. Batté le palpebre per allontanare le tracce delle lacrime e mettere a fuoco l’ambiente circostante. Si trovava in una stanza completamente spoglia, con soltanto una porta metallica e un vecchio lampadario, appeso per un filo malconcio.
Mosse lentamente il capo, spostando l’attenzione a destra e poi a sinistra.
Qualcuno lo aveva inchiodato al muro, trafiggendogli le mani e le ali con dei pugnali angelici. Riuscì a contarne sei: due trapassavano i palmi, mentre i restanti spuntavano come spilli dalle piume arruffate. Il sangue colava dai tagli, gocciolando lungo la parete e il pavimento.
Tentò di flettere le dita, ma una scarica improvvisa risalì lungo il braccio e gli martellò nel cranio, strappandogli un singhiozzo. Cercò di puntellare i piedi, ma come previsto non riusciva ad arrivare al pavimento.
«Dai, cazzo!» ringhò, facendo leva sulla mancina per tentare di staccarla dal muro; la mano non si mosse, e lo stiletto affondò ancor più nelle carni.
Gridò per la frustrazione e il dolore, crollando il capo.
Non aveva alcuna possibilità di liberarsi, in quelle condizioni: era stanco, provato dalla febbre e dalle allucinazioni; un intenso bruciore correva lungo le sue membra, sfiancandolo. Inoltre, era stato privato del proprio potere. Forse, se fosse stato al cento per cento delle proprie forze, sarebbe riuscito a fuggire in qualche modo. Ma non in quello stato, no: ferito e indebolito, era completamente in balia del suo rapitore.
«È adeguato, non trovi?» una voce untuosa lo costrinse a riportare l’attenzione sulla stanza.
Un demone alto e magro si stava avvicinando: le lunghe gambe erano seminascoste da un mantello rosso, bordato di una pelliccia bianca. Indossava uno stravagante cilindro, da cui spuntavano delle antenne «Puntato al muro, come un insetto. Perfetto per lo scarafaggio che sei.»
«Disse il... che cazzo sei?» un conato gli contrasse lo stomaco, ma si sforzò di continuare «Un’aragosta?»
Parlare era un’agonia, ma non avrebbe concesso al peccatore il lusso delle proprie urla.
«Spiritoso, ah! Dopo tutto, trovi ancora la forza di fare del sarcasmo? Forse avrei dovuto inchiodarti anche la lingua.»
«Chi sei?»
«Lascia che mi presenti: sono Valentino, Signore Supremo e membro delle Vees. Avrai sentito parlare di noi.»
«Noi?»
«Di me e dei miei due soci. Avrai modo di conoscerci. Piuttosto, veniamo al dunque. Mi duole vederti così ridotto, e immagino non piaccia neppure a te. Fortunatamente, posso proporti una via di uscita. Ti metterò al corrente di un paio di dettagli, che ti aiuteranno a prendere la decisione migliore per entrambi. Innanzi tutto, sei stato marchiato.»
«Lo so. Immagino tu sia... uno dei contatti di Betsaida.»
«Precisamente. Quindi sei consapevole d’essere completamente privo di potere angelico? Sei totalmente alla mia mercé.»
«È... temporaneo. Betsaida ha detto che...»
«Sì, lo so. Ma nulla mi impedisce di fartelo imprimere nuovamente, quando l’attuale si avvicinerà alla sua scadenza. Rifarlo ancora, e ancora... per tutto il tempo in cui sarà necessario.»
«Allora ci passerai la tua inutile esistenza.»
«Beh, non ho niente di meglio da fare. E nemmeno tu. Se vuoi sprecare l’eternità appeso a un muro, non mi riguarda. Scelta tua, ma... fortunatamente, posso offrirti una scappatoia.»
Adam voltò il capo con una smorfia disgustata, quando l’Overlord gli si avvicinò tanto da chinare il viso sul suo collo. Due dita magre gli afferrarono il mento, obbligandolo a rialzare la testa e a fissare gli occhiali a cuore.
«Stipuliamo un accordo» l’alito odorava di sigaretta e alcool «Mi cederai l’anima e lavorerai per me. Non temere, si tratta di un impiego assolutamente alla tua portata. Dovrai obbedire esclusivamente ai miei ordini e usare il potere angelico per... trucidare qualche Signore Supremo di troppo, e chiunque oserà rivoltarsi contro le Vees. Chissà, con il tuo aiuto e quello della giovane serafina, forse potrei persino sconfiggere Lucifer e quella sciocca di sua figlia. Che ne dici?»
«Vaffanculo! Dov’è Emily?»
«Sai che non risponderò a questa domanda, vero?»
«Se le hai fatto del male, ti giuro che...»
«Cosa? Non sei nelle condizioni di minacciare nessuno» il peccatore gli rise in faccia e si chinò nuovamente su di lui, accostando il viso «Comunque, non se la passa molto meglio di te.»
Adam approfittò della vicinanza per affondare i denti nella guancia violacea. Morse la carne e la strinse con forza, finché un manrovescio non lo costrinse a mollare la presa.
Si sentì afferrare per i capelli e sbattere il capo contro la parete. Sibilò per il dolore.
«Potrei farti cucire la bocca, sai? Invece, sono clemente e ti concedo una seconda opportunità. La mia offerta di lavoro è sempre sul piatto. Allora? Che cosa rispondi?»
Arricciò le labbra in una smorfia e sputò.
Un grumo di saliva e sangue scivolò dall’occhiale alla gota.
Valentino rise e con la lingua appuntita leccò l’espettorato, prima di slanciarsi in avanti. La mano destra premette con forza sulla bocca dell’ostaggio, e la sinistra afferrò uno degli stiletti conficcati nelle ali. Con un movimento rapido, torse il polso e la lama ruotò nella carne.
Fu come se una scarica elettrica gli avesse attraversato il cervello. Adam si dimenò, peggiorando la situazione: il dolore si propagò dall’ala alla schiena, e gli esplose nel petto. Ansimò e tremò, mentre le lacrime sgorgavano incontrollate. Gridò, ma le sue urla furono attutite dal palmo contro le proprie labbra.
«Gemi come una puttana in calore, te lo hanno mai detto? Potresti essere un’ottima aggiunta al cast del mio film.» gli sussurrò Valentino «Facciamo così: hai tre giorni per riflettere sulla mia offerta. Puoi accettarla e toglierti dagli impicci... oppure rifiutare. In questo caso, chiederò a Betsaida di rinnovare il tuo sigillo ogni qualvolta lo riterrò necessario, e ti troverò un ruolo nella prossima produzione cinematografica. Sono certo che riscuoteremo un enorme successo: sai a quanti dannati piacerebbe vedere un angelo fottuto? Non lo immagini neppure.» l'Overlord si allontanò, indietreggiando di qualche passo «Obiezioni?»
Adam non rispose.
Valentino girò sui tacchi e si avviò verso l’uscita:
«Lo immaginavo» canticchiò soddisfatto, prima di rivolgersi a una coppia di servitori, ferma appena oltre la soglia «Non lasciate che dorma. Somministrategli degli stimolanti a intervalli regolari» ordinò, voltandosi un’ultima volta verso il fondo della stanza «Tre giorni, Esorcista, dopo di che... sarai mio, in un modo o nell’altro.»
19. Sparring
Notes:
Buondì!
Una piccola nota a fondo pagina <3.
Questo capitolo è stato particolarmente complesso, perchè... Valentino mi ha davvero messo in crisi.
Non è un personaggio che conosco bene, né che ho apprezzato particolarmente (sorry), ma tra le Vees era l'unico che mi sembrasse adatto per un lavoro tanto sporco.
Spero sinceramente di non averlo stravolto troppo / reso poco attinente al suo personaggio.. anche perché la sua parte in questa storia non è assolutamente finita, come avrete potuto intuire ^_^
Quanto descritto è uno dei due nodi che mi avevano portato a interrompere temporaneamente la storia e a rivalutarla; non sono brava a fare del male ai personaggi, specie a quelli a cui sono affezionata. Il prossimo step sarà il più difficile da affrontare, ma sono motivata e spero di riuscire a concluderlo e superarlo *_*
Il capitolo è stato revisionato e approvato dal mio Beta-Lucifer, che ringrazio sempre per la pazienza e l'aiuto.
E come sempre un enorme ringraziamento va a voi che avete letto fin qui, e senza la cui costanza e dedizione, questa ff non avrebbe mai visto il proseguo.
Niente coccodrilli questa volta, ma... beh, c'è Lute affabile quanto un velociraptor che non mangia da una settimana.E'ry
Ps. Ho aggiunto un paio di link nelle note del capitolo 8 - Welcome to the jungle: un'artista gentilissima ha dedicato una fanart all'adam di quel capitolo.. e io davvero non so come ringraziarla per il pensiero dolcissimo. Ho aggiunto i link alla fanart e ai suoi profili.
Chapter 19: Sparring
Notes:
(See the end of the chapter for notes.)
Chapter Text
Lute si lasciò cadere sul divanetto, sconfortata.
Era appena rientrata dal sopralluogo all’Ambasciata Celeste. Lucifer l’aveva accompagnata. Aveva potuto constatare lo stato pietoso in cui si trovava la hall : i divanetti ancora riversi e graffiati, l’odore ormai lieve del fumo e quelle piume bianche e oro sparse ovunque, mescolate al sangue rappreso al suolo.
Lo spettacolo l’aveva nauseata. Chiunque avesse fatto una cosa del genere, l’avrebbe pagata a caro prezzo.
Mentre cercava indizi, si era beata in fantasticherie decisamente poco paradisiache: almeno una dozzina di lente e strazianti sentenze di morte le erano venute in mente, spesso strappandole dei sorrisetti sadici.
Tuttavia, dalla ricerca non era emerso nulla: non aveva trovato ulteriori indicazioni su quanto potesse essere accaduto. Il sovrano le aveva raccontato dei Conigli Mannari, di cosa fossero e di come li avessero scorti sciamare dall’ambasciata lo stesso pomeriggio in cui Adam e Emily erano scomparsi. Dubitava, tuttavia, che i due fossero stati rapiti da bande di animaletti lunatici con problemi di licantropia.
Aveva insistito per visitare i negozi del quartiere e aveva interrogato i commessi: ricevere domande da una donna ammantata e incappucciata, aveva instillato una naturale diffidenza nei venditori, che si erano rivelati davvero poco propensi ad elargire informazioni. Nemmeno la presenza di Lucifer pareva averli tranquillizzati, anzi! In ogni caso, nessuno aveva visto nulla. Che fosse la verità oppure un semplice atteggiamento omertoso, poco importava: quei maledetti peccatori non erano disposti a collaborare.
Non era rimasto altro da fare che rientrare all’hotel.
Vaggie le si accostò con una tazza:
«Vuoi del tè?»
Scosse il capo:
«No, quello che davvero vorrei è che crepassi.»
«È reciproco.»
Le rifilò un sorriso pungente:
«Smetti di fingere d’essere qualcosa che non sei. Se vuoi spacciarti per la brava ragazza, caritatevole e gentile... solo per far colpo sulla tua amichetta, beh... risparmiamelo. Vai a infastidire qualcun altro.»
«Non sto cercando di far colpo su nessuno! Volevo solo essere cortese.»
«Non occorre.»
«Bene!» Vaggie girò sui tacchi, muovendo nuovamente verso la cucina «Per inciso, a nessuno fa piacere averti qui. Stiamo solo cercando di rendere la tua permanenza il più confortevole e breve possibile.»
«Allora aiutami a trovarli, invece che offrirmi tè e biscotti!» Lute scattò in piedi, serrando i pugni lungo i fianchi «Avresti potuto accompagnarmi, invece che stare qui a grattartela. O... ancora meglio, accompagnare loro! Accertarti che rientrassero sani e salvi, ma hai preferito passare il tempo a giocare alla ragazzina innamorata.»
Vaggie le rifilò un gestaccio.
Inutile traditrice , pensò. Eppure un tempo erano state... no, decisamente non amiche. Consorelle, ecco. Parte dello stesso esercito, colleghe e rivali al tempo stesso. Si contendevano il primato delle uccisioni a ogni Sterminio, anche se la maggior parte delle volte era lei che la spuntava.
Quando aveva sorpreso Vaggie risparmiare un piccolo demone bastardo, si era sentita ferita: come osava venire meno al proprio dovere? Essere misericordiosa con la feccia, mostrare clemenza, infangare il nome degli Esorcisti? Nascondere un peccatore e salvargli la vita costituiva un’eccezione che non potevano permettersi. Le eccezioni, Lute lo sapeva bene, erano sempre delle pericolose deroghe alla legge. Lo specchio di una debolezza che gli Sterminatori non dovevano mostrare. Come era possibile che quella stupida di Vaggie non l’avesse capito? Non era per il gesto in sé, era per tutte le conseguenze che quel rimorso avrebbe poi generato. L’eccezione avrebbe portato a i demoni a sperare: di non essere i prossimi a morire, di poter trovare misericordia, di redimersi. Gli imperi crollavano sotto il peso delle eccezioni! Un errore che il Paradiso non poteva contemplare.
«Tu non vuoi essere aiutata! Vuoi soltanto qualcuno su cui scaricare ogni colpa! Ma non sarò il tuo capro espiatorio, non più!» fu la pronta replica dell’altra.
Lute si mosse rapidamente. Estrasse la spada, incapace di trattenersi, e si slanciò contro l’avversaria.
«Fottiti, puttana!» ringhiò, tentando un affondo. La lama impattò sulla ceramica della tazzina e la infranse. Il tè colò a terra, mentre la punta si conficcava nello stipite della vicina porta.
L’Esorcista sollevò lo sguardo, incredula: Vaggie si librava a circa tre metri dal suolo. Una coppia d’ali grige e bianche era spuntata dalla sua schiena. Scoppiò a ridere, nervosa:
«Ero certa di avertele tagliate. Quando le hai riavute?»
«Quando ho smesso di mentire, di nascondermi e ho imparato ad accettarmi.»
«Che cosa carina! Una splendida evoluzione adolescenziale.»
«Già, una crescita che tu non avrai mai!»
«Posso farne a meno» Lute piegò leggermente il capo e scrutò attentamente l’avversaria «Mi domando se tu sia ancora capace di usarle.»
«Mettimi alla prova.»
Non aspettava altro. Forse, era davvero quello di cui aveva bisogno: sfogare la rabbia e la frustrazione su qualcuno. Vaggie si era appena offerta volontaria come punching ball, quindi... perchè rinunciare?
«Molto volentieri» confermò con un sogghigno «Ma non piangere quando perderai.»
***
Emily fissò il soffitto, annoiata.
Si era concessa una doccia, cambiandosi d’abito e accettando, suo malgrado, quello rosa trovato sullo scrittoio. Era un modello semplice, con una gonna ampia, un corpetto morbido e delle maniche a sbuffo. Non aveva particolari fronzoli, se non dei merletti che bordavano l’orlo inferiore.
Si stropicciò gli occhi, sforzandosi di rimanere sveglia: aveva già vagliato numerose possibilità, ma nessuna la convinceva realemente: percuotere la sentinella col comodino non sarebbe servito, così come strangolarla con un lenzuolo. Aggredirla con la forchetta restava la soluzione migliore, anche se dubitava fosse efficente. Forse avrebbe soltanto fatto indispettire maggiormente il suo carceriere. Non che temesse per sè stessa: chiaramente era una risorsa troppo preziosa per Valentino, e non l’avrebbe sprecata. Tuttavia, quell’odiosa falena avrebbe potuto rifarsi su Adam. Se gli fosse capitato qualcosa, non se lo sarebbe mai perdonata.
Chissà dov’è ... sospirò tra sé e sé, voltandosi su un fianco. Indubbiamente, non era in una delle camere attigue: aveva picchiato sul muro più volte, con colpi regolari. Una sorta di bussare, che aveva ripetuto anche sul soffitto e sul pavimento, nella speranza di ricevere una risposta. Nessuno, tuttavia, aveva replicato alle chiamate. Poteva soltanto dedurre che non fosse vicino e sperare avesse almeno una stanza confortevole quanto la propria, magari con una finestra. Forse sarebbe riuscito a scappare da lì, o almeno a chiedere aiuto. Valentino aveva proposto un accordo anche a lui? O si era limitato a tenerlo come ostaggio per ricattarla?
Il rumore del chiavistello interruppe quei pensieri. Si mise a sedere, osservando un peccatore schiudere l’uscio e recuperare il vassoio del pranzo, che aveva opportunamente adagiato innanzi alla soglia.
«Miss...» la richiamò «Valentino chiede se hai pensato alla proposta.»
«Certamente» replicò, seccata «Puoi riferirgli che la mia risposta è scritta sul piatto.»
Indicò la fondina: sulla ceramica, gli avanzi della carne e delle verdure scondite erano stati disposti perché disegnassero un pene.
«Capisco.» Il servitore indietreggiò e richiuse l’uscio.
Emily si lasciò nuovamente cadere sul letto, con un sorriso divertito: iniziava a capire perché Adam trovasse tanto soddisfacente disegnare cazzi ovunque.
***
Angel Dust fissò sconsolato il cellulare.
«Valentino vuole che riprendiamo, questa sera.» snocciolò, accasciandosi sul bancone.
Husk gli porse un bicchierino ripieno di liquido trasparente.
«Grazie gattone. Ho davvero bisogno di qualcosa di forte»
«È acqua.»
«Crudele!» l'attore mimò una smorfia e tornò allo smartphone «Non ho alcuna voglia di girare questa scena... tanto più che non sono nemmeno riuscito a studiarla adeguatamente. Non riesco a concentrarmi, sapendo che Emily potrebbe trovarsi nei guai.»
«Ti capisco» il barista tornò a lucidare le stoviglie «Condivido la tua preoccupazione per la ragazza, ma questo non ti solleverà dall’impegno con il tuo capo. Temo dovrai fare uno sforzo.»
«Non so nemmeno una battuta!»
«Senza offesa, ma non credo che i copioni siano così complessi da ricordare. Ti basterà fare qualche moina e agitare il culo, come fai sempre.»
Angel Dust sbuffò e gli rifilò un’occhiata scocciata:
«Il tuo cinismo non mi conforta» replicò, aprendo il file dedicato alla sceneggiatura «è una trama davvero complessa.»
«Per quanto possa esserlo un film porno. Sento che stai morendo dalla voglia di rendermene partecipe, quindi te lo chiederò solo per cortesia: di cosa parla?»
«Interpreto la parte di un coraggioso esploratore che si perde in una giungla selvaggia e...»
«Scommetto che viene rapito da una tribù di cannibali sessualmente attivi.»
«Quasi. Da un branco di scimmie arrapate, in realtà.»
Vide Husk roteare lo sguardo:
«Era la mia seconda opzione.»
«Ho un’idea! Perchè non mi aiuti a ripassare?»
«Sei del tutto suonato? Io sto lavorando.»
«Non hai nessun altro cliente, oltre al sottoscritto» lasciò scivolare lo smartphone sul pianale di legno «Suvvia! Sarà divertente... e mi aiuterà a distrarmi un po’ da...»
Husk scosse il capo, affattto convinto. Recuperò comunque il telefonino, scorrendo leggermente verso il basso. Le iridi si mossero, seguendo il copione.
«Ma che cazzo...» esclamò, incredulo «Davvero devi girare questa roba?!» esclamò, prima di leggere «La scimmia nera versa la marmellata di banana sul corpo dell’esploratore. L’esploratore geme di piacere e ne chiede altra.»
«Certo... e se non ricordo male, la battuta fa più o meno così: Ah, sì! Ne voglio di più, Gorillatron. Voglio essere la tua confettura di banane per questa sera!» L’attore si passò le mani sul petto, ammiccando seducente «Poi arriva Monkazoid, che mi frusta il culo con una liana... allettante, no?»
«No! Diamine, è una schifezza.»
«Pff, non capisci l’arte.»
«Gibbon entra in scena e lecca la marmellata dal corpo dell’esploratore.»
«Sì, quella è la mia parte preferita. Insieme a quella dove Gorillatron mi...»
Husk agguantò un dispenser di tovagliolini da sotto il bancone. Quei foglietti ruvidi di carta velina, inutili per pulirsi le mani, erano perfetti come improvvisati tappi per le orecchie. Ne recuperò un paio, appallottolandoli e cacciandoli nei padiglioni auricolari.
«Ah, molto meglio!» sospirò sollevato, tornando a lucidare i propri bicchieri e ignorando un demone ragno che, sdraiato a metà sul suo bancone, fingeva d’essere corteggiato da tre immaginarie scimmie libidinose.
***
Lute sferrò un calcio alla rivale, osservandola crollare al suolo.
Uno sparring pomeridiano era esattamente ciò che le serviva per scaricare la frustrazione, riprendere energie e sfogare la propria rabbia. Il retro dell’hotel era un posto abbastanza discreto e nessuno era venuto ad importunarle o interromperle; inoltre, erano al sicuro dagli sguardi dei curiosi.
Erano già al terzo round e, ovviamente, Vaggie non ne aveva vinto neppure uno: le aveva concesso persino dieci minuti di riposo, ma evidentemente la ex-sterminatrice aveva perso tutto il proprio smalto. Si era impigrita durante la permanenza all’inferno.
«Voli come un angioletto ubriaco!» la canzonò, avvicinandosi e sollevando la spada. Cercò di puntarla alla gola, ma la contendente rotolò di lato e le colpì le caviglie con il manico della lancia.
Barcollò in avanti, sbilanciata. Ruotò il busto, impattando con la schiena e sollevando immediatamente la lama per parare un affondo. Flettè un ginocchio e lo piantò nello stomaco altrui. Vide Vaggie accasciarsi e stringersi il ventre. Sorrise, scattò in piedi e le fu nuovamente sopra: le afferrò i capelli e le sbattè la testa a terra, incurante del taglio che si apriva sulla fronte. Il sangue dorato le macchiò sui guanti e la divisa. Rise al sentirne il calore sulla pelle. Strinse più forte le ciocche chiare e strattonò il cuoio capelluto. Il lamento dell’avversaria la convinse solo a ripetere la manovra: le abbassò violentemente il capo, facendolo impattare nuovamente col suolo. Un altro schizzo dorato imbrattò il terriccio e la spinse a continuare ancora. Vaggie la stava chiamando: ripeteva il suo nome, gridava, la apostrofava come “pazza psicopatica”. Forse lo era davvero.
Aveva solo bisogno di sfogarsi, di liberare la tensione dei giorni passati, di distrarre la mente dall’impellenza e dalla gravità dei suoi doveri. Le epurazioni annuali erano davvero un sollievo: abbandonava la compostezza e il rigore militare per scatenare la furia che alberegava nel suo animo. Era per questo che aveva il più alto numero di uccisioni all’attivo: nessuno era come lei, neppure Adam. Per quest’ultimo, gli Stermini erano poco più che uno svago: un passatempo che si sposava perfettamente alla mansione che ricopriva. Per lei, erano qualcosa di più; erano una valvola di sfogo, l’unica possibilità di mostrarsi esattamente come desiderava: spietata e implacabile.
Vaggie emise un singhiozzo strozzato, all’ennesimo colpo ricevuto, e Lute ne approfittò per chinarsi e ringhiarle all’orecchio:
«Sei lenta! Oh, sarebbe così facile ora strapparti anche l’altro occhio e...»
Improvvisamente, si sentì sbilanciare all’indietro. Un peso le cadde addosso, facendole perdere la presa sull’arma. Ruzzolò di lato, ritrovandosi a osservare Lucifer in una forma... mai vista prima: al demonio erano spuntate tre paia d’ali, gli occhi si erano accesi di un rosso cupo e delle corna scarlatte erano cresciute dalle tempie.
«Non toccare Maggie!» le urlò in faccia, mentre la teneva inchiodata a terra.
Lute provò a divincolarsi, ma la stretta sui suoi polsi era eccezionalmente ferrea. Da dove traeva tanta forza, quella sottospecie di nano da giardino?
«Chi... cazzo è... Maggie?» domandò con un filo di voce.
«Sono io» Vaggie si era rialzata a fatica, sostenuta in vita dalla principessa. Barcollò in sua direzione, gettandole uno sguardo disgustato, prima di battere delicatamente la spalla del sovrano «Grazie d’essere intervenuto, ma... è tutto ok. Ci stavamo soltanto allenando.»
«Allenando? Ma... Peggie! Stai sanguinando dal naso, dalla testa, dalle ginocchia...»
«Sì, beh... ci siamo lasciate prendere un po’ la mano.»
«Io... oh, capisco. Posso darti una aggiustata, se vuoi...» Lucifer si ritrasse, abbandonando la forma demoniaca e prendendo Vaggie sotto braccio «Vedrai, sarai come nuova in un attimo!» disse, conducendola via.
Lute scoccò un’ultima occhiata alla propria avversaria, soffiando con disprezzo:
«Scappa, cagna! Batti in ritirata, è la sola cosa che sai fare» borbottò, rialzandosi e spazzolandosi le vesti. Recuperò la propria spada e la ricacciò nel fodero.
Fece per dirigersi nuovamente verso l’hotel, ma Charlie le sbarrò la strada:
«Vorrei parlarti.» le disse.
L’Esorcista scosse il capo e la superò:
«Io no.»
«Sei come lui! Scostante, indisponente e altezzosa.»
«Quando hai finito di elencare le mie qualità, gradirei darmi una ripulita.»
«E sarcastica... ora capisco perchè andate tanto d’accordo.»
Si concesse un sorriso orgoglioso e si voltò. La giovane Morningstar teneva i pugni stretti contro i fianchi e la stava osservando con malcelato livore.
«Non lo avevi ancora capito? Ho sempre creduto fosse chiaro sin da subito, il mio carattere.»
«Non avevi motivo di fare del male a Vaggie.»
«Ci stavamo soltanto eserecitando.»
«Le hai quasi spaccato la testa a terra! Vi ho visto. Non era una allenamento, era una carneficina.»
«Beh, non se n’è lamentata. Inoltre, posso assicurarti che non si è risparmiata. Semplicemente, sono più forte e preparata di lei. Volevo solo che imparasse la lezione: stare qui l’ha resa debole e fiacca. Come pensa di poterti proteggere, se non sa nemmeno difendere sè stessa?»
«Non volevi aiutarla, ma umiliarla e ferirla. È diverso!»
«Mh, forse...»
«Perchè ti comporti così? Non ti ha fatto niente di male, anzi. È stata gentile! Voleva soltanto portarti del tè ed esserti di conforto.»
«Non mi serve la pietà di nessuno.»
«Sciocchezze! Ti vediamo tutti quanti: ti aggiri per le stanze come un animale in gabbia. Hai voluto interrogarci non una, ma ben tre volte, convinta che ti stessimo nascondendo qualcosa! Se così fosse, non preoccuparti che non ci daremmo tanta pena per supportare le ricerche.»
«Che c’entra questo con la traditrice?»
«C’entra! Credi che Vaggie sia contenta di averti a piede libero quaggiù? Ti comporti come se fossi la padrona di casa, ma dimentichi che sei ospite!»
«Non l’ho cercata. È venuta di sua spontanea volontà. Dovrebbe sapere che una tazza di tè non è sufficiente a cancellare gli errori del passato.»
«Non ha commesso alcuno sbaglio. Voleva solo essere... accomodante, e dimostrarti che può convivere con te sotto lo stesso tetto. E tu... ne hai approfittato per svilirla» la principessa mosse un passo in sua direzione, furente. Lute non ricordava d’averla mai vista tanto scossa, neppure in tribunale. Non aveva ancora sfoderato la sua forma demoniaca, ma indubbiamente stava facendo fatica a trattenersi «Non le hai già preso abbastanza?»
Scrollò le spalle, con noncuranza:
«Stai qui a farmi la paternale, quando in realtà dovresti ringraziarmi. Se non fosse stato per me, non vi sareste mai conosciute.» si concesse un sorrisetto sarcastico «Riflettici: se non le avessi strappato ali e aureola, lei sarebbe risalita con noi. Non si sarebbe abbandonata all’autocommiserazione, e alla vergogna che chiaramente prova per sé stessa. Non si sarebbe piegata, ma avrebbe trovato la forza per reagire e sarebbe ancora ciò che un tempo era: la migliore Sterminatrice del Paradiso... dopo la sottoscritta, ovviamente.»
«Sei... davvero una psicopatica, se la pensi in questo modo. Vaggie è una brava persona. È migliorata tanto, si è messa in discussione, ha superato ciò che era e la sua vera personalità è emersa. Una cosa che tu non riuscirai mai a fare, non se continui a comportarti in questo modo» Charlie sollevò la mancina, bloccando qualunque tentativo di replica «Perché, Lute? Stiamo facendo il possibile per aiutarti. Credimi, comprendo la tua frustrazione, e la necessità di una valvola di sfogo per la pressione a cui sei sottoposta, ma picchiare Vaggie non ti aiuterà a ritrovarlo.»
Lute gettò alla ragazza uno sguardo velenoso. Che ne sapeva, quella piccola marmocchia saccente? Il fatto che fosse la figlia di Lucifer non le dava il diritto di sindacare sulla sua persona. Allungò il passo e cercò di superarla, ma Charlie le sbarrò nuovamente il passo:
«Se vuoi rimanere all’Hazbin e collaborare con noi, non devi mai più fare del male a Vaggie, né agli altri ospiti. Altrimenti, sono spiacente, ma dovrai andartene.»
«Non credo che Sera sarebbe lieta di sapere che mi hai cacciato.»
«In questo momento, me ne fotto di Sera e delle sue disposizioni. Questa è casa mia e non ti permetterò di demolirla. Inoltre, è stupido da parte tua: non ti rendi conto che stai autosabotando la tua stessa missione? Credi riuscirai a salvarli, agendo da sola? Abbiamo molte più probabilità unendo le forze.»
Annuì, controvoglia. Era consapevole che Charlie aveva ragione su tutta la linea; eppure non riusciva ad accettarlo: aveva davvero bisogno dell’appoggio di quei peccatori? Purtroppo, il recente sopralluogo all’Ambasciata Celeste ne era la conferma: non aveva cavato un ragno dal buco. Come poteva sperare di indagare sull’intero inferno, se nemmeno sapeva come orientarsi. Lo conosceva soltanto grazie alle Epurazioni annuali, ma non comprendeva nulla della sua geografia, né delle usanze o degli abitanti, che si limitava a massacrare. La principessa aveva colto nel segno: se desiderava ritrovare al più presto Adam e Emily necessitava di un supporto esterno.
Sbuffò, allacciando le mani dietro la schiena e recuperando il suo cipiglio militare:
«Molto bene. Sia come dici!» acconsentì «Ma non metterti in testa che possa allacciare un qualsivoglia legame d’amicizia con... chiunque. Si tratta solo di lavoro.»
«Certamente. Un’ultima cosa, prima di rientrare: potresti scusarti con Vaggie?»
Lute sgranò gli occhi e arruffò una smorfia disgustata:
«Mi stai chiedendo un po’ troppo, principessa. Tuttavia, per mero rispetto verso le richieste da te avanzate, vedrò di farmi perdonare.»
Il volto di Charlie si distete immediatamente a quelle parole, tornando a mostrare la solita allegria e vivacità:
«Grazie Lute.» le disse «Andiamo, ora! Torniamo in sala, gli altri ci stanno aspettando.»
***
Adam sussultò quando l’ago gli trapassò la coscia destra.
Il bruciore si diffuse al muscolo, mentre lo stimolante veniva iniettato.
Fanculo , si disse, spiando con odio il servitore con la faccia da ferro da stiro sbrigare quell’ingrato compito e fare un rapido dietro front, tornando di guardia alla porta.
Aveva perso il conto del tempo: non sapeva quante ore fossero passate dal suo risveglio. Naturalmente, a causa del farmaco, non era più riuscito a chiudere occhio. Dormire gli era diventato impossibile: ogni volta che lo stimolante gli veniva somministrato, la mente si rimetteva prontamente in moto. Poco importava quanto fosse stanco o provato dal dolore: il cervello ricominciava a galoppare, saltando tra i pensieri e i ricordi. Una moltitudine di immagini gli invadeva la testa: una carrellata di eventi del passato, che era costretto a rivivere... e altrettanto spaventose congetture per il futuro. A volte, i ricordi si accavallavano e ne uscivano delle curiose e inquietanti miscele.
Le prime fantasie gli lambiccarono la coscienza. Abbassò le palpebre, ma questo non bastò per celare la raffigurazione di un giardino verdeggiante.
Oh, no ! Non di nuovo l’Eden. Sospirò, sconfortato Lute, dove sei?
***
Charlie scivolò sotto le coperte, protendendosi per regalare alla compagna un leggero bacio sulle labbra.
«Come stai?» le chiese, osseervandola attentamente: delle ferite pomeridiane non era rimasta alcuna traccia. Suo padre le aveva guarite alla perfezione.
«Bene. Solo un leggero mal di testa.» Vaggie le donò un sorriso rammaricato «Mi dispiace per l’accaduto. Non avrei dovuto assecondarla. Avevamo già svolto due round e speravo di poterla battere al terzo. Non avrei mai immaginato si sarebbe accanita così tanto.»
«Non è colpa tua. Lute è...»
«Pazza.»
«Stavo per dire “complicata”, ma anche “pazza” va benissimo.»
«È venuta a scusarsi, prima di cena. Non credo sia stata una sua idea, vero?» La compagna le strinse una mano affettuosamente, prima di continuare «Ha detto che si è lasciata prendere la mano e ha esagerato; e che sono una mezza sega. Credo sia quanto di meglio si possa ottenere da lei.»
Charlie rise, dondolando il capo:
«Immagino di sì. Comunque, non sei obbligata ad averci a che fare. Non appena ritroveremo Emily e Adam, se ne tornerà in Paradiso e non sarà più un nostro problema.»
«Fino al prossimo Sterminio...»
«Già, ma... beh, non intendo pensarci. Sono certa che Emily riuscirà a concludere la missione e a convincere il Paradiso a cancellare del tutto le epurazioni.»
«Vorrei avere il tuo ottimismo, sai?» Vaggie si rannicchiò tra le pieghe del lenzuolo «Ah, prima che me ne scordi: ho incrociato Angel poco fa. Stava uscendo, si stava recando al lavoro. Mi ha solo detto di non aspettarlo per la colazione: a quanto pare, gireranno tutta la notte e forse anche domattina.»
«Beh, chiederò a papà di preparargli comunque dei pancakes per quando rientrerà. Sono certa lo renderanno felice e gli tireranno su il morale»
Charlie allungò la destra e spense l’abatjour; la stanza sprofondò nell’oscurità.
«Buonanotte Vaggie. Ti amo.»
«Io ti amo di più.»
«E io anche più del tuo più.»
Notes:
Ciao a tutti!
Aggiungo una piccola nota a fondo capitolo per ringraziare tutti coloro che stanno leggendo / seguendo questa storia; che hanno lasciato un commento, un kudos o anche le stanno dando, semplicemente, una possibilità!
Vi ringrazio tantissimo, e spero davvero che vi stiano piacendo gli ultimi sviluppi (anche se mi rendo conto siano in contrasto con il tono spensierato dei primi capitoli).Thank you so much! <3
Chapter 20: La giusta leva
Notes:
[Warnings: Violence, Non-con touching, Humiliaton]
[Nota: il Non-con non è a sfondo sessuale. Non so come segnalarlo adeguatamente. Per il momento non ho modificato il rating della storia, perchè non vi è nulla di esplicito. Accetto suggerimenti e modificherò le note di conseguenza, in base alle vostre indicazioni. Grazie a chiunque vorrà darmi una dritta!]
(See the end of the chapter for more notes.)
Chapter Text
Angel Dust si guardò allo specchio del camerino.
Il body leopardato che gli avevano fornito era decisamente sexy. Cingeva perfettamente i fianchi e la vita, lasciando scoperta buona parte del petto e allacciandosi dietro al collo con sottili nastri bronzei.
Strizzò l’occhio alla propria immagine, prima di muoversi in direzione dei vicini studi di registrazione, nel cuore della V-Tower.
Rivolse un sorrisetto ammiccante ai tre collaboratori, già vestiti con i loro costumi da gorilla.
«Pronti, ragazzi?» domandò, avvicinandosi al set: al centro della stanza era stato montata un’enorme piattaforma in legno e bambù, resa più confortevole da lenzuola di lino e cuscini imbottiti. I riflettori, tuttavia, erano puntati su una gabbia in ferro rivestita da rami e foglie di palma.
L’attore vi scivolò all’interno, richiudendo lo sportellino dietro di sè.
Sollevò un pollice in direzione del regista, accomodato su una seggiolina ai margini della scena: Valentino sedeva con le gambe accavallate, avvolto nelle sue ali rosse bordate di pelliccia. Una sigaretta consumata per metà era incastrata in un bocchino d’avorio, stretto tra le dita sottili. Gli immancabili occhiali a cuore sottolineavano uno sguardo ferino e determinato, mentre un ghigno soddisfatto solcava le labbra.
Sembra di buon umore, si disse Angel, Tanto meglio. Magari riuscirò a rientrare ad un orario decente.
Un demone lombrico strisciò lungo il set, cercando inutilmente di maneggiare il ciack. Senza arti superiori, il poveretto era in seria difficoltà. Alla fine, riuscì a scuotere l’oggetto bianco e nero fino ad ottenere un rumore decente.
«Si gira!» esclamò, mentre le luci si intensificavano e i cameraman puntavano in direzione del protagonista.
Angel Dust si aggrappò alle sbarre della prigione, languido:
«Oh, me tapino!» attaccò, accarezzando sensuale il metallo «Questi primitivi bestioni mi hanno rapito! Catturato nel bel mezzo di una esplorazione nella foresta pluviale.» a quelle parole, le tre scimmie si avvicinarono alla gabbia, improvvisando un balletto grottesco «Ah, sono così selvaggi! Siamo nel pieno della stagione degli amori. Povero me!»
I gorilla scardinarono la porta e si protesero verso di lui. Finse di rannicchiarsi sul fondo della struttura, prima di lanciarsi tra le braccia che l’attendevano. Immediatamente, le mani si chiusero sul suo corpo, sollevandolo senza sforzo e gettandolo sulla pedana di bambù. L’attore cercò di nascondere la propria semi-nudità con un lenzuolo, che gli venne prontamente strappato.
«Aiuto! Qualcuno mi salvi! Sono assetati di sesso e...» i figuranti continuarono a ballare con movimenti sensuali «Samba!»
Angel si alzò, ancheggiando:
«Un rituale di corteggiamento!» mormorò, mentre una musica inondava il set. Si lasciò travolgere dalla melodia, agitando i lunghi arti e danzando al centro della scena.
I primati lo agguantarono. Il più robusto, Gorillatron, gli legò le braccia con una liana ruvida e lo lanciò nuovamente sul palco. Inarcò la schiena, sollevò il bacino, si morse teneramente il labbro inferiore:
«Uh, scimmione libidinoso» stuzzicò l’altro, che si batté velocemente il petto «Mi piacciono i ragazzi focosi come te.»
Quel copione era davvero insulso. Non che gli altri fossero migliori, ma era così... insipido. Sembrava quasi fosse stato concepito in fretta e furia, giusto per riempire il vuoto tra una produzione e l’altra con un cortometraggio ai limiti dell’assurdo. Era da tempo che Valentino non sfornava una schifezza del genere. Almeno, gli altri film avevano un vago accenno di trama e dei dialoghi leggermente più costruiti, ma questo?! Era una sorta di monologo dalle battute ridicole, svolto tra un esploratore ninfomane e una banda di scimmie urlatrici. Oltre al contatto fisico, non c’era neppure un briciolo di interazione con i membri del cast. Non che fossero dei veri e propri attori: erano comparse alla prima esperienza, a giudicare da come si muovevano goffamente. Erano probabilmente dei senzatetto, desiderosi di racimolare qualche spicciolo con un lavoretto semplice e divertente. Nessuno di grande esperienza, comunque: le mani ruvide dei primati scivolavano sul suo corpo senza grazia, né sensualità. Sembrava stessero sbattendo un tappeto, più che corteggiando un amante. Gettò un’occhiata a Valentino, che sembrava assorbito dalla scena; a tratti, mimava dei cenni affermativi col capo, dava disposizioni per cambiare l’intensità delle luci o regolare alcune inquadrature.
Bah, contento lui... si sussurrò L’importante è finire presto e ricevere la paga a fine mese.
Sussultò, quando una liana gli sferzò una natica. Scoccò uno sguardo seduttore alla scimmia più bassa. Com’è che si chiamava? Ah, sì...
«Ah, Monkazoid... più forte!» gemette e rotolò sul fianco, perché la comparsa avesse maggior agio nel suo ingrato compito. Ricevette un secondo colpo e poi un terzo «Ancora, babbuino rampante.»
Quelle battute erano davvero assurde. Non c’era da stupirsi che Husk non si fosse prestato ad aiutarlo nel ripassare il copione.
Ma chi le ha scritte? Uno stagista alle prime armi, sicuramente! Borbottò tra sé, ma un movimento alla propria destra richiamò la sua attenzione: l’Overlord si era chinato sul demone lombrico e gli stava sussurrando qualcosa. Scorse il malcapitato chinare frettolosamente il capo e uscire in fretta dalla stanza.
Speriamo vada alla ricerca di qualche sex toys, per vivacizzare questa merda. Forza, Angel! Un paio d’ore al massimo, e poi potrai goderti una meritata colazione.
***
Valentino soffiò uno sbuffo di fumo sul volto dell’assistente.
«Portami la ragazza.» ordinò.
Il vermiciattolo piegò la testa e si affrettò ad obbedire.
***
Lute staccò lo sguardo dal telescopio.
Aveva chiesto a quell’inutile serpente di poterlo utilizzare. Si era fatta spiegare il funzionamento e lo aveva congedato. Non desiderava compagnia, men che meno di un servile essere strisciante.
L’espressione mortificata di Sir Pentious non l’aveva minimamente toccata. Aveva atteso che si allontanasse, e aveva impugnato l’ottica, spostando il grande cannocchiale su Pentagram City. Aveva frugato ovunque: lungo le strade, attraverso i vicoli, spiando persino all’interno delle case.
Aveva puntato l’ingresso delle bettole, le finestre dei motel, passando anche attraverso i lucernari delle soffitte. Non aveva trovato alcun indizio, nulla che potesse indirizzarla. Adam e Emily parevano davvero essersi volatilizzati.
Si rannicchiò sulle tegole, avvicinando le gambe al petto e circondandole con le braccia. Poggiò il mento sulle ginocchia e abbassò lo sguardo sul profilo della città.
«Dove cazzo sei finito?» sussurrò, mentre l’aria fredda della notte le arruffava le piume e i capelli.
Si avvolse nelle ali e chiuse gli occhi, abbandonandosi ad un sonno agitato.
***
Angel Dust inorridì, quando vide la porta aprirsi e la giovane serafina fare il suo ingresso sul set.
«No!» gridò, cercando di divincolarsi.
I tre figuranti lo avevano assicurato alla piattaforma di legno, legandogli i polsi e le caviglie.
Gorillatron gli stava massaggiando le spalle con della marmellata, mentre Gibbon leccava tracce di confettura lungo le sue gambe, mordendogli le ginocchia. Monkazoid si era spalmato sulla maschera del rossetto alla ciliegia e gli stava baciando le braccia, il petto e il collo, lasciandogli vistosi segni rossicci.
«No, no!» urlò nuovamente e strattonò con forza le liane che lo immobilizzavano. Provò a scalciare, a rotolare su un fianco, a sottrarsi alla performance delle comparse spostando il volto, agitando le braccia, ma i vincoli erano stretti e gli concedevano ben pochi movimenti. Al suo dibattersi, i figuranti si bloccarono immediatamente, rivolgendosi delle occhiate perplesse.
«Continuate!» fu l’ordine della falena.
Le scimmie ripresero, seguendo fedelmente il copione.
«Ti prego, no!» Angel gettò uno sguardo fugace a Emily. La ragazza sembrava stare bene: vestiva un semplice abito rosa pastello, appariva pulita e curata come sempre; non recava evidenti segni di maltrattamento o ferite. Tuttavia, era chiaramente sconvolta: la spensieratezza sul suo volto, era sostituita dall’apprensione, dall’incredulità e dalla compassione. Provava pietà per lui, per la sua condizione; mostrava delusione, forse per le bugie che le aveva raccontato? Perchè aveva scoperto, nel modo più crudele, quale fosse la sua reale professione. Non era un attore famoso, era soltanto... un oggetto per il piacere altrui; una marionetta, con cui la falena si divertiva ogni sera e che faceva guadagnare parecchi soldi alla casa cinematografica delle Vees. La celebrità si riduceva a foto spinte, giornaletti pornografici e film di infima categoria. Non era nessuno, non contava nulla... se non fosse stato per Charlie e per la combriccola dell’Hotel, la sua vita non avrebbe avuto alcun senso: sarebbe stata ridotta a ore e ore di lavoro negli studi della V-Tower, e alla fugace fama come stella del cinema hard.
Ora, Valentino lo stava nuovamente svendendo, gettandolo in pasto al grande pubblico e screditandolo agli occhi dell’unica persona che davvero poteva liberarlo; la sola che potesse perorare la sua causa in Paradiso. Ma... l’avrebbe fatto, ora che conosceva la verità? Probabilmente no. Lo avrebbe guardato con disprezzo, come tutti gli altri angeli. I cancelli dorati non si sarebbero mai schiusi per lui; sarebbe rimasto all’inferno, per sempre schiavo di un sadico insetto. Gli importava? In parte, e non poteva negarlo; tuttavia, il rammarico peggiore era perdere Emily... non in qualità di Ambasciatore Celeste, ma come amica. Veder crollare quel legame che stavano costruendo, e affondare l’affetto reciproco.
Disperato, si aggrappò ad un ultimo tentativo: si contorse, tirò con forza per cercare di liberare almeno una mano, ma i legami rimasero saldi.
«Ti supplico, Valentino!» singhiozzò, mentre una lacrima cadeva lungo la guancia «Per favore, non lei!»
«Rimani nel personaggio, Angel. Non ho voglia di dover girare da capo questa scena.» l'Overlord gli sorrise, cinico «O devo pensare che non prendi seriamente il lavoro?»
«Ti prego!» ripeté, affannato. I singhiozzi scuotevano il suo petto, ancora tormentato dalle tre scimmie. Sentiva la marmellata tiepida scivolare lungo le sue membra, accompagnata dei tocchi ruvidi e inesperti dei figuranti. Percepiva chiaramente la loro indecisione, come se fossero in imbarazzo, e al tempo stesso non osassero rivoltarsi al regista «Farò qualunque cosa, lo giuro!» Gridò, all’improvviso «Solo... non farla assistere. Non farla stare qui!»
La falena soffiò dalla sigaretta.
Una fascia di fumo rosa si strinse sulla sua bocca, tagliandogli la voce e ovattando i singhiozzi. La morse, nel disperato tentativo di strapparla, ma la nebbiolina gli scivolò tra i denti e sulla lingua. Le sue suppliche si trasformarono in guaiti strozzati.
Angel fissò Emily, avvilito e terrorizzato.
Incurante della vergogna e dell’umiliazione, si abbandonò ad un pianto silenzioso.
***
Emily non riusciva a staccare gli occhi dalla scena che si stava consumando sul palco.
Un lombrico l’aveva scortata dalla camera sino agli studi di registrazione, facendola accomodare su un pouf imbottito, alla sinistra del regista. Non aveva dedicato un solo sguardo al Signore Supremo, concentrandosi immediatamente sull’osceno spettacolo al centro.
Tre attori vestiti da gorilla avevano legato Angel Dust a una piattaforma di legno, e gli stavano gettando addosso... marmellata? Una delle scimmie stava baciando l’attore ovunque, mentre un’altra gli mordicchiava ripetutamente le gambe. L’amico indossava un body leopardato piuttosto succinto e sembrava completamente immerso nella propria parte: gemeva languido, sospirava, si concedeva ai tre con battute sagaci, invitandoli a continuare.
«Ti piace quello che vedi, Miss? Non trovi che sia... talentuoso?» Valentino la stava osservando, con un ghigno stampato in faccia «Immagino tu abbia avuto modo di conoscerlo, all’Hotel. Ti ha parlato di questo aspetto del suo lavoro?»
Emily scosse il capo:
«Non...» balbettò, scorgendo Angel voltare il capo in sua direzione «Credevo fosse un attore.»
«Lo è, ma di film... destinati ad un particolare pubblico. Rilassati e goditi la scena. A questa puoi assistere... non è particolarmente volgare.»
La serafina non lo stava ascoltando: teneva lo sguardo incollato su Angel Dust, che si era accorto della sua presenza. L’amico stava cercando di ribellarsi, di divincolarsi e supplicava. Voleva che le riprese fossero interrotte, che i colleghi si fermassero e che lei... non potesse assistere.
«Angel...» sussurrò, osservando il demone ragno lottare contro i legacci, piangere e implorare. Le comparse ignoravano le sue preghiere e continuavano nel lavoro. Angel Dust si dibatteva, singhiozzava, supplicava perchè la allontanassero dal set.
Emily, però, non riusciva a distogliere l’attenzione: congiunse le mani al petto e scosse il capo. La sua espressione si incrinò in un misto di malinconia e compassione. Non poteva lasciare che venisse umiliato e distrutto in tal modo.
«Falli smettere!» scattò, volgendosi verso Valentino.
Per tutta risposta, il Signore Supremo sbuffò del fumo. Le urla di Angel si spensero quando una fascia rosa gli tappò la bocca.
«Basta!» ripetè la serafina, pestando un piede a terra «Gli stanno facendo del male! Interrompi questa follia!»
«No, no... sei troppo premurosa, mia cara. Vedi, è il suo lavoro. Angel Dust è un professionista, sa perfettamente come gestire queste situazioni.»
«Non è vero!» spiava l’amico con la coda dell’occhio: lo scorgeva singhiozzare e tentare di sottrarsi allo svolgersi della scena «è abbastanza. Ordina ai tuoi scimmioni di piantarla.»
«Forse non ti sono chiare alcune dinamiche, piccola. Vedi, non hai alcuna influenza quaggiù. In Paradiso sarai anche un pezzo grosso, ma qui... non sei nessuno. Non hai nemmeno i tuoi poteri. Con quelli, avresti potuto salvarlo... oh, deve essere frustrante.» la falena le rise in faccia «Inoltre, l’arte di Angel mi frutta parecchi quattrini. È leggermente uscito dal copione, ma nulla di irrecuperabile. Sono certo che renderà comunque bene, il film.»
«Non parlare così di lui!»
«Perchè? Ne ho tutto il diritto. Mi ha venduto la sua anima. Posso disporre di lui come desidero. Comunque, questa scena mi sta annoiando. Potremmo aggiungerci un po’ di... fango? Latte di cocco? Fichi d’india?»
La mano di Emily scattò in direzione del volto altrui. Le dita impattarono sulla guancia, con uno schiocco secco. Lasciò ricadere immediatamente il braccio lungo il fianco. Non aveva mai schiaffeggiato nessuno, ma non era riuscita a trattenersi. Disprezzava Valentino così tanto, che l’istinto aveva soppiantato la razionalità e l’aveva spinta ad agire. Avrebbe dovuto provare vergogna e rimorso per essersi abbandonata all’impulsività, in un gesto tutt’altro che paradisiaco; invece, provava soltanto un gran senso di soddisfazione.
Il demone si concesse una smorfia:
«Hai un bel carattere, te lo concedo, ma... fallo di nuovo, e Angel ne pagherà le conseguenze. Lo farò immergere nella cera bollente, o magari frustare o cavare gli occhi. Tanto... non gli occorrono.»
La giovane si morse le labbra e crollò il capo; serrò i pugni lungo i fianchi, con tanta forza che le nocche sbiancarono e le unghie si conficcarono nel palmo:
«Lascialo andare.» sussurrò nuovamente.
«Oh, suvvia. In cambio, cosa ci guadagno? Non solo perderei il mio miglior performer, ma... perderei un’anima. A meno che tu non abbia una proposta interessante, non credo lo cederò tanto facilmente» il volto violaceo si avvicinò al suo. Si ritrovò a fissare le lenti a cuore e a respirare il fumo della sigaretta «Ma tu... forse hai una proposta interessante, non è vero?»
Emily osservò l’amico, un’ultima volta: Angel si agitava, scuoteva furiosamente il capo e le lacrime cadevano incontrollate sul suo volto.
«Scusa...» sussurrò, portandosi una mano al petto «La mia anima in cambio della sua. È questo che vuoi, no? È per questo che mi hai portata qui. Sapevi che non sarei rimasta indifferente e avrei fatto di tutto per aiutarlo.»
«Già, in fondo... sei il serafino della gioia e della sperazna. Saresti un pessimo angelo e una pessima amica, se non cercassi di aiutarlo.»
«Per tua fortuna, non sono nessuna delle due cose» tese la mancina nel nulla «Voglio visionare il contratto.»
Valentino schioccò le dita e una pergamena dorata si condensò innanzi a lei. Lesse rapidamente i termini, in silenzio. Non era nulla di diverso da quanto si era aspettata: sigliando l’accordo, si impegnava a cedere interamente la propria anima al Signore Supremo. Gli avrebbe obbedito fedelmente e non si sarebbe mai ribellata. Avrebbe recepito ordini esclusivamente da Valentino e li avrebbe eseguiti in modo impeccabile. In cambio, avrebbe riottenuto il potere angelico, che però avrebbe potuto utilizzare soltanto secondo le direttive del suo nuovo padrone.
Restituì il foglio:
«Mancano le mie condizioni. Desidero che Angel Dust sia libero da ogni precedente impegno preso con te; che la volontà gli sia restituita in toto. Inoltre, non gli farai del male mai più.»
«Fattibile. C’è altro?»
«Naturalmente. Rilascia Adam.»
Valentino le rise in faccia:
«Pretenzioso da parte tua! Non lo farò. La tua anima non ne vale due... o meglio le varrebbe, se una delle due non fosse del Capo Esorcista.»
«Allora non firmerò.»
«Bene, e io continuerò a torturare Angel e Adam. Così ti va a genio?»
Aveva una gran voglia di schiaffeggiarlo nuovamente, ma si trattenne.
«Che cosa gli hai fatto?»
«È ospite, esattamente come lo sei tu. Beh, forse un po’ meno. La tua camera è sicuramente più confortevole. La sua è... un buio e spoglio magazzino al pian terreno. In questo momento, spero stia riflettendo sull’offerta che gli ho fatto e che prenda la decisione giusta. Viceversa, beh... sono certo che non avrò difficoltà a rimpiazzare Angel Dust nel squel de “ L’incauto esploratore si perde nella giungla” » le rifilò un ghigno divertito «Puoi salvarne soltanto uno. A te la scelta.»
Emily si accomodò nuovamente sul pouf, a braccia conserte.
Non vedeva vie d’uscita. Se non avesse stipulato il contratto, la situazione sarebbe rimasta invariata e il loro vantaggio sarebbe stato ancora nullo: sarebbe stata risbattuta in camera, Angel avrebbe continuato a essere tormentato dall’Overlord e Adam... beh, ancora non era sicura di che fine avesse fatto. Logicamente, avrebbe dovuto optare per lui: rispetto alle capacità di Angel, quelle del collega erano nettamente superiori. Adam avrebbe potuto distruggere l’intera torre con una sola lama di luce. Già, ma... era stato marchiato anche lui? Quasi sicuramente. In questo caso, non sarebbe potuto ricorrere al potere sacro. Inoltre, non era certa delle sue condizioni: sarebbe riuscito a volare fino all’hotel e chiedere aiuto? Altrimenti, avrebbe dovuto percorrere l’intero tragitto a piedi, ammesso che non gli avessero rotto entrambe le ginocchia. In ogni caso, un angelo ferito e indifeso in giro per l’inferno era... una pessima idea. Chiunque avrebbe potuto approfittare della situazione per sferrargli il colpo di grazia.
Viceversa, Angel avrebbe raggiunto l’Hazbin senza alcuna difficoltà. Inoltre, non sopportava di vederlo così: in balia di Valentino, costretto a subire i suoi capricci. Angel era una persona buona: si, indubbiamente aveva peccato e si era ritrovato all’inferno, ma... non tutte le colpe avevano lo stesso peso. Si stava impegnando così tanto per la redenzione! Meritava una seconda possibilità, e se ancora non poteva raggiungere il Paradiso... almeno sarebbe stato libero.
Fissò per un attimo il papillon nero, stretto al proprio polso destro.
«Angel Dust» sussurrò infine, ignorando i lamenti disperati di quest’ultimo.
La falena annuì e le allungò nuovamente in contratto, con una stilografica.
Emily firmò, e strinse la mano che Valentino le stava tendendo.
Immediatamente, delle volute di fumo rosa si levarono dal corpo del demone ragno per guizzare verso di lei. Le spire si condensarono in catene attorno ai suoi polsi, prima di dissolversi nell’aria. La serafina colse un bruciore intenso alla nuca. Portò le mani a coprire il retro del collo, premendo a fondo sulla pelle, ora tornata liscia: il marchio impresso da Betsaida era sparito.
«Lasciatelo andare.» ordinò la falena.
Le comparse si sbrigarono a rimuovere le liane e Angel Dust poté finalmente rialzarsi; si massaggiò i polsi e si fregò il volto, per cancellare le tracce del pianto. Si sentiva completamente svuotato: il vincolo con Valentino era rotto ed era finalmente padrone di sé. Eppure, sentiva come se un macigno gli stesse schiacciando il cuore.
Si avvicinò alla giovane, senza trovare il coraggio di guardarla in volto.
«Perché lo hai fatto? Non avresti dovuto, non lo meritavo, io...» balbettò, crollando il capo «Perdonami!» disse infine.
Emily si sollevò con un colpo d’ali e raggiunse la sua altezza. Gli gettò le braccia al collo, stringendolo in un abbraccio:
«Ti voglio bene, Angel!» disse, posandogli un bacio sulla guancia, e nascondendo con quello schiocco un veloce sussurro «Salvaci.»
Il demone ragno indietreggiò, confuso. La osservò un’ultima volta e poi si indirizzò alla porta, dove Valentino lo stava attendendo.
«Non abbracci anche me?» lo canzonò l’Overlord.
Non lo degnò di risposta. Scivolò oltre la soglia, che si richiuse immediatamente alle sue spalle.
***
Angel Dust non sapeva da quanto tempo fosse fermo sulla soglia della sala relax.
Si era perfino dimenticato di recuperare i propri vestiti. Indossava ancora quel succinto body leopardato e tra le mani stringeva l’ennesimo bicchiere d’acqua, ricavato da un boccione in un angolo.
Si era rifugiato lì, barricandosi nella stanza. Era crollato su uno dei divanetti, nascondendo il volto in un cuscino ruvido e sfogando la propria frustrazione: aveva pianto, urlato, inveito contro Valentino prima e sé stesso poi. Che razza di persona era? Aveva spinto Emily a sacrificarsi per lui. Non lo meritava! Non meritava tanto amore e compassione; era soltanto un reietto, un dimenticato. Se non fosse stato per la fugace fama dell’industria pornografica, nessuno lo avrebbe mai conosciuto. Sarebbe stato un’ombra, tra le tante di Pentagram City.
Poi aveva scorto la luce: si era aggrappato all’idea della redenzione, così concreta da quando Emily era divenuta Ambasciatore Celeste. In lei risiedevano le sue speranze e quelle di molti altri peccatori; sogni che si erano appena infranti, e tutto per... colpa sua? No! Non era lui la causa di tutto questo, ma non poteva fare a meno di sentirsi comunque responsabile. Emily aveva scelto di salvarlo, mossa dalla compassione, dalla pietà e... anche da qualcosa di più: dall’affetto che stava sbocciando tra loro. Un sentimento che, ne era certo, si sarebbe potuto consolidare in un’amicizia sincera. Invece, era andato tutto a rotoli.
«Vaffanculo, Valentino!» sibilò, sollevandosi dal sofà con un colpo di reni. Si trascinò nuovamente al boccione, cavando un altro bicchiere d’acqua. Lo vuotò d’un sorso.
«Avrei bisogno di qualcosa di più forte...» borbottò.
Ubriacarsi, tuttavia, non avrebbe certo cambiato la situazione, anzi. Gli avrebbe reso solo più difficile raggiungere l’Hazbin incolume.
Poggiò il contenitore sotto l’ugello e lo riempì nuovamente. Lo sollevò, scrutando attraverso il liquido trasparente.
«Che cosa devo fare?» chiese, come se potesse trovare la risposta oltre il vetro.
Sto sprecando il mio tempo , si disse Dovrei essere già sulla via del ritorno, invece che qui, a commiserarmi e piangere nei cuscini. Devo avvertire Charlie, prima che Valentino mi piazzi alle calcagna qualcuno dei suoi tirapiedi. È vero, non può farmi del male... ma potrebbe convincere Vox o Velvette ad agire in sua vece. Non posso attardarmi oltre! Sono l’unico che sa dove si trovano Emily e...
Si bloccò, mentre un’idea gli attraversava il cervello.
Ma certo! Battè la mancina sulla fronte Adam! Se non posso aiutare Emily, allora forse... posso salvare lui. Devo solo trovarlo. Valentino ha parlato di un magazzino al pian terreno. Ma sarà sicuramente sorvegliato. Non posso presentarmi cosi. Tirò la stoffa del body elasticizzato O si? Forse... si, devo solo farmelo indicare! Questo straccetto potrebbe essere il mio lasciapassare.
Strinse maggiormente il bicchiere, con rinnovato entusiasmo. Strappò un paio di foglie da un bonsai rinsecchito. Le tritò e le gettò nell’acqua. I frammenti galleggiarono pigramente.
Angel uscì in fretta dalla sala relax e allungò il passo nel corridoio. Raggiunse le scale e si affrettò a scendere verso i livelli inferiori. Sul ballatoio del secondo piano incrociò uno degli uomini di Valentino: un tizio burbero, con la faccia da coccodrillo e i piedi da cinghiale. Come si chiamava? Non era sicuro di rammentarlo. Sollevò una mano e richiamò la sua attenzione.
«Ehi, scusa...»
«Che vuoi?»
Come previsto, l’alligatore non era il massimo della simpatia.
«Mi manda Valentino» cercò di apparire sicuro di sé: sfoderò un sorriso morbido, chinò il capo in un cenno cortese, agitò leggermente il bacino come distrazione «Sto cercando... il magazzino dove è trattenuto l’angelo.»
«Perché?»
Alzò di poco il bicchiere:
«Desidera che gli faccia bere questo infuso.»
«Posso occuparmene io.»
Angel indietreggiò e scosse il capo:
«No, me lo ha ordinato. Sai bene che sono sotto contratto e non posso disobbedirgli.»
Nessuno sapeva ancora della scissione del legame. Alla scena avevano assistito soltanto poche persone, per lo più cameramen, costumisti, tecnici e tre senzatetto vestiti da gorilla. Quasi sicuramente, nessuno aveva compreso fino in fondo l’accaduto. Aveva un discreto margine di tempo: difficilmente Valentino terminava le riprese prima dell’alba... e indubbiamente aveva già trovato un modo per far sparire l’esploratore dal set e continuare il film con gli scimmioni come protagonisti. Aveva ancora qualche ora a disposizione.
«Ah, già... sei una delle sue puttane.» il rettile gli rifilò uno sguardo sprezzante «Secondo corridoio a destra. Magazzino 2C»
Ringraziò con un mezzo inchino e si affrettò a scendere le ultime rampe.
Giunto al pian terreno, prese immediatamente la prima svolta e si incamminò. Era fortunato: il corridoio prescelto proseguiva dritto fino ad uno degli ingressi posteriori. Una porticina sul retro, discreta e poco appariscente. Era da li che passava la spazzatura il martedì e il giovedì mattina.
A circa metà del corridoio, una coppia di loschi figuri stanziava innanzi ad una porta in ferro battuto; i due sembravano più intenti a giocare a morra cinese, che a montare di guardia.
Angel allungò il passo, mimando un colpo di tosse per richiamare la loro attenzione:
«Ehi, fusti!» ammiccò. In realtà, di interessante non avevano assolutamente nulla: assomigliavano a due elettrodomestici troppo cresciuti. Il primo aveva il corpo di un termosifone e la faccia da ferro da stiro; il secondo, era letteralmente un abatjour ambulante «Valentino mi manda per l’angelo. È qui?»
I due si scambiarono una veloce occhiata, ma fu Termosifone a parlare:
«Speravo fossi passato per uno di noi.»
«Per darvi il cambio? O per... una marcia in più?» Canticchiò sensuale «Mi dispiace, ragazzi. Sono quasi al termine del mio orario di lavoro, ma... magari domani potremmo divertirci un po’.» indicò nuovamente il bicchiere «Val mi ha ordinato di fargli bere questo infuso. Posso passare?»
«Certo. Così io e Dariolampa finiamo la partita» il demone-calorifero cavò una siringa dalla tasca della giacca e gliela piazzò in mano «Fammi una cortesia: iniettagliela nella coscia.»
«Che cos’è?»
«Uno stimolante. Lo assume a intervalli regolari. Gli impedisce di addormentarsi.»
«Perchè?»
«E io che cazzo ne so. Ordini di Valentino.» Il demone girò la chiave nella toppa e spalancò il battente «Lascia la porta aperta, così possiamo intervenire in caso di necessità. Non dovrebbe essere in grado di nuocere, ma meglio non fidarsi.»
L’attore ringraziò con un cenno del capo e si affrettò a scivolare oltre la soglia.
Il magazzino era illuminato da un vecchio lampadario, appeso per un filo malconcio. Il ronzio di una lampadina fioca riempiva il silenzio della stanza, frammisto a un sibilo affannoso.
Avanzò di qualche passo, mettendo a fuoco la figura sul fondo.
Il cuore di Angel mancò un battito.
Adam giaceva appeso a ridosso del muro, con le ali e le mani trapassate da pugnali angelici. Le ferite si erano slabbrate, sotto il peso corporeo, e il sangue era colato fino a terra, raggrumandosi in pozze sul pavimento ruvido. Il respiro era frequente e superficiale. L’angelo teneva gli occhi socchiusi: da sotto le ciglia si intravedevano movimenti irregolari.
«Merda...» mormorò Angel Dust, allungando una mano al petto dell’ostaggio: percepì il cuore galoppare sotto le dita «Adam?... Sono io. Adam!»
L’uomo si rianimò: sollevò cautamente le palpebre e puntò le iridi gialle nei suoi occhi. La voce si ruppe in un singulto:
«Ehi...»
«Che cazzo ti ha fatto?»
«Come...» Adam si sforzò di abbozzare un tenue sorriso «Come va con...» parlare era uno sforzo immane «la chitarra?»
Angel si coprì le labbra e trattenne un singhiozzo. Le sue speranze erano appena crollate: non c’era modo di portare l’Esorcista fuori di lì. Così ridotto, non sarebbe riuscito a muovere mezzo passo, figurarsi attraversare la città. Anche se fosse riuscito a sottomettere Termosifone e Abatjour, non avrebbe potuto farsi carico di Adam semisvenuto. Gli sgherri di Valentino li avrebbero raggiunti e catturati in un attimo.
Sollevò il bicchiere e lo avvicinò alla bocca altrui. Lo inclinò, permettendo all’acqua di scivolare. Adam prese delle lunghe sorsate.
Dannazione , pensò da quanto tempo non beve?
«Ascoltami, non ho molto tempo» sussurrò poi «Emily ha stretto un patto con Valentino per salvarmi. Lei...» scosse il capo e premette maggiormente il bordo di vetro, bloccando sul nascere qualunque protesta «Bevi e sta zitto!» ringhiò, spiando l’uscio con la coda dell’occhio «Quei due sgherri potrebbero richiamarmi da un momento all’altro. Io... non posso portarti con me. Non credo tu sia in grado di camminare... e ovviamente neppure di volare.» abbassò il bicchiere, ormai quasi del tutto vuoto.
«L’aragosta... Valcazzino...» l’ironia venne soffocata da un gemito di dolore «Vuole stipulare...»
«Un patto? Lo so, lo fa spesso. Non firmare nulla. Cerca di resistere, d’accordo? Vado all’Hotel a cercare aiuto. »
«Non verranno... per me.»
«Sì, invece!»
«Perchè dovrebbero?»
«Ti salveremo.»
«Non... non darmi... false speranze.»
«Te lo giuro.»
Angel sollevò la mancina, mostrando la siringa.
Vide l’angelo sgranare gli occhi e dondolare lentamente il capo:
«Ti prego, no.»
«Non è mai stata mia intenzione iniettartelo» premette a fondo lo stantuffo e scaricò il farmaco a terra «Tornerò, te lo prometto.»
Angel si voltò a malincuore, procedendo spedito verso il corridoio.
Rifilò un cenno a Termosifone e Abatjour, restituendo loro la siringa vuota:
«Fatto.» esclamò, mimando un sorriso falsamente soddisfatto. Stiracchiò le braccia «Ragazzi, è stata davvero una nottata pesante. Ma domani sarò tutto per voi.» salutò, avviandosi a passo svelto.
Angel Dust raggiunse la porta sul retro e si catapultò all’esterno.
Respirò a fondo l’aria pungente della notte e si incamminò a passo svelto lungo la strada, lasciandosi la V-Tower e tutti i suoi abitanti alle spalle.
Notes:
Buonasera!
Eccomi di rientro dalla trasferta con il nuovo capitolo (sempre rivisto e approvato da Beta-Luci, che sta diventando una adorabile costante nella fase di correzione delle bozze, e a cui va un enorme grazie per le dritte).
Questo era il secondo scoglio da superare, il più difficile per me: non amo la dinamica "non-con/dub-con", e non so se quanto accaduto nel capitolo possa rientrare in questo raiting. Nel dubbio, l'ho inserito all'inizio del capitolo. Angel - come Valentino (o Valcazzino, come lo chiama qualcuno...<3) - non è un personaggio che ho approfondito molto, perchè lo trovo davvero complesso. Però, mi serviva assolutamente per convincere Emily: era la leva giusta, migliore (credo) anche di Adam.
Ho maneggiato più volte il capitolo per cercare di ammorbidirlo o di tagliare i pezzi più "pesanti", ma non ci sono riuscita e il risultato non mi soddisfaceva. Se qualcosa all'interno della dinamica descritta vi ha arrecato disturbo, me ne scuso profondamente.
Potrebbero esserci errori di battitura qui e là, ma da quando word mi ha abbandonato... ho dovuto ripiegare su un programma free, che non sempre mi segnala l'ortografia.
Coccodrilli gommosi a tutti!E'ry
Chapter 21: Affari di famiglia
Chapter Text
«Credo abbia perso i sensi...»
«Quell’inutile puttana. Spero che sia migliore come scaldacazzi che come infermiera.»
«Fagli un’altra dose.»
«Non sono troppo ravvicinate?»
«Beh, direi che l’ultima non conta. Evidentemente, non ha fatto effetto.»
«E se crepasse?»
«Dubito basti questo per uccidere un angelo.»
***
Angel Dust spalancò la porta della camera di Charlie, tastando a lato del battente per sollevare l’interruttore. La luce inondò la stanza e dal letto provennero dei mugugnii infastiditi.
«Charlie! Svegliati!» Esclamò, avvicinandosi alle coperte e strattonandole di colpo. Le lasciò cadere sul pavimento, mentre la principessa e la sua compagna sobbalzavano per il freddo improvviso.
Vaggie fu la prima a riscuotersi. Scattò in piedi e lo guardò in cagnesco:
«Ti sembra il modo? Razza di stronzo. Spero tu abbia una valida ragione per...» una pausa «Perchè sei conciato in quel modo?»
Abassò lo sguardo, ritrovandosi ad osservare il corpo ancora sporco e malconcio: i polsi e le caviglie mostravano dei lividi tondeggianti, mentre il pelo bianco era ancora incrostato di confettura. Il body spiegazzato nascondeva davvero poco della propria figura.
«Ora ci arrivo!» Tagliò corto, mentre anche Charlie sembrava riscuotersi e si inginocchiava tra i cuscini, guardandolo con evidente confusione «Lo so! So dove sono.»
«Chi?» La voce era ancora impastata dal sonno, così bruscamente interrotto.
«Emily e Adam! Li ho trovati, sono... sono state le Vees a rapirli.»
«Oh, cazzo, cazzo, cazzo!» La principessa balzò in piedi e gli corse incontro, stringendolo in un abbraccio «è fantastico! Cioè no... non lo è, ma... almeno sappiamo dove sono. Possiamo salvarli.»
«Sì, e dobbiamo fare presto.» L’attore si prese la testa tra le mani e scivolò lungo la parete, accansciandosi al suolo, come colto da una stanchezza improvvisa. L’adrenalina per la corsa attraverso le vie di Pentagram stava scemando, lasciando nuovamente spazio al rammarico, all’umiliazione e al timore per le sorti della serafina. Scosse ripetutamente il capo, mentre i singhiozzi andavano mescolandosi alle parole e ad un sorriso nervoso «Emily ha stretto un patto con Valentino.»
«Che cosa?!»
«Lo ha fatto per salvarmi. Io... stavo girando questo orribile film con degli scimmioni arrapati, quando... quando...» non si era mai vergognato così tanto per una produzione. Certo, le pellicole di Valentino non erano dei capolavori, ma nemmeno così grezzi e sconclusionati come quella sciocchezza sull’esploratore che si perde nella giungla. «L’ha obbligata a guardare mentre le comparse mi facevano... beh...»
«Non importa, non occorrono i dettagli. Dimmi solo che è successo.»
«Emily ha barattato la sua anima. Il mio patto con Valentino è sciolto, mentre lei... ora è al suo servizio. Sarà costretta a lavorare per lui, ad appoggiare i suoi piani folli e...» le lacrime gli scivolarno dagli occhi «Cazzo, spero non le faccia del male! Io... è tutta colpa mia. Se non mi fossi avvicinato tanto a lei, allora forse... Ah, mi ha usato! Quella falena di merda, mi ha sfruttato per ricattarla» sussurrò, fissando ostinatamente il pavimento «Non volevo che finisse nei guai per aiutarmi.»
«Lo so, Angel... e anche Emily ne è consapevole. Se ha scelto di salvarti, è perchè era convinta ne valesse la pena.»
«Avrebbe dovuto lasciarmi dov’ero...»
«Valentino non ti avrebbe mai permesso di tornare a riferirci il messaggio. Ti avrebbe ucciso lungo la strada.» Si intromise Vaggie, con tono pratico «Se sei qui, è perchè te l’ha concesso. E, se può esserti di confort, questa è la prova evidente che non farà del male a Emily.»
«Come..?» sollevò lo sguardo, spiazzato «Come puoi dirlo? Valentino non può toccarmi, non può più farmi alcunché. È parte dell’accordo che ha stretto; se viene meno, il patto si romperà.»
«Non credo che i tirapiedi gli manchino; avrebbe potuto incaricare Velvette o Vox. Il contratto coinvolge anche loro?»
«No.»
«Quindi rimango della mia idea: ti ha usato come messaggero, per informarci che ora dispone di un’arma estremamente potente, contro cui siamo indifesi. Valentino non è uno sciocco: probabilmente sta già preparando un comitato di benvenuto, per quando cercheremo di liberarla; vede in questo una chance per annientarci.» La giovane allacciò le mani dietro alla schiena e prese a camminare su e giù lungo la stanza «Ci serve un piano ben congegnato e questo richiede tempo. Non mi preoccupo per Emily, ormai... quel che è fatto, è fatto. Non possiamo salvarla, finché non capiremo come rompere il patto e come contrastarla in un ipotetico scontro. Hai notizie di Adam? Ha stretto un accordo anche lui?»
«Non ancora, ma... potrebbe accadere a breve. Non è in una bella situazione.»
«Allora dobbiamo sbrigarci.» Vaggie si diresse verso l’armadio, spalancando le ante alla ricerca di vestiti puliti «Ho bisogno di conoscere quanti più dettagli possibili. Scendiamo in cucina, ci racconterai tutto davanti ad una tazza di caffé caldo. Al resto, penseremo poi.»
***
Adam non ricordava di aver mai provato tanto freddo.
L’Eden era completamente ricoperto di neve. Era così... sbagliato!
Il Paradiso Terrestre non era soggetto a condizioni metereologiche avverse. Era un posto assolato, tiepido, percorso soltanto da una leggera brezza serale. Non aveva mai piovuto, nemmeno una volta... figurarsi se poteva nevicare!
Eppure, la soffice coltre che ricopriva il giardino era indubbiamente neve. Cadeva dal cielo fittamente, depositandosi al suolo in perfetto silenzio.
Non era male, in realtà. Era uno spettacolo diverso, a cui non era abituato; qualcosa che non conosceva: l’aveva vista durante qualche sporadico viaggio sulla Terra, per lo più all’insaputa di Sera e degli altri angeli. Come quando si infilava di nascosto ai concerti rock, assime a Lute.
Tuttavia, non l’aveva mai sperimentata sulla propria pelle: era immerso nella neve fino alle ginocchia e ogni passo costava una enorme fatica. La nudità peggiorava la situazione.
Il gelo risaliva dalle piante dei piedi e si propagava alle caviglie e ai polpacci. I muscoli bruciavano come trafitti da mille spilli. Il corpo tremava, malgrado le mani sfregassero le braccia, i fianchi, le spalle. Le dita erano però irrigidite: piegarle era diventato pressocché impossibile. Lungo le unghie intravedeva un alone bluastro.
«Le perderò» disse, mentre il fiato condensava in dense nuvolette «Chissà se Sera mi vorrà ancora, o se troverà un sostituto. Non penso le sarò più di alcuna utilità. Mi concederà un congedo anticipato.»
Stranamente, quel pensiero lo fece sorridere: non era previsto nessun tipo di pensionamento, in Paradiso. Le cose seguivano da sempre un ordibe prestabilito: quando aveva assunto il ruolo di Comandante degli Esorcisti, sapeva che sarebbe stato per sempre.
L’assideramento, però, cambiava tutto: non avrebbe nemmeno potuto redigere rapporti o firmare scartoffie, figurarsi impugnare un’arma e combattere. E la Luce Angelica? Sarebbe stato ancora in grado di evocarla, senza mani?
«Beh, ma se verrò degradato... non mi occorrerà più. Non credo potrei utilizzarla comunque. Me ne priveranno... e tornerò ad essere un Vincitore qualunque, con le dita ampute e... oh, forse mi sta cadendo anche il naso» mormorò, cercando di toccarsi la punta. Non percepì nulla, i nervi ormai pralizzati dal freddo «Mi toglieranno anche le ali?» Si chiese, gettando uno sguardo dietro di sé e constatando l’assenza di piume dorate.
Non sapeva neppure perchè stesse continuando a camminare: non aveva alcun senso! Bruciava soltanto energie, e per cosa? Sarebbe crepato comunque, prima o poi. Non aveva alcuna possibilità. Aveva già provato a gridare il proprio nome, a cercare aiuto, ma nessuno gli aveva risposto. Perchè prolungare le proprie sofferenze? Tanto valeva accasciarsi da qualche parte e aspettare che la morte lo reclamasse.
Si sfregò le palpebre, mezze incrostate dal ghiaccio. Il vento gelido gli frustava il viso, velandogli gli occhi di lacrime che si condensavano quasi immediatamente in cristalli, impedendogli la vista.
Tra la cortina, tuttavia, intravide un’alta sagoma scura. Allungò il passo, per quanto gli fosse concesso dal dolore e dalla neve, avvicinandosi il più possibile a quello che era..
Un albero? Pensò, avvicinandosi al massiccio tronco. Posò una mano sulla corteccia e sollevò lo sguardo. I fiocchi non avevano intaccato le verdeggianti foglie, né i possenti rami, dove una figura se ne stava appollaiata. Riconobbe immediatamente le ali bianche e nere, il caschetto platino e il corpo scattante fasciato soltanto da una leggera tunica celeste, stretta in vita da un nastro di raso.
La donna lo osservò dall’alto, in silenzio, prima di lasciarsi cadere a terra. Atterrò accanto a lui, con grazia felina. I suoi occhi gialli scrutarono la sua figura con curiosità, senza alcuna malizia.
«Lute...» provò a chiamarla, ma non ottenne replica.
L’angelo continuò a fissarlo con malcelato interesse e quasi con tenerezza, come se fosse un cucciolo smarrito bisognoso di cure.
«Lute, fa freddo. Dovresti coprirti. Non hai un mantello?» Si sentì incredibilmente stupido, non appena pronunciate quelle parole. Almeno indossava un abito; lui, viceversa, era completamente nudo. Si sentì in imbarazzo, a quella realizzazione: il sangue gli fluì al viso, arrossandogli le guance. Chinò frettolosamente il capo e distolse lo sguardo. Solo allora notò che la neve attorno ai piedi di lei si era completamente sciolta. Tese la mancina, avvicinandola al volto altrui, ma senza toccarlo: percepì immediatamente il tepore riscaldargli la punta delle dita «Ma che cazzo...?» sibilò.
L’angelo gli sorrise e congiunse le mani in preghiera. Un attimo dopo, tra i palmi nacque un piccolo frutto rosso.
Adam lo fissò con terrore.
«No! Non mangiarlo!» gridò.
Lute balzò indietro e lo fissò con disappunto, prima di affondare i denti nella mela. Immediatamente, la sua espressione cambiò: la curiosità e la tenerezza vennero sostituite da un evidente fastidio e disgusto. Gli tese meccanicamente il frutto, ma lui scosse il capo.
«Non posso.» sussurrò, ricevendo in cambio una risata sprezzante.
Altre due due donne erano scese dall’albero. Inorridì quando le riconobbe.
«No, per favore! Non lei.» Biascicò.
Lute gli offrì nuovamente la mela, e lui scosse ancora il capo:
«Non posso.» Ripetè.
Quell’assurdo frutto gli aveva già procurato abbastanza disgrazie: era andato tutto a rotoli, dopo che lo aveva assaggiato. Aveva sperimentato l’esilio, la miseria e la sofferenza. Non avrebbe commesso lo stesso errore una seconda volta.
Lute lo guardò con sufficienza e gettò la mela nella neve; si volse e si incamminò lungo un sentiero dorato, nato dalle pendici dell’albero e che conduceva oltre una collina, in lontananza. Lilith e Eva la imitarono, senza rivolgergli neppure un cenno.
«Aspetta, Lute!» Esclamò, tentando di slanciarsi verso di lei; le sue gambe, però, erano immerse in una coltre così densa da essere quasi solida. Si sforzò di muovere un passo, ma senza successo: era come cercare di camminare nel cemento «Aspetta! Non andare, io...» si guardò freneticamente attorno e si ingiocchiò. Immerse le mani nel manto bianco, incurante del gelo «Dov’è? Dov’è quella stupida mela?!» ringhiò.
Frugò tra la neve, rimescolandola di continuo, ignorando il bruciore che dalle dita si propagava fino ai gomiti. Scavò a fondo, tirando fuori cumuli e gettandoli oltre le proprie spalle. Eppure, era caduta da quelle parti! Perchè non riusciva a trovarla? Era come se si fosse dissolta nel nulla.
«Dannazione» esclamò, frustrato. Picchiò i pugni e scrutò il sentiero dorato. Le tre donne erano ormai lontane. «Merda, merda!» Tentò nuovamente di avanzare, ma la stretta attorno alle sue gambe si fece più pressante «Lute! Fermati, io... ho cambiato idea!»
La figura, però, si stava rimpicciolendo a vista d’occhio.
«Non andartene!» Gridò, mentre l’angelo si dissolveva lungo la linea dell’orizzonte «Non lasciarmi anche tu!»
Si prese la testa tra le mani e chiuse gli occhi. Si lasciò cadere nella neve, e un attimo dopo l’oblio lo colse.
***
Vaggie osservò le persone riunite attorno al tavolo. Aveva dato precise disposizioni, per poter condividere le informazioni di Angel Dust con una ristrettissima cerchia. Lute, ovviamente, non era inclusa.
Era consapevole che non avrebbe potuto tenerglielo nascosto, ma l’ultima cosa che voleva era che interferisse o si lanciasse in qualche manovra avventata, tipo correre alla V-Tower e massacrare tutti.
Scrutò gli astanti, dal proprio posto a capo tavola: Charlie le sedeva accanto, in silenzio. La compagna le aveva ceduto volentieri il ruolo di supervisore, consapevole della sua esperienza sul campo di battaglia. Lucifer si era accomodato vicino alla figlia, e non si era neppure preso la briga di cambiarsi: indossava una camicia da notte e una papalina, rigorosamente con una fantasia ad anatroccoli. Alastror, viceversa, sedeva impeccabile, vestito di tutto punto e sorseggiando una tazza di té. Husk non sembrava neppure che fosse andato a dormire: portava i soliti abiti, leggermente sgualciti, con tanto di cappello calcato in testa. Infine, Angel Dust si era ripulito e aveva sostituito il body con uno dei soliti completi a righe; aveva appena concluso il proprio riassunto, raccontando ai presenti tutto quello che era accaduto nella notte: dalle riprese del film, al ricatto e all’accordo di Emily, concludendo con le condizioni di Adam e su come si era allontanato dalla V-Tower. Non aveva tralasciato nulla, sforzandosi di narrare minuziosamente ogni dettaglio. La platea lo aveva ascoltato in silenzio, senza mai interromperlo.
Terminato il racconto, l’attore si era accasciato sulla sedia, visibilmente scosso e provato. Husk lo aveva consolato, elargendogli un paio di shottini alcolici.
«Bene, direi di cominciare» attaccò Vaggie, scattando in piedi «Le informazioni di cui siete stati resi partecipi, al momento, sono confidenziali: non perché non mi fidi degli altri ospiti, al contrario! Al momento, però, non ritntengo necessario vengano divulgate: genererebbero soltanto ulteriore preoccupazione. Sono certa che tutti vorrebbero partecipare al salvataggio di Emily e... di quell’altro. Da quanto riportato, Emily in questo momento non può essere considerata prioritaria: ha già siglato un patto con Valentino, e finché non saremo certi di poterlo spezzare con successo e di poterla affrontare senza subire perdite, dovremo temporeggiare. Viceversa, sappiamo che Adam non è ancora vincolato da alcun contratto, ma il tempo è tiranno. Dobbiamo agire subito, prima che ceda. Per quanto l’idea non mi piaccia...»
«Cosa non ti piace?»
Una voce ruvida le fece gelare il sangue.
Vaggie si voltò: sulla soglia della cucina era apparsa Lute. La sterminatrice indossava la divisa, leggermente sgualcita; le piume erano arruffate e anche i capelli risultavano spettinati. Lo sguardo dorato tradiva preoccupazione e stanchezza, malgrado si sforzasse di mantenere un atteggiamento rigido e scostante.
«Nulla che ti riguardi. Sono questioni private.» Le rispose prontamente «Ti dispiacerebbe lasciarci?»
L’angelo, ovviamente, non la considerò: marciò verso il tavolo e recuperò una sedia.
«Lute, non sei la benvenuta qui.»
«Perché? State confabulando? Tramate nell’ombra come un gruppo di cospiratori...» La Sterminatrice le rivolse un sorriso bieco.
«Affari di famiglia!» Si intromise Charlie, con un sorriso di scuse «Non è nulla di importante, davvero... solo...ti dispiacerebbe lasciarci soli un altro poco?»
«È un orario davvero insolito, Principessa per un “ Nulla di importante ”. Inoltre...» una mano guantata indicò Angel Dust, Husk e Alastor «Sei imparentata anche con loro? Non mi risulta.»
«Sono comunque parte del team .»
«Allora lo sono anche io.» Lute si accomodò, accavallando le gambe e incrociando le braccia al petto «Non sei forse tu ad avermi detto che dobbiamo collaborare? O erano parole vuote?»
Charlie allargò le braccia e dondolò il capo:
«D’accordo, hai ragione, ma è Vaggie che dirige la riunione. Rimarrai soltanto se lei lo desidera.»
«Oh, cazzo... perchè lasci questa responsabilità a me?» Vaggie scrollò le spalle e annuì «Puoi restare, a patto che ti comporti bene. Siedi composta, non minacciare, non insultare e soprattutto... non dare in escandescenze.»
«Perchè dovrei?» Ribatté la donna.
«Perchè li abbiamo trovati.»
***
Adam percepì il rumore secco del chiavistello.
Un’ombra slaciata e sottile si allungò ai margini del proprio campo visivo.
Lute, dove sei?
***
Lute scattò in piedi con una tale fretta da ribaltare la sedia. Husk la prese al volo, prima che si schiantasse al suolo. L’aggiornamento non era andato come sperato: Vaggie aveva riassunto il racconto di Angel Dust, avendo cura di tralasciare i particolari superflui o disturbanti. Immaginava sin troppo bene quale sarebbe stata la reazione dell’angelo e l’ultima cosa che voleva era doversi nuovamente confrontare con lei. Certo, in quel frangente non era sola, ma era ben consapevole di quanto potesse essere incontrollabile. Forse sarebbero riusciti a contenerla, ma non senza danni alla struttura o ai presenti. Aveva snocciolato solo le informazioni più importanti, ma questo non era servito a mantenere calma l’ascoltatrice.
«Brutti stronzi! Volevate tenermelo nascosto?» L’Esorcista entrambi i pugni sul tavolo «Avrei dovuto uccidervi subito e fare di testa mia!»
«Lute, calmati!» Vaggie cercò di richiamare la sua attenzione.
«Come cazzo faccio a calmarmi, cretina?!»
«Hai appena infranto tutte le regole... in un colpo solo.»
«Sai dove puoi ficcartele? State qui a fare comunella, mentre i miei compagni soffrono.»
«Siediti. Non è mia intenzione escluderti dalla riunione, ma lo farò se non ti darai una regolata» spostò lo sguardo alla propria sinistra, incontrando quello di Lucifer: il re era visibilmente in imbarazzo, come se non sapesse cosa fare. Da un lato, probabilmente avrebbe voluto sbattere fuori Lute a calci nel didietro, dall’altro... era consapevole che, presto o tardi, avrebbero dovuto affrontare l’ira della donna. Tanto valeva, quindi, cercare di tamponare la situazione «Prendi posto accanto a Lucifer.»
«Cosa?! Perchè?»
«Fallo e basta.»
Quella mossa non aveva alcun senso, se non chiarire a Lute chi avesse le redini in quel momento. Era un gesto semplice, ma obbligandola a cambiare posto avrebbe registrato il concetto: non era lei al comando.
Vide Lute accomodarsi accanto al sovrano, che prontamente cavò una paperella gialla dalla manica del pigiama.
«Per te, è un antistress» disse Lucifer cortese.
Lute gli sorrise, aggunatò il giocattolo e lo strizzò forte nel pugno. Gli occhi dell’anatroccolo schizzarono dalle orbite ed esplosero.
Vaggie battè le mani, richiamando il silenzio:
«Dunque, ora che siamo tutti aggiornati sull’accaduto, passiamo al piano d’azione. Adam è sicuramente il recupero più facile, per cui ci concentreremo su di lui: come sappiamo, è rinchiuso in una stanza a pian terreno, non lontana da una delle uscite. Questo ci offre un vantaggio. Passeremo dal retro della V-Tower, entreremo e... metteremo fuori combattimento le sentinelle.»
Una mano bianca scattò in aria.
«Si, Vostra Maestà?»
«Mi offro volontario, Maggie! Una volta recuperato il Primo Idiota, potrò aprire un portale che ci trasporterà qui.»
«Perchè non puoi farlo anche all’andata?» Lute gli rifilò un’occhiata perplessa.
«Beh, non conosco il luogo. Vedi, ho bisogno di visualizzare una destinazione ben precisa per poter creare una via di comunicazione. Purtroppo, non ho idea di come sia l’interno della V-Tower; rischieremmo solo di ritrovarci chissà dove, se ci provassi.»
Una seconda mano si sollevò:
«Io posso occuparmi di guidare la squadra. Non è complicato raggiungere il magazzino, ma ho visto la situazione di persona e posso essere d’aiuto.» Si propose Angel Dust, ricevendo in cambio dei cenni d’assenso.
«Allora, la prima squadra sarà formata da Angel Dust, dal nostro sovrano e da...»
«Me.»
Vaggie non si scompose all’ennesima interferenza della Sterminatrice. L’aveva prevista:
«Bene, Lute. A una condizione: niente colpi di testa, niente mosse avventate o che possano mettere in pericolo i tuoi compagni. D’accordo?» Ricevette uno striminzito annuire e si decise a passare oltre «Ora, sappiamo che la torre è sorvegliata non solo dagli scagnozzi delle Vees, ma anche dalle telecamere di Vox. Angel purtroppo non ha saputo riferirci se ve n’erano lungo il corridoio principale o nel magazzino.»
«Non ci ho fatto caso... perdonatemi» mormorò l’attore, abbassando lo sguardo.
«Non ti scusare! Hai già fatto moltissimo. Inoltre eri scosso e spaventato... è normale tu non le abbia notate. Ci hai portato delle informazioni preziosissime. Le videocamere non saranno un problema.»
«Perchè posso occuparmene io» la voce metallica del demone radio si inserì nella conversazione «D’altronde, a Vox farà piacere ricevere... una mia visita, anche se solo attraverso i circuiti. Li manderò in corto.»
«Questo, ovviamente, riduce la nostra finestra: nel momento in cui il sistema di sorveglianza verrà compromesso, le Vees si allerteranno e cercheranno di proteggere gli ostaggi. Dovete assolutamente concludere nel minor tempo possibile: recuperate Adam e teletrasportatevi qui. Tutto chiaro?» ricevette diversi cenni d’assenso «Molto bene. Definiamo gli ultimi dettagli, ripassiamo il piano e poi... passiamo all’azione!»
***
Emily abbassò le iridi, concentrandosi sul pavimento.
«Osserva.»
Quell’unica parola la costrinse a rialzare il capo e a fissare l’angelo innanzi a sé, inchiodato al muro, con le mani e le ali trafitte da acciaio benedetto. Il sangue si era rappreso attorno ai tagli, lungo il muro e sulle assi sottostanti. Non riusciva a guardare quell’orrendo spettacolo: il cuore le martellava nel petto, le spalle erano scosse da brividi e il respiro era ridotto a un sibilo affannato. Desiderava soltanto poter chiudere gli occhi e negarsi a quella realtà. Invece, era obbligata a guardare. Era bastata quell’unica parola, perchè il suo corpo reagisse ad una volontà che non le apparteneva.
«Che cosa gli hai fatto?» sussurrò, incurante delle lacrime che le scivolavano lungo le guance. Era pervasa da sentimenti contrastanti: compassione per il compagno; paura per le sue sorti... e rabbia, verso il responsabile di quello scempio. Era una sensazione che conosceva, ma che non aveva mai sperimentato in modo così vivido: in tribunale, quando aveva scoperto gli Stermini, aveva permesso all’ira di travolgerla. Era furiosa all’idea che annualmente delle povere anime venissero ingiustamente trucidate; ma ora, davanti a quello spettacolo sadico, iniziava a chiedersi se le epurazioni non fossero - in qualche modo - giustificabili. Non poteva esserci rendezione per qualcuno così spietato e privo di scrupoli come Valentino; probabilmente, nemmeno conosceva il pentimento. La sua intera esistenza era votata al male: provava piacere nel danneggiare gli altri, nel sottometterli e ridurli a giocattoli con cui passare il tempo. Un individuo così non sarebbe dovuto esistere.
Strinse i pugni, mentre la rabbia mutava in qualcosa di più profondo: odio. Quella era una sensazione completamente nuova, per lei: era il serafino della gioia, della speranza, dell’altruismo. Non avrebbe dovuto essere in grado di odiare, eppure non risuciva a dare nessun altro nome a ciò che provava. Il disgusto, la repulsione, il rancore si mescolavano tra loro, generando un’emozione che mai aveva sperimentato.
Nella sua mente si accalcavano immagini decisamente poco paradisiache: la falena riversa in una pozza scarlatta, con la testa staccata dal corpo. E, all’improvviso, quel pensiero le rubò un sorriso cinico. Avrebbe davvero potuto sopportarlo, senza alcun rimorso.
«Solo quello che si merita» la risposta dell’Overlord la riportò bruscamente alla realtà.
Si morse il labbro inferiore con forza, abbandonandosi all’istinto: sollevò la destra e lasciò fluire un raggio dorato dorato dalla punta delle dita. La luce angelica saettò verso il demone e all’ultimo minuto deviò, schiantandosi contro una delle pareti laterali.
Valentino le rivolse una risata pungente:
«Mia cara, non avrai davvero pensato di utilizzare il tuo ritrovato potere contro di me. Tuttavia, se hai bisogno di sfogare le tue energie, forse posso esserti d’aiuto. Stendi la mancina verso il tuo compagno.»
Troppo tardi Emily si rese conto dell’errore. Accecata dalla rabbia, aveva ceduto all’impulsività ed ora qualcun altro avrebbe pagato per la sua insolenza. Afferrò il polso sinistro tra le dita opposte, cercando di trattenerlo lungo il fianco. A nulla valse quella precauzione: il suo braccio si sollevò e la mano si puntò verso l’altro Angelo.
«No!» Supplicò, mentre le lacrime scorrevano incontrollate «No, ti prego! Non farmelo fare!» Gridò.
Valentino si stava semplicemente godendo la scena, con un ghigno sfrontato e il bocchino stretto tra i denti aguzzi. Soffiò del fumo nell’aria:
«È troppo tardi. A ogni azione, corrisponde una conseguenza di pari intensità.» La falena si avvicinò, appoggiando le lunghe dita sul polso e accarezzandolo lentamente; disegnò con le unghie piccoli cerchi sulla pelle ambrata «Hai cercato di uccidermi e, per quanto apprezzi il tuo carattere, non sarà mia la vita che ora prenderai.»
«Ti prego, non voglio.»
La carezza languida continuò:
«I tuoi desideri non valgono nulla, ormai. Contano soltanto i miei.»
«Non accadrà più, lo giuro!»
«Ne sono certo, ma...» Il viso violaceo si avvicinò al suo «C’è comunque una lezione da ficcare in quella tua testolina ribelle.»
«Non... toccarla, pezzo... di merda.» Adam stava cercando di liberari, sprecando così le ultime energie. Si stava divincolando, strattonando il più possibile braccia e ali. Le ferite ripresero a sanguinare. Dopo poco, esausto, abbandonò ogni tentativo.
«Oh, divertente. Vuoi aggiungere un po’ di dramma allo spettacolo? Sei il benvenuto» lo canzonò il Signore Supremo «Avanti, sorprendici con qualche altra frase ad effetto.»
L’Esorcista, però, non gli stava badando: teneva gli occhi fissi su di lei, impotente. Emily si sentì morire: in quello sguardo vi lesse una rassegnazione che mai gli avrebbe attribuito. In quel momento, si rese conto di non conoscerlo affatto: lo aveva sempre visto come un presuntuoso, pieno di sé fino all’orlo; sarcastico, a tratti cinico, fastidioso e indubbiamente superficiale. Una sorta di eterno adolescente, intrappolanto per sempre nel corpo di un adulto. Durante quel viaggio all’Inferno, aveva iniziato gradualmente a rivalutarlo: nonostante rimanesse un insopportabile pallone gonfiato, aveva scorto dei miglioramenti. In qualche modo, malgrado la scarsa fiducia nella missione e l’ostruzionismo iniziale, si era davvero preso cura di lei. Lo aveva visto arrabbiato, deluso, preoccupato, disinteressato, ma mai arreso. Invece, la persona innanzi a lei sembrava aver gettato la spugna: dopo il blando tentativo di combattere le restrizioni, si era nuovamente accasciata, senza energie. Il fiato corto segnava una fatica sproporzionata e un dolore inimmaginabile.
Lo vide abbozzare un sorriso stanco:
«Va tutto bene, Emily.»
No, non va tutto bene! Avrebbe voluto gridare, invece si limitò ad annuire:
«Mi dispiace.»
«A me no...» le rivolse un fioco sorriso sghembo «Almeno sarà... finita.»
«Non puoi dire sul serio.»
«Guardami. Credi davvero possa... andare peggio di così?»
«Perdonami.»
Vide Adam chinare nuovamente il capo e chiudere gli occhi.
La voce di Valentino le stuzzicò le orecchie:
«Al mio tre, lancerai un fascio di luce angelica.» Le strinse il polso sinistro, direzionandolo perchè il palmo fosse allineato al bersaglio «Uno...»
Emily tentò di ritrarsi, ma il corpo non le obbediva. Era come congelato, incapace di recepire un qualsiasi stimolo. Soltanto le parole dell’Overlord potevano comandarlo.
«Ti prego, no!» Biascicò, mentre sentiva l’energia accumularsi sotto la pelle.
«Due.»
«Ti prego, ti prego...»
«Tre.»
Emily si sentì trascinare di lato, nel momento in cui la scintilla nacque dal palmo della propria mano. Inciampò, calpestò l’orlo del vestito e se non fosse stato per la stretta di Valentino sul suo polso, sarebbe certamente caduta. Sbatté le ali per recuperare l’equilibrio, osservando sconcertata la profonda crepa che solcava parte del muro e del soffitto. Adam, incolume, fissava lo squarcio alla propria destra, altrettanto costernato. Il raggio lo aveva mancato d’almeno un paio di metri.
«Ma che..?» guardò l’Overlord, perplessa.
«L’ho deviato, principessa. Non ringraziarmi.» La falena la lasciò andare «Ferma lì.» comandò, muovendosi verso l’Esorcita.
Adam tentò inutilmente di ritrarsi, ma le dita ossute lo afferrarono per i capelli, strattonandolo. Si ritrvò a fissare gli occhiali a forma di cuore.
Valentino gli soffiò del fumo in faccia:
«Credevi davvero che ti avrei sprecato così? Sei troppo prezioso, e ho ancora qualcosa da guadagnare con te.»
Arricciò sdegnosamente il labbro superiore, ma l’altro lo anticipò:
«Se stai pensando di mordermi o sputarmi in faccia, ricorda cosa è successo l’ultima volta. Sicuro di voler ripetere l’esperienza?»
«Crepa.»
«Potrei ordinare alla nostra comune amica di farlo, che ne dici?»
«Vaffanculo, stronzo.»
«Impara a tenere a freno la lingua, allora. Non un’altra parola fuori posto. Sono stato chiaro?»
Adam si morse le labbra. Sussultò sentì la presa sulle ciocche aumentare e la nuca sbattere contro il muro.
«Non ho sentito. Rispondi.»
Deglutì a vuoto. L’ultima cosa che desiderava era dare soddisfazione a quel demone. Si era già umiliato a sufficienza e non avrebbe ulteriormente ceduto. Scosse piano il capo, poco prima di incontrare lo sguardo di Emily: la giovane era nuovamente sull’orlo delle lacrime; teneva le mani congiunte in preghiera e annuiva debolmente, come a supplicarlo di non fare altre stupidate.
A conti fatti, ribellarsi non avrebbe giovato che al proprio orgoglio: nessuno ne avrebbe tratto vantaggio. Emily sarebbe stata costretta a torturarlo, e lui a subire in silenzio. Opporre resistenza non aveva più alcun senso.
«Sì» esalò infine.
«Sì, cosa? Ho un nome.»
«Sì...» Pezzo di merda, stronzo, aragosta, Valcazzino «Valentino.»
«Molto bene. Hai... poco meno di ventiquattro ore per riflettere ancora sulla mia proposta. Ti consiglio di usarle saggiamente.» La falena gli rifilò un ghigno sprezzante e si avviò vero l’uscita «Andiamo, Emily.»
Adam si sforzò di regalarle un ultimo sorriso, prima di crollare il capo.
Ascoltò i passi allontanarsi e la porta richiudersi. Di nuovo solo, si abbandonò all’oscurità.
Chapter 22: I morti non parlano
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Betsaida, come al solito, non rispose.
Velvette fissò seccata lo schermo nero, dove Vox stava cercando di stabilire un collegamento.
«Ci richiamerà.» Valentino soffiò il fumo nell’aria, aspirando immediatamete un’altra generosa boccata «Fa sempre così, non è il caso di preoccuparsi.»
«Sì, ma è già la seconda volta che non ci ricontatta» la ragazza si accasciò sul divano, accanto a lui.
«Lo aggiorneremo poi. D’altronde, il mio lavoro è soltato a metà: l’Esorcista non ha ancora firmato.»
«Quando pensi di riuscire a ottenere il suo consenso?»
«Poco meno di ventiquattro ore. Tornerò da lui questa sera, domani mattina al più tardi... lo metterò alle strette e capitolerà.»
«Ne sei certo?»
«L’alternativa che gli ho offerto non è delle migliori. Sceglierà il minore dei mali... e lavorerà per noi.»
«Vorrei essere fiduciosa quanto te.»
«Emily si è arresa abbastanza in fretta. È bastato utilizzare la giusta leva. Sono sicuro di poter fare altrettanto con lui.» allungò languido una mano, sfiorando i fianchi del collega «Tu che ne pensi, pasticcino?»
Vox, tuttavia, non lo stava ascoltando: teneva lo sguardo fisso al monitor più vicino, che stava sfrigolando sinistramente. Delle bande rosse e nere comparvero sullo schermo, seguite da una voce metallica.
«È da troppo che non ricevi una mia visita. Quale patetica trasmissione sto interrompendo?»
Vox scattò in piedi, serrando i pugni e ringhiando un:
«Alastor! Maledetto stronzo!» E si precipitò fuori dal salotto principale.
***
Alastor sorrise, cinico.
Comodamente seduto nel proprio studio radiofonico, osservava il via vai lungo le strade di Pentagram. La città si stava lentamente rianimando. Le strade brulicavano di cittadini intenti a carpire le ultime notizie dai teleschermi che le Vees avevano sparso nei bar, nei negozi, oltre le vetrine. Solitamente, il telegiornale del mattino era molto seguito, più per pigrizia che per vero interesse. Di li a poco, il programma sarebbe cambiato in una orrenda telenovelas giunta ormai all’episiodio 1123599. Prima, però, sarebbero passati i consigli per gli acquisti: una sviolinata all’atelier di Velvette e un accenno alle prossime produzioni degli studios di Valentino, oltre a pubblicità su sex-toys, corsi di yoga dai risvolti erotici, e la nuova raccolta “ Il Sadomaso per negati ” in edicola ogni giovedì. Normale amministrazione per le reti infernali. Tuttavia, quel giorno qualcuno avrebbe dovuto rinunciare alla amata soap opera.
L’Overlord si rilassò sulla poltroncina, soffiando sulla tazza di caffé bollente. Chiuse gli occhi, concentrandosi sul ronzio dei dispositivi. Le dita affusolate premettero sapientemente alcuni bottoni e un paio di levette, prima di lasciare che l’ombra si condensasse da sotto le unghie. I tentacoli guizzarono nelle prese più prossime, scivolando nei circuiti. Un brivido scosse le spalle del demone, quando le propaggini raggiunsero la rete di comunicazione.
Emise un sospiro pesante, mentre un tremolio fastidioso diffondeva alle sue membra. Non era una sensazione piacevole, ma per uno sgambetto a Vox era disposto a sopportare; inoltre, la propria influenza presso i Morningstar si sarebbe nuovamente accresciuta, dopo aver contribuito al salvataggio dell’angelo. Logico che di quello stronzo non gli importasse nulla, ma averebbe comunque ricevuto onori e ringraziamenti dalla giovane principessa. Il che, ovviamente, era sufficiente ad appagare l’ambizione.
Concesse ai tentacoli di solcare i principali canali di comunicazione, escludendo rapidamente quei pochi che non appartenevano alle Vees: il suo, quello di un paio di emittenti di periferia - troppo piccole e insignificanti per essere considerate una minaccia - e una stazione indipendente che trasmetteva soltanto musica.
Cercò il terminale della sala controllo di Vox: era già stato lì in precedenza, sapeva come raggiungerla. Permise alla propria immagine di condensarsi sullo schermo principale: generò il volto affilato, i denti giallastri, i capelli rossi sempre ben in posa e le orecchie ricoperte di pelo. Attese, pazientemente: l’avversario si sarebbe presto accorto dell’intrusione e lo avrebbe raggiunto. Nel mentre, doveva scovare il blocco relativo alla videosorveglianza. Era difficile stanarlo, ma non impossibile: aveva solo bisogno di guadagnare tempo... e quale modo migliore che una conversazione a quattr’occhi con il suo nemico preferito?
Non dovette attendere molto.
Qualche minuto dopo, percepì un’intrusione: Vox era arrivato e stava tentando con ogni mezzo di spingerlo fuori. Si ancorò ai circuiti, creando una ragnatela difficile da scalzare: ogni volta che il demone-tv tagliava una propaggine, lui ne generava una nuova in un punto diverso. Era un sistema vecchio, ma estremamente pratico: la spesa energetica era piuttosto contenuta, ma efficiente. Un gioco in cui l’antagonista non era affatto ferrato.
La faccia da televisore gli apparve innanzi, attraversata da scintille e onde spezzate.
«Maledetto stronzo!» Gli urlò Vox.
«Mio caro, quanta scortesia. È così che saluti un vecchio amico?»
«Non mi fotti! Sei qui per interrompere le trasmissioni? Vuoi sfruttare le mie reti per trasmettere qualche merdoso podcast radiofonico?»
«Hai indovinato!» Mentì, rinnovando un ghigno sarcastico «La tua telenovelas è noiosa, ripetitiva... e credo che Pentagram meriti di più di uno show mediocre come quello!»
«Sei solo invidioso perché faccio il 42% di share!»
«Mh, chi può dirlo...» si sporse in avanti, con fare complice «Confidati con me, vecchio mio. Quale segreto nascondi?»
Vide Vox bloccarsi, come colto da una improvvisa paralisi. Il suo viso azzurro mostrò confusione e poi preoccupazione. Quando tornò a parlare, aveva perso tutta la baldanza:
«Che intendi?»
«Lo sai» lasciò cadere.
Per nulla al mondo avrebbe confessato di essere a conoscenza del rapimento degli angeli, ma che male c’era nel lasciare che Vox lo sospettasse? Vederlo così indifeso e impaurito era uno spasso. Consapevole di aver toccato un nervo scoperto, rincarò la dose:
«Non siamo più così intimi perchè mi confessi i tuoi peccati?»
«Vaffanculo... non sai nulla!»
«Certo che no, ma... a Pentagram si mormora tu sia rimasto invischiato in un brutto giro.»
«Quale... giro?»
«Ah, se non lo sai tu...» canticchiò, mentre l’ombra frugava tra i circuiti della V-Tower. Alla fine, lo vide: il sistema di sorveglianza era relegato in un angolo, connesso direttamente alla memoria di Vox. Una serie di scintille azzurre lampeggiava attorno all’impianto. Avvolse le propaggini attorno ai connettori e tirò con forza.
Un’improvvisa scarica gli attraversò il corpo, lasciandolo senza fiato.
Alastor si accasciò sulla consolle, ansimante. Si strinse le tempie, sibilò a denti stretti e lottò per mantenere viva la copia della propria immagine sugli schermi.
«Vox?»
Non ottenne risposta.
«Vox, ci sei?»
Ancora silenzio.
Soddisfatto, si ritrasse dai canali, richiamando il proprio potere. Affaticato e ancora scosso, si avvicinò alla finestra della torretta. Recuperò una pistola lancia fumogeni, dono di Sir Pentious per l’occasione. Puntò la canna in cielo e sparò due volte.
***
Angel Dust indicò il cielo.
«Doppio colpo verde! Ce l’ha fatta.»
Si erano appostati in uno dei vicoli limitrofi la V-Tower, da cui potevano tenere d’occhio l’ingresso sul retro senza essere notati dalle sentinelle. Lute si era appollaiata su una vecchia grondaia, scrutando la zona dall’alto, sempre avvolta in un mantello che ne celasse i tratti angelici. Il sovrano, invece, era rimasto accanto a lui, torturando una paperella antistress. Il povero anatroccolo veniva schiacciato a intervalli ritmici e la gommapiuma era ormai rovinata e bucherellata qui e là.
«Quindi... ci siamo, eh? Ci siamo. Si, sono pronto, sono...» Lucifer iniziò a camminare avanti e indietro, sudando copiosamente «Non c’è nulla di complesso. Dobbiamo solo entrare, recuperare il Primo Idiota e uscire. È facile, sì... posso farcela! Devo assolutamente... oh, cazzo. E se qualcosa andasse storto?» Parlottò, strofinandosi nervosamente le braccia «Se fallissimo? Oh, no! Non posso deludere Char-Char. Ci rimarrebbe così male. Anche Maggie non sarebbe affatto contenta.»
Angel si chinò, posandogli le mani sulle spalle:
«Vostra maestà» disse, rassicurante «Rimanete concentrato. Non abbiamo tempo per i ripensamenti, ora...»
«Umh, mio caro suddito! Un amico di Charlie è un mio amico. Chiamami solo Lucifer e dammi pure del tu.»
«Quando avete finito con i convenevoli, possiamo muoverci?» Ringhiò Lute dall’alto.
Angel Dust annuì e cavò da sotto la giacca una granata soporifera, un’altra invenzione di sir Pentious.
Tolse l’innesco con i denti e si preparò a lanciare.
«Indossate le maschere anti...» non riuscì a finire la frase.
Un’ombra bianca e nera si tuffò nell’aria, sfrecciando verso i due guardiani all’ingresso. Con un paio di fendenti fluidi, Lute li decapitò entrambi. I peccatori si accasciarono al suolo, senza emettere un suono. Con ogni probabilità nemmeno si erano accorti del pericolo. La Sterminatrice era stata fulminea: era scesa in picchiata, mulinando la spada e staccando le teste di netto.
«Che diamine?!» Angel lanciò l'ordigno verso il fondo del vicolo, dove esplose in una nuvoletta giallastra «Non erano questi gli accordi! Tu...»
«Oh, Ruth... non era necessario!» Gli fece eco Lucifer, visibilmente scosso «Attieniti al piano! Ti proibisco di...»
Ma Lute non li stava ascoltando: aperta la porta con un calcio ben assestato, si era lanciata nello stretto corridoio.
***
Vox giaceva a terra, il viso solcato da bande sconnesse.
Velvette lo punzecchiò col tacco dello stivale.
«Andato» disse, scoccando uno sguardo alla falena.
Valentino scrollò le spalle:
«Lascialo qui. Quando si riprenderà, non sarà di buon umore. Non ho voglia di sorbirmi le sue paturnie.»
Lo schermo ebbe un guizzo e si riaccese di una fioca luce azzurrina; comparve il disegno di una bocca:
«Il sistema... di sorveglianza» biascicò Vox «Fuori... uso.»
«Merda! Raggiungo Emily!» La falena scattò verso la porta «Manda degli uomini al magazzino 2C» comandò alla ragazza, che si affrettò verso i terminali delle comunicazioni.
***
Lute attraversò in volo il corridoio, incurante delle grida che le intimavano di fermarsi.
Non avrebbe assecondato gli ordini di un attore porno o del bislacco sovrano. Era giunta fin lì, e più tempo perdeva, più la situazione rischiava di precipitare. Le loro premure nei confronti dei peccatori erano superflue: a che serviva conservare quella feccia? Stordirli, metterli fuori combattimento, piuttosto che ucciderli... era controproducente. Si sarebbero ripresi e avrebbero dato l’allarme.
I morti non parlano , si disse, ghignando innanzi alle prossime vittime.
Un Abatjour e un Termosifone la stavano fronteggiando, stringendo delle lance benedette tra le mani.
Con uno strattone, si liberò del mantello e lo gettò in faccia al primo: Abatjour agitò le braccia, tentando disperatamente di strappare la cappa nera, ma lei fu più svelta. Gli sferrò una ginocchiata nello stomaco. Il demone cadde carponi, abbandonando la presa sulla picca. Lute la allontanò con una pedata, concentrandosi poi sull'avversario. Gli assestò un paio di calci nel fianco, prima di sollevare la spada e piantargliela nel petto. L’arma spaccò a metà il cuore, fuoriuscendo sulla schiena. Il sangue rosso prese a colare dalla ferita, mentre il peccatore si dimenava negli ultimi spasmi, come un pesce appeso all’amo. Lute torse l’impugnatura, imprimendo alla spada un movimento rotatorio e, infine, la estrasse.
Balzò indietro, impedendo al liquido scarlatto di macchiarle gli stivali. Si volse appena in tempo per parare un affondo del secondo: Termosifone, sconvolto dalla rapida dipartita del compagno, si era fatto avanti mulinando la propria lancia.
«Sei lento» lo canzonò, slanciandosi e colpendolo col bordo dell’ala. Il nemico barcollò e lei ne approfittò: si tuffò a destra, scansando un secondo fendente. Rotolò sul pavimento, rialzandosi prontamente e incalzandolo d’appresso; scartò nuovamente e azzardò una finta: diresse l’arma verso la coscia altrui, deviandola all’ultimo momento. La lama si incastrò nel petto. Sentì l’avversario boccheggiare.
«Stupido» ringhiò, strappando la spada con forza e menando un secondo colpo al collo.
«Aspetta! Non...»
La voce del peccatore si spense in un urlo, quando il filo gli recise la gola. Il sangue schizzò ovunque, mentre Lute spingeva all’indietro il volto da ferro da stiro, strappando la carne e i vasi: la testa ciondolò inerte, e Termosifone si accasciò senza vita.
«Ruth, attenta!»
Una folata di vento la sbalzò di lato, facendola ruzzolare per qualche metro. Si guardò attorno, leggermente sapesata: Lucifer se ne stava piantato nel corridoio, con un braccio teso e alcuni piccoli turbini che fluttuavano lungo il palmo della mano. Un peccatore con la faccia da coccodrillo si era schiantato contro il muro opposto, mentre un’accetta era conficcata a terra, esattamente nel punto dove lei si trovava poco prima.
«Figlio di puttana» ringhiò, balzando di nuovo in piedi e recuperando la propria spada. Scattò e piantò la lama nel ventre del demone. Sorrise cinica al sentirlo gridare, e piangere. Sollevò di scatto l’arma e gli squarciò l’addome e il petto; gocce scure caddero sulla divisa, il volto e i capelli.
«Hai commesso il tuo ultimo errore» sussurrò, quando la creatura, con un lamento strozzato, si spense.
Infine, la Sterminatrice si volse verso il sovrano:
«Non ti devo niente.» Puntualizzò, mentre Angel Dust la fissava con ribrezzo.
«Sei pazza. Non c’era bisogno di arrivare a tanto!»
«Non dirmi che eri affezionato a questa feccia.»
«Non la conoscevo neppure, e di certo la loro morte non mi rammarica, ma... avevamo deciso di contenere le perdite. Charlie si era tanto raccomandata!»
«Per cosa? Per rischiare di trovarceli davanti in un ipotetico successivo scontro? Preferisco limare le truppe avversarie, se ne ho modo.» Sferrò un calcio al naso del coccodrillo.
Vide l’attore stringersi nelle spalle e chinarsi su Termosifone, frugando tra i vestiti. Poco dopo, le passò una chiave.
«Non c’è un modo per prepararti a questo, quindi... tanto vale tu lo veda con i tuoi occhi» le disse il demone ragno «Non è messo bene.»
Afferrò la chiave e la inserì immediatamente nella toppa.
Spalancò il battente, ma si bloccò sulla soglia.
La luce tremolante di una lampadina solitaria bagnava una stanza completamente vuota, non fosse stato per la figura pallida e malconcia appesa al muro innanzi. Il sangue dorato si era rappreso lungo le ferite sulle mani e sulle ali, da cui erano sfuggite diverse piume arruffate. L’aureola emanava un bagliore fioco e il volto era segnato da lividi e tagli.
Lute scosse il capo e si coprì le bocca, atteggiata in una smorfia tanto stupita quanto disgustata. La destra strinse con forza l’impugnatura della spada.
Indietreggiò e si voltò verso il corridoio:
«Tiratelo giù» ringhiò, secca.
«Dove vai?» Il re cercò di afferrarle un braccio, ma lei si divincolò agilmente.
«Ammazzo il responsabile di questo scempio e torno.»
«Non... non puoi, Ruth!»
«Non toccarmi!»
«Ruth, ragiona!» Lucifer le sbarrò la strada, trasformandosi in un enorme ragnatela bianca e rossa, occludendo il passaggio. Era uno spettacolo buffo, quasi grottesco: quella tela gigantesca con una faccia al centro che la supplicava di ripensarci «Rischi di mandare all’aria l’intero piano.»
«Niente affatto! Occupatevi di lui. Io ho altro a cui pensare, adesso.»
«La vendetta non ti porterà da nessuna parte.»
«La definirei giustizia, più che altro!» mostrò la spada «Ora togliti di mezzo, o non avrò pietà nemmeno per te.»
«Non costringermi ad usare le maniere forti, Ruth!»
«Mi chiamo Lute, cazzo!»
Alzò l’arma, pronta a menare un fendente. Una mano le afferrò il polso, mentre altre due le cingevano i fianchi e la sollevavano da terra. Angel Dust l’aveva agguantata per la vita, trattenendola. Scrollò le ali per liberarsi, ma la presa altrui rimase salda.
«Basta! Ci farai uccidere tutti!» Gridò l’attore.
«Non vi sto chiedendo aiuto. Posso cavarmela da sola!»
«Contro Emily? La useranno per ostacolarti e non può sottrarsi agli ordini di Valentino. La costringerà ad ammazzarti.»
«Correrò il rischio!»
La stretta aumentò:
«E a lui non pensi?»
«Dovreste pensarci voi, razza di stronzi!»
«Lute, ragiona!» urlò Angel, strattonandola con forza.
«Lu..te?»
La voce era debole, spezzata. La donna rabbrividì quando la riconobbe. Tirò una spallata all’attore, gettandolo al suolo. Rinfoderò la spada e si precipitò all’interno del magazzino 2C.
Adam aveva riaperto gli occhi e la stava osservando stancamente, le labbra bagnate da un debole sorriso:
«Ho... pregato tanto perchè... tu venissi.» le sussurrò.
Lute si slanciò in avanti, e lo raggiunse; strappò con foga i pugnali angelici, gettandoli al suolo, incurante dei lamenti altrui. Liberò prima le mani e poi le ali. Il corpo inerte del comandante le cadde addosso. Lo afferrò, cingendogli il petto, ma era decisamente troppo pesante per lei. Le gambe cedettero e scivolò sulle ginocchia. Strinse le spalle dell’uomo e posò la sua testa sul proprio petto.
«Signore?» mormorò, scuotendolo delicatamente «Adam? Resta con me! Rimani sveglio!»
Di nuovo quel sorriso sghembo:
«Se avessi saputo che sarei quasi dovuto... morire per potermi appoggiare alle tue tette... lo avrei fatto prima.»
Lei gli tirò un pugno sul naso.
«Idiota!» Sibilò.
«Ahi, cazzo! Mi hai fatto male.»
«Te lo meriti.»
Si udì uno scalpiccio affrettato provenire dal piano superiore.
Un istante dopo, Angel Dust e il sovrano si precipitarono all’interno.
«Abbiamo compagnia!» Esclamò l’attore, serrando la porta a doppia mandata «Questo non li tratterrà per molto. Dobbiamo sbrigarci. Maestà, il portale!»
«Ah, giusto, sì!» Lucifer mimò un gesto con entrambe le mani. Un foro circolare si aprì sul soffitto, mostrando all’altro capo il salotto dell’Hazbin «Andiamo!»
«Si, grazie... e come cazzo ci arrivo lassù?» Adam cercò di rimettersi in piedi, spiegando le ali, ma crollò bocconi dopo neppure mezzo passo.
«Potresti fare uno sforzo. Applicati, per una volta in vita tua!»
Angel Dust fissò sconcertato il buco nel soffitto:
«Non per dare corda al piccione...» esordì, interrotto solo da un “ vaffanculo ” sibilante «Ma temo abbia ragione: è un po’ difficile da raggiungere.»
«Oh, mh...» Lucifer si strofinò ripetutamente il mento. Poco dopo, schiccò le dita e il portale apparve sul pavimento «Meglio?»
«Se non lo avessi aperto... sul soffitto di... quell’hotel di merda!» Il tono scontento del Primo Uomo tornò a riecheggiare.
«Smettila di fare l’uccello polemico e salta dentro!»
«Lo hai fatto apposta!»
«Hai uno strano modo di ringraziare chi si sta facendo in quattro per salvarti il culo.»
«Allora, fatti in... otto e sposta quel...cazzo di portale!»
Da oltre il battente in metallo si udirono passi in avvicinamento.
Poco dopo, la voce di Valentino tuonò un ordine secco:
«Emily, abbatti la porta.»
Angel Dust si precipitò in avanti. Spinse Adam oltre il passaggio, aiutando Lute che lo stava trascinando in avanti. I due angeli scomparvero poco dopo e lui si tuffò al seguito.
«Andiamo!» Gridò verso il sovrano.
Lucifer non se lo fece ripetere due volte. Balzò nel foro, proprio mentre l’ingresso esplodeva in mille pezzi e un fascio di luce benedetta gli sfrecciava sopra il capo.
«Oh, no! Il mio cappello!» Esclamò, osservando la stoffa bianca lacerarsi, colpita di striscio dal potere angelico di Emily. Con un gesto secco richiuse il portale e si slanciò verso il pavimento dell’Hazbin Hotel.
***
Adam si preparò all’impatto. Cercò di sbattere le ali, ma inutilmente: pendevano come morte lungo la sua schiena. Lute si stava sforzando di frenare la caduta il più possibile.
Beh, sto già una merda si disse Peggio di così non può andare. Anche se preferirei evitare di sfracellarmi al suolo come un kiwi maturo. Diamine! Odio i kiwi.
Un attimo dopo, si ritrovò ad affondare in una sorta di materassino gommoso, bianco e rosso. Si guardò attorno, spaesato: lo circondava una sorta di curiosa conchiglia a forma di goccia; all’interno del guscio superiore si intravedeva la faccia del re:
«Stai bene?»
«Sono stato meglio.» replicò.
«Almeno ho attutito l’impatto.»
«Trasformandoti in una... cozza gigante? Sul serio?» Esclamò incredulo «è una delle cose più... umilianti e assurde che mi sia mai capitata.»
«Seconda solo all’essere stato crocifisso al muro da una falena psicopatica, immagino...»
Sollevò lentamente il dito medio:
«Vaffanculo» tossì, e sputò un grumo di saliva e sangue.
«Ingrato! Ho persino sacrificato il mio cappello, per te!»
«Ringrazia non fosse... la tua testa.»
Adam si concesse un piccolo sogghigno ironico. Reclinò il capo all’indietro, incontrando il molliccio corpo del bivalve. Respirò a fondo e, per le prima volta dopo giorni, rilassò le membra, allontanò i pensieri e si sentì finalmente al sicuro. Distese i lineamenti del viso e chiuse gli occhi, scivolando nell’incoscienza.
Chapter 23: Esistono solo le conseguenze
Chapter Text
Betsaida li apostrofò con disprezzo:
«Quindi, vi siete fatti sfuggire Adam? Considerato che lo avevo servito su un vassoio, il vostro risultato è piuttosto deludente.»
«Purtroppo, lavoro con degli incompetenti» ringhiò Velvette, affatto disposta a digerire quell’umiliazione.
Si erano immediatamente riuniti nel salotto principale, non appena Betsaida li aveva contattati. Il contrabbandiere appariva piuttosto trafelato, come se si fosse collegato in fretta e furia e non disponesse di molto tempo «Però, Valentino è riuscito a siglare un accordo con Emily. La volontà della serafina ora gli appartiene.»
«Quanto avete intenzione di procrastinare, ancora?» la voce metallica mutò in una risata stridula «Devo ricordarvi che tra pochi giorni, scadrà il sigillo che ho imposto al Primo Uomo? Riacquisirà i poteri, quindi… se non volete ritrovarvi un Esorcista incazzato alle calcagna, vi conviene darvi una mossa.»
Valentino sbuffò del fumo:
«Ridotto come è, dubito sarà in grado di combattere.»
«Non sottovalutatelo. Piuttosto, sfruttate Emily per sottomettere Pentagram City: più tempo trascorre, e più i vostri nemici avranno tempo di riorganizzarsi. Non occorre vi dica quali sarebbero le conseguenze, se vi ritrovaste a dover fronteggiare il re dell’Inferno, sua figlia e la combriccola dell’hotel, senza avere le spalle coperte. Emily è potente, ma non è infallibile. Dovete agire al più presto, se volete essere certi di spuntarla.»
La mano di Vox scattò in aria, richiamando l’attenzione:
«Aspetta, questo significa che… non ci aiuterai?»
«Assolutamente no.» l’immagine della maschera nera sfrigolò sullo schermo «Ho già fatto abbastanza per voi. Dovrete cavarvela da soli, ma… con un serafino dalla vostra parte, persino un moccioso ci riuscirebbe.»
«Però…»
«Il mio tempo è scaduto. Mettete a frutto i consigli. Confido in buone notizie, la prossima volta che mi ricontatterete Almeno, lo spero… per voi.»
Poco dopo, il monitor si spense, con uno schiocco secco.
***
Adam scrutò con diffidenza la persona al proprio capezzale. Si era aspettato di trovare Lute, al risveglio… e non certo quell’ometto insignificante, vestito come un domatore di leoni fallito.
Lucifer si stava sciacquando le mani in una bacinella d’acqua tiepida, posata sul comodino. Un vassoietto in acciaio conteneva bende, forbici, filo e un maleodorante unguento verdastro.
«Non potevi ricorrere alla magia? Questa roba puzza di… uovo marcio.» disse, sollevando la mancina e portandola al naso. Uno spesso bendaggio avvolgeva il palmo di entrambe le mani e le ali, coprendo i punti di sutura che gli erano stati applicati mentre era ancora svenuto.
«No, purtroppo. Le mie capacità non funzionano su ferite da acciaio benedetto. Dovresti saperlo.»
«Già, ma speravo ci fosse… un’eccezione alla regola.» mormorò, distendendosi meglio contro i cuscini.
Non aveva idea di quanto tempo fosse trascorso, da quando era ripiombato all’hotel. Quando aveva ripreso i sensi, il sovrano si stava affaccendando attorno alle sue ali, finendo di fasciarle e steccandole perchè rimanessero ferme lungo i fianchi. Oltre che ferite, sembrava si fossero entrambe slogate, a causa del peso che si erano ritrovate a reggere ininterrottamente per giorni «Dove è Lute?»
«Nella camera accanto. Era esausta, ha vegliato su di te per ore. Alla fine, l’ho convinta a dormire un po’, con la promessa che l’avrei avvertita non appena ti fossi svegliato.»
«Cosa che non hai fatto…»
Si vide rifilare un’occhiata stupita:
«Vuoi davvero che la chiami?»
«No, ovviamente! Lasciala riposare. Non le dirò che sei venuto meno alla tua parola.» abbassò lo sguardo, pizzicando con due dita la stoffa gialla del pigiama che indossava: la fantasia a anatroccoli era decisamente infantile; inoltre, la taglia era sbagliata: la maglia era troppo larga e lo scollo tondeggiante gli scivolava continuamente lungo le spalle; viceversa, i pantaloncini erano anche sin troppo stretti e l’orlo inferiore premeva fastidiosamente sulla coscia destra, ancora martoriata dai lividi delle iniezioni malfatte «Questo… completo» attaccò, non sapendo come altro definirlo «Immagino sia stata una tua idea.»
L’altro gli rifilò un sorriso orgoglioso:
«Certo! Ti piace?»
No, cazzo! È ridicolo, infantile, scomodo . Si trattenne dall’esternare quei pensieri.
Mimò un semplice assenso:
«È… particolare.» mentì, alzando di poco i lembi del lenzuolo e spiando le proprie gambe «Solo… avresti potuto fare i pantaloncini un po’ pù larghi.»
«Così?»
Lucifer schioccò le dita e immediatamente la stoffa si dissolse nel nulla.
Adam fissò si fissò sconcertato l’inguine:
«No, mh… così li hai fatti sparire.»
«Credevo fossi abituato.»
«Ovviamente, merda, ma… qualche migliaio di anni fa! Non che me ne dispiaccia, sono piuttosto comodo. Ma temo susciterei troppa invidia negli altri ospiti» si pavoneggiò, stringendo poi con maggior forza le coperte quando l’altro tentò di sollevarle «Fermo! Che cazzo stai facendo?»
«Volevo curare le ferite che hai sulle gambe. La destra è piuttosto malconcia. Che ti è successo?»
«Mi hanno infilzato ripetutamente con un ago, per fornirmi degli stimolanti e impedirmi di dormire» soffiò ironico, litigando per trattenere il lenzuolo «No! Aspetta! Rivoglio i pantaloncini. Non ti ho chiesto di farli scomparire, solo… desidero una taglia in più.»
«Da quando ti fai di questi problemi? Non è la prima volta che ti vedo nudo.»
«Vaffanculo! L’Eden non conta.»
«Non fare il pudico! Non ti si addice.» il sovrano produsse un nuovo schiocco e i pantaloni tornarono. Più larghi, morbidi e interamente gialli «Posso vedere la gamba, ora?» Adam abbassò le coperte e gli permise di poggiare i palmi sui lividi e i tagli meno profondi «Questi posso sanarli senza difficoltà» disse, mentre un tepore si sprigionava dalla punta delle sue dita, andando a cicatrizzare la pelle sottostante «Credo che anche le tue mani guariranno perfettamente; ci vorrà un po’ di tempo, ma… torneranno normali. Le ali sono ciò che più mi preoccupa.»
«Perchè?»
«Te l’ho detto, non posso curare magicamente le ferite inferte da armi angeliche. Temo che… questo sia l’unico modo perchè si risanino. Non te lo nascondo, le lesioni erano piuttosto brutte: slabbrate, profonde, con un principio di infezione. Richiederanno parecchi giorni, prima che rientrino completamente. Non sono neppure certo che riprenderanno correttamente, una volta guarite.»
«Tradotto?»
«Non puoi volare. Né potrai farlo nel breve periodo. Hai bisogno di stare a riposo il più possibile perchè il danno tissutale venga riparato. Inoltre, non sono sicuro che recupererai al cento per cento.»
«Stai dicendo che rimarrò… storpio?»
«Beh, no… cioè si. Senti, non lo so.» scosse mestamente il capo «Non ho mai trattato ferite del genere, e credo che sia la prima volta anche per te. Il danno è esteso e potrebbe aver compromesso alcuni tendini e fasci muscolari. Potresti essere in grado di riprendere totalmente, oppure no. È solo una eventualità, ma devo mettertene al corrente.»
Adam abbassò gli occhi e accarezzò lentamente il dorso delle proprie ali. Sentì le piume ruvide e spezzate incastrarsi sotto le unghie, per poi scivolare via. La lucentezza si era notevolmente attenuata, lasciando spazio ad un dorato opaco, con ancora tracce di sangue incrostato qui e la. Non riusciva ad immaginarsi incapace di volare: ormai, quell’attività, era parte della sua esistenza da millenni. Certo, l’inizio era stato piuttosto disastroso: quando gli erano state donate, le ali gli sembravano una brutta e scomoda estroflessione. Una propaggine di cui non aveva alcun bisogno. Neppure il colore gli piaceva particolarmente: si, era brillante, maestoso, ma non c’entrava nulla con il proprio incarnato; per tacere di quanto stonava con le ciocche castane. Si abbinava soltanto all’aureola, altra cosa di cui avrebbe fatto volentieri a meno. I primi periodi erano stati… complicati: il cerchio luminoso sbatteva di continuo contro gli stipiti delle porte, nei passaggi troppo angusti e nel bordo del tavolo ogni volta che si chinava per raccattare qualcosa. Ugualmente, era accaduto per le ali: si impigliavano nelle maniglie, urtavano muri e battenti; non riusuciva neppure ad aprire le persiane al mattino, senza che qualche piuma non rimanesse incastrata. L’unica soluzione, alla fine, era stato ripiegarle sotto le ascelle. Ovviamente, quella buffa sistemazione aveva strappato ben più di una risata tra gli altri angeli: possibile che fosse così inetto?
Ricordava ancora quando si era schiantato contro il Pesco della Celestiale Saggezza. Sera lo aveva trascinato in ufficio per un orecchio, rifilandogli un sermone di quattro ore sulla necessità di comportarsi adeguatamente. Ma… insomma, non lo aveva fatto apposta! Stava solo cercando di fare pratica e quell’orribile albero era finito sulla sua traiettoria. Non era riuscito a sterzare in tempo e l’aveva abbattuto. Quante storie per una stupida pianta!
Malgrado i primi insuccessi, si era poi gradualmente abituato. Aveva imparato come destreggiarsi in aria, bilanciando il proprio peso. Si era impratichito e aveva messo a frutto i consigli che i cherubini - indubbiamente impietositi dalla sua totale incapacità - gli avevano rifilato. Nel corso dei secoli, aveva capito come sfruttare al meglio la struttura piumata, sino ad accettarla come una parte di sé. A ben pensarci, aveva iniziato ad apprezzare anche il colore: era sfarzoso, elegante, adatto al primo essere umano. Era divenuta un’estroflessione della sua persona… e ora, quel nano da giardino con la faccia bianca e rossa.. gli stava dicendo che avrebbe dovuto rinunciarvi?
Serrò i pugni, sussultando quando le unghie punsero i palmi suturati:
«Vaffanculo, no!» esclamò, senza celare una rabbia improvvisa «Sei davvero un buono a nulla! Avresti dovuto chiamare un medico… un vero medico , invece che improvvisare»
«Pff… credi davvero che all’Inferno ci sia anche un solo dottore che vorrebbe avere a che fare con te? A volte mi chiedo se connetti il cervello alla bocca, quando parli. Poi… mi ricordo che forse un cervello non ce l’hai.» sollevò il dito medio, ma Lucifer lo ignorò «Hai davvero un modo strano per dimostrare gratitudine, sai? Non ero tenuto a venirti a salvare; nemmeno a curarti, se proprio lo vuoi sapere.»
«Non te l’ho chiesto io!» strinse il più possibile le ali contro al petto «Non posso perderle! Non voglio! Io… me le porteranno via. Non sarò più utile a niente! Mi toglieranno il comando e lo daranno… oh, cazzo. A qualche Vincitore dell’ultimo minuto, sicuramente; oppure a quello stronzo del mio batterista.»
«Che diamine stai blaterando? Che c’entra il batterista?»
«Oh, mh… si vocifera sia migliore di me a letto! Cioè, voglio dire… impossibile, no?» si passò una mano sulla fronte, scoppiando in una risata nervosa «Sono il Cazzo Originale. Come può essere… più bravo di me? E se non lo fosse soltanto nel sesso? Se fosse anche… un comandante migliore?»
«Beh, non lo vedo così impossibile.»
«Vaffanculo di nuovo, stronzo! Dovresti confortarmi, non rigirare il dito nella piaga!»
Lucifer si massaggiò la fronte: non era pagato abbastanza per fare da supporto psicologico a un angelo in crisi. Anzi, non era pagato affatto!
«Disperati quanto vuoi, ma non cambierà la situazione. E smettila di strapazzarti le ali! Rovinerai il mio lavoro e impiegheranno più tempo a guarire. Ora, puoi sforzarti di essere un minimo collaborativo, o vuoi continuare sulla linea testa-di-cazzo che cavalchi sempre? Questo tuo atteggiamento non ci aiuterà a liberare Emily, sai?»
Adam si azzittì. Le ultime immagini della serafina gli balzarono nuovamente in testa. Rivide il suo sguardo affranto, e percepì il singhiozzare nelle orecchie. Le sue suppliche e il perdono che gli aveva chiesto, poco prima d’essere costretta ad utilizzare il potere angelico contro di lui. Beh, quasi. Se Valentino non lo avesse deviato, il raggio lo avrebbe certamente ridotto in cenere.
Abbassò gli occhi e fissò le bende che gli avvolgevano le mani:
«Che cosa vuoi sapere?» sospirò, infine.
«Hai visto dove la tengono? In quale punto della torre?»
«No. Non mi hanno mai permesso di uscire dal magazzino.»
«Nemmeno Angel Dust è riuscito a fornirci qualche dettaglio aggiuntivo.»
«Non posso dirti molto di più. Ci hanno catturato all’Ambasciata Celeste, poco dopo il nostro ultimo colloquio con Lute e Sera; immagino quest’ultima sia stata avvisata, considerato che Tette Pericolose è qui.»
«Che razza di soprannome le hai dato?» vide Lucifer sgranare gli occhi, incredulo… e poi annuire «Sì, ovviamente l’Alto Serafino è al corrente dell’accaduto.»
«Bene. Betsaida… non so chi sia, non l’ho capito. Sono riuscito a scambiarci poche parole; per lo più mi ha preso a calci.» scrollò le spalle, sussultando quando una fitta gli attraversò il petto «Mi ha impresso un sigillo qua dietro.» sollevò la destra, la portò alla nuca. I polpastrelli sfiorarono la pelle ancora arrossata e in rilievo «Blocca i miei poteri per sette giorni…all’incirca. Ma se Emily ha riacquistato i propri, significa che il marchio si è spezzato nel momento in cui ha stretto il patto con Valcazzino.»
«Il che non gioca a nostro favore.»
«In quanto serafino, credo che sia abbastanza potente da fare il culo a tutti, quaggiù. Detesto ammetterlo, ma forse sei l’unico che potrebbe avere una possibilità in uno scontro diretto con lei; e… ne sono certo solo al… quaranta per cento.»
«Non molto rassicurante. Hai così scarsa fiducia nelle mie capacità?»
«No, altrimenti...» arruffò un sorrisetto pungente «Avrei stimato un venti per cento.»
Vide il sovrano sbuffare e rifilargli un gestaccio:
«Che cosa suggerisci di fare?»
«Un’altra cosa che odio, che sicuramente mi si ritorcerà contro e che non sono ancora disposto ad affrontare.» sbuffò Adam, tornando a fissare il soffitto «Avverti Sera. Non abbiamo molte alternative; spero ci aiuti a trovare una soluzione.»
***
Velvette accavallò le gambe e soffiò sulla tazza di té, che un servitore le aveva appena porto.
«Niente zucchero» chiocciò, riportando l’attenzione alla propria interlocutrice. Carmilla sedeva sulla poltroncina dirimpetto, visibilmente seccata.
La giovane finse di guardarsi attorno con interesse: il salotto presentava un caminetto spento, dove erano appese diverse fotografie della Overlord in compagnia delle figlie. Agli angoli erano sistemate piante d’appartamento, mentre pesanti tendaggi accompagnavano le vetrate tirate a lucido.
«È curioso. Non ero mai stata nei tuoi alloggi privati. Solitamente, tieni gli incontri nella sala riunioni.»
«È… temporaneamente fuori uso.»
«Ristrutturazioni in atto?» si informò, con un sorriso melenso.
«Non perdiamo tempo fingendo d’essere buone amiche. La tua presenza non è gradita. Cosa vuoi?»
Velvette posò la tazzina sul basso tavolino, allargando teatrale le braccia:
«Cosa mai potrei volere, dalla maggiore commerciante di Pentagram City? Un accordo, ovviamente.»
«Forse la notizia non ti ha raggiunto, ma non sono più in affari. Ho cessato ogni attività.»
«Come, come?» si sporse in avanti, portando la mancina all’orecchio come se volesse sentire meglio «Ma non mi dire. La potente Carmine che rinuncia al suo impero finanziario! Incredibile. Cosa ti ha convinto a ritirarti dal mercato?»
«Non ti riguarda.»
«Riformulo: chi ti ha convinto?»
L’espressione della donna divenne livida: le labbra tremarono e le palpebre batterono furiosamente, mentre il colorito defluiva dalle guance. La stilista si congratulò silenziosamente con sé stessa: aveva fatto breccia.
«Comunque, desideravo proporti un vero affare: vendici le armi angeliche. Tutte quelle che possiedi. Siamo disposte a pagarle a buon prezzo. Anche il doppio del loro valore.»
«No.»
«Perchè? È un ottimo affare: guadagnerai un sacco di quattrini. Inoltre, ti libererai di merce che altrimenti ti rimarrebbe sul gobbo.»
«Non voglio.»
«Non vuoi…o non puoi?» Colse di nuovo il viso altrui rabbuiarsi. Rincarò la dose «Non temere, saremo discreti. Non diremo che ce le hai cedute, anche se… immagino che chiunque ti stia minacciando non ci metterà molto a capire la provenienza.»
«Nessuno mi sta…»
«Ah-ah!» Velvette scosse il capo, mal celando un sorriso «A me non la dai a bere. Non avresti mai bloccato il tuo mercato, se non per una ragione più che valida. Ti è stata fatta una proposta e non hai potuto rinunciarvi. Suvvia, siamo entrambe donne d’affari: svoltiamo la situazione a nostro vantaggio. Acquisterò tutti i lotti di armi rimanenti e ti garantirò la massima discrezione… anche al triplo del costo» tese la mano «Che ne dici?»
Carmilla la stava osservando come se fosse un enorme scarafaggio con le zampe appuntite protese nel nulla:
«Temo che il mio tempo sia scaduto. Dovrò farti accompagnare alla porta.»
La destra di Velvette cadde nel nulla e si riallineò al fianco.
«Non hai idea… dell’errore che stai commettendo.» ringhiò la stilista.
«Vattene. È la mia ultima parola.» Carmilla scosse ripetutamente un campanello argentato. Una coppia di servitori si affrettò a sopraggiungere «Scortate la signorina all’uscita. Il nostro colloquio è terminato.»
«Cosa?! Niente affatto!» la giovane balzò in piedi e si slanciò, ma quattro paia di mani la afferrarono per le braccia e i fianchi, trascinandola verso l’uscita «Te ne pentirai, Carmine! Ricorda le mie parole! Te ne pentirai!»
***
Valentino annuì frettolosamente:
«Ho capito, Vel! Non sono sordo. Il colloquio con Carmilla è stato un buco nell’acqua.» esclamò «Sai, un po’ lo speravo. Trovo il piano B decisamente più stuzzicante» disse, affrettando il passo «Sì, esattamente! Sto andando da lei. Non preoccuparti. Penserò io al resto.»
Chiuse la conversazione, premendo la cornetta rossa sullo smartphone. Ricacciò il telefono nella tasca posteriore dei pantaloni e proseguì lungo il corridoio. Raggiunta la stanza della serafina, picchiò due colpi sul battente, prima di schiuderlo e affacciarsi sulla soglia.
Emily era seduta sul letto, le braccia conserte e un libro adagiato innanzi a sé. La falena le sorrise e le tese un mantello sgualcito.
«Indossa questo» Le intimò «Ho del lavoro per te.»
***
«No, devi mettere l’indice sulla corda superiore. Premi un po’ di più con il medio.» Adam mimò la posizione delle dita, ma sussultò quando una fitta gli attraversò il palmo «Niente… non ci riesco.» sbuffò, riportando l’attenzione sul proprio ospite.
Angel Dust si era offerto di fargli compagnia e ne stava approfittando per chiedergli alcuni consigli. La vecchia chitarra sembrava aver subito un recente restyling: le ammaccature lungo i bordi erano sparite, tinteggiate con della pittura marrone. Qui e là, l’attore aveva appiccicato qualche adesivo per coprire macchie e sbeccature.
«Non è male, come l’hai sistemata. Anche se toglierei quello scarabocchio a fiori. Cazzo, mettici qualcosa di più rock!»
«Stavo pensando di dipingere le mie iniziali sulla cassa. Ho fatto alcuni schizzi, e… vorrei la tua opinione.» l’attore cavò un foglietto spiegazzato di tasca e glielo porse.
L’angelo passò in rassegna i bozzetti, scartando immediatamente il primo e l’ultimo: troppo pretenziosi e arzigogolati; il secondo erano due lettere stilizzate, prive di personalità. Il terzo era accettabile: la A abbracciava la D con un ricciolo impertinente.
Lo indicò:
«Questo, decisamente! Lo farei a colori, però.»
«Bianco e rosa?»
«Minchia, no! Non è un gelato per mocciosi: fiordilatte e fragola. Oro e nero.»
«Ma… il rosa mi rappresenta. È più nel mio stile.»
«Che merda!» sbottò poco dopo, scrollando le spalle «Beh, comunque… la chitarra è tua, quindi… puoi personalizzarla come preferisci. Non appena mi sarò ripreso, ti spiegherò come suonarla al meglio.»
«Immagino sarai un ottimo maestro.»
«Logicamente! Il migliore di sempre!» si pavoneggiò, fissando i bendaggi che coprivano le mani «Anche se… beh, non so quanto ci vorrà.»
«Non ho fretta. Ho atteso sino ad ora, qualche giorno in più non farà differenza. Preferisco ti ristabilisca prima, quindi prenditi tutto il tempo che ti occorre.» Angel si alzò e si mise la chitarra su una spalla «Ti lascio riposare.»
«Posso assicurarti che ho dormito a sufficienza.»
«Sì, ma.. non voglio comunque che ti affatichi più del necessario. Meno impiegherai a guarire, e tanto prima potremo iniziare le lezioni.»
«D’accordo.» sbuffò, osservando l’attore fare un rapido dietro front e raggiungere la porta. Incrociò le braccia al petto e distolse frettolosamente lo sguardo, mordicchiandosi il labbro inferiore. Per qualche motivo, lasciare uscire Angel Dust in quel modo non gli sembrava corretto. Era come se, nella loro breve conversazione, mancasse qualcosa. Un… punto, che permettesse al peccatore di andarsene a cuor leggero; e alla sua coscienza di essere in pace. Dopo tutto, Angel era passato a trovarlo per sincerarsi delle sue condizioni; aveva riempito il vuoto lasciato da Lucifer, che si era allontanato per discutere con Charlie del da farsi. Gli aveva tenuto compagnia, impedendogli di ricadere nella noia della mezz’ora precedente. Era stato una …distrazione dalla monotonia. Una volta, avrebbe fatto di tutto per scansare un peccatore: erano tutti così… superficiali, banali, inutili nella loro esistenza. Non erano che spazzatura ai suoi occhi. Allora perché si era sentito così sollevato, quando aveva visto Angel entrare e accomodarsi sullo sgabello dell’infermeria?
Istintivamente, tese la mancina:
«Aspetta!» gli sfuggì.
Vide l’attore arrestarsi sulla soglia e volgersi nuovamente a lui.
«Si?»
«Io…»
Cazzo, cazzo, cazzo! Perché deve essere tutto così complicato? Rifletté, passandosi una mano sugli occhi Non posso credere di… si interruppe, pizzicandosi il dorso del naso E con un demone del porno! Merda, sono davvero caduto in basso. Sto perdendo pezzi di dignità.
«Tutto ok?» la voce dell’altro lo strappò a quel monologo interiore.
«Mh… ecco…» si torturò coi denti il labbro inferiore, prima di soffiare un «Grazie.»
«Ehi, figurati! Non è stato un disturbo. Ci tenevo a sincerarmi delle tue condizioni, oltre che a chiederti un paio di consigli per…»
«Non… non mi stavo riferendo a questo.» sospirò, senza riuscire a sostenere lo sguardo altrui. Fissò il bordo delle coperte «Grazie di essere tornato a prendermi. Se non fosse stato per te, sarei ancora appeso a un muro.»
«Stai scherzando?!» la voce dell’attore tradiva incredulità «Non occorre! L’avrebbe fatto chiunque.»
«No, non è vero.»
«Senti, non so come sei abituato nell’Alto dei Cieli, ma qui… cerchiamo di darci una mano.»
«Cazzate. È l’inferno!»
«È l’Hotel di Charlie! Chiunque sia suo ospite, cerca davvero di dare il meglio di sé per gli altri. Tu credi che la redenzione non sia possibile e… sì, beh, magari hai ragione. Forse l’inferno è davvero per sempre. Ce lo siamo meritati, ed è il capolinea. Ma comportarci male solo perchè… possiamo , non favorisce la situazione. Anzi, rende questo posto ancora più invivibile.» lo vide premersi le mani al petto «Da quando sono qui ho fatto parecchi sbagli, non te lo nascondo. Ho ceduto la mia libertà a un pazzo, mi sono imbottito di alcool, droghe, mi sono… fatto scopare da mezza Pentagram City, perchè non avevo la forza di cambiare. Perchè pensavo… che se così mi vedevano gli altri, non aveva senso alterare quell’immagine di me. Ero caduto tanto in basso, da non poter risalire! Quindi, perchè non godersi il piacere incondizionato? Però… Charlie è andata oltre le apparenze; mi ha accolto e mi ha fatto riscoprire un lato che credevo d’aver perso per sempre. È stata quella parte di me che ti ha salvato.»
«Allora ringrazia quella parte-di-te , quando la vedrai.» sollevò il medio, strappando una risata all’altro.
«Sai, non saresti così male, se non fossi...»
«Il cazzutissimo Capo dei Cazzi, Primo-figo-da-paura, Inventore della scopata?»
«Stavo per dire un coglione egocentrico che cerca di ucciderci una volta all’anno…» Angel strizzò un occhio, rivolgendogli un cenno di saluto «Ma anche “ Inventore della scopata ” va bene.»
***
Odette recuperò la merce impacchettata dal banco del macellaio.
Pagò e uscì, raggiungendo la sorella sul marciapiede.
«Hai preso tutto?» le chiese Clara.
«Sì, con un piccolo extra per il pranzo di domani. A quanto pare, mamma ha invitato Zestial.»
«Di nuovo? Ormai passano assieme un fine settimana sì e l’altro… pure!»
«Che male c’è? Sono contenta che abbia un amico.»
La riccia si incamminò lungo la strada, piegando immediatamente a sinistra:
«Passiamo di qui. Non ho intenzione di fare il giro lungo.»
Odette la seguì controvoglia: non le piaceva molto tagliare per i vicoli. Benché non rappresentassero un vero e proprio pericolo per loro - chi mai avrebbe osato toccare le figlie di Carmilla Carmine? - erano sporchi e maleodoranti. Inoltre, la maggior parte degli edifici che li attorniava era pericolante: aveva sempre il timore le potesse cadere una tegola in testa. Tuttavia, era anche la strada più rapida per rientrare: presto sarebbe iniziata la nuova puntata di Temptation Pentagram e non voleva perdersela!
«Bene» acconsentì, inoltrandosi nella stradicciola stretta tra due alti condomini dall’intonaco scrostato. Sollevò lo sguardo ai balconi malmessi, preoccupata che qualche pezzo di ringhiera potesse staccarsi e precipitare.
Da dietro le lenti rosse, intravide una figura lanciarsi da uno dei tetti, in una picchiata vertiginosa. All’ultimo istante, l’ombra spalancò tre paia di ali piumate e atterrò con grazia innanzi a loro. Odette aguzzò la vista: il cappuccio del mantello indossato dall’estranea era scivolato sulle spalle, rivelando un volto fanciullesco, circondato da una massa di arruffati capelli nivei. La carnagione ambrata era punteggiata di lentiggini candide sulle guance, solcate dalle lacrime. Gli occhi violacei erano arrossati e stanchi. Indossava un vestito color pastello, spiegazzato e macchiato di fango e polvere lungo l’orlo inferiore; attorno al collo c’era una catenina dorata, a cui era appeso un fischietto. La ragazza aveva steso la destra in loro direzione.
Odette indietreggiò, spingendo la sorella oltre le proprie spalle:
«Non è possibile» biascicò, mentre il cuore le balzava in gola e la voce si rompeva in un gridolino sconcertato «Un… angelo!»
Ricordava sin troppo bene quando l’Esorcista le aveva attaccate. Se non fosse stato per il tempestivo intervento della loro madre, sarebbero sicuramente rimaste uccise durante l’ultima Epurazione. Eppure… il giorno dello Sterminio non era ancora giunto. Perchè l’angelo era lì, allora?
Non assomigliava affatto ai soldati del Paradiso: non vestiva nessuna uniforme, né indossava il casco con le corna; non sembrava neppure armata.
«Chi sei?» domandò, infine.
La sconosciuta non rispose:
«Per favore… venite con me.» le supplicò.
Odette indietreggiò:
«Cosa vuoi da noi?»
«Vi prego, vi prego…»
«Bada, ti avverto! Siamo le figlie di Carmilla Carmine, una delle più potenti Overlord dell’Inferno! Se ci farai del male, te la vedrai con nostra madre.»
L’angelo non sembrava affatto impressionato; piangeva in silenzio, continuando a cantilenare:
«Venite con me! Vi supplico, seguitemi.»
«Dove?»
«Alla… V-Tower.»
Odette il capo:
«Mai! Non verremo mai con te.»
All’improvviso, si ritrovò catapultata all’indietro. Un bruciore intenso la colpì alla spalla destra. Ruzzolò a terra con un singulto strozzato. Abbassò lo sguardo, accorgendosi che il suo braccio era stato strappato dal corpo: giaceva a pochi metri di distanza, immerso in una pozza di sangue scarlatto. Odette urlò, stringendosi il moncherino contro il petto. Clara si parò immediatamente innanzi a lei:
«Che cosa le hai fatto?!» pianse la sorella, poco prima d’essere scaraventata anche lei a terra da un secondo bagliore, il braccio sinistro reciso appena oltre il gomito.
«Mi dispiace! Mi dispiace!» ripeteva l’angelo, mentre le lacrime sgorgavano incontrollate «Non costringetemi a farlo di nuovo. Vi supplico, venite con me!»
Odette si ritrovò a fissare il palmo della giovane, puntato alla propria testa.
«Chi sei? Che cosa vuoi?» gemette, mentre il dolore si propagava dall’arto mozzato al resto del corpo, con forti tremori.
«Non desidero farvi del male! Né uccidervi, ma… sarò costretta, se rifiuterete!»
«Ti prego, almeno lascia andare mia sorella!»
«Non posso. Entrambe. Dovete venire entrambe.» la mano della creatura si spostò verso la testa di Clara, che si era rannicchiata al suolo e singhiozzava sommessamente.
«Verremo!» gridò infine Odette, gettandosi in ginocchio «Verremo, ma ti prego! Non farci del male.»
Scorse l’angelo indietreggiare e portarsi il fischietto alle labbra: soffiò all’interno, producendo un corto suono intermittente. Un attimo dopo, dal fondo del vicolo emersero una decina di sgherri.
Gli uomini delle Vees calarono sui loro volti dei pesanti cappucci neri.
Odette si sentì trascinare e spingere sul retro di un furgone; sussultò quando la ferita fresca sfregò contro le lamiere. Cercò di rimettersi a sedere, ma qualcuno la gettò a terra con un manrovescio. Picchiò la testa contro uno spigolo e perse i sensi.
***
«Avevo specificato a quel giullare che desideravo essere svegliata, qualora ti fossi…»
«Lo so! Non ti incazzare, ho chiesto io di lasciarti riposare» Adam sollevò entrambi i palmi, come a schermarsi dalla furia che era appena piombata in infermeria. Lute era… leggermente alterata: gli occhi guizzavano nervosamente qui e là, le mani erano chiuse a pugno e la punta di uno stivale batteva ritmicamente sulle assi del pavimento «Ho pensato fossi parecchio stanca e…»
«Oh, chissà come mai?! Forse perchè un idiota ha pensato bene di raddoppiarmi il lavoro facendosi rapire.»
«Non è stata colpa mia!»
«E ci mancherebbe altro!» vide la donna passarsi una mano sul viso e accomodarsi sullo sgabello, accavallando le gambe e incrociando le braccia al petto «Vuoi spiegarmi che diamine è successo?»
«Beh, ecco…»
«Comincia dal principio; da quando io e Sera vi abbiamo lasciati… e non tralasciare nulla.»
Adam annuì e prese a raccontare: descrisse attentamente quanto accaduto subito dopo il colloquio; l’imboscata nella nebbia, i Conigli Mannari… le urla strazianti, il morso e l’arrivo di Betsaida. Narrò del loro brevissimo colloquio e di come gli fosse stato impresso il marchio sulla nuca. Parlò del risveglio alla V-Tower e delle torture subite per mano di Valentino e dei suoi tirapiedi. Si soffermò sull’incontro con Emily, cercando di fornire quanti più dettagli: il patto, la volontà soggiogata, la disperazione della serafina manipolata da una falena senza scrupoli. Si guardò bene dal raccontarle dei propri deliri: degli incubi che lo avevano tormentato, ogni volta che lo stimolante gli veniva somministrato. Della paura di perderla, così reale sogno dopo sogno; della speranza di rincontrarla; delle preghiere perchè potesse rivederla almeno un’ultima volta.
«Beh, dovrò far rilasciare Rami. Chiaramente non è lui il contrabbandiere. A meno che non sia dotato del dono dell’ubiquità - e non credo - dubito avrebbe potuto conciarti così, e contemporaneamente essere tenuto in custodia da Waffle e Pie. Inoltre, un semplice Vincitore non avrebbe mai potuto imprimerti un sigillo simile. È… roba da Angeli Superiori.»
«Già, è la stessa cosa che ho pensato a mia volta. Tuttavia, Betsaida ci ha tenuto a specificare… che ha acquisito quelle capacità… studiando, applicandosi e con un buon mix tra teoria e pratica. Ha detto: “ Sono come te. Più di te o meno di te, non ha importanza ”. Non riesco a capire se sia… una specie di indizio, uno scioglilingua o un… qualcosa di riferito al mio passato» si sfregò il mento, pensieroso «Ovviamente, mi conosce: mi ha rinfacciato gli stermini e lo… strimpellare la chitarra.» si morse il labbro inferiore: quelle parole gli bruciavano quasi più delle ferite.
Strimpellare! Nemmeno fossi un musicista da strapazzo alle prime armi!
«È qualcuno che ha potuto osservarti da vicino, o che appartiene al tuo vissuto. Ti viene in mente nessuno? Qualcuno che hai avuto modo di incontrare nei tuoi anni in Paradiso?»
«Dannazione, stronza! Sono passati millenni! Sai quanta gente ho conosciuto?»
«Mh… una giovane virtuosa rimasta delusa…»
«Ehi! Non ho mai deluso nessuna ragazza!»
«…Dal tuo comportamento, intendevo.»
«Oh, amh… allora la lista è lunga.» arruffò un sorriso di scuse «Davvero, Tette Pericolose! Non puoi chiedermi di ricordare tutte quelle che mi sono portato a letto. Pensi davvero che Betsaida possa essere una pollastrella rancorosa?»
«Oppure un fidanzato geloso e povero in canna, che ha ben pensato di arricchirsi alle tue spalle trafficando armi angeliche, in attesa del momento propizio per mettertelo in culo.»
«Credi che sia l’epilogo di una tresca amorosa?»
Vide Lute dondolare il capo, scettica, e rivolgergli una smorfia ironica:
«No, ovviamente! Sarebbe troppo banale.»
Si lasciò sfuggire un sospiro sollevato:
«Spero tu abbia ragione! Sera mi spellerebbe vivo, se scoprisse che la causa di tutto questo è… una scopata di chissà quanti secoli fa.»
«Temo ti scuoierà comunque, se non troviamo il modo per salvare Emily al più presto.»
«Già, ecco… a tal proposito, credo dovresti avvertirla dell’accaduto. Non possiamo tenerglielo nascosto: allo stato attuale, suppongo nessuno di noi sia in grado di competere con Emily; forse soltanto il clown potrebbe avere una chance , ma… Sera potrebbe inviarci dei rinforzi. Potremmo chiederle di spedire quaggiù le nostre ragazze.»
«Concordo. Mi occuperò personalmente di ragguagliarla. Domanderò ai Morningstar di accompagnarmi all’ambasciata. Quanto a te… penso dovresti riposare.»
«Ancora?! Non ho fatto altro! Mi sento così… inutile.»
«Se vuoi ristabilirti, non dovresti fare sforzi di nessun genere.»
«Posso avere almeno un cruciverba?»
La donna annuì e si alzò dallo sgabello:
«Immagino sia una richiesta ragionevole» Lute raggiunse l’uscio e si voltò «Ah, Adam…»
«Sì?»
La Sterminatrice lo fissò in silenzio per qualche attimo, arricciando le labbra in una smorfia indecisa. Poi, girò semplicemente sui tacchi:
«Nulla» tagliò corto «Cerca di dormire ancora qualche ora. Ti porterò qualcosa da mangiare, più tardi.»
Adam annuì:
«Va bene» disse solo, agitando la destra in un breve cenno «Grazie di essere passata, Lute!» esclamò con un sorriso.
Aspettò che la donna scivolasse oltre il battente e lo chiudesse alle proprie spalle. Tese l’orecchio, cogliendo i passi di lei perdersi nel corridoio. Adagiò nuovamente il capo sui guscini e si rimboccò le coperte.
«Grazie di essere rimasta.»
***
Carmilla fissò con orrore il pacco che le era stato recapitato.
La scatola era giunta nei suoi alloggi nel tardo pomeriggio. Un servitore solerte l’aveva depositata sulla scrivania, senza notare le macchie rossastre che impregnavano il cartone e l’odore metallico che si levava dalla chiusura.
La Overlord, invece, lo aveva immediatamente colto. Aveva strappato in fretta la carta ocra che lo avvolgeva, sollevando poi i lembi della confezione. Si era coperta la bocca con una mano, soffocando un urlo inorridito.
All’interno della scatola, vi erano due braccia mozzate: il destro era proteso verso il sinistro e le dita si intrecciavano tra loro. Riconobbe immediatamente la carnagione lattiginosa di Odette e quella scura di Clara.
Un biglietto accompagnava quel macabro regalo.
Carmilla aprì la busta con mani tremanti e una foto le scivolò in grembo: le sue figlie giacevano in una stanza buia, senza finestre, né illuminazione artificiale. Sullo sfondo si intravedeva un pagliericcio coperto sommariamente da un lenzuolo e un secchio con dell’acqua. Le ragazze erano riverse a terra, svenute; entrambe mostravano delle fasciature grossolane sulle amputazioni.
Il retro della fotografia recava un indirizzo e un orario:
"Non esiste la scelta giusta o quella sbagliata.
Esistono solo le conseguenze.
Distretto Sud - Club Flamingo
h. 7,00
V.V.V."
Chapter 24: Uomini e armi
Notes:
(See the end of the chapter for notes.)
Chapter Text
Il Flamingo era un vecchio night club, nel cuore del Distretto Sud. Un tempo riconosciuto come uno dei locali più chic dell’intera Pentagram City, era ormai ridotto ad un cumulo di travi pericolanti, di finestre sbarrate e calcinacci. L’intonaco rosa si scrostava dalla facciata dell’alto palazzo, che lo ospitava al secondo piano.
Carmilla si fermò innanzi al portone, da cui qualcuno aveva divelto il battente. Osservò l’insegna arrugginita, e il ritratto un fenicottero con le ali spiegate. Si era precipitata all’appuntamento con un’abbondante ora d’anticipo, appostandosi in un vicolo laterale: aveva atteso in silenzio, stringendo una spada angelica, nella speranza di poter scorgere gli scagnozzi delle Vees sopraggiungere e trascinare le figlie nel malconcio stabile. Si era illusa di sorprenderli, ucciderli e fuggire con le ragazze. Malgrado l’attesa, però, nessuno si era fatto vedere. Evidentemente, le rapite dovevano già trovarsi all’interno. Si era risoluta ad aspettare le sette del mattino, camminando nervosamente avanti e indietro. Trattenersi dal fare irruzione era stato quasi impossibile, ma cedere all’impulso avrebbe soltanto messo ulteriormente in pericolo Clara e Odette.
Quasi con sollievo aveva accolto i sette rintocchi di un lontano orologio, ed era sgusciata dalla stradicciola per raggiungere la costruzione fatiscente.
La donna inspirò a fondo, abbandonando al suolo l’arma e serrando i pugni lungo i fianchi: si sentiva esposta, senza alcuna protezione… ma recarsi ad un appuntamento simile con uno stocco benedetto avrebbe potuto compromettere ancor di più gli ostaggi. Fece per avanzare, ma si arrestò quando colse dei passi leggeri dietro di sé. Si voltò di scatto, senza nascondere la confusione quando riconobbe la figura ferma a poca distanza.
«Zestial!» esclamò, stupefatta «Cosa ci fai quaggiù?»
«Ho ricevuto un curioso invito, ieri sera. Una lettera che mi invitava qui alle sette.» l’Overlord le regalò un cordiale cenno del capo «Normalmente, non vi avrei dato alcun peso, se non fosse stato per la foto allegata. Ho visto Clara e Odette ferite, rinchiuse in una stanza. Nella busta, vi erano delle loro ciocche. Ho pensato di scriverti, ma… non ero certo delle tue condizioni: se ne fossi al corrente, se i sequestratori ti avessero già contattata. Non desideravo arrischiare la vita delle fanciulle con qualche mossa azzardata. Quindi… eccomi qui.»
«Non capisco. Perchè sei stato convocato anche tu?»
«In fede, non ne ho idea; ma i mittenti credo sappiano del rapporto di… collaborazione che intercorre tra noi.» si accostò e le mise una mano sulla spalla «Le salveremo, Carmilla. Non lascerò che venga torto un solo capello alle ragazze.»
È troppo tardi! Hai visto cosa hanno fatto loro, quei mostri? Avrebbe voluto gridare. Invece, annuì rigida, per non abbandonarsi all’angoscia e alla disperazione.
«Grazie di essere venuto.» sussurrò invece «Andiamo!»
Mossero entrambi oltre l’ingresso. All’interno, la luce era garantita da fioche lampade; aloni giallastri si riflettevano sulle pareti, bagnando delle frecce sinistramente disegnate con vernice scarlatta. Il percorso conduceva attraverso uno stretto corridoio, e poi su per due rampe di scale.
Carmilla allungò il passo, costringendo il proprio accompagnatore ad affrettarsi per non perderla di vista.
Salì i grandini quasi correndo, arrestandosi poi sul pianerottolo: innanzi, una insegna al neon indicava l’accesso al night club. Il fenicottero rosa era dipinto sul muro, accanto all’ingresso. Spinse la porta e scivolò all’interno. Attese qualche attimo, affinché i propri occhi si abituassero all’oscurità.
La sala principale era completamente spoglia, fatto salvo per qualche tavolo abbandonato e un lungo bancone sulla sinistra, oltre cui si stagliava una bassa figura. I capelli erano acconciati in due voluminosi codini, che scendevano sulle spalle e contornavano il fisico magro, avvolto da un top e pantaloni a coste.
Velvette le stava sorridendo, sfrontata, indicandole una coppia di malmessi sgabelli innanzi a sé.
«Benvenuti!» chiocciò la stilista «Prego, accomodatevi. Mi sono permessa di farvi preparare un paio di cocktail, che spero siano di vostro gradimento.»
«Dove sono?!» ringhiò Carmilla, coprendo la distanza con un balzo ferino. Afferrò l’avversaria per il bavero della maglietta, scuotendola con forza. Velvette, tuttavia, si divincolò agilmente:
«Quanta scortesia da parte tua. Forse non ti è chiaro, ma le regole le faccio io. Siediti!»
«Puttana! Se hai fatto loro del male, ti giuro che…»
La mancina di Zestial le scivolò nuovamente sulla spalla; avvertì una leggera pressione:
«Carmilla, sai quanto tengo alle ragazze. Non sei lucida. Lascia che sia io a trattare con questa… bestia.»
Velvette sorrise apertamente. Appoggiò sul bancone due calici colmi per metà di un curioso liquido ambrato; l’odore di rancido era pungente e si mescolava a quello altrettanto impegnativo dell’alcool.
«Non fate complimenti. Bevete.» canticchiò, mentre Zestial le gettava uno sguardo distaccato:
«Cosa vuoi da noi?»
«Oh, lei lo sa perfettamente.» la stilista indietreggiò, appoggiandosi al muro e incrociando le braccia al petto.
«Le armi angeliche?» le fece eco la Carmine.
«Precisamente. E se prima ero disposta a pagarle, ora… beh, le pretendo gratis.»
«Non posso. Mi metterai nei guai con…»
«…Il tuo contrabbandiere di fiducia? Il paradiso? Gli angeli?» raccolse con gioia lo stupore altrui «Oh, non fare quella faccia. Sappiamo benissimo degli angeli ospitati dalla Morningstar. E… non ci vuole un genio a capire chi potrebbe averti minacciato, a tal punto da farti chiudere improvvisamente ogni canale commerciale. Non sei una che si fa mettere i piedi in testa da nessuno, quindi… devono averti fatto un’offerta piuttosto consistente. Come quella che sto per farti io: la vita delle tue figlie in cambio delle armi.»
«Sono tue.»
«Lo so, ma non ho finito.» la Vee sollevò l’indice, richiedendo il silenzio «Immagino tu abbia ne abbia parecchie, ma a me manca un esercito. Gli scagnozzi di Val e Vox non sono sufficienti per quello che abbiamo in mente. Qui entri in gioco tu, fossile.» volse lo sguardo a Zestial, ridicolmente appollaiato su uno sgabello instabile «Ci presterai un centinaio dei tuoi uomini migliori. Te li restituiremo, ovviamente, una volta concluso il nostro compito.»
«Quale… compito?»
«Oh, vogliamo soltanto sottomettere Pentagram.» agitò noncurante la mancina «Una bazzecola.»
«Non riuscirete mai a sconfiggere i Morningstar.» ringhiò la Carmine
«Sì che riusciremo. Non siamo degli sprovveduti. Non dimenticarlo. Una volta sistemata la principessa e il suo augusto padre, passeremo agli altri distretti della città. Siete persone influenti, quindi… mi aspetto saprete scegliere la giusta parte, quando verrà il momento.»
«Sei un’illusa, se pensi di…»
«Aspetta! Non ho ancora concluso. Credo sia inutile specificarlo, ma… se vi dovesse venire in mente di avvisare i Morningstar, qualche loro amichetto, o altri Overlord affinché corrano in soccorso dell’Hotel, beh… vi farò ritrovare gli ostaggi a pezzi.»
Carmilla si slanciò in avanti, cercando nuovamente di afferrarla:
«Lurida troia!» gridò, mentre la stilista scoppiava in una risata stridula.
«Calmati, stronza. Ricorda, sei causa del tuo stesso male: se avessi accettato la mia proposta a tempo debito, ora non saresti in questa situazione. Ma… torniamo a noi. Nonostante non lo meriti, voglio darti una prova della mia buona fede.» Velvette afferrò una campanella argentata e la scosse ripetutamente. Un tintinnio riecheggiò nel silenzio del locale, seguito da un tonfo. Una porticina, seminascosta da un tavolino riverso a terra.
Un demone canguro avanzò, trascinando con sé una giovane dall’aria stanca, con i vestiti sporchi di sangue e polvere; gli occhiali pendevano storti sul dorso del naso, attraversato da un vistoso livido. Il braccio destro, amputato oltre il gomito, era stretto da un rozzo bendaggio.
«Odette!» Carmilla corse verso di lei, scaricando un pugno in faccia a Ernesto, che rotolò a terra stringendosi dolorante il muso.
«Mamma!» Odette le si avvinghiò contro, affondando il volto nel suo petto. La donna le circondò le spalle con fare protettivo.
«Va tutto bene, tesoro! Tutto bene.» la confortò, tornando a spiare il bancone «Dove è Clara?»
Velvette le rivolse un sorriso furbo:
«La rivedrai a cose fatte. Come ho detto, prendilo come un segno della nostra fiducia nei tuoi confronti: siamo certi che tu e Zestial siate persone d’onore…»
«A differenza tua!»
«Ci consegnerete uomini e armi entro mezzogiorno. Clara rimarrà con noi ancora un po’, solo per evitare che ci tradiate nel preciso momento in cui sferreremo l’attacco all’hotel. Una volta che l’Hazbin sarà abbattuto, e i suoi abitanti sconfitti… riavrai Clara. Fino ad allora, resterà nostra ospite. Naturalmente, le sue condizioni dipenderanno esclusivamente dalle vostre scelte.»
«Sei solo una cagna bastarda!»
«Sono una donna d’affari coraggiosa e intraprendete; come avresti dovuto esserlo tu. Credevi che non ci fosse nulla di più spaventoso degli angeli? Beh… hai fatto male i tuoi calcoli.» Velvette si mosse, uscendo da dietro il bancone e rivolgendo ai due un cenno beffardo «Mezzogiorno. Radunate uomini, materiali e consegnate tutto alla V-Tower. Dopo di che, rientrate ai vostri alloggi e godetevi lo spettacolo.»
Zestial intervenne, parandosi tra lei e la Carmine, ancora abbracciata alla figlia:
«E cosa accadrà a Clara, se il vostro piano dovesse fallire?»
«Non falliremo.»
«Sei molto sicura di te stessa. Anche troppo.»
«Perchè so quello che faccio. A differenza tua, io non me ne resto con le mani in mano, ad aspettare. Il destino me lo creo.»
«Poniamo anche che riusciate a sconfiggere i Morningstar. Che ne sarà di loro?»
«Oh, nel nuovo impero che costruiremo, ci sarà un gran bisogno di schiavi. Credo che la piccola Charlie e la sua banda di disperati troveranno facilmente impiego.»
«E Lucifer?»
Velvette allargò le braccia e mimò un inchino divertito:
«È un re. E i re… si decapitano.»
***
Sir Pentious osservò il profilo della città, dal tetto dell’hotel. Spostò pigramente il cannocchiale, mettendo a fuoco le lenti. Nonostante l’ubicazione di Emily fosse ormai nota, non aveva mai smesso di frugare ogni angolo di Pentagram, alla ricerca di indizi interessanti.
Mosse l’ottica su e giù lungo le strade, fermandosi poi all’altezza della V-Tower. Puntò l’insegna, e poi scivolò lungo la facciata. Perlustrò ogni finestra, sperando di riuscire a scorgere un qualsiasi cenno da parte della serafina. Passò all’ingresso principale e, seguendo il marciapiede, si ritrovò ad osservare una delle porticine di servizio. Il battente scorrevole era aperto e alcuni sgherri delle Vees stavano trasportando… imponenti casse di legno, siglate sul coperchio da un curioso stemma: una E corsiva, inscritta in un cerchio e sormontata da una croce. Carmilla Carmine in persona stava supervisionando le operazioni di scarico delle armi angeliche; Zestial, accanto a lei, indicava ad un centinaio dei propri servitori l’edificio, incoraggiandoli a varcare la soglia e a sparire nelle viscere della V-Tower. Velvette, accanto ai due Overlord, annuiva ripetutamente e segnava alcuni appunti su un taccuino.
«Ma che cazzo…» sibilò il serpente «Tutte quelle armi… ce n’è abbassstanza per rifornire un intero esssercito!» esclamò, mentre un dubbio gli attanagliava le viscere. Recuperò il cellulare dalla tasca interna del panciotto e si affrettò a digitare il numero della principessa.
***
Angel Dust non era mai stato all’Ambasciata Celeste. L’aveva sempre immaginata come un luogo opulento e sontuoso, con mobili dorati, affreschi e arazzi; in realtà, nella hall regnava ancora il caos, con i divanetti rovesciati, il pavimento sporco e qualche manciata di piume sparsa qui e la. La sala riunioni, se possibile, era ancora più sobria: un lungo tavolo, alcune sedie e l’ologramma austero dell’Alto Serafino che lo stava interrogando.
Sera aveva preteso narrasse di nuovo l’intera storia, dal ritrovamento di Emily, al salvataggio di Adam, passando per lo scambio di anime e la stesura dei patti. Si era sforzato di non tralasciare alcun dettaglio e, alla fine, si era accasciato esausto sulla propria seggiola. Charlie gli aveva circondato affettuosamente le spalle, cercando di rincuorarlo.
Viceversa, Lute non lo aveva degnato di uno sguardo: la sua attenzione era interamente concentrata alla serafina; al termine del racconto aveva aggiunto alcuni dettagli sulle attuali condizioni del Capo Esorcista.
Infine, Lucifer aveva preso parola, interfacciandosi direttamente con l’altro angelo:
«La situazione è complessa. Non sappiamo come rompere il patto di Emily senza metterla in pericolo; uccidere Valentino equivarrebbe al perderla per sempre.»
Sera si massaggiò la fronte, stancamente:
«Se riuscissimo a strapparla alle grinfie di queste… Vees e ad ammetterla nuovamente in Paradiso, allora forse…»
«L’accordo non verrebbe comunque sciolto; al contrario, garantireste a Valentino l’accesso al Regno dei Cieli: potrebbe sfruttarla per creare caos, distruggere e uccidere i Vincitori. È un rischio che non possiamo correre.»
«Uno scontro diretto potrebbe…?»
«Ne dubito. Emily è troppo potente, in qualità di serafino. Nessuno quaggiù può realmente competere con le sue capacità. Non posso mandare mia figlia e i suoi ospiti a morire. Dovrò occuparmene personalmente e… non ti nascondo, che sono piuttosto insicuro anche io dell’esito di un simile incontro. Inoltre, non possiamo fare leva sulla sua coscienza: Emily comprende perfettamente le conseguenze delle sue azioni, ma non ha la capacità di sottrarvisi. Per quanto sia forte la sua volontà, non basterà quella a svincolarla da un patto simile.»
«Adam?»
«Non è nelle condizioni di combattere: come spiegato da Angel, finché il marchio non sarà a termine, non ha accesso ai propri poteri; inoltre, è davvero malridotto. E anche se fosse al cento per cento della sua forza, non penso avrebbe speranze contro Emily.»
Sera si morse il labbro inferiore e si trattenne dal lanciare la stilografica che reggeva tra le dita affusolate. Quel colloquio si stava rivelando frustrante, oltre che estremamente preoccupante: non vedeva nessuna via d’uscita. Perchè Emily era stata così ingenua dal cedere la propria anima, per salvare quella di un peccatore? Non che avesse molta altra scelta: in un modo o nell’altro, Valentino sarebbe comunque riuscito ad estorcerle il contratto. Se non si fosse trattato dell’anima di Angel Dust, sarebbe stata la vita di Adam. Tra i due, avrebbe scelto anche lei il minore del male. Inoltre, l’attore era riuscito ad avvertire i membri dell’Hazbin e a trarre in salvo almeno uno degli ostaggi. Si pizzicò il ponte del naso, sforzandosi di non tradire emozioni: lasciarsi travolgere dai sentimenti non avrebbe aiutato Emily, anzi. Se avesse perso la consueta compostezza e lucidità, avrebbe solo peggiorato la situazione e mostrato all’Inferno un lato di sé decisamente… poco paradisiaco.
«Come intendi procedere, allora?» chiese infine.
«Onestamente… non ne ho idea.»
«Sai che non potrò tacere questi sviluppi agli Angeli Superiori, vero?»
Il sovrano mosse un cenno affermativo:
«Per quanto non mi piaccia come soluzione, capisco il tuo punto di vista. Emily è…»
«Pronto?» la voce di Charlie interruppe la conversazione «Pentious? Si, si! Aspetta… non ti sento bene. Un attimo… esco di qui.» la principessa rivolse un cenno di scuse agli astanti e si avviò verso l’uscita.
Sera dondolò il capo, senza reprimere una smorfia seccata:
«Torniamo a noi. Come accennavo, sarà mia premura aggiornare il Concilio Angelico. Posso garantirti che non se ne staranno con le mani in mano. Indubbiamente, prenderanno delle contromisure.»
«Ne sono conscio. Solo… per favore, non lasciare che mettano in mezzo Charlie. Non ha colpe. Ha fatto del suo meglio per…»
«Lo so, ma Emily era ospite presso la sua struttura. Sono consapevole che tua figlia non ha alcuna responsabilità nell’accaduto… ma non sono certa che gli Angeli Superiori saranno del mio stesso avviso.» l’immagine di Sera sfrigolò «Farò il possibile, te lo prometto.»
Con quelle parole, l’ologramma si spense e nella sala riunioni calò nuovamente il silenzio.
***
Alastor si sporse oltre i vetri della propria torretta, soffiando su una tazza bollente. Osservò con un sorriso un concitato Sir Pentious indicare ripetutamente la torre delle Vees. Tese l’orecchio, per origliare la conversazione dell’inventore: fortunatamente, il povero aspide era così agitato da non riuscire a mantenere un tono di voce discreto. Il gridare concitato lo raggiunse senza alcuna fatica.
«Sembra ssstiano formando un esssercito! Carmilla sta ssscaricando i propri lotti di armi e Zessstial ha ceduto a Velvette i sssuoi uomini migliori.» stava dicendo il peccatore «Non lo ssso. Certo, certo! Ssstarò di guardia. Ti avvissserò se la sssituazione dovesse peggiorare.»
«Che notizia interessante.» canticchiò il demone radio «A quanto pare… qualcuno ha scelto da che parte stare. Peccato non si sia ricordato di condividere l’informazione con un vecchio amico.» sussurrò scontento, prendendo un sorso di tè «Caro Zestial, credo sia giunta l’ora di farti nuovamente visita.»
***
Charlie deviò lungo la strada, facendo cenno agli altri di proseguire.
«Torno subito, non ci metterò molto» promise, piegando verso destra e infilandosi in uno stretto dedalo di viuzze. Da che ricordava, quella era la strada più rapida per raggiungere la dimora della Carmine.
La breve conversazione con Pentious l’aveva scossa: perchè Carmilla aveva portato tutte quelle armi dalle Vees? Possibile che c’entrasse qualcosa con la cattura di Emily? Zestial aveva contemporaneamente fornito un centinaio di uomini: il sospetto era che Valentino, Vox e Velvette stessero costruendo un vero e proprio esercito. Ma… perchè? Le opzioni non le piacevano affatto: indubbiamente, quei tre erano abbastanza ambiziosi da tentare un colpo di stato e prendere il potere su Pentagram City. Solo, mentre prima non avrebbero avuto alcuna speranza contro suo padre, con Emily tra le loro fila la situazione era ben diversa. L’equilibrio che aveva bilanciato l’Inferno per tanti secoli era in pericolo. Non riusciva a non sentirsi responsabile: forse, se fosse stata più accorta nei riguardi dei suoi ospiti, nulla sarebbe mai accaduto. Aveva tradito la fiducia che il Paradiso le aveva accordato: l’Ambasciatore Celeste era stato rapito e privato della sua volontà, mentre il Capo degli Esorcisti era ridotto a uno straccio.
Avrebbe dovuto prestare maggior attenzione all’evolversi della situazione, agli indizi che il destino le aveva lasciato; invece, era stata così presa dall’Hotel, dalla sua missione, che aveva dimenticato la prudenza. Aveva permesso a due angeli di gironzolare da soli all’inferno, pensando che un banale travestimento li avrebbe salvaguardati. Invece, erano caduti nelle mani dei suoi nemici, che non si erano fatti scrupoli nel torturarli e sottometterli.
«Sono una pessima amica.» si disse, sfregandosi gli occhi per cancellare la patina di lacrime «Oltre che un pessimo albergatore. È tutta colpa mia!» sussurrò, barcollando nei vicoli stretti «Ho messo in pericolo Emily, Adam e ora… anche i miei amici subiranno le conseguenze della mia stupidità. Sono stata così… sprovveduta! Le Vees si stanno armando. Hanno Emily dalla loro parte. Ci distruggeranno e reclameranno il dominio di Pentagram.»
Si guardò attorno, sforzandosi di non perdere di vista la strada. Raggiungere la dimora di Carmilla non era complesso, ma nello smarrimento in cui si trovava, non era più sicura di nulla, nemmeno della via da intraprendere. Ringraziò che Vaggie o suo padre non la vedessero in quelle condizioni: delusa, mortificata, colpevolizzata da una voce interiore che continuava a ripeterle quanto sciocca fosse. Non era degna d’essere la Principessa dell’Inferno. Era soltanto… un’ingenua sognatrice, travolta dalla cruda realtà.
Attraversò un incrocio e piegò a sinistra, ritrovandosi innanzi all’edificio. Una doppia C era incisa sull’ingresso. Charlie si avvicinò e suonò il citofono. Si schiarì la voce, quando colse un gracchiare all’interfono:
«Salve!» mormorò «Sono Charlie Morningstar e… mi chiedevo se Carmilla fosse…»
«Rimani in attesa.» la voce si spense.
Rimase a fissare la porta, contando mentalmente il trascorrere del tempo. Passarono trenta secondi e poi un minuto: nessuno venne ad aprire, né rispose al citofono. Sollevò nuovamente l’indice, pronta a richiamare, ma si bloccò quando le porte automatiche sibilarono e si schiusero.
Carmilla avanzò oltre l’uscio, fermandosi innanzi a lei:
«Cosa desideri?» l’apostrofò.
«Buongiorno, Carmilla. Ecco, ero passata a… a vedere come stavi.»
«Trovo difficile credere tu sia qui per mera cortesia.»
«Beh, io…» non sapeva esattamente come affrontare l’argomento. Doveva rivelare che era stata notata scaricare armi nei pressi della V-Tower? Oppure la Overlord l’avrebbe presa come l’ennesima ingerenza nei suoi affari? Non desiderava che Carmilla pensasse d’essere sotto sorveglianza. Eppure, aveva tradito la parola data a Adam: gli aveva promesso che si sarebbe ritirata dal commercio, in cambio dell’incolumità delle figlie durante gli Stermini; perchè, allora, aveva ceduto le armi alle Vees?
«Il mio tempo è contato» la incalzò la donna «Se hai qualcosa da riferire, è l’ultima tua possibilità.»
«Sì, ecco… So che non dovrei impicciarmi del tuo commercio, ma un mio ospite ha notato che hai scaricato intere casse di armi angeliche alla V-Tower. Mi chiedevo se…»
Carmilla la interruppe con un ringhio:
«Lo sai cosa devi chiederti, Principessa? Se quel dannato Hotel sia davvero la soluzione ai nostri problemi. Se scomodare il Paradiso sia stata… un’idea così geniale. Da quando hai ospitato qui gli angeli, ho perso tutto! Il mio lavoro, la mia credibilità e le mie figlie!»
«Cosa..?»
«Immagino tu non ne sia a conoscenza. Ma certo…» il sorriso che Carmilla le rivolse era affilato come un coltello «Ti interessa di più fare bella figura coi “piani alti”, invece che occuparti della gente comune. Il popolo che tuo padre dovrebbe guidare, che tu dovresti supportare…»
«Ma l’Hazbin…»
«Non mi riferisco a quello stupido Hotel! Hai mai pensato che forse… la redenzione non ci interessa poi così tanto? Sei solo tu che vuoi redimere i peccatori, ma a noi.. non fa differenza. Noi vivremmo tranquillamente, se tuoi padre non ci avesse venduto agli Stermini. Se tu… non ci avessi abbandonato per ingraziarti il Paradiso. Cosa stai cercando di dimostrare? Che gli angeli si sbagliano, ed esistono… dannati buoni? Stronzate!» la voce altrui era livida di rabbia «Vuoi usare l’Hazbin per riabilitare il nome dei Morningstar nel Regno dei Cieli?!»
«No, io…» Charlie indietreggiò, confusa: perchè la Carmine le stava parlando in quel modo? Era furiosa, lo vedeva: le labbra arricciate, i denti in mostra, gli occhi accesi di un sinistro bagliore. Non era mai stata in ottimi rapporti con lei, ma neppure erano pessimi: convivevano, ecco. Allora, perchè la Signora Suprema sembrava sul punto di staccarle la testa «Perchè mi dici queste cose? Che ti ho fatto?!» esclamò all’improvviso.
Carmilla, per tutta risposta, cavò una fotografia sgualcita dalla tasca dell’abito: l’immagine ritraeva due giovani riverse a terra, entrambe svenute e con un braccio amputato. Charlie inorridì quando riconobbe Clara e Odette.
«Che è successo?» farfugliò.
«Le Vees le hanno rapite. Hanno strappato le braccia e me le hanno spedite in un pacco. Mi hanno ricattato, affinché consegnassi le armi; hanno costretto Zestial a cedere i suoi uomini migliori. Abbiamo liberato solo Odette; Clara è ancora nelle mani di quei pazzi!» una pausa, carica di rancore «Se pensi stiano per muovere contro di te… beh, hai ragione. Si stanno armando e… spero sinceramente riescano a radere al suolo il tuo maledetto hotel!»
«Mi dispiace! Io…»
Carmilla la mise a tacere con un cenno perentorio:
«Se Clara morirà, il suo sangue ricadrà su di te. Ti riterrò responsabile, al pari di quei mostri che me l’hanno portata via.» girò sui tacchi, senza dedicarle neppure un’occhiata «Che tu sia maledetta Charlie Morningstar, per tutto il male che ci hai procurato.»
***
Zestial non sembrava particolarmente contento di vederlo, eppure la sua cortesia non era venuta meno. Malgrado i modi eccessivamente rigidi - anche per un aristocratico vecchio stampo come lui - l’aveva fatto accomodare in salotto, prodigandosi affinché venisse servito del tè e delle paste.
Alastor afferrò un piccolo bignè ripieno di confettura, rigirandolo tra le dita affusolate. Morse la glassa rosata e poi lo appoggiò sul piattino, senza più considerarlo. Concentrò l’attenzione sull’altro Overlord: Zestial mal celava un nervosismo che non gli apparteneva. La consueta pacatezza era macchiata da gesti affrettati e dal continuo volgere lo sguardo alla porta, al pendolo nell’angolo e alle larghe finestre, occluse da pesanti tendaggi color porpora.
Il Demone Radio prese un sorso dalla tazza, assaporando il retrogusto di gelsomino e vaniglia.
«Qualcosa ti turba.» mormorò, rompendo il silenzio.
«Niente affatto.» Zestial gli rivolse un cenno noncurante.
«Non era una domanda. Colgo delle sfumature ansiose nella tua figura: la postura è meno impettita del consueto; non presti attenzione al tuo ospiti; osservi l’ingresso come se ti aspettassi un’interruzione da un momento all’altro. Cosa ti angoscia? Puoi confidarti con un vecchio amico.»
«Ad essere onesto, non avrei dovuto neppure lasciarti entrare. Ti ho fatto accomodare solo per onorare il rapporto di reciproca stima che ci lega.»
«È curioso questo tuo dire. Qualcosa nella mia persona o nelle mie azioni ti ha disturbato?»
«Non direttamente. Non mi è possibile, però, ignorare la tua relazione con la Principessa.»
«Umh? La piccola Charlie ti ha pestato i piedi?» Alastor inclinò il viso ed allargò il ghigno giallastro «Stento a crederlo! È sempre generosa e disponibile… e dubito possa averti messo in difficoltà, in qualsivoglia maniera.»
«Ancora una volta: non direttamente.» gli ripeté l’altro «Non sei stato tu a dirmi che gli equilibri sarebbero presto cambiati? Ebbene, avevi ragione… come al solito.»
«Lo ricordo. E se ben rammento, ti avevo suggerito di schierarti dalla parte giusta; eppure, nonostante le mie raccomandazioni, sei stato quasi tentato di sbattermi la porta in faccia.»
«È quanto sto facendo: non per mia volontà, ma sono stato costretto a scegliere un lato della barricata.»
«Capisco. Fornire uomini alle Vees rientra negli accordi che hai siglato con quei pagliacci?» L’incredulità di Zestial gli strappò un sorriso vittorioso «Non fissarmi come se non sapessi ciò a cui mi riferisco: sei stato osservato, mentre mobilitavi i tuoi uomini migliori verso la V-Tower. Quel che mi domando… è: perchè? Che cosa ti ha spinto a propendere per loro?»
«Hanno tra le grinfie qualcuno di… particolarmente importante.»
«Le figlie di Carmilla?»
«Come lo sai?»
«Te l’ho detto: sei stato osservato nei pressi della torre e non eri solo… la Carmine era con te; mentre tu ragguagliavi i sottoposti, lei scaricava parecchie casse di armi angeliche. Non serve essere un genio come me, per fare due più due!»
«Velevette è stata molto chiara: ha voluto armi e soldati; si è raccomandata caldamente di non intrattenere rapporti con chiunque potesse intralciare i loro piani. Sto già rischiando molto, ospitandoti qui.»
«Quali piani?»
«Un “ genio come te ”, non dovrebbe avere difficoltà a comprenderlo.»
«Vogliono attaccare l’Hotel?»
«Il loro desiderio si estende al dominio dell’intera Pentagram City e… sì, partiranno proprio dall’Hazbin per tessere le trame future. D’altronde, finché il sovrano e la principessa saranno i regnanti in carica, c’è ben poco che possano fare. Ben diverso sarebbe se riuscissero a spodestare i Morningstar. Personalente, reputo questo disegno una follia: un’utopia, nata dalla realtà distorta delle loro menti. Eppure… Velvette mi sembrava piuttosto sicura di sé. Non è una sprovveduta, né un’ingenua: se intende muovere contro l’Hotel, è perchè sa di poterselo permettere. Non rischierebbe, se non avesse un piano ben congeniato.»
«O un’arma segreta…»
Zestial gli regalò un sorriso incerto:
«Immagino non la condividerai con me.»
«No. Perdonami, ma come tu tieni alle figlie di Carmilla, io tengo a Charlie. In un modo diverso, certo… ma non desidero metterla in pericolo. Se ti rivelassi ciò che so, potresti riferirlo alla Vees e questo ci metterebbe in netto svantaggio. Non ti nascondo che la situazione è già abbastanza critica, senza bisogno che si aggravi ulteriormente.»
«Sono stupito: il Demone Radio ha dei sentimenti?»
«Non sciocchi e premurosi come i tuoi. Non è l’affetto che mi muove. A differenza tua, non mi lascerò travolgere da emozioni superflue; a causa del tuo sentimentalismo ingiustificato, sei caduto nella rete delle Vees. Questo non accadrà con me.»
«Sono un gentiluomo. Mai avrei potuto esporre la vita di Clara e Odette!»
«Non sarai mai un buon giocatore, se hai timore di sacrificare qualche pezzo.»
«E tu? Immoleresti la Principessa se servisse…»
«A vincere?» scrollò le spalle «Chi lo sa… Non sarò certo io a svelarti i progetti. Senza offesa, mio caro, ma… presto o tardi potremmo essere ai due lati diversi della scacchiera. Non rischierò di compromettere la partita, solo per saziare la tua curiosità.» si alzò, mimando un inchino cordiale «Grazie della merenda. È sempre un piacere farti visita.»
Zestial abbandonò la poltrona e suonò un campanello per richiamare i servitori.
Di lì a poco, una peccatrice si affacciò sulla soglia e produsse un inchino reverenziale.
«Teresa, accompagna il nostro ospite all’uscita.» ordinò, tendendo la destra all’altro Overlord «Forse sono uno inguaribile romantico, dal cuore tenero, ma… potrei aver scelto la parte giusta. Ti invito a riflettere: sei ancora in tempo a cambiare partito.»
Alastor strinse pigramente la mano:
«Nel regno delle Vees non vi sarebbe comunque posto per me.»
«Cosa farai, se i Morningstar dovessero uscirne sconfitti?»
Il Demone Radio affilò un ghigno divertito:
«Beh, conterò sul tuo appoggio: promettimi solo che mi terrai in considerazione, quando Teresa andrà in pensione.»
Notes:
Angolino: avrei voluto aggiornare con maggiore celerità, lo confesso.
Tuttavia, un po' per via del lavoro & co.. un po' perché sto ricontrollando tutta la trama, ci ho messo un po' più del previsto a stendere il capitolo.
In realtà, mi sono venute nuove idee per arricchire la trama: ammetto che quanto sto vagliando, mi stuzzica particolarmente. Devo solo capire come incastrare tutto, affinché le cose continuino a filare. Ho sempre il terrore di creare buchi di trama, per questo ci metto una vita ad aggiornare: leggo, rileggo, aggiorno la timeline, gli schemini... spero solo di non aver perso / di non perdere pezzi in futuro.
Finalmente abbiamo un capitolo Adam-Free XD Dove, lo confesso, mi sono divertita molto a scrivere Alastor. non so come sia uscito, ma questa versione che ho improntato non mi dispiace <3 spero possa piacere anche a voi che leggete.
E dopo aver citato il Magister Barbero... torno ai miei schemini.
Grazie per aver letto fin qui!E'ry
Chapter 25: Soltanto il tuo cuscino
Chapter Text
Charlie si sfregò gli occhi, cancellando le ultime lacrime.
Non aveva parlato a nessuno del proprio incontro con Carmilla, nemmeno con Vaggie. Quando era rientrata, aveva accuratamente evitato tutti: aveva rivolto dei pallidi sorrisi di circostanza, asserendo d’essere stanca e di voler riposare. La compagna l’aveva seguita, ma lei era stata rapida: si era barricata in camera, rassicurandola. Stava bene, non c’era bisogno che si preoccupasse.
Vaggie non si era lasciata convincere, ma dopo qualche insistenza aveva gettato la spugna, capendo il suo bisogno di solitudine.
Si era rannicchiata nel letto, avvolgendosi nel piumone e affondando la testa nei cuscini: si era abbandonata ad un pianto silenzioso, finché Razzle e Dazzle non le si erano accostati, leccandole una mano.
«Non volevo fare del male a nessuno.» disse, sollevandosi. Sedette sul bordo del materasso e i due draghetti le balzarono immediatamente in braccio, sfregando il muso contro le sue guance «Volevo soltanto… aiutare.» sussurrò, accarezzando le loro ciocche rossicce e le corna arcuate «Devo rimediare a questo disastro! Sono la principessa dell’Inferno, non posso restarmene qui con le mani in mano, mentre i miei amici rischiano la vita e soffrono. Devo…» scattò in piedi, determinata, facendo quasi ruzzolare i draghetti al suolo.
Un attimo dopo, però, si accasciò nuovamente e si strinse tra le coperte:
«Uff, no. Ancora cinque minuti…»
***
Sera distolse l’attenzione, scrutando l’ampia sala del Concilio Angelico.
Nonostante fosse avvezza agli incontri con gli Angeli Superiori, non riusciva a ignorare l’opulenza della larga stanza tondeggiante.
Il pavimento era coperto di marmo bianco, che riprendeva la struttura delle alte colonne, che bordavano la circonferenza e svettavano verso un enorme soffitto a volta. Questo era dipinto finemente con motivi floreali, dove l’oro e l’argento predominavano su colori più tenui come il giallo, il rosa e l’azzurro.
Al centro si erigeva un tavolo rotondo in pietra, attorniato da sette scranni, su i cui schienali erano incise delle iniziali.
Michael la stava squadrando, evidentemente deluso e infastidito. Assomigliava così tanto al fratello: non era particolarmente alto e la carnagione nivea prendeva colore soltanto all’altezza delle gote, come piccoli pomelli rossi sul volto dai tratti eleganti. I capelli biondi erano agghindati da una corona d’alloro argentea. Indossava una giacca bianca e oro, abbinata a dei pantaloni neri e a degli stivali lucidi. I pochi centimetri del tacco quadrato non contribuivano a slanciarlo maggiormente. Gli occhi azzurri erano freddi e indagatori.
«Ricapitolando, la missione è stato un completo fallimento.» lo sentì sentenziare, la voce profonda tracciata di una nota irritata «Emily non si è rivelata all’altezza del compito, e di questo me ne dispiaccio. Riponevo grandi speranze in lei.»
«Non è stata colpa sua. È rimasta coinvolta in…»
Un cenno imperioso le intimò di tacere:
«Sei troppo indulgente, Sera: entrambi i nostri inviati hanno mancato alle mansioni previste, e non posso soprassedere su questo. Vendere la propria anima per salvare un insulso peccatore è… oltraggioso, oltre che incosciente! E Adam… non è stato in grado di proteggerla adeguatamente. Nulla sarebbe accaduto, se avesse svolto seriamente il proprio dovere.» Michael si concesse una pausa, riprendendo a camminare avanti e indietro, le mani affusolate allacciate dietro la schiena «Ti sono grato per aver richiesto tempestivamente questo colloquio privato. Ti confesso che la questione è davvero spinosa, e i miei colleghi non saranno affatto lieti di queste tue nuove. Tuttavia, è mio desiderio prepararli al meglio: chiederò una riunione urgente del Concilio per aggiornarli sulla questione. Nel mentre, conferirò con Uriel. Dopo il sottoscritto, ritengo sia la migliore figura da inviare per rimediare a questo pasticcio. Gli conferirò temporaneamente il comando degli Esorcisti e lo invierò all’Inferno»
«Uriel? Ma…»
«Credimi, è un bene che non me ne occupi di persona. Uriel saprà gestire la faccenda con indubbiamente maggior clemenza e pazienza di quanta ne userei io.» Michael si fermò accanto alla propria sedia. La scostò, accomodandosi con grazia «Chi è il luogotenente di Adam?»
«Lute, ma attualmente si trova a Pentagram City. È partita immediatamente, non appena saputo dell’accaduto. È per suo tramite che ho ricevuto gli ultimi aggiornamenti. È riuscita a salvare Adam, aiutata dal peccatore di cui ti accennavo e da Lucif…»
«Non pronunciare il suo nome!» l’arcangelo balzò in piedi, spiegando immediatamente tre paia d’ali bianche e dorate. Arruffò le piume, e gli occhi si tinsero di un blu profondo, quasi liquido «Non è gradito!»
«Domando scusa per la mia leggerezza. Non accadrà più.»
«Bene. Preallerta le Sterminatrici: riceveranno preso la visita di Uriel, a cui dovranno obbedienza e rispetto sino a nuovo ordine. Comunica loro che devono essere pronte, per quando il comandante ad interim le raggiungerà.» schioccò le dita, evocando una pergamena e un paio di occhiali da lettura, che si sistemò sul dorso liscio del naso «è tutto.»
Sera abbozzò un inchino:
«Se mi è concessa una parola, vorrei…»
«No.» Michael affilò un sorriso pungente, reclinando graziosamente il capo «Sei congedata.»
***
Vox posò il cacciavite: aveva personalmente progettato quelle trenta unità. I droni-corvo erano finalmente pronti. Avevano solo bisogno di qualche ultimo controllo e alcune modifiche, per lo più per controllare che funzionassero adeguatamente. Inizialmente, i prototipi erano stati pensati per spiare indisturbati i vari distretti cittadini.
Valentino, però, aveva suggerito un’interessante variazione: aggiungere un raggio stordente, nella bocca meccanica. In vista del combattimento, si sarebbe rivelato utile per annientare i nemici: rallentare le loro mosse, offuscare il loro giudizio o addirittura lasciarli tramortiti sul terreno. Sarebbe stata un’ulteriore facilitazione. Non che ne avessero realmente bisogno: con Emily dalla loro parte, erano pressoché sicuri di poterla spuntare.
Tuttavia, Lucifer avrebbe sicuramente preso parte allo scontro e nessuna precauzione sarebbe, dunque, stata eccessiva: dovevano assolutamente metterlo fuori gioco il prima possibile. Una volta eliminato, avrebbero potuto concentrare l’intera forza di Emily sull’hotel e i suoi residenti.
Vox non si illudeva: la giovane Morningstar e i suoi amici non si sarebbero arresi senza combattere. Avrebbero venduto cara la pelle. Alastor non si sarebbe mai piegato: avrebbe preferito morire, piuttosto che vedere le Vees spuntarla; e sapeva perfettamente quanto il Demone Radio potesse essere una spina nel fianco. Valentino e Velvette lo sottovalutavano.
Come se avesse gli avesse letto nel pensiero, la falena lo raggiunse di lì a poco.
Valentino oltrepassò la soglia dell’officina e gli si avvicinò, soffiando del fumo rosa in sua direzione:
«Come procede?»
«Ho quasi finito. Mi mancano soltanto un paio di esemplari. Ho installato a tutti il raggio stordente. Non sono riuscito a ottenre la massima potenza senza far esplodere i prototipi: un colpo non basta a far svenire una persona, come mi avevi chiesto. Tuttavia, può paralizzare temporaneamente braccia e gambe.»
«È sufficiente, pasticcino. In fondo, non vogliamo uccidere nessuno, giusto? O… quasi.»
«Val… questa cosa non mi piace, te l’ho detto. Forse, non dovremmo…»
Un polpastrello morbido gli premette sulle labbra:
«Scht, mio caro. Lo so, lo so… il tuo cuoricino codardo trema alla sola idea, ma ormai ci siamo spinti troppo oltre: non possiamo fare marcia indietro.»
«Sì, invece! Libera Emily e tutto tornerà com’era prima.»
«Credi davvero che il Paradiso ci perdonerà? Non aspetteranno neppure il prossimo Sterminio per farci fuori. No, Vox. Abbiamo speranze soltanto finché Emily rimane nelle nostre fila. Con lei come ostaggio, gli angeli non oseranno muovere un dito.»
«Ma…»
«Ecco perchè dobbiamo annientare i Morningstar il prima possibile e prendere il controllo. Con Lucifer fuori dai piedi, gli angeli dovranno trattare direttamente con noi. Imporremo le nostre condizioni e saremo i padroni indiscussi. Lo capisci?» l’altro gli accarezzò il viso squadrato, premendo contro uno spigolo perchè rialzasse lo sguardo «Non falliremo.»
«Ne sei sicuro?»
«Assolutamente! Domani, a quest’ora, siederemo sul trono dell’Inferno. Brinderemo con champagne ghiacciato, mangeremo ostriche e caviale. E dopo cena…» Valentino si chinò, avvicinando i loro volti «Ti farò urlare il mio nome, almeno una dozzina di volte.»
***
Alastor posò la tazza ormai vuota. La merenda di Rosie era sempre sorprendente: la cannibale sapeva abbinare magistralmente aromi e biscotti, creando un mix perfetto per l’appuntamento pomeridiano.
La donna l’aveva fatto accomodare all’esterno del proprio emporio, a un tavolino circolare in ferro battuto, completato da una coppia di sedie abbinate e da un grazioso ombrellone rosso e bianco.
«Mia cara!» esclamò «è sempre un piacere.»
«Le tue visite sono gradite, anche se non sono frequenti quanto vorrei.» la Overlord ricambiò il sorriso, educatamente «Dimmi, dunque. Cosa ti spinge alle mie porte? Malgrado il rapporto che ci lega, è raro che tu ti muova soltanto in suo nome.»
«Hai ragione, e so di mancare di cortesia con questo… atteggiamento.»
«Mi stupirei del contrario, Alastor. Tuttavia, non sono quel genere di amica che ti sbatte la porta in faccia, lo sai. Anche perchè… con te c’è sempre da guadagnare. Ne converrai, dunque, che la curiosità nei tuoi confronti è ben riposta.» Rosie schioccò le labbra, divertita «Dimmi, come sta la nostra giovane principessa? Non so perchè, ma ho come la sensazione… che tu sia qui per lei.»
Il Demone Radio annuì, afferrando un dolcetto e spezzandolo. Alcune briciole caddero sul piattino di porcellana finissima.
«Madama, non ti si può nascondere nulla.» strappò un boccone dal tortino, inghiottendolo frettolosamente «Charlie ovviamente non sa del nostro incontro. Non ho voluto avvisarla. Dopo tutto, questa è solo una chiacchierata informale.»
«Da cui, tuttavia, entrambi potremmo giovare. Prosegui, ti ascolto.»
«Ebbene, ho motivo di credere che le Vees stiano per muovere contro l’Hotel. Ho avuto conferma da Zestial, circa un piccolo esercito che stanno creando. È indubbio che la nostra augusta Morningstar e suo padre siano i loro obiettivi primari.»
«Perchè?»
«Per il controllo di Pentagram City, innanzi tutto; e, forse anche dell’intero Inferno.»
La vide coprirsi le labbra con il dorso della mancina:
«Terribile!» la voce della donna, nonostante l’evidente sorpresa, non mancava di compostezza «Immagino tu non abbia alcuna intenzione di piegarti a loro, se dovessero spuntarla.»
«Perchè? Tu lo vorresti?»
«Affatto. Mi conosci, Alastor. Sono una persona… tendenzialmente pacifica, finché i miei interessi vengono salvaguardati. Le Vees non hanno mai avuto a cuore le sorti di Cannibal Town, ma io devo provvedere al mio popolo.»
«Precisamente. Ecco perchè sono qui: con certezza, so che Carmilla ha ceduto le armi angeliche e Zestial un centinaio dei suoi uomini migliori… a quei tre pagliacci. Capisci? L’Hazbin, per quanto forte, non può sopportare un attacco simile.»
«Lucifer?»
«Hanno un’arma, ovviamente. Qualcosa… o qualcuno… che può tenerlo impegnato.»
«Chi?»
«È presto perchè te ne renda partecipe.»
«Mi stai chiedendo aiuto. Devo sapere per cosa rischio la mia gente.» fu la volta di Alastor di mimare un discreto stupore «Non è ciò per cui sei venuto? Ricerchi un appoggio, un… esercito capace di contrastare quello dei vostri avversari. Ebbene, sono disposta ad aiutarti: ti manderò i migliori del nostro distretto; e in quantità più che adeguata. Contando che uno dei nostri vale almeno tre di quegli smidollati che comanda Zestial solitamente… suppongo che una settantina di volontari sarà più che sufficiente.»
«Non puoi alzare un poco il numero?»
«Posso arrivare a ottanta, forse…ma sta a loro discrezione. Inoltre, si aspetteranno di ricevere un compenso per il servigio ed il sacrificio che richiedi. Che cosa mi offri?»
«L’immunità dai futuri stermini per i cittadini di Cannibal Town. Che ne dici?»
Questa volta, Rosie perse il proprio aplomb: sgranò gli occhi, trattenendo il respiro.
«Chi hai per le mani, Alastor?!» esclamò, ricevendo un sorriso disinvolto.
«Oh, soltanto… il Capo degli Esorcisti.»
«Impossibile!»
«È ospite all’Hotel.»
«Come…?»
«Ti basti sapere che, al momento, è in pessime condizioni, sia fisiche, che mentali. Beh, non che abbia molto cervello su cui fare leva già normalmente, ma se vogliamo spuntarla, è un buon momento per proporgli un accordo: l’aiuto dei tuoi ragazzi, in cambio della protezione dalle Epurazioni annuali.»
«Perchè dovrebbe schierarsi a favore dei Morningstar? Come potrebbe accettare?»
«Ha un conto in sospeso con le Vees; inoltre, hanno rapito la sua collega: una giovane serafina, giunta all’Inferno in missione diplomatica.»
«L’arma di cui parlavi…» ricevette un silenzioso assenso «Diamine, Alastor! Mi stai suggerendo di mandare a morte certa quasi un centinaio dei miei cannibali. Per quando dovremo essere pronti?»
Il Demone Radio allargò il sorriso e ciondolò il capo:
«Non ti so dare una data precisa. Solo… tieni d’occhio l’Hazbin: immagino che un assedio sia difficile da ignorare.»
«Saremo dei vostri.» la Overlord si alzò, riaccomodando la sedia e sistemandosi il cappello. Tese elegantemente la destra «Abbiamo un accordo, allora?»
Alastor la prese cautamente nel proprio palmo e vi si chinò, sfiorando la pelle diafana con il proprio ghigno giallastro.
***
L’uomo si allontanò in fretta dalla piazza, dove Rosie aveva appena terminato il comizio serale. Le strade di Cannibal Town erano gremite, nonostante l’ora di cena fosse ormai prossima: i cittadini, ancora eccitati alla prospettiva di un lauto banchetto e di un po’ di azione, si stavano organizzando. Qui e là, erano spontaneamente sorti banchetti di arruolamento: bastava una firma per ottenere una limata gratuita ai canini.
Il discorso della Overlord era stato appassionato, ma conciso e aveva toccato nel profondo gli animi - e gli stomaci - dei cannibali: aveva parlato di un imminente attacco all’Hazbin Hotel, a cui aveva promesso sostegno in cambio dell’immunità dai futuri stermini. Indubbiamente, partecipare ad una battaglia contro le Vees sarebbe stato divertente, oltre che appagante: non vedeva l’ora di affondare i denti nella carne di sprovveduti peccatori.
Osservò il volantino d’arruolamento: una caricatura di Rosie puntava l’indice al centro del foglio, accompagnata dalle parole “ I want you, for Cannibal Town Army” , in una assurda caricatura dello Zio Sam. Sorrise al ricordo: in vita, quella locandina l’aveva ripetutamente vista nei libri di storia, nei documentari e su qualsiasi materiale propagandistico americano. Era diventata un simbolo: evidentemente, all’Inferno doveva esserci un vecchio Marines come reclutatore.
Era così assorto da quei pensieri, che quasi non si accorse dell’altro cannibale che lo aveva affiancato. Sollevò il capo solo quando si accorse di una stretta familiare alla spalla destra.
«Non l’avevo vista» si scusò immediatamente, e mimò un cenno cordiale «Salve, dottor Lecter.»
«Ciao Will.»
***
«Che ci fai in piedi?»
Adam si voltò di scatto a quelle parole, rifilando un sorriso sbrigativo verso Angel Dust.
«Ero stanco di poltrire.»
«Capisco, ma… sono cinque e mezza di mattina.»
«Un quarto alle sei, per l’esattezza» accennò al pendolo alle proprie spalle.
Si era definitivamente stancato dell’infermeria. La notte si stava rivelando più difficile del previsto: nonostante gli antidolorifici e i medicamenti, le ferite lo tormentavano. A tratti, delle fitte le attraversavano: bastavano pochi secondi per lasciarlo a boccheggiare per il bruciore. Eppure, stando a Lucifer, avevano già assunto un altro aspetto: erano indubbiamente ben lontane dal rimarginarsi, ma l’infezione sembrava essere arginata e in alcuni punti si notava già del nuovo tessuto nascere dai lembi slabbrati.
Nonostante ne avesse davvero voglia, si era trattenuto dal volare: era certo che non sarebbe riuscito nemmeno a spiegare le ali, e sarebbe caduto dopo pochi metri come un sacco di patate; inoltre, avrebbe peggiorato le slogature. Camminare gli era già costato uno sforzo immenso: era riuscito a imboccare il corridoio fino alle scale, fermandosi ai piedi degli scalini, per poi tornare sui propri passi. Aveva passeggiato avanti e indietro, arrestandosi infine nei pressi di una finestra. Aveva spalancato i vetri per godere dell’aria fresca della notte, osservando Pentagram ancora addormentata.
Non sapeva quanto tempo fosse rimasto affacciato; si era riscosso solo quando aveva colto l’arrivo dell’attore.
Riportò l’attenzione a quest’ultimo: il pornodivo indossava un pigiama sin troppo succinto, composto da una canottiera bordata di pizzo e da un paio di culottes.
«Tu piuttosto… che ci fai in giro a quest’ora?» chiese.
Lo vide stiracchiare le quattro braccia e addossare la schiena al muro.
«Dovevo espletare un bisogno fisiologico e… in tutta onestà, non riesco più a dormire serenamente. Sono preoccupato per Emily… mi sento responsabile per l’accaduto. Vorrei rimediare, ma non so come.»
«Senti, so che te lo avranno già detto tutti, ma… non è stata colpa tua. Viceversa, ti avrei già rotto la testa con… con… mh…» si guardò freneticamente attorno, senza trovare alcun oggetto utile. Indicò un quadro appeso in un angolo «Il ritratto della venerabile prozia Grimilde!»
Angel Dust seguì il suo gesto, notando il dipinto di una vecchia signora che, seduta in poltrona, stava lavorando a maglia. Scoppiò a ridere, tappandosi poi la bocca:
«Cretino! E io che ti do retta… credevo fossi serio. Non penso Charlie abbia una prozia Grimilde, sai?»
«Già» Adam mimò un piccolo assenso «Comunque, non stavo scherzando: se avessi anche solo il vago sospetto su di te, posso assicurarti che ora staresti guardando le margherite… dalla parte della radice.»
Sentì nuovamente l’ilarità riecheggiare nel corridoio:
«Ti vengono spontanee, o le studi nel sonno?»
«Entrambe le cose» Scrollò le spalle con noncuranza, ma quel gesto banale gli strappò un singhiozzo improvviso «Ah, merda…»
Il peccatore lo sorresse immediatamente, spingendolo contro alla parete perchè trovasse un appoggio.
«Non occorre» rassicurò immediatamente «Sto bene.»
«Non mi pare. Come vanno le tue mani? E le ali?»
«Beh, secondo quel clown di Lucifer, stanno lentamente migliorando» si fissò i palmi, strettamente fasciati «Faccio un po’ di fatica ad afferrare gli oggetti, ma… almeno riesco a flettere le dita» completò quel dire con una dimostrazione pratica, sibilando per il bruciare «Vi-visto?» balbettò, ricacciando indietro le lacrime accorse a pungergli gli occhi «Sto… una favola!»
«Stai… una merda, più che altro.»
«No, dai. Non così male.»
«Bene, mh… una mezza-merda?»
«Suona meglio» convenne con un sorriso stanco «Tu, piuttosto? Insonnia a parte, come ti senti?»
Vide Angel accostarsi e chinarsi sul davanzale, congiungendo le quattro mani:
«Terrorizzato» lo sentì ammettere «Non soltanto per Emily, ma anche per Charlie, Husk, Cherri…e tutti i miei amici. Non so davvero come potrebbe finire. Domani potremmo essere morti, te ne rendi conto? Le Vees si stanno armando e, puoi scommetterci il tuo culo sacro, l’Hotel sarà il loro primo obiettivo. Non vedo vie d’uscita: hanno Emily dalla loro parte, e per quanto forte sia la sua volontà… non riuscirà mai a liberarsi dal patto. La obbligheranno ad ucciderci. Anzi, uccidervi.»
«Ehy, perchè diamine ti escludi dal gruppo dei condannati?» aggrottò la fronte, perplesso «Pensi di svignartela prima dell’inizio dello scontro? Oppure credi che il tuo bel faccino verrà risparmiato solo perchè sei simpatico?» cercò di sdrammatizzare, rifilando all’altro una piccola gomitata complice, ma Angel si limitò a regalargli un sospiro malinconico.
«Non è questo: Valentino non può toccarmi. Nel patto che ha siglato, ha giurato di non farmi mai più del male. Di conseguenza, non potrebbe ordinare a Emily o ai suoi scagnozzi di ammazzarmi. Però… avrà certamente parlato a Vox e Velvette dell’accordo. Ci penseranno loro a farmi la pelle. Probabilmente, mi faranno strangolare in un vicolo e butteranno il mio cadavere in un tombino.»
«Melodrammatico!» l’angelo scosse il capo, divenendo improvvisamente pensieroso «E cosa accadrebbe se… Valcazzino venisse meno a questa promessa?»
«Il contratto si romperebbe e…»
«Emily tornerebbe libera?»
«Sì, ma…»
Adam affilò un ghigno ferino e afferrò l’attore per una mano, trascinandolo lungo il corridoio:
«Vieni con me! Ho un’idea.»
***
Charlie osservò l’Esorcista sparire con il suo guanciale tra le braccia.
«Credo sia uscito di senno» confessò alla compagna, che ancora stringeva egoisticamente il proprio «Perché diamine sta raccogliendo cuscini alle sei di mattina?»
«Non lo so, e non mi interessa.»
«Avrei voluto chiederglielo, ma sembrava andare di fretta.» si accostò alla finestra, aprendo le tende e permettendo alla tenue luce dell’alba di filtrare nella stanza. Spalancò i vetri e inspirò a fondo l’aria del mattino «Aveva con sé anche quello di Sir Pentious e di Cherry Bomb, hai visto?»
«Da cosa lo hai capito?»
«Dalle federe: quella di Pentious aveva degli ovetti disegnati sopra, mentre l’altra era decorata con delle bombe.»
«Diamine, Charlie! Io non so neppure come mi chiamo, a quest’ora! Come fai ad aver notato il motivo di due stupidi cuscini?» Vaggie tentò di rannicchiarsi sotto le coperte, ma un grido improvviso la costrinse a balzare in piedi. Raggiunse immediatamente la compagna alla finestra «Che succede?» chiese, sporgendosi.
La principessa le indicò un punto, nel cuore della città: una serpentina d’uomini armati avanzava in direzione dell’Hotel. La colonna proveniva dalla V-Towers ed era accompagnata da uno stormo di uccelli neri. I tre Overlord marciavano in coda, accompagnati da una figura più bassa, celata da un largo mantello nero.
«Ci siamo.» la voce di Charlie tremava e la ragazza stava nascondendo il viso tra le mani «Non doveva finire così, non avrei mai dovuto spingermi tanto oltre. Volevo soltanto darvi una seconda possibilità, e invece… vi ho condannati a morte!»
Vaggie la abbracciò e le schioccò un bacio sulla fronte:
«Non ci arrenderemo senza combattere. Venderemo cara la pelle e… siamo tutti qui, Charlie. Qui con te. Qui per te! Ce la faremo.»
La sentì rabbrividire e la strinse maggiormente.
«Come puoi esserne così sicura?»
«Perché siamo una famiglia. Ci sosteniamo, ci aiutiamo a vicenda e ci amiamo. Lotteremo con il cuore. Vinceremo.»
«Che stronzata, Vagina!» una voce sulla soglia la costrinse a rialzare lo sguardo «Non ho mai sentito di una sola battaglia vinta con l’amore. Dove cazzo lo hai letto? Sulla carta dei cioccolatini?»
«Hai un talento innato nel rovinare i momenti romantici e nello sfracellare i coglioni, lo sai?» una risatina pungente la raggiunse «Si può sapere che minchia vuoi?!»
L’Esorcista sogghignò, indicando il letto sfatto:
«Oh, beh… soltanto il tuo cuscino.»
Chapter 26: Sacrificio
Notes:
(See the end of the chapter for notes.)
Chapter Text
Adam si affacciò alla finestra.
Lo scontro era iniziato alle prime luci dell’alba, e si stava mettendo decisamente male per i Morningstar e per gli abitanti dell’Hotel.
Le Vees avevano stretto d’assedio l’edificio, parlamentando brevemente con Charlie: avevano avanzato richieste assurde, auspicando che Lucifer e la figlia abdicassero in loro favore e si ritirassero in esilio; che l’Hotel venisse raso al suolo; che fossero proclamati i sovrani indiscussi dell’intero inferno e che il Capo Esorcista venisse loro riconsegnato.
«Col cazzo!» aveva risposto, alzando un dito medio al nulla, consapevole di non poter essere notato.
Si era barricato negli alloggi di Angel Dust, e stava armeggiando con i cuscini e un paio di rotoli di corda che era riuscito a recuperare dalla soffitta.
L’attore lo stava fissando, scettico:
«Non funzionerà mai!»
«Funzionerà, ti dico!»
«È l’idea più stupida nella storia delle idee stupide.»
«Ehy! Non ti permetto di insultare il mio genio. E poi... è l’unica speranza che abbiamo. Vale la pena fare un tentativo.»
«Dovrei essere laggiù a combattere con i miei amici, invece che nascosto qui a sentire le tue sciocchezze!»
«Non azzardarti a uscire da quella porta.» lo ammonì, indicando l’uscio già spalancato «Lo so che ti sembra ridicolo, ma… per favore, fidati di me.» esclamò, osservando il combattimento sottostante.
Alastor aveva eretto uno scudo d’ombra attorno all’Hazbin, ma non era durato molto: era bastato un colpo ben assestato della serafina, per farlo crollare. Gli scagnozzi delle Vees si sarebbero immediatamente riversati sull’hotel, se non fosse stato per l’arrivo - del tutto inaspettato - di Rosie e dei suoi cannibali. La Overlord era giunta a cavallo di un focoso destriero dal mantello nero, con la solita grazia e determinazione che la contraddistingueva. Aveva spronanto le truppe alla battaglia, che poco dopo si erano gettate nella mischia.
Per un attimo, le sorti del combattimento erano parse in perfetto equilibrio, ma poi Vox aveva scatenato dei droni-corvo muniti di raggio stordente: molti cannibali erano rimasti vittima di quell’agguato e ora giacevano in stato confusionale, completamente in balia degli avversari. Lo scintillio delle armi angeliche riluceva alla fioca luce del mattino, accompagnato da grida di dolore e lamenti strazianti.
«Non vinceremo mai» sbuffò, quando vide un demone armadillo scagliarsi contro Vaggie e scagliarla via con un colpo di coda «E che cazzo! Non è quello che ti ho insegnato, diamine!» sbatté un pugno contro il davanzale e sussultò per la fitta al palmo ferito «Ahi! Pessima idea» ringhiò, scuotendo la mano nell’aria e poi tornando a sporgersi «Avanti, Vagina! Fagli vedere chi sei!»
***
Vaggie ruzzolò a terra quando sentì una frustata colpirla tra le scapole. Cadde bocconi e cercò di rigirarsi velocemente, sollevando la lancia. Parò l’affondo di una spada benedetta, e tirò una ginocchiata al proprio aggressore. Armadillo rotolò di lato con un guaito.
Si rialzò con un colpo di reni e raggiunse il nemico, puntandogli la picca alla gola:
«Getta l’arma e arrenditi!» esclamò, ma un fiotto di sangue rossastro la investì. Lute era scesa in picchiata e aveva trapassato lo stomaco del peccatore con la propria lama.
«Non c’è tempo per la pietà!» La Sterminatrice le lanciò un’occhiata gelida, chinandosi a raccogliere lo stocco e agganciandolo alla cintura «I tuoi amichetti stanno morendo! Sbrighiamoci, prima di…»
Vaggie si slanciò in avanti: protese le braccia e spinse l’angelo con tutta la propria forza. Sentì una fitta attraversarle una spalla e abbassò lo sguardo: un pugnale argentato spuntava dalla propria spalla sinistra. Gridò per la sorpresa e il dolore, mentre crollava su Lute.
L’Esorcista l’afferrò prima che potesse schiantarsi al suolo.
«Idiota!» le sibilò all’orecchio «Che diamine pensavi di fare?»
Vaggie afferrò l’impugnatura e tirò con forza: urlò, quando il coltello le incise nuovamente le carni; lo estrasse e lo gettò via, con un gemito frustrato.
«Ti ho salvato la vita, stronza! Potresti mostrare un minimo di gratitudine, ogni tanto.» ringhiò, ricevendo in cambio un sorriso beffardo.
«Non essere ridicola. Non mi serve il tuo aiuto!» Lute si chinò e raccolse il pugnale angelico «Questo lo prendo io. Ne farò certamente un uso migliore.»
Poco dopo, la donna batté le ali e tornò a librarsi nell’aria, abbandonando Vaggie al suo prossimo avversario.
***
Husk scagliò alcune carte affilate, decapitando contemporaneamente due corvi di Vox.
«Maledetti uccelli!» esclamò, affiancando Alastor, che ne affondava altrettanti con i propri tentacoli d’ombra «Pensi di poter ricostruire lo scudo?» domandò, mentre il Demone Radio gli rifilava un ghigno divertito.
«A che pro? Non abbiamo modo di separarci dai nostri avversari. No, l’unica cosa che possiamo fare.. è abbattere questi mostriciattoli il più possibile e sperare che il nostro augusto Sovrano metta presto fine a questo increscioso combattimento.»
Alastor sollevò lo sguardo, come a sottolineare le proprie parole, scorgendo Lucifer guizzare in cielo, tallonato dalla giovane serafina:
«Anche se… francamente, vecchio mio…» aggiunse, rivolgendo a Husk un sorriso stanco «Non mi sento molto ottimista.»
***
Lucifer scartò di lato, evitando d’un soffio il raggio di luce angelica.
Emily era particolarmente agguerrita: era rapida e letale, comandata da una volontà che non le apparteneva. Valentino, dal basso, le gridava continuamente direttive e quasi tutte si riassumevano in un semplice: “ Uccidilo ”.
Sapeva di avere i minuti contati per risolvere quella schermaglia: contro un angelo qualunque, non avrebbe incontrato difficoltà, ma Emily era una serafina. Il suo potere sfrigolava nell’aria fresca del mattino: l’energia e il calore erano palpabili. Se non avesse ribaltato in fretta le sorti del combattimento, per lui sarebbe giunta la fine.
Si era già trasformato in vari animali: aveva tentato di prendere a calci Emily in forma di pegaso; le aveva sputato inchiostro addosso, mutando in una seppia gigante; aveva tentato di beccarla come falco e di morderla come lupo. Infine, si era trasformato in un colibrì, sperando di sfuggirle: aveva bisogno di tenerla distratta dal resto della battaglia e, al tempo stesso, di scappare. Eppure, l’avversaria era estremamente veloce: non aveva problemi a tenere il suo ritmo. Al tempo stesso, gli scagliava costantemente raggi di luce, che riusciva a evitare sempre per pochi secondi.
Lucifer ritornò con uno schiocco alla propria forma originale e si tuffò in una rapida picchiata. Agganciò Valentino con lo sguardo e si rimboccò le maniche: se l’avesse colpito, forse avrebbe almeno guadagnato un po’ di tempo e distratto Emily dalla sua caccia.
Si lanciò in sua direzione, ma si arrestò immediatamente quando sentì l’Overlord impartire un nuovo ordine:
«Emily! Ignora questo codardo. Cattura la Principessa.»
Oh, merda!
Lucifer sentì il sangue gelarsi nelle vene: Charlie non sarebbe mai riuscita a tenere testa a Emily; inoltre, erano amiche: sua figlia non avrebbe mai potuto farle del male, neppure per proteggersi.
«No!» gridò, quando scorse la serafina virare e cambiare obiettivo. La vide sollevare la destra e stenderla in direzione di Charlie che, intenta a combattere, non si era accorta di nulla.
«Char-char!» gridò, tentando di avvertirla, ma il clamore della battaglia sovrastò la sua voce. Batté furiosamente le ali. Scorse il fascio di luce angelica scaturire dal palmo di Emily.
Chiuse gli occhi e si trasportò immediatamente davanti al raggio benedetto. Con uno schiocco, materializzò uno scudo, ma troppo tardi si rese conto di quanto fosse debole quella difesa: la barriera attutì solo in parte il potere angelico.
La luce lo travolse. Lucifer percepì il calore fondergli la pelle, il bagliore giallastro ferirgli gli occhi. Le sue vesti si sbriciolarono, quasi fossero fatte di carta. Sentì le guance liquefarsi e cadere lungo il viso, come cera. Gridò, mentre le ali venivano consumate sino alle radici: le piume si carbonizzarono, cadendo in cenere.
Precipitò.
Mosse inutilmente le mani, cercando un appiglio, ma senza successo. Si schiantò, rotolando per qualche metro, prima di fermarsi riverso sul suolo arido. Colse il sapore salato della ghiaia sulle labbra spaccate. Il dolore scosse il suo corpo in spasmi incontrollati. I capelli si incollarono alla fronte, fusi in un’unica massa gelatinosa. Le orecchie fischiarono e gli occhi si inumidirono, specchio della sofferenza che lo attraversava. Aprì la bocca, ma riuscì ad emettere soltanto un roco sibilo inarticolato.
«Char…» chiamò, ma il suo sguardo incontrò la figura di Emily: la serafina volava a pochi metri sopra di lui, sovrastandolo.
«Mi dispiace!» il volto della ragazza era rigato di lacrime; la sua voce era pregna di una profonda disperazione «Mi dispiace. Non volevo tutto questo! Perdonami, se puoi.»
Lucifer abbozzò a fatica un piccolo sorriso:
«Ti perdono, Emily.» sussurrò, abbassando le palpebre e preparandosi a ricevere il colpo di grazia.
***
Cherri Bomb arrancò di qualche passo, crollando infine in ginocchio.
Quei maledetti corvi! Era riuscita ad abbatterne mezza dozzina con le proprie granate, prima d’essere colpita dal raggio stordente. Era caduta bocconi, incapace di sorreggersi. Nella mente le rimbombava una cacofonia di voci supplicanti, che la chiamavano e la pregavano con degli acuti lamenti. Si sentiva come se fosse stata immersa in un liquido denso, viscoso: i suoi movimenti erano rallentati e flaccidi.
Aveva cercato di strisciare via dalla battaglia per riprendersi, ma le sue gambe non avevano retto.
Ansimò, quando le sue mani impattarono sul terreno. Graffiò la polvere, respirò a fondo cercando di calmarsi: era tutto nella sua testa! Era l’effetto di quei maledetti droni. Però… presto sarebbe passato, giusto? Non doveva fare altro che aspettare e…
«Guarda che bella puttana abbiamo qui!»
Qualcuno l’afferrò per i capelli, sollevandola senza sforzo. I suoi piedi incespicarono, mentre veniva trascinata in avanti: un demone con la faccia da mandarino la stava strattonando malamente.
«Lasciami!» biascicò, mentre l’altro scoppiava in una fragorosa risata.
«Sai, è un peccato che ci abbiano ordinato di uccidervi tutti. Saresti stata un bel premio di consolazione.»
Mandarino la gettò nuovamente al suolo e le tirò un calcio nel fianco, facendola ruzzolare sulla schiena.
Cherri si ritrovò a fissare una lancia angelica puntata al proprio addome. Tentò di frugarsi nelle tasche, alla ricerca di qualche piccolo ordigno che potesse salvarla, ma la punta affilata le ferì la pancia.
«Non pensarci nemmeno, troia!» il peccatore ritrasse l’arma e la sollevò sopra la testa «Sei carina. Ritieniti fortunata: ti concederò una morte rapida e indolore.»
La giovane vide la picca calare in sua direzione. Chiuse la palpebra e sollevò le mani, cercando di schermare l’affondo.
Sentì un fluido caldo schizzarle sul petto, sul viso e sulle braccia. Gridò istintivamente, ma solo dopo pochi attimi si accorse di non provare alcun dolore. Un peso morto le cadde addosso, costringendola a riaprire l’occhio.
Un singhiozzo le salì alla gola, scuotendole le spalle, mentre le sue dita si aggrappavano freneticamente alla giacca a coste grigia a gialla.
«Pentious!» urlò, stringendo a sé il corpo esanime dell’amico, il petto trapassato dalla lancia benedetta «No! Che cazzo ti è saltato in mente? Stupido! Stronzo! Come hai potuto?!»
Sir Pentious non le rispose: teneva lo sguardo fisso al nulla, privo d’ogni traccia vitale. Il torace aveva smesso di muoversi. Il respiro si era spento, così come il battito del suo cuore. Cherri lo avvolse tra le proprie braccia, cullandolo dolcemente «No, ti prego! Non andartene. Non…»
Colse le lacrime sgorgare incontrollate lungo le guance. Le voci nella sua testa si spensero, sostituite dalle immagini del serpente: la sua risata, le premure, i gesti attenti e le parole gentili che sempre le rivolgeva. Sir Pentious, quel patetico inventore da strapazzo, aveva dato la sua vita per salvarla, senza alcuna esitazione. Si era sacrificato, e lei non era neppure riuscita a ringraziarlo, a salutarlo un’ultima volta. Pentious se n’era andato quasi di nascosto, in silenzio, senza neppure una parola di conforto o una stretta amica.
Cherri reclinò il capo sulla spalla esanime, sfregando l’occhio contro il bavero della casacca.
«Brutto idiota!» singhiozzò, mentre il corpo del serpente diventava sempre più leggero, quasi inconsistente. Lo osservò cristallizzarsi e poi esplodere in mille piccoli frammenti. Si ritrovò a stringere la polvere. La lancia cadde con un secco clangore.
«No! No…» singhiozzò, chiudendo i pugni e sbattendoli con forza per terra «Restituiscimelo! Lasciami almeno un ricordo di lui.» supplicò.
«Che scenetta ridicola.»
Una voce interruppe il suo pianto. Si era dimenticata di Mandarino.
«Tu!» ringhiò, allungando la destra per afferrare la picca «Pagherai per…»
Il peccatore le pestò con forza le dita. Cherri sentì le ossa incrinarsi e rompersi, e un bruciore improvviso risalirle lungo tutto il braccio.
«In vita mia...» riprese il demone-agrume «…ho visto poche cose più patetiche. Una di queste…»
«…Sei tu!» una voce graffiante si intromise e, poco dopo, il filo di una spada si incastrò tra le vertebre del collo; la testa di Mandarino cadde con un tonfo secco.
Lute si chinò e raccolse la lancia, pulendola frettolosamente contro la propria divisa.
«Alzati e combatti» ringhiò verso la ciclope «Non rendere vano il suo sacrificio.»
L’angelo spiegò nuovamente le ali e balzò in aria, volando rapida verso l’Hotel.
***
Charlie osservò la scena attonita: Sir Pentious si era gettato contro una picca, pur di salvare Cherri, ed era morto. Così come suo padre aveva fatto per lei, senza esitazione. Lo aveva visto tuffarsi in un raggio di luce benedetta e schermarla con uno scudo, incurante delle conseguenze, per proteggerla. E ora giaceva a terra, consumato dal potere del paradiso.
La principessa si afferrò i capelli, tirandoli e strappandoli:
«Che cosa ho fatto…» sussurrò, permettendo alla disperazione di scorrerle nelle vene «Non doveva finire così! Non volevo tutto questo!» esclamò, sollevando lo sguardo colmo di rabbia e determinazione. Cercò le Vees, sparse sul campo di battaglia: Vox guidava ancora i droni-corvo, e malgrado la maggior parte fosse stata abbattuta, alcuni esemplari stavano ancora dando del filo da torcere ai cannibali di Rosie; Velvette incitava le truppe, spingendole sempre più verso i nuovi obiettivi; Valentino abbaiava ordini verso Emily che, incapace di sottrarsi, non poteva fare altro che seguire quelle orribili direttive.
«La pagherete! Tutto il male che avete fatto, vi verrà restituito. Lo giuro!» ringhiò, mentre le fiamme l’avvolgevano. Un paio di corna acuminate spuntò tra le ciocche bionde, mentre una coda nera frustava l’aria da sotto l’orlo delle sue vesti. Le dita artigliate si chiusero sul manico ruvido di un forcone.
«Eccomi» sussurrò, avanzando verso le Vees «Sto venendo a prendervi.»
***
Lucifer abbozzò un leggero sorriso quando scorse Charlie attraversare il campo di battaglia. Sua figlia era maturata così tanto, malgrado i genitori assenti: aveva trovato la propria via, e l’aveva fatto da sola. Si era costruita una attività, un Hotel dove chiunque poteva trovare aiuto e intraprendere la via per la redenzione. Che questa fosse o meno possibile, poco importava: aveva dimostrato che all’Inferno c’erano anime degne, disposte a condividere con lei quel percorso. A essere più che semplici ospiti: amici… e forse quella famiglia che troppo a lungo le era mancata.
L’Inferno non la meritava: non avrebbe mai dovuto essere relegata all’ingrato ruolo di Principessa dei Dannati. Meritava di meglio.
Assomigli così tanto a tua madre , si disse, senza riuscire a distogliere l’attenzione. Non gli importava più di Valentino, di Emily, della luce angelica, della fine che stava per sopraggiungere: desiderava soltanto godersi quegli ultimi momenti; vedere la figlia sorgere e risplendere, come quella Stella del Mattino di cui entrambi portavano il nome.
Si chiese se, almeno per un breve istante, fosse mai stato come lei: determinato, coraggioso, rispettato e amato.
Probabilmente no… rifletté, non sono che l’ombra di mia figlia. È pronta. Lei vincerà, dove io ho fallito .
Una lacrima sgorgò dagli occhi pesti.
Mi dispiace non poterti accompagnare oltre, Char-Char. Rimpiango ogni istante speso lontano da te; questa condanna è più dura della stessa Caduta: non potrò vederti crescere, diventare una donna e una regina forte e risoluta; sei la cosa migliore che è capitata a questo posto… e che è capitata a me. Ti amo immensamente, Charlie. Abbi sempre cura di te… e sii felice.
Abbozzò un sorriso malinconico e riportò l’attenzione alla propria avversaria: Emily lo sovrastava, il braccio destro nuovamente steso in sua direzione.
Mimò un leggero cenno d’assenso:
«Sono pronto…»
***
Emily non riusciva a trattenere le lacrime: piangere non la stava aiutando, però, neppure a sfogare la propria frustrazione. Non avrebbe mai voluto un epilogo del genere.
Era legata ai Morningstar: a Charlie, senza dubbio… ma anche a suo padre. Malgrado il poco tempo trascorso insieme, si era affezionata a lui: Lucifer non era quell’essere spietato e privo di scrupoli che il Paradiso andava dipingendo. Quella descrizione non era che l’ennesima menzogna! Il sovrano era una persona gentile, disponibile, a tratti insicura e timida. Come si poteva odiarlo?
Quel pensiero le era inconcepibile… eppure, l’angelo caduto stava per morire per mano sua.
Fissò con orrore il proprio palmo steso.
Quando aveva stretto il patto, mai avrebbe immaginato quel finale: aveva supposto che sarebbe stata usata per gli scopi biechi delle Vees, ma non credeva potessero arrivare a tanto. Spodestare il re, insediarsi sul trono, catturare la principessa e i suoi amici per ridurli in schiavitù. Scosse il capo: era troppo! E la cosa peggiore… è che lei sarebbe divenuta l’artefice della loro vittoria.
Sono stata un’ingenua, una stupida! Si disse, liberando un singhiozzo ovattato Ma che altro potevo fare? Quello stronzo avrebbe continuato a torturare Angel e Adam e… non potevo permetterlo. Anche se il prezzo del mio sacrificio è… alto! Troppo alto! Non sono pronta a sopportarlo.
Svegliati Emily! Sei migliore di così. Puoi farcela, puoi contrastarlo, puoi…
Il suo corpo, però, non le obbediva più: nella mente, si ripeteva di smetterla con questa follia; di ribellarsi e ritrovare la propria indipendenza. Eppure, nonostante quella determinazione, la volontà si era definitivamente spenta, soggiogata da quella di Valentino.
Ripensò a tutto il male che l’Overlord aveva causato, e nuovamente sentì la rabbia montarle dentro; l’odio fluì spontaneo, infiltrandosi nella sua immaginazione. Quanto avrebbe strappare le ali a quell’inutile falena, investirlo con la luce angelica, gettarlo tra le fiamme e guardarlo bruciare!
Non riuscì neppure a vergognarsi di quei pensieri: dopo tutto, quell’essere spregevole lo meritava! Meritava di morire, tra il rancore e il disprezzo. Neppure all’Inferno c’era posto per un’anima così dannata!
Una voce flebile e spezzata la riportò alla realtà:
«Sono pronto…»
Abbassò lo sguardo appannato: il re le stava sorridendo. Il corpo ustionato giaceva scomposto a terra. Gli occhi pesti la osservavano con un misto di pietà e tristezza. I capelli biondi si erano incollati tra loro, mentre la pelle sembrava essersi quasi sciolta.
Non osò neppure immaginare il dolore altrui.
Non poteva salvarlo, ma poteva donargli una morte rapida.
Annuì:
«Addio, Lucifer e… grazie.»
***
Lute raggiunse la finestra, e scavalcò in fretta il davanzale.
Gettò al suolo le armi raccolte: pugnali, spade, alcune lance e persino una mazza chiodata.
«Bastano?» domandò, osservando attonita il Capo Esorcista, in piedi al centro della stanza «Che cazzo hai fatto alla schiena?!» esclamò, osservando con orrore la tunica macchiata d’oro all’altezza delle scapole.
Adam si sporse, facendo capolino da dietro un paravento:
«Io? Niente!»
Lute lo fissò e si portò la destra alle labbra.
Scoppiò in una risata nervosa:
«Sei un idiota!» lo apostrofò, battendosi la fronte «È l’idea più stupida nella storia delle idee stupide!»
«È quello che ho detto anche io!» La voce perplessa di Angel Dust le fece eco, ma lei lo ignorò.
Adam le rivolse un ghigno divertito:
«Che ne pensi, Tette Pericolose?»
Lute mimò un cenno affermativo:
«È talmente ridicola che… potrebbe funzionare.»
«Funzionerà!» le fece eco lui, poco prima che il suo entusiasmo fosse spezzato da un fragoroso tuono.
La donna si precipitò alla finestra, seguita da Angel Dust e dal Comandante. Tre paia d’occhi si sollevarono immediatamente.
***
Guglielmo alzò la saracinesca del negozio e osservò il proprio riflesso nella vetrina.
«Diamine, che brufolo gigante!» esclamò, notando un bubbone enorme sulla proboscide da tapiro. Girò la chiave nella toppa e aprì la porta dell’edicola, con uno sbuffo scontento: ultimamente, le vendite erano un po’ in crisi. Era colpa del caro vita, indubbiamente. L’inflazione stava flagellando l’Inferno e gli Overlord erano troppo intenti a guerreggiare tra loro, per curarsi dell’economia cittadina.
«Speriamo di avere qualche cliente in più» disse, ignorando il baccano che proveniva dai dintorni dell’Hazbin Hotel. Dopo tutto, ci era quasi abituato: la capitale non era certo pacifica, e gli scontri erano all’ordine del giorno. Poco importava che riguardassero risse tra ubriachi, scaramucce tra bande rivali oppure guerre civili tra i Signori Supremi. A Pentagram City, non si poteva mai abbassare del tutto la guardia.
Spinse il battente, e si pulì le zampe sullo zerbino. Fece per varcare la soglia, ma all’improvviso uno spostamento d’aria lo scaraventò in mezzo alla strada, seguito da un forte boato.
Frastornato, sollevò lo sguardo: oltre i tetti degli edifici vicini, scorse uno squarcio dorato aprirsi nel cielo terso. Un attimo dopo, una moltitudine di angeli attraversò il portale, riversandosi all’Inferno.
Le divise grigie, le maschere cornute e le armi lucenti, lasciarono ben pochi dubbi al malcapitato giornalaio.
Guglielmo sollevò l’indice, tremante.
«Es-Es…» biascicò, mentre la voce si strozzava in un singulto terrorizzato «Esorcisti!»
Notes:
Angolino: buonasera e buon-ritardo a tutti!
Sono in ritardissimo, lo so... avevo preso un buon ritmo negli aggiornamenti, ma gli ultimi dieci giorni sono stati davvero frenetici, super pieni tra lavoro, corso, studio (su cui sono indietrissimo, ma va beh...).. e quindi la stesura del capitolo è slittata, purtroppo.
Anche perchè, lo confesso, non è stato affatto semplice: l'ho cominciato più volte, e altrettanto spesso ho cancellato tutto per iniziare da capo.
Alla fine, ho deciso di scindere la battaglia in due capitoli.
Il secondo è in lavorazione, ma per ora... ho finito di leggere e controllare il primo, quindi ve lo lascio qui <3Un appunto che esula dalla storia: nei giorni scorsi sono comparsi alcuni Leak della seconda stagione di Hazbin Hotel.
Ci sono cascata per errore: scorrendo tik tok, sono incappata in questi video.. e all'inizio pensavo fossero animazioni create dai fan. poi mi sono accorta che.. in realtà, erano veri e propri spoiler.
Nel caso non li abbiate visti / non vogliate vederli... fate attenzione, perchè ogni giorno mi sembrano sempre più diffusi.
Detto ciò, vorrei rassicurare i lettori di questa storia: i leak non andranno minimamente ad influenzarla. Ho già in mente lo svolgimento della trama, so già dove alcune cose andranno a parare e poco mi importa se cozzano con gli spoiler, se non combaciano o altro. desidero che questa ff sia "Spoiler free" quanto più possibile, nel rispetto di chi la segue con tanta dedizione.
è già siglata col tag What If, quindi... a maggior ragione, non la modellerò sui leak. Andrà avanti per la sua strada, coerente o meno che sia. <3Per il resto... vi chiedo ancora perdono per il ritardo, e spero che questo capitolo (tanto faticoso) possa esservi piaciuto.
Il prossimo sarà quello che concluderà (secondo le mie previsioni, sperando di non cambiare nuovamente idea) il primo arco narrativo.
Spero di poterlo concludere e sistemare al più presto.Grazie e un abbraccio!
E'ry
Chapter 27: Uriel
Notes:
[Warnings: Violence, Blood; Graphic Depictions Of Violence; Character Death.]
(See the end of the chapter for more notes.)
Chapter Text
Uriel scostò le lunghe ciocche color ebano, cadute innanzi agli occhi ghiaccio. Squadrò con evidente disprezzo l’intera città, prima di chiudere le ali perlacee e scivolare in una aggraziata picchiata. Ignorò l’aria che gli scompigliava la tunica immacolata, bordata di nero e oro. Scrutò attentamente il campo di battaglia: i peccatori sembravano intenti ad trucidarsi vicendevolmente. Era come vi fossero due schieramenti diversi: alcuni, armati di acciaio benedetto, assaltavano dei…
«Cannibali» sputò con disgusto, quando scorse un uomo affondare i denti nella carne del nemico e dilaniarla in pochi morsi.
Una donna, vestita con una elegante abito scarlatto, gettava loro ordini concisi; il cappello le era scivolato dal capo, rivelando un volto dai tratti affilati e una capigliatura nivea. Montava un destriero focoso, dalle cui fauci colavano rivoli di bava striati di cremisi.
Un demone dall’aspetto felino scagliava carte da gioco, con bordi taglienti che graffiavano la pelle degli assaltatori. Un secondo peccatore, dai capelli rossi e le corna da cervo, lo affiancava, strapazzando gli avversari con tentacoli d’ombra.
Una ciclope lanciava ordigni qui e là, ma non appariva sicura come i suoi compagni. Barcollava incerta sulle gambe, sfregandosi l’unico occhio. Uno strappo sull’addome mostrava una ferita poco profonda, ma probabilmente fastidiosa.
Una piccola cameriera correva qui e là, come impazzita. Pugnalava persone a caso, affondando il coltello nei polpacci e nelle natiche, per poi saltare sulle schiene e bucherellarle come forme di groviera.
«Orribile scherzo della natura» ringhiò.
Una giovane stava combattendo con una lancia: le ali piumate suggerivano un qualche retaggio angelico. Che ci faceva all’inferno? Perché si era schierata al fianco dei dannati?
Vi era una seconda ragazza, che stava marciando attraverso il campo, diretta verso una donna bassa, con dei voluminosi codini rosa e blu. Uriel concentrò la propria attenzione sulla bionda, scrutandola: la postura, i lineamenti morbidi, il taglio degli occhi e quei pomelli rossi sulle gote. Arricciò il naso e digrignò i denti, aspirando l’aria con un sibilo:
«È lei» asserì.
Intercettò un volto familiare: Emily era sospesa in aria, con le sei ali che battevano contemporaneamente ad un ritmo placido. Le guance della serafina erano bagnate di lacrime, le sue labbra tremavano, eppure manteneva stesa una mano innanzi a sé. Sulla punta delle dita danzava un sottile bagliore, segno che stava accumulando potere angelico. Uriel seguì un’invisibile traiettoria, sino al corpo steso a terra: riconobbe le ciocche paglierine, le gote arrossate, gli occhi rossi socchiusi, la pelle lattiginosa sciolta dal calore. Stiracchiò le labbra in una smorfia schifata, prima di sollevare entrambe le braccia e puntare i palmi verso la serafina. Cantilenò una antica litania, permettendo al potere di fluire, di guizzare verso il bersaglio come una spuma biancastra. Non appena la schiuma raggiunse Emily, le si condensò attorno, racchiudendola in una bolla semitrasparente. La giovane scagliò la luce angelica, ma la barriera assorbì interamente il colpo, senza subire alcun danno.
Uriel le volò accanto, posando una mano sulla sfera:
«Sono estremamente deluso» mormorò, la voce profonda scalfita da una nota di disappunto «Hai ceduto la tua anima per salvare un peccatore… e guarda a cosa ha portato la tua incoscienza. La feccia non merita pietà, Emily. È tempo che impari quali sono i tuoi doveri; quale è la tua appartenenza e ciò che il Paradiso si aspetta da te.»
«Ti prego…» la giovane singhiozzò, congiungendo le mani al petto «Fermalo, prima che mi costringa nuovamente a fare del male ai miei amici.»
L’arcangelo seguì l’altrui indicare, spiando un demone falena che, dal basso, strillava ordini in direzione della serafina. Emily non riusciva a sottrarsi a quei comandi: lanciava fasci di luce contro la bolla, che rimaneva però intonsa.
«Presto avrà ciò che si merita, come lo avrai tu. Il tuo comportamento e le scelte operate in qualità di Ambasciatore Celeste verranno presto discussi e giudicati.»
«Non mi importa, purché riusciate a fermarlo!»
Uriel scrollò le spalle:
«Sembra ci sia già qualcuno disposto a occuparsi di lui. Lasciamo che gli eventi facciano il loro corso. Io gestirò il resto.»
La serafina puntò a propria volta l’attenzione su Valentino, nella cui direzione stava avanzando una figura vestita di una tunica bianca, con delle rifiniture viola e una A ricamata sul petto. Trattenne a stento un grido:
«È impazzito!» esclamò, cercando di richiamare l’angelo superiore «Non ha i poteri! Si farà ammazzare.»
«Avrà ciò che si merita»
Uriel si congedò e guizzò via.
Raggiunse le Esorciste e stese la destra:
«Non concedete quartiere» ordinò.
«Signore!»
Una Sterminatrice lo affiancò: aveva la divisa sporca di sangue scarlatto, che colava anche dal filo della sua spada. I capelli a caschetto erano arruffati, così come le piume bianche e nere. La osservò con fastidio.
«Non interrompermi.» l’ammonì, ma la donna proseguì.
«Sono Lute, signore! Luogotenente del comandante Adam.»
«Non mi interessa.»
«Mi ascolti soltanto un istante. I cannibali ci stanno aiutando a sconfiggere le Vees. Il demone falena, la ragazza con i codini e quel tizio con la faccia da televisore: sono loro gli artefici di tutto. Dovremmo concentrare i nostri sforzi sull’abbatterli. La principessa Morningstar e i suoi compagni ci stanno aiutando a contrastarli, e…»
« Ci ? Perdonami… Lute.» la voce dell’arcangelo si caricò di disprezzo «Non c’è nessun Ci , nessun Noi . Posso assicurarti che se non fosse per gli ordini ricevuti da Michael, avrei già bruciato questo posto e i suoi abitanti.»
«Ma… colpire la principessa potrebbe causare un incidente diplomatico ancor peggiore di questo. Lucifer è…»
«Silenzio! Basta così! Un’altra parola e ti farò degradare. Sono stato chiaro?»
La vide mordersi il labbro inferiore, trattenersi dal rispondere e abbassare semplicemente il campo «Molto bene. Torna in riga, soldato. Ora…» tornò a rivolgersi all’esercito «Non risparmiatevi. Uccideteli tutti, tranne… Lucifer. Lui è mio.» batté le mani due volte «Andate! Rendetemi fiero di voi.»
***
Alastor sussultò quando un angelo gli passò accanto, trafiggendo un demone-sedia, a pochi metri da lui.
«La situazione si complica» gracchiò, notando le Esorciste mescolarsi alla battaglia e trucidare indiscriminatamente tanto gli scagnozzi delle Vees, quanto i cannibali.
«Non possiamo indugiare oltre» disse verso Husk, che ancora lo tallonava «Trova Niffty e rientra all’hotel.»
«Niffty è qui? Credevo…»
Gli indicò una scia di cadaveri, accompagnati da piccole impronte dorate.
«Ora vai! Vi raggiungerò il prima possibile.» promise, voltandosi e ricominciando a camminare.
Ignorò le domande del barista, limitandosi a scansare qualche peccatore troppo zelante. I tentacoli neri lo avvolsero in un bozzolo protettivo, stritolando chiunque osasse avvicinarsi troppo.
Non ci mise molto a trovare l’altra Overlord: era impossibile non notarla, pregna di quella grazia e decisione che la contraddistinguevano. Dall’alto del destriero, Rosie sbraitava ordini ai propri uomini, incitandoli.
«Rosie!» la apostrofò «Richiama i tuoi cannibali e vattene. Gli angeli non faranno distinzione tra buoni e cattivi; ci massacreranno tutti.»
«Alastor, mio caro.» la donna non aveva perso la compostezza e la cordialità. Non sembrava neppure si trovasse al centro di una guerra, quanto più in una sala da té, intenta a scegliere tisane e pasticcini dal menù «Siamo qui per fare la nostra parte. Non batteremo in ritirata innanzi al nemico, paradisiaco o meno che sia.»
«Un coraggio encomiabile e non avevo dubbi fossi di parola, ma… ti prego, salvaguarda il tuo popolo. Ora che gli Esorcisti sono qui, sono certo non tarderanno a ribaltare le sorti dello scontro in loro favore. Non c’è motivo di rischiare inutilmente la vita.»
«Vieni con noi, allora.»
«Non posso abbandonare la principessa, lo sai.»
«Mh, già… ma se le cose dovessero peggiorare ulteriormente, sappi che le porte di Cannibal Town sono aperte per te e tutti i tuoi…» gli sorrise, sfoderando un ghigno affilato «… amici .» concluse con una nota sarcastica, prima di drizzarsi sulle staffe «Ritirata!» ordinò e spronò il cavallo, tallonandogli i fianchi.
Rosie si allontanò, ripetendo: «Ripiegare verso Cannibal Town».
Ben presto, i suoi concittadini la seguirono, abbandonando il teatro dello scontro.
Alastor rimase a fissarli per qualche attimo, appoggiato al proprio bastone. Infine, si voltò per tornare sui propri passi, ma un movimento sulla destra richiamò la sua attenzione: da dietro un basso cespuglio spuntavano le falde di un frac blu, bordate in azzurro.
Mosse alcuni passi in quella direzione, fino a pestare il tessuto. Si chinò, sporgendosi oltre l’arbusto. Affilò il ghigno, quando scorse la figura rannicchiata dietro i rametti rinsecchiti.
Si concesse una bassa risata, prima di sussurrare ironico:
«Ciao Vox.»
***
Velvette rotolò al suolo, massaggiandosi una guancia colpita. Indubbiamente sarebbe spuntato un livido violaceo, di lì a qualche giorno.
Sollevò lo sguardo alla propria avversaria: mai avrebbe immaginato che la principessa fosse capace di un gancio simile.
«Piccola stronza! Questo completo era nuovo!» sbottò, spazzolandosi i pantaloni morbidi e il top. Sollevò i pugni, in posizione di difesa «Fatti sotto!» la incitò.
Charlie le fu immediatamente addosso: la incalzò con il forcone, tentando ripetutamente di infilzarla; Velvette, però, era veloce e agile: scansava gli affondi indietreggiando, abbassandosi o gettandosi di lato. Più veniva stretta d’appresso, più lei riusciva a guadagnare terreno.
«Sei lenta!» esclamò, puntando il piede sinistro e sollevando l’opposto, piroettando per colpire l’avversaria. La sua scarpa impattò sul petto, costringendo Charlie a barcollare per mantenere l’equilibrio. Approfittò di quella finestra per immergere le dita tra i capelli dorati e strattonarli con forza; piantò un ginocchio nella pancia altrui e spinse con forza, gettando al suolo la nemica. In un attimo, le fu sopra: le strappò il forcone dalle mani e lo scagliò lontano, scaricandole sul volto dei pugni ben assestati. Sentì Charlie singhiozzare e si beò di quella disperazione.
La colpì ancora, ridendo:
«È tutto qui ciò che sai fare?» la canzonò «E dovresti essere la nostra futura regina? Pff… sei solo una ragazzina patetica, viziata e senza spina dorsale. Molle e sciatta con quell’incapace di tuo padr…» non riuscì a finire la frase. Colse un bruciore al ventre e abbassò lo sguardo: le unghie affilate della Morningstar le avevano squarciato la pelle ed erano affondate nei muscoli. Gridò per la sorpresa e per il dolore, crollando di lato. Si strinse la ferita, cercando di rialzarsi, ma Charlie si avventò su di lei.
«Non osare nominarlo, puttana!» le urlò, sbattendole il capo per terra. Velvette gemette e cercò di divincolarsi, ma l’altra l’aveva afferrata per i voluminosi codini e continuava a picchiarle la nuca al suolo.
Innanzi agli occhi danzarono macchie nere.
Allungò le mani per spingere via l’avversaria, ma senza successo: la presa di Charlie era forte, disperata e guidata da una furia cieca che non era solita mostrare: Pentagram la conosceva come una ragazza gentile, altruista, sempre dedita al prossimo. Era convinzione comune che la non rappresentasse poi questa grande minaccia, anzi… aveva fama d’essere un’ingenua bonacciona. Da dove cavava quella forza?
Cavò dalla cintura un coltellino nascosto tra le pieghe dei pantaloni. Liberò la lama e la sollevò, piantandola ripetutamente nel fianco della principessa. Uno, due, tre affondi.
Charlie urlò, ma non accennò a lasciarla; anzi, raddoppiò la presa sui suoi capelli e le scaricò un pugno sul naso. Velvette percepì l’osso rompersi e il sangue inondarle il volto. Rabbrividì, quando le dita artigliate si serrarono attorno al collo. Sentì le unghie affilate graffiare e affondare nella pelle, mentre il fiato veniva tagliato dalla morsa. Boccheggiò, cercando di recuperare aria. Tentò nuovamente di pugnalare la principessa, ma un’esplosione di colori invase la sua vista. Le mani tremarono e fu costretta ad abbandonare la lama. Afferrò i polsi di Charlie per spostarli, ma la presa si mantenne salda.
«N-no…» biascicò con un filo di voce, mentre il respiro si strozzava nella trachea schiacciata. Dimenò le gambe, ma i piedi sdrucciolarono sul terreno polveroso.
Le iridi si rovesciarono all’indietro e il buio le calò sugli occhi.
Velvette percepì le forze abbandonarla, scivolare rapidamente via.
«Ti p-pre-go» supplicò disperata.
Un attimo dopo, l’aria tornò a riempirle i polmoni. Tossì, respirò avidamente e si sfregò la gola. Sollevò lo sguardo appannato: Charlie era a pochi passi da lei; aveva recuperato il tridente, che ora puntava in sua direzione.
«Ferma questa follia!» le ordinò «O finirò ciò che ho iniziato.»
Velvette fece per rialzarsi sulle gambe malferme: le ginocchia tremarono e si piegarono, incapaci di sorreggerla. Rotolò nuovamente nella polvere.
«Muoviti!» la incalzò l’avversaria.
Stupida puttana , sibilò dentro di sé. Se solo fosse stata più accorta, quella insulsa ragazzina non sarebbe mai riuscita ad avere la meglio. Invece, l’aveva quasi strangolata, dopo averle sbattuto ripetutamente la testa e averla riempita di pugni. Se solo fosse riuscita a raggiungere Valentino, avrebbe potuto chiedergli di uccidere quella mocciosa con la luce angelica. Si guardò freneticamente attorno, scrutando con crescente orrore il campo di battaglia: quando erano arrivati gli Esorcisti?! Probabilmente, mentre Charlie stava cercando di soffocarla. Era rimasta coinvolta in quella scaramuccia e non si era accorta che il Paradiso aveva inviato dei rinforzi.
Merda , pensò, la situazione si complica .
I loro scagnozzi correvano qui e là, terrorizzati: abbandonavano le armi al suolo e cercavano di fuggire, di rifugiarsi da qualche parte per sfuggire allo Sterminio. Gli angeli guizzavano rapidi, mutilando e decapitando chiunque intralciasse il loro percorso.
Si alzò a fatica, barcollando, e puntò lo sguardo al cielo: Emily era stata rinchiusa in una sorta di bolla lattiginosa. Malgrado gli ordini di Valentino, la giovane serafina non riusciva a liberarsi; il che la rendeva completamente inutile.
Siamo fottuti , si sussurrò, voltandosi: Charlie la stava ancora fronteggiando, il forcone puntato in sua direzione.
«Ordina ai tuoi di arrendersi!» incalzò nuovamente la principessa.
Velvette annuì:
«Mi serve un… punto sopraelevato perché mi vedano, e mi sentano» gracchiò, la voce spenta e roca. Charlie la afferrò per un gomito e la spinse verso un masso, che sporgeva dal terreno come uno scoglio affilato.
«Sali!»
Si affrettò ad obbedire: puntellò i piedi nelle scanalature ruvide del sasso e fece leva con i palmi, per spingersi in alto. Cercò l’equilibrio e spiegò le braccia:
«Attenzione! Voi, ascoltatemi!» esclamò, tentando inutilmente di sovrastare il clangore «A chi sta ancora combattendo, gettate le armi e ripiegate. Questo è un ordine: ritirat…»
Non riuscì a completare la frase: un’ombra bianca e nera scese in picchiata, e la sovrastò. Velvette sentì il filo di una spada incastrarsi tra le vertebre del suo collo. Un attimo dopo, il suo corpo si afflosciò contro la pietra, mentre la testa rotolava nella polvere.
***
Valentino piegò le labbra in un ghigno:
«Che fine hanno fatto le tue belle ali? Non dirmi che hanno dovuto amputarle.»
Il Capo Esorcista lo aveva raggiunto, brandendo una corta spada. Ondeggiava il gladio benedetto, passandolo nervosamente da una mano all’altra.
«Non avresti dovuto sfidarmi. Non sono dell’umore giusto» esclamò, scrutando con disprezzo la maschera dagli occhi gialli, e la tunica bianca imbrattata di macchie dorate. Aveva intravisto, lungo la schiena, due lunghi tagli striati di sangue angelico. Rise a quell’idea: il trattamento presso la V-Tower aveva dato i suoi frutti. Sollevò lo sguardo, incrociando la bolla lattiginosa che ancora imprigionava Emily: quegli stronzi del Paradiso lo avevano privato della sua arma migliore, ma non si sarebbe arreso per questo. In fondo, aveva ancora un conto in sospeso con il Primo Uomo e quale occasione migliore per regolarlo? Si sarebbe pentito di non aver accettato la sua offerta, quando poteva farlo. Dopo tutto, il marchio di Betsaida era ancora attivo: senza poteri e così ferito, non sarebbe stato un grosso problema.
Avanzò, fronteggiando l’angelo. Condensò il fumo in una lunga frusta rosa e la lasciò saettare nell’aria: l’avversario si gettò di lato. Ritentò, permettendo alla corda di guizzare: sfortunatamente, la sferzata si infranse sulla punta delle corna.
«Non mi sembri molto in forma» l’apostrofò «Che succede? Hai avuto una settimana pesante?»
La frusta scattò di nuovo e questa volta si avvolse attorno alle caviglie: il Comandante barcollò, mulinò le braccia e infine cadde sulla schiena con un gemito strozzato. Le mani guantate persero la presa sul gladio, che rotolò a terra.
Valentino rise, allontanò l’arma con un calcio e gli fu subito addosso. Si gettò a cavallo del suo bacino, sfregando deliziato il fondo schiena: le natiche incontrarono una morbidezza inaspettata.
«Mi deludi. Credevo fossi già duro!» canticchiò l’Overlord, rimodellando la frusta in un corto pugnale. Lo strinse tra le dita sottili e lo sollevò. Notò l’Esorcista tentare di parare il colpo con le braccia, ma invano: calò la lama di roseo fumo, e la tuffò nel petto del nemico. Il coltello affondò sino all’elsa, in una sostanza soffice, poco compatta, ma sufficiente per attutire il colpo. Osservò confuso la lama riemergere, immacolata. Scosse la testa e la conficcò di nuovo, imprimendo una forza maggiore: una, due, tre volte… pugnalò con foga il Capo Esorcista, stupendosi quando le vesti non si macchiarono immediatamente d’oro. Al contrario, una manciata di piumette bianche sbuffò dai tagli, seguita poco dopo da un rivolo scarlatto.
«Ma cazzo..?!» esclamò incredulo, quando vide le goccioline rosse tingere la stoffa «Che significa?»
La risposta gli apparve prontamente: con uno schiocco, una pergamena dorata si condensò innanzi ai suoi occhi. Riuscì a scorgere, in calce, la propria firma e quella della serafina, un attimo prima che il contratto prendesse fuoco e si riducesse in cenere. La polvere brillante gli cadde sulle mani, sulle vesti, e sul pugnale che ancora stringeva tra le dita.
«Non è possibile!» sibilò.
Afferrò le corna della maschera e le strattonò con forza. Sfilò il casco e lo gettò di lato, osservando con orrore il ghigno trionfante sul volto di Angel Dust.
«Puttana!» gridò, sollevando la dritta per schiaffeggiare il volto dell’attore, ma il colpo non arrivò mai a segno.
All’improvviso, un dolore acuto gli spaccò il ventre. Boccheggiò e si lasciò sfuggire un sordo lamento. Abbassò lo sguardo all’addome: una lama affilata sporgeva dalla carne, macchiata di cremisi. Allungò le braccia, per sorreggersi e trovare un punto d’appoggio. Afferrò la punta e tentò di strattonarla, rinnovando soltanto il bruciore alle viscere.
Colse il fiato caldo contro la nuca.
«Vorrei poterti dire che gemi come una puttana in calore» la voce del Capo Esorcista gli solleticò l’orecchio sinistro «Ma in realtà… sembri più un maiale al macello.»
La lama si torse, arrotolandosi tra gli intestini. Un fiotto gli salì alla bocca e rigurgitò sangue. Un istante dopo, si sentì sbilanciare all’indietro: Adam lo aveva afferrato per le antenne, gettandolo al suolo e calpestandogli le ali.
La spada affondò ripetutamente nelle sue carni: trafisse entrambe le spalle, lo stomaco, le cosce e i fianchi.
Valentino gridò e si dimenò, mentre il sangue si spargeva al suolo: bagnava gli abiti, sgorgava incontrollato dalle labbra, si riversava sulle quattro mani, intente a tamponare il più possibile le ferite. Erano sforzi inutili, lo sapeva: stava morendo. La cosa peggiore, però, era il dolore: l’acciaio benedetto bruciava ogni fibra del suo essere. Era come essere attraversati da piombo fuso. Le fitte scuotevano le membra, costringendolo a tremiti incontrollati. Tentò di parlare, ma produsse solo singhiozzi inarticolati.
Infine, la lama si puntò sopra la sua gola:
«Non te lo meriti, sai? Dovrei lasciarti qui ad agonizzare, magari inchiodandoti le ali con dei pugnali angelici o imbottendoti di stimolanti per privarti del sonno. Sarebbe divertente, ma…» l’Esorcista gli rivolse un ghigno, mal celando il disprezzo nella voce «Io non sono come te.»
Un attimo dopo, il filo gli recise i vasi del collo.
Valentino emise un singulto strozzato, e poco dopo si accasciò senza vita.
Notes:
Angolino: buonasera!
Torno con un aggiornamento serale pre-weekend :)
Il capitolo credo sia un poco più corto del consueto, ma in realtà... è semplicemente perchè ho spaccato il capitolo 27 in due parti.
Undici pagine mi sembravano eccessive da condensare in un unico capitolo, quindi ho scelto di dividerlo in due.
Per il resto, beh... abbiamo lasciato giusto qualche cadavere sul terreno. Spero le descrizioni non fossero troppo cruente / non abbiano urtato la sensibilità del lettore. Se ritenete debbano essere aggiunti dei Warnings più specifici, fatemi sapere, così provvederò ad aggiornarli.
Grazie per aver letto fin qui,
Un abbraccioE'ry
Chapter 28: La regina
Notes:
[Warnings: Violence, Blood; Graphic Depictions Of Violence.]
(See the end of the chapter for more notes.)
Chapter Text
Quando Angel gli aveva raccontato del patto tra Valentino e Emily, l’idea gli era sorta spontanea: l’unico modo per romperlo, era spingere il Signore Supremo ad attaccare l’attore. La falena, tuttavia, non lo avrebbe mai colpito consapevolmente: al contrario, avrebbe cercato di evitare il più possibile uno scontro. Ingannarlo era l’unica soluzione: si era adoperato per travestire Angel Dust da Capo Esorcista, prestandogli il casco e la tunica. Aveva avvolto dei guanciali attorno alle forme scarne, così da rendere - all’apparenza - la corporatura più massiccia. Gli aveva fatto nascondere un paio di braccia dietro la schiena e poco importava che Angel si muovesse goffamente, anzi: meno rapido era, più facilmente Valentino lo avrebbe affrontato. I cuscini avrebbero attutito - almeno in teoria - qualunque colpo l’Overlord avesse sferrato. Era consapevole che quel piano non era privo di rischi, anzi!, ma non avevano molte altre possibilità. Aveva squarciato la tunica sulla schiena, macchiandola di vernice dorata e aveva pregato perché Valentino non notasse l’assenza dell’aureola, un dettaglio che nella concitazione della battaglia poteva facilmente sfuggire. Aveva chiesto a Lute di raccogliere alcune armi angeliche e aveva fornito al demone ragno un gladio, mentre aveva scelto uno stocco per sé.
Aveva bardato Angel di tutto punto, e quando gli Esorcisti erano scesi dal Paradiso, aveva capito che il momento era giunto: non avrebbero avuto un’occasione migliore di quella. Una volta immobilizzata Emily, Valentino era diventato il bersaglio perfetto.
Aveva spinto Angel ad ingaggiare un blando scontro con la falena, e si era nascosto in attesa del momento propizio. Quando aveva scorto l’Overlord pugnalare l’avversario, aveva pregato silenziosamente che i cuscini reggessero. La fortuna gli aveva arriso: l’imbottitura aveva fatto da scudo, proteggendo l’attore, che se l’era cavata con alcuni tagli poco profondi. Valentino aveva disatteso l’accordo, e il contratto era letteralmente andato in fumo.
Si era avvicinato silenziosamente, conficcando la spada nelle viscere del nemico. Con piacere, aveva ascoltato i suoi lamenti: lo aveva visto boccheggiare, cadere, annaspare nel suo stesso sangue. Non era riuscito a trattenere un brivido di soddisfazione: avrebbe potuto torturare quello stronzo per ore, senza provare il benché minimo senso di colpa.
Sfortunatamente, non aveva così tanto tempo: tagliare la gola a quell’insetto si era reso necessario.
***
Adam sollevò un pollice verso la sfera sospesa. Emily gli rispose con un sorriso stanco.
Gettò l’arma al suolo e scavalcò il cadavere. Si pulì i piedi nel terreno per rimuovere le tracce ematiche dalle suole, e si accostò ad Angel Dust, ancora steso sulla schiena. Gli tese una mano, aiutandolo a rialzarsi.
«Te l’avevo detto che avrebbe funzionato!» esclamò, orgoglioso «Solleva la tunica.»
L’attore si affrettò a obbedire e l’Esorcista gli girò attorno, armeggiando con i nodi delle corde per rimuovere i cuscini, stretti sul corpo magro. I guanciali caddero, e dagli strappi sfuggirono ancora piume. Scrutò attentamente il busto altrui «Fanno male?» chiese, indicando le corte ferite da punta.
«Bruciano un po’, ma nulla di insopportabile.» Angel le tamponò con la veste «È… davvero morto?»
«Ovviamente! Se conosci qualcuno che può sopravvivere a uno squarcio del genere sul collo, fammelo sapere.» Adam gli rifilò un sorriso sadico e indicò la soglia dell’Hotel, dove già alcuni ospiti si erano radunati: Cherri Bomb sedeva sconsolata sui gradini, mentre Husk e Niffty erano affacciati a una delle finestre e si sbracciavano per convincerla ad entrare. Vaggie l’aveva raggiunta, nell’inutile tentativo di risollevarle il morale. Charlie non si vedeva da nessuna parte, così come il Demone Radio. Lute si era unita alle consorelle, trucidando chiunque le capitasse a tiro.
«Diamine, se è cazzuta!» esclamò, osservando le evoluzioni della luogotenente mentre decapitava peccatori senza la minima esitazione.
«Vieni» disse infine «Raggiungiamo gli altri.»
***
Charlie corse verso il genitore, ma una coppia di Sterminatrici le sbarrò il passo.
«Toglietevi di mezzo!» ringhiò, tentando di superarle. Gli angeli, tuttavia, le tagliarono nuovamente la strada.
«Papà!» chiamò, disperata.
«Ah, tu devi essere la Principessa Morningstar» una voce zuccherina la costrinse a voltarsi.
Uriel era atterrato a pochi passi da lei, trascinando con sé Emily per un braccio. Con disprezzo, spinse di lato la serafina.
«Vorrei poter dire che è un piacere conoscerti» riattaccò l’uomo «Ma sarebbe una menzogna. Dunque… tutto questo è opera tua?» lo vide stendere la mancina e indicare lo spiazzo antistante l’Hazbin.
Il campo di battaglia era gremito di cadaveri: gli scagnozzi delle Vees giacevano masticati e trafitti dalle armi angeliche; le Esorciste stavano ultimando la carneficina, uccidendo chi ancora osava muoversi o respirare. Valentino era riverso al suolo, con la gola tagliata; Velvette era stata decapitata davanti ai suoi occhi. Vox era rannicchiato in ginocchio, poco lontano, i polsi legati dietro la schiena dai lunghi tentacoli del Demone Radio. L’ultima delle Vees teneva il capo chino, fissando ostinatamente i ciottoli che gli pungevano le ginocchia.
Vaggie aveva stretto Cherri Bomb in un delicato abbraccio, cercando di consolarla, mentre Husk e Niffty osservavano la scena da una finestra del pian terreno.
Adam e Angel Dust stavano muovendo in sua direzione: l’attore indossava la tunica da Capo Esorcista e si premeva le mani sul ventre, mentre il Primo Uomo lo sorreggeva con un braccio attorno alla vita. Lute li seguiva a poca distanza, la spada sguainata e la divisa ricoperta di macchie scarlatte.
Uriel entrò nuovamente nel suo campo visivo:
«Non mi hai risposto, principessa.»
Scosse frettolosamente il capo:
«No! Sono state le Vees ad attaccare: hanno innescato loro questa guerra. Noi ci stavamo soltanto difendendo.»
«Capisco. Dove sono queste… Vees?»
«Due di loro sono morti» la voce meccanica di Alastor intervenne «L’ultimo è qui» strattonò Vox in avanti, modellando le propaggini d’ombra affinché l’altro Overlord cadesse ai piedi di Uriel.
Quest’ultimo si ritrasse istintivamente, come se si trovasse innanzi ad un enenorme insetto.
«Bene» mormorò, squadrando il televisore azzurrino «Parla, dunque! Che cosa ti ha spinto a tutto questo?»
Vox risollevò il viso, solcato da un’espressione miserabile:
«Non… ah, che stupidi! Io l’avevo detto! L’avevo detto a Valentino e Velvette che era una pessima idea» della condensa cadde lungo i bordi squadrati «Betsaida ci aveva assicurato che saremmo diventati i padroni dell’Inferno, se avessimo sfruttato il potere della giovane serafina. Ma io… io lo sapevo che sarebbe finita male. Non mi hanno ascoltato. E ora? Sono…» la voce gli si strozzò in un singhiozzo «Valentino!» gridò al nulla, accasciandosi contro il suolo «Velvette! Razza di idioti. Avreste dovuto darmi retta. Betsaida… ci ha traditi. Ci ha abbandonati!»
«Betsaida, mh... Lo hai mai incontrato?»
Vox scosse il capo:
«No! Non l’ho mai visto in vita mia, se non attraverso un monitor. Non so chi sia… è sempre bardato, ha una maschera lucida e un lungo mantello.»
«Hai informazioni da condividere?»
«È il contrabbandiere! È lui che ci ha venduto le armi angeliche. Ne dispensava una parte a noi, una parte ad altri Overlord. Carmilla Carmine, la maggior trafficante di…»
«So già questi dettagli. Sono stato informato.» Uriel evocò un’alabarda dal manico d’ebano e intarsi dorati lungo la lama. Spinse il bastone sotto al mento del prigioniero «C’è altro di cui sei a conoscenza? Bada di non nascondermi nulla, feccia!»
«No! Lo giuro, non so altr…»
Uriel ruotò rapidamente l’arma; il filo ricurvo si infranse contro lo schermo azzurro, spaccandolo a metà. I cristalli liquidi colarono dalla fenditura, mescolandosi al sangue dell’Overlord. Vox crollò a terra, senza vita.
Con un fluido e aggraziato movimento, Uriel estrasse l’alabarda e la fece scomparire con uno schiocco di dita.
«Inutile.» sibilò, rialzando poi gli occhi gelidi verso gli astanti.
La principessa era visibilmente scossa: tremava in silenzio, torcendosi le mani e tirandosi i capelli. Il demone dalla voce rauca l’aveva affiancata, ma anche lui non riusciva a distogliere l’attenzione dal cadavere. Il ghigno giallastro era come cristallizzato, mentre gli occhi rossi erano ridotti ad una fessura.
«Le mie azioni vi turbano?» domandò, squadrando i due.
«Sì…» rispose la ragazza, ma la sua affermazione venne immediatamente coperta dal Demone Radio.
«No.»
«Eccellente. Puoi andare. Ritieniti fortunato. Non desidero lordare ulteriormente le mie vesti e la mia arma con il vostro sangue sudicio.»
Alastor non rispose. Produsse un rigido inchino e indietreggiò di qualche passo. Rimase in disparte a squadrare la principessa, su cui era nuovamente ricaduta l’attenzione dell’arcangelo.
«Miss Morningstar… conduci qui i tuoi amici. Sono desideroso di conoscerli.»
***
Ernesto lo Svelto bussò alla dimora di Carmilla, e si buttò immediatamente in ginocchio quando la Overlord in persona aprì la porta.
Congiunse le mani al petto:
«Vostra figlia!» esclamò immediatamente, indicando una bassa figura ammantata, con la punta della propria coda da canguro «Vi prego signora, mostrate pietà. Le Vees sono state sconfitte, uccise nella battaglia con gli angeli. Io…sono riuscito a fuggire prima d’essere trucidato. Ho pensato… che se vi avessi reso vostra figlia, allora forse mi avreste graziato. Imploro per la vostra clemenza, potente Carmine! Siate riconoscente verso un umile peccatore: ho servito a lungo Valentino, ma l’ho fatto per necessità. Avevo una famiglia da mantenere: mia madre è malata, mio padre vive tra la spazzatura! Mi ha offerto un lavoro, e io ho una miniera di fratellini.» strisciò carponi, abbracciando le ginocchia della donna «Vi supplico! Siate buona e giusta. Ecco, vi ho riportato la vostra adorata…» come diamine si chiamava quella ragazzina? «Paulette!» azzardò, ma un poderoso calcio lo spedì a faccia in giù sul marciapiede.
La donna lo osservò con disgusto:
«Vattene. Non voglio più avere niente a che fare con i tuoi padroni, vivi o morti che siano.» ringhiò, precipitandosi poi verso la figlia: Clara si gettò tra le sue braccia, piangendo. Carmilla le passò delicatamente una mano tra i capelli ricci «Va tutto bene, bambina mia. È finita. Sei a casa.»
***
Uriel fissò con disgusto i presenti.
Una giovane ciclope si sfregava continuamente l’unico occhio, trattenendo a stento i singhiozzi. La piccola cameriera correva qui e là, infilzando i cadaveri e ridendo maniacalmente. Il demone gatto si era stretto ad un altro peccatore, più alto e magro di lui, ancora agghindato con la tunica da Capo Esorcista.
«Non voglio sapere perché indossi quella veste» ringhiò, spostando l’attenzione al Demone Radio, che stringeva compostamente il proprio bastone. Gli concesse solo un cenno affrettato, scrutando poi la ragazza alata.
«Come ti chiami?» domandò.
«Vaggie.»
«Sei un angelo.»
«No. Non più.»
«Non era una domanda. Perché sei qui?»
La vide scoccare una occhiata incerta verso il Primo Uomo e il suo luogotenente.
«Ho abbandonato gli Esorcisti.» ammise infine.
«È stata una tua scelta?»
Di nuovo, lei guardò inavvertitamente verso il duo.
«Sì. Ho disertato.»
L’arcangelo decise di non indagare: chiaramente, le parole della ex-sottoposta mal celavano una menzogna. Tuttavia, perché avrebbe dovuto interessarsene? Se era decisa a rimanere in quella maleodorante città, a lui poco importava. Annuì silenziosamente e passò oltre.
Si mosse con grazia, raggiungendo la principessa:
«Parlami del tuo progetto, Morningstar.» la incalzò, ricevendo in cambio uno scuotere del capo.
«Prima desidero curare mio padre.»
«Non amo ripetermi, ragazzina. Hai scorto soltanto un assaggio del mio potere. Esaudisci le mie richieste oppure ordinerò alle Sterminatrici di occuparsi anche dei tuoi amici.»
«Non ti permetterò di fare loro del male!»
«E come farai? Non sei abbastanza forte per contrastarmi. Nessuno di voi lo è. Adesso…»
«È un Hotel per redimere i peccatori!» Emily si fece innanzi «Questi sono gli ospiti dell’Hazbin. Mi hanno accolto, hanno mostrato un sincero pentimento e il desiderio di ascendere. Ti prego, risparmiali! Sono anime pure, oneste, generose!»
«Non rammento d’aver chiesto un tuo intervento, Emily. Non interrompermi nuovamente, chiaro?» scorse la serafina indietreggiare e abbassare mestamente il capo «Ora, ecco le mie disposizioni: la carica di Ambasciatore Celeste verrà ridiscussa in Paradiso. Emily, Adam, la sua luogotenente… torneranno con noi nel Regno dei Cieli. Miss Morningstar, tu e i tuoi ospiti siete liberi di andare; ma non osare mai più tediarci con progetti tanto assurdi e ridicoli: la redenzione non è possibile. Nessun peccatore è mai asceso. Rassegnati, e investi tempo e risorse in programmi più concreti, che possano davvero servire all’Inferno. I tuoi sudditi non hanno bisogno di sciocche illusioni. Costruisci una società più solida quaggiù, invece che sognare inutilmente il Paradiso, principessa. O forse dovrei dire: regina..?» scorse la confusione sul volto della giovane e sorrise «Sì, da oggi sarà il tuo nuovo titolo.»
«Ma… l’inferno ha già una regina! Mia madre…»
«Quando è stata l’ultima volta che hai avuto sue notizie?» Uriel le regalò un ghigno «Appunto. Dimenticala. Quanto al tuo augusto padre…» soffiò, ironico «Verrà con noi in Paradiso, dove sarà giudicato per i crimini commessi.»
«Quali… quali crimini?» la voce della ragazza tremava per l’apprensione e il terrore.
«Per il rapimento dell’Ambasciatore Celeste e del Comandante degli Esorcisti; per le torture subite da quest’ultimo e per aver costretto un serafino a stipulare un patto immorale, che ha messo in serio pericolo l’equilibrio tra i nostri due regni.»
«Non è stato lui! Le Vees, loro…»
Sollevò una mano, interrompendola:
«In qualità di sovrano, era compito suo assicurarsi che non vi fossero interferenze, malcontenti o rivolte. Doveva supervisionare la quotidianità dell’Inferno, accertandosi che tutto seguisse l’ordine prestabilito. È stato… protagonista di un mandato piuttosto deludente; culminato in colpo di stato, che sarebbe andato a buon fine, se non fossimo intervenuti noi. Si è rivelato del tutto inadeguato al compito che gli era stato affidato. Ha permesso a questa città di andare alla deriva, privandola di una guida. La sua inettitudine non può essere ignorata. Sarà sottoposto a giudizio.»
La giovane cadde in ginocchio, nascondendo il viso tra le mani:
«No! Ti prego, non portarmelo via. Ho bisogno di lui. L’Inferno ha ancora bisogno di lui! Io…»
«Sarai una regnante di gran lunga migliore di quegli sciagurati dei tuoi genitori, una volta riordinate le tue priorità» Uriel mimò un inchino sarcastico «Lunga vita alla regina!» esclamò, prima di fare un rapido dietro front.
Batté le mani, richiamando l’attenzione delle Sterminatrici:
«Signore!» esordì «Il nostro compito qui è terminato. Voi due… come vi chiamate?»
«Io sono Sock, e lei è Underwear.»
«Che razza di nomi!» sibilò, mal celando il disappunto «Occupatevi di Lucifer. Legatelo e trascinatelo in Paradiso con noi. Tutti gli altri mi seguano, compresi…» spostò l’attenzione alla serafina, al comandante e alla luogotenente «…voi tre.»
«Con il dovuto rispetto…» Emily provò ad obiettare, ma venne silenziata con un gesto imperioso.
«Preparatevi al rientro.»
«Amh…» un nuovo bofonchiare lo interruppe.
«E ora che c’è?!» esclamò, voltandosi di scatto e osservando il Primo Uomo fronteggiarlo.
Adam allargò lentamente le ali, senza nascondere una smorfia infastidita. Mostrò le fasciature che ancora correvano tra le piume dorate.
«Sono ferito. Non posso volare.»
Urile si strinse nelle spalle:
«Non è un mio problema. Rimarrai qui.»
«Che cazzo stai dicendo?!»
«Modera il linguaggio! È come ho detto: volerai, oppure resterai quaggiù per il resto dei tuoi giorni.»
«Ma… non posso!»
«Allora trovati un appartamento da queste parti.»
Uriel si sollevò di alcuni metri, scrutandolo da capo a piedi più volte.
Adam si arrese, con uno sbuffo. Crollò il capo, e mimò un leggero cenno d’assenso:
«No, io… volerò!»
«Bene. Andiamo.»
Il Capo Esorcista spiegò le ali, imprecando sottovoce. Sciolse i bendaggi che le stringevano, scrutando le ferite in via di guarigione. Indubbiamente, un volo verso il Paradiso non avrebbe giovato. Pregò silenziosamente che i tagli non si riaprissero e si preparò al decollo. Sentì un leggero strattone al bordo della tunica. Si voltò, notando Angel Dust tendergli il casco, in silenzio.
«Grazie.» sussurrò, acciuffando la maschera e calcandola in capo.
L’attore non rispose, limitandosi ad un sorriso malinconico.
Un attimo dopo, Charlie gli si parò innanzi, puntando un dito al cielo. Seguì quell’indicare, osservando Sock e Underwear trascinare Lucifer svenuto verso il varco luminoso.
«Ti prego» la principessa si aggrappò al suo braccio «Non lasciare che gli facciano del male. È innocente, e tu lo sai!»
«Ho le mani legate. Non c’è niente che possa fare.»
«Almeno giurami che veglierai su di lui!»
«Io…»
«Ti supplico!»
Adam si mordicchiò il labbro inferiore: sapeva che ogni promessa era vana, e non sarebbe mai riuscito a mantenerla. Dubitava che gli angeli gli avrebbero permesso di visitare Lucifer. Ma, in fondo… ne aveva davvero così voglia? Il sovrano era sempre stato una fastidiosa spina nel fianco per lui: si era preso Lilith prima, ed Eva poi. Li aveva spinti al peccato, offrendo una mela e condannandoli all’esilio. Ogni suo problema era iniziato per colpa di quel dannato impiccione. Quindi, perché mai avrebbe dovuto farsene carico? Lucifer stava soltanto per ricevere ciò che si meritava: una bella strapazzata dal Paradiso non gli avrebbe fatto male, giusto? E allora perché si sentiva tanto irrequieto, con un curioso senso di preoccupazione a stringergli le viscere?
Underwear e Sock erano ormai lontane, e avevano quasi raggiunto il portale.
«Vedrò che posso fare.» snocciolò, infine.
La stretta altrui aumentò:
«Lui c’era, quando eri in difficoltà.»
«C’era anche quando ha scelto di rovinarmi la vita!»
«È stato migliaia di anni fa! Perché ci rimugini ancora su?! Non sei capace di lasciartelo alle spalle? È venuto a salvarti, quando eri prigioniero di Valentino. Ti ha curato, e non era tenuto a farlo. Le Vees hanno chiesto venissi riconsegnato loro, ma non mi sembra che mio padre li abbia accontentati: si è battuto anche per te! È così che lo ripaghi?»
«Smettila di accusarmi, cazzo!» sbottò all’improvviso, allontanandosi. La maschera produsse una smorfia seccata «Non ho detto che non lo farò! Solo… non so se mi sarà concesso. Lo capisci?!» indicò il cielo «Non so cosa ci aspetterà lassù. Stai pure certa che tutta questa faccenda non passerà in sordina. Lo hai sentito Uriel! Prenderanno provvedimenti nei confronti di Emily e forse anche nei miei. Non sarà facile, e non credere che la carica di Capo Esorcista apra tutte le porte!» ciondolò la testa, arrendevole «Non posso prometterti nulla, Morningstronz! Farò ciò che posso, ma ficcati in testa che potrebbe non dipendere dalla mia volontà.» spiegò le ali e balzò frettolosamente in aria «Ci vediamo!» sbuffò, puntando al portale «Oppure no.»
***
Volare in quelle condizioni era quasi impossibile: sbandava da tutte le parti. Bastava un alito di vento per fargli perdere quota, in una breve caduta che lo costringeva a sbattere le ali con maggiore energia. I tagli avevano ripreso a sanguinare: sentiva il fluido denso scorrere tra le piume ancora malconce e gocciolare via; una pioggerellina dorata sopra Pentagram City.
La città si stava allontanando sempre più: sotto di sé scorgeva le case farsi più piccole, i vicoli restringersi e l’Hotel svanire in lontananza. Le figure degli ospiti, ancora nello spiazzo antistante, erano ormai grandi come formiche. Viceversa, il disco lucente si avvicinava sempre di più.
Strinse i denti quando una fitta si propagò alle spalle. Si sentiva intorpidito e la stanchezza ovattava i suoi sensi; era come nuotare in un’acqua scura e vischiosa. Macchie colorate gli danzavano innanzi alla vista, mescolandosi alle figure che lo precedevano: le Esorciste si voltavano a tratti, come a controllare la sua ascesa. Uriel, in testa al piccolo convoglio, le incalzava a procedere. Underwear e Sock erano già svanite nel passaggio, con il prezioso carico.
All’improvviso, un dolore acuto corse lungo l’ala destra, che si chiuse di scatto. Precipitò per una decina di metri, poco prima di impattare contro la schiena della luogotenente. Lute gli passò un braccio attorno alla vita, sorreggendolo.
«Appoggiati a me» gli sussurrò.
Adam nascose la gratitudine dietro uno sbuffo sarcastico:
«Lo sai… hai delle tette davvero carine! Viste da vicino, sono ancora meglio di quanto mi aspettassi!»
Come prevedibile, lei gli strattonò una piuma:
«Idiota. Concentrati sul volo!»
«Ci sto provando, cazzo! Non è facile… credo che le ferite si siano riaperte. Merda, quanto bruciano!»
«Ci siamo quasi.» mormorò Lute, poco prima che una seconda Esorcista li avvicinasse.
Bra li affiancò, afferrando la destra del comandante e passandola sulle proprie spalle:
«Vi aiuto» disse solo, adeguando la velocità a quella della coppia.
Adam cercò di riprendere il ritmo, ma l’ala destra si rifiutava di rispondere. La sinistra faticava non poco, ma si sforzò di non darlo a vedere.
Minchia, sono davvero caduto in basso pensò Senza il loro aiuto, sarei precipitato… e mi sarei schiantato su qualche tetto fatiscente. O sarei finito infilzato sulla torre dell’Ambasciata. Devo essere penoso come spettacolo. Spiò le due donne: nessuna lo stava guardando. Puntavano dritte al passaggio, che si approssimava sempre di più Probabilmente, mi stanno giudicando come il più grande fallimento nella storia del Corpo degli Sterminatori. O forse no… ma indubbiamente devo far loro una gran pena! Cazzo, come lo odio! Detesto ricevere compassione.
Aggrottò la fronte, sentendo un fischio lontano in sottofondo. Spostò l’attenzione a Lute: la vide muovere le labbra, mormorare qualcosa in sua direzione. Sembrava preoccupata: parlava in modo concitato, ma non riusciva a cogliere nulla di ciò che gli stava dicendo. Gettò un’occhiata alle proprie spalle: anche l’ala sinistra si era afflosciata, ormai giunta al limite delle sue possibilità.
«Ah… capisco.» sussurrò, mentre il corpo si rifiutava di collaborare e la mente si spegneva, lasciandolo nell’incoscienza.
- Fine prima parte -
Notes:
Angolino.
Annunciazione: Eccoci al capitolo finale di questo primo arco narrativo. Ammetto che non pensavo sarei mai arrivata fin qui, e nemmeno credevo l'avrei pubblicato così alla svelta, ma... ammetto che non vedo l'ora di iniziare con la seconda parte [Non penso aprirò un'altra "storia", ma continuerò su questa.... anche se forse il numero crescente di capitoli potrebbe finire con lo scoraggiare, a lungo andare? Non so, vedrò strada facendo.] .
Per il momento, spero che questo capitolo conclusivo vi sia piaciuto e non vi abbia lasciato con l'amaro in bocca.
Grazie per aver letto fin qui, e per aver affrontato questa prima parte di viaggio con i nostri protagonisti.
Un abbraccioE'ry
Chapter 29: Il Vincitore
Chapter Text
San Pietro depose il libro “Vita dei Santi” sotto al proprio leggio dorato, osservando controvoglia il Vincitore appena giunto. Aveva un aspetto decisamente bizzarro: non era raro che le anime salvate mostrassero fattezze animali, ma solitamente possedevano orecchiette pelose da panda, code sbarazzine da coniglio oppure grandi occhi da cerbiatto. Quello che aveva innanzi, invece, aveva un aspetto decisamente poco paradisiaco: le sembianze erano quelle di un cobra in abiti bianchi e con un vistoso cappello a cilindro, su cui erano montate delle lenti a cuore.
Il portinaio afferrò il registro, aprendolo sugli ingressi del giorno. Per quell’ora non era programmato nessun arrivo. Strano che un’anima avesse superato tanto presto il Giudizio e fosse già davanti ai Cancelli Dorati.
Piegò le labbra in un sorriso cordiale:
«Nome, prego?» chiese, mentre il serpente strisciava innanzi.
«Sssono SSsir Pentiousss»
«Pentious, eh? Mh, vediamo…» l’indice scorse velocemente tra i nominativi in elenco «Non risulta nessun Pentious. Controllo sotto Sir.» affermò, dondolando poi il capo «Niente, nemmeno qui. Sicuro di essere nel posto giusto?»
«Non lo ssso. Non ricordo molto, in verità.»
«È normale, in pochi hanno memoria del momento del trapasso. Come hai superato il Giudizio?»
Il nuovo giunto apparve ancora più perplesso:
«Quale Giudizio?»
Pietro si pizzicò l’attaccatura del naso.
Coraggio, si disse, mancano solo trecentosessantacinque giorni alle prossime ferie.
Forse un approccio meno diretto avrebbe aiutato la povera anima a ritrovare la via: era impossibile non fosse stata giudicata, altrimenti non avrebbe potuto abbandonare il Limbo dove i trapassati venivano temporaneamente alloggiati prima di conoscere la destinazione finale. Se aveva raggiunto il Paradiso, significa che era stato considerato meritevole. Eppure era fuori orario: il prossimo treno di anime benedette non sarebbe dovuto arrivare prima delle cinque. Mancavano ancora due ore, stando al suo orologio da taschino. Inoltre, il nome non compariva da nessuna parte. Possibile che vi fosse un errore? No, diamine! Gli angeli non sbagliavano mai, men che meno i Giudici di Michael: scelti direttamente dall’arcangelo, rispondevano a lui soltanto, ed era impensabile che commettessero qualsivoglia inesattezza.
Se Sir Pentious si trovava dinanzi alle porte dorate, doveva esserci un motivo plausibile: era suo compito indagarlo.
Pietro si sporse leggermente in avanti:
«Rammenti qualcosa della tua vita passata, mio caro?»
«Sssì, certamente!» la biscia si rannicchiò, quasi contrita «Ero un inventore e quando sssono morto, sssono sssceso all’inferno…»
«Impossibile!» esclamò il portinaio, ma l’altro lo ignorò.
«Anche qui la mia vita è ssstata un crescendo di delusssioni e insuccesssi. Ero al soldo delle Vees, potenti sssignori di Pentagram City. Poi… ho conosciuto la principesssa Morningstar e lei mi ha aiutato a… diventare una persona migliore. Ho fatto tanti sforzi per abbandonare ciò che ero ed esssere degno della fiducia che lei mi aveva accordato. Mi sssono anche innamorato di una bellissima fanciulla e… quando l’ho vista in pericolo, mi sssono gettato per salvarla, sssacrificandomi: ecco come sssono morto di nuovo. Sssolo non capisco: mi ha trafitto un’arma angelica, quindi… perché sono qui?»
«Io… oh, cazz.. volevo dire: perdindirindina!» Pietro si passò una mano sul volto e indietreggiò, incredulo. Lasciò cadere il registro e afferrò Sir Pentious per una mano «Vieni! Dobbiamo dirlo a Sera, immediatamente!»
***
Adam fissò annoiato il soffitto della propria stanza. Aveva ripreso i sensi nella tarda mattinata, ritrovandosi in un letto di ospedale. La sua tunica era sparita, sostituita da un camice azzurrino piuttosto anonimo. La maschera era stata rimossa e posata sul vicino comodino. Il resto dell’ambiente era arredato in modo piuttosto sobrio: oltre al letto, vi era un vecchio armadio in un angolo e una seggiola con un tavolino traballante. Una sola finestra gettava luce nella stanza, semicoperta da delle tendine di trine bianco. L’intonaco del muro, di un giallo pastello, era attraversato da crepe e scrostato qui e là. Dal soffitto pendeva un lampadario, tra i cui bracci alcune famiglie di ragni avevano trovato dimora. Il pavimento presentava delle vecchie e brutte piastrelle verdognole, e qualche traccia di muffa negli angoli.
Che schifezza.
Mai avrebbe immaginato che gli ospedali, in Paradiso, potessero essere così fatiscenti. D’altronde, però, non vi era una reale necessità di interventi medici. Era il Paradiso! Nessuno si ammalava.
A parte la prozia di Lute, quella allergica alle nuvole Pensò Com’è che si chiamava? Timballo, mi pare. Beh, almeno sono gentili da queste parti: certo, devo essere il loro primo paziente da qualche millennio. Sembrano preparati però, e le infermiere sono davvero carine. A proposito, dove è Chiappe di Budino? Non è ora della merenda? Speriamo mi porti qualcosa di meglio di.. quella mela rachitica che mi ha lasciato per pranzo. Cazzo, dovrebbe essere cosa universalmente nota e conosciuta che detesto quei fottutissimi frutti!
Come se l’avesse richiamata col pensiero, la giovane apparve sulla soglia della sua stanza. Non era particolarmente alta: la carnagione ambrata si sposava perfettamente con i capelli ramati, raccolti in una crocchia disordinata. Indossava un grembiule di pizzo bianco, sopra ad un’ampia gonna a ruota; una camicetta era sapientemente slacciata sino a metà del torace, sottolineando il seno prosperoso. Lei si avvicinò al letto ancheggiando sensuale. Tra le mani reggeva un vassoio con una fetta di pane all’uva e una spremuta.
«Come sta il mio paziente preferito?» cinguettò, poggiando il vassoio sul comodino e allungando la destra per arruffargli le ciocche disordinate.
Adam rabbrividì a quel contatto.
Chissà se è single, si chiese, senza riuscire a distogliere l’attenzione dal petto generoso di lei Potrei chiederle di uscire quando…
«Sono il tuo unico paziente, immagino» replicò invece.
«In realtà, ne abbiamo un altro.»
«Una delle mie ragazze è rimasta ferita?» esclamò, mentre un dubbio gli attanagliava lo stomaco «Di chi si tratta?» domandò immediatamente «Lute sta..?»
«Oh, no! Nessuna di loro» fu la replica, che gli strappò un sospiro sollevato «Si tratta del Re dell’Inferno.»
«Lucifer è qui?» esclamò, incredulo «Perché?»
«Era piuttosto malridotto e Uriel ha deciso di farlo ricoverare affinché potessimo rimetterlo in sesto per il processo.»
«Che cosa?!»
La vide coprirsi le labbra con la mancina, nascondendo un sorriso civettuolo:
«Non ti hanno ancora informato? Il Concilio Angelico ha deciso verrà giudicato per i suoi crimini. Immagino che in qualità di Capo Esorcista dovrai presenziare, quindi…» gli diede un buffetto su una guancia «Diamo una occhiata a queste ali.»
Adam annuì, spiegandole lentamente. Sussultò quando colse il bruciore propagarsi nuovamente dalle ferite alle spalle. Si lasciò sfuggire un gemito strozzato, mentre Chiappe di Budino rimuoveva le bende e sollevava le piume per valutare l’entità del danno.
«Ovviamente si sono riaperte» lo informò «Non avresti dovuto sforzarle tanto.»
«Non che avessi molta scelta.» replicò. D’altronde, Uriel era stato particolarmente fermo su quel punto: se non fosse riuscito a volare, sarebbe rimasto all’Inferno per l’eternità. Un’opzione che non era assolutamente disposto a considerare.
«Come te le sei procurate?» la donna gli spalmò un unguento freddo sui tagli, regalandogli delle fitte acute.
«Ahi, cazzo! Non puoi fare piano, stronza?» sibilò, ottenendo in cambio una stretta alle piume «Vaffanculo.»
«Non rivolgerti a me in questi termini! E rispondi alle domande!»
Sbuffò e scosse il capo: certamente non avrebbe reso partecipe l’infermiera di tutte le recenti disavventure.
«Mi sono distratto, e un peccatore ne ha approfittato.» tagliò corto, allungando il collo per spiare l’operato altrui. Invece, si ritrovò a fissare le tette ballonzolargli davanti agli occhi «Amh… come… credi che…?» balbettò, mentre l’infermiera si sporgeva su di lui, piazzandogli il seno praticamente in faccia «Cazzo!» soffiò, ricevendo in cambio una risatina maliziosa.
«Sì?» chiocciò la giovane, ammiccando «Vedi qualcosa che ti piace particolarmente?» sussurrò abbassando il volto sul proprio «Vuoi giocare al dott…Argh!»
Una mano guantata si infilò tra le ciocche rosse, strattonandole con forza. L’infermiera barcollò all’indietro e, poco dopo, venne scaraventata sul pavimento. Lute troneggiava su di lei, la mancina minacciosamente posata sul pomolo della spada.
«Ma che ti prende?! Sei scema?» Chiappe di Budino si sfregò gli occhi, colmi di lacrime per l’umiliazione e il bruciore al cuoio capelluto.
«Finisci il tuo lavoro e vattene.» sentenziò la luogotenente, poco prima di rivolgere l’attenzione al Primo Uomo «Come stai? Meglio, suppongo… visto che trovi il tempo di intrattenerti con il … personale medico.» quelle ultime parole riecheggiarono nella stanza come un insulto.
Adam si tirò su a sedere, puntellandosi con le mani:
«Non fare la scassapalle, cazzo! Chiappe di Budino mi stava solo…»
«Come l’hai chiamata?!»
«Come mi hai chiamata?!»
Desiderò di poter scomparire tra le coperte. Tirò il lenzuolo sin sotto le spalle, affondandovi il mento con aria colpevole.
«Scusa, è che… non sapevo il tuo nome» biascicò, montando un sorriso di scuse «E comunque… è un complimento. Hai un culo da paura!»
Tacque: Lute lo stava fissando come se volesse sventrarlo sul posto. Viceversa, l’infermiera aveva ripreso a lavorare alacremente sulle sue ali, ma con minore delicatezza: strappava senza ritegno le piume rovinate, spalmava quantità irrisorie di unguento graffiandogli volutamente la pelle con le unghie, ghignando di nascosto ogni volta che il suo corpo produceva uno spasmo involontario.
«Mi chiamo Iris, non Chiappe da Gallina.»
«…Budino.»
«è la stessa cosa!»
«Non è vero. Comunque… mh, come ti sembrano?» chiese infine, indicando le ali.
Lei gli rivolse un sorriso sprezzante:
«Le ferite si rimargineranno presto grazie alle nostre cure, ma i muscoli e i tendini sottostanti sono irrimediabilmente danneggiati. Probabilmente, non potrai tornare a volare.»
«Che cazzo stai dicendo?!» Fino ad ora, quella era stata soltanto una ipotesi: amara, scomoda, orribile da considerare, ma… comunque una teoria da cui aveva cercato di prendere le distanze, aggrappandosi alla speranza che fosse sbagliata. Sentirla confermare dall’infermiera era… più doloroso del previsto. Nascose il viso tra le mani, pizzicandosi il dorso del naso e massaggiandosi gli occhi con i polpastrelli «Ne sei sicura?»
«Al novantanove per cento. Tanto vale tu sia preparato a ogni evenienza.» Iris avvolse nuovamente i bendaggi e li fermò con degli stretti nodi «Me ne vado. Tornerò più tardi, per portarti la cena e rifare la medicazione.»
Detto ciò, la donna girò sui tacchi e scomparve oltre la soglia.
Adam abbassò lo sguardo alle ali, che pendevano mollemente oltre il bordo del materasso.
«L’ennesima notizia di merda.» sospirò «Non dico non ne fossi consapevole, ma… speravo non fosse… così definitivo il verdetto.» ammise, osservando poi Lute «Come stai, Tette Pericolose?»
La Sterminatrice aveva trascinato una sedia al suo capezzale e vi si era accomodata, accavallando le lunghe gambe e allacciando le mani in grembo:
«Dovrei essere io a chiedertelo.»
Scrollò le spalle:
«Che differenza fa? Sto… come vedi.»
«Immagino non sia un buon momento per dirtelo, ma… il Concilio Angelico ha convocato una seduta in tribunale, per discutere dei recenti fatti. La tua presenza è richiesta, come lo è la mia e quella di Emily.»
«Chiappe di Budino me l’ha accennato. Mi ha detto anche che Lucifer è qui.»
«Già. È in una stanza al quarto piano, piantonato a vista da due colleghe. L’accesso è interdetto a chiunque non appartenga al personale ospedaliero o al corpo degli Esorcisti.»
«Come sta?»
«Non benissimo, ma è cosciente. Ha sicuramente un aspetto migliore di quando abbiamo lasciato l’Inferno. Medici e infermieri stanno facendo il possibile per rimetterlo in sesto. Non appena le sue condizioni si saranno stabilizzate, verrà giudicato.» la donna si concesse una pausa «Ho pensato volessi saperlo.»
Annuì, pensieroso: non aveva esattamente promesso a Charlie che si sarebbe preso cura di suo padre, ma… si sentiva stranamente in obbligo. Come se un curioso senso di giustizia gli stesse suggerendo di alzarsi dal letto, salire un paio di rampe di scale e andare a controllare il proprio nemico.
Tutto ciò era tanto assurdo quanto sconosciuto: non se ne era curato per centinaia di anni, quindi… perché all’improvviso sentiva di doverlo fare? No, non doverlo. In realtà, voleva farlo: desiderava uscire da sotto le lenzuola, attraversare l’ospedale e accertarsi che Lucifer stesse bene, per quanto possibile. Non tanto per Charlie – non avrebbe potuto avvisarla comunque – quanto per sé stesso. Per sdebitarsi, almeno parzialmente, con l’uomo che prima gli aveva rovinato la vita e poi gliel’aveva salvata.
Si sfregò il mento, esalando uno sbuffo:
«Altre buone notizie?»
Lute, purtroppo, gli regalò un cenno d’assenso:
«Sir Pentious è in Paradiso.»
«Che cosa?!» Adam quasi balzò in piedi. Soltanto uno strappo alla schiena lo costrinse a ricadere sui cuscini, ansimante «Che cazzo stai dicendo?»
«L’ho visto. Stavo venendo qui e mi sono imbattuta in un San Pietro piuttosto scosso. Stava trascinando Pentious da Sera. Mi sono avvicinata: mi ha subito riconosciuto. Mi ha chiesto dell’Hotel, della battaglia, di Cherri e Charlie e di tutti gli altri. Gli ho raccontato per sommi capi come si è conclusa. Mi è parso molto preoccupato per i suoi amici; inoltre, era terrorizzato all’idea di incontrare Sera. Si è rasserenato, però, quando ho menzionato Emily.»
«Lute, dannazione! Come minchia è arrivato quassù, quel povero stronzo?»
«Non lo so. Pietro ha detto di averlo scorto strisciare verso le porte dorate. Pentious non ricorda nulla, solo d’essere stato trafitto con un’arma angelica e di essersi risvegliato sulla soglia dei Cancelli.»
«Non ha senso! È stato uccido da acciaio benedetto. Non dovrebbe trovarsi qui… anzi, non dovrebbe trovarsi da nessuna parte. È proprio per questo che esistono le armi angeliche! Per evitare che i peccatori tornino. Ciò significa…» la voce si spense, mentre un nodo gli serrava la gola.
Lute lo aiutò a completare la frase, pronunciando parole che mai avrebbe voluto sentire:
«…che non è più un peccatore. L’Inferno non è per sempre.»
Scosse il capo. Artigliò le coperte, stringendole con forza sotto i pugni. I vecchi tagli protestarono, rilasciando sottili scariche di dolore lungo le dita.
«Stronzate!» ringhiò, affondando i denti nel labbro inferiore «È tutto sbagliato! Non può essere qui, non … deve essere qui! I Perdenti non possono redimersi. Sono dannati, hanno sprecato la loro unica possibilità in vita, a loro non spetta altro che l’eterna sofferenza. Non meritano di ascendere, di vivere qui!»
«Eppure lui ce l’ha fatta.»
«Da come ne parli sembri quasi… contenta, Lute!»
«Non lo sono. Sono solo obiettiva: dimenarsi e sbraitare non servirà a nulla. Soprattutto nelle tue condizioni. Credi che io sia lieta di questa notizia? Affatto. Questo sovverte ciò in cui credevamo, l’ordine che serviamo da tutta una vita. Solo… desidero analizzare la situazione. Raccogliere testimonianze, indizi, prove. Cercare di capire come è stato possibile, affinché lui sia l’unica eccezione. Non possiamo ignorare la sua presenza qui, ma neppure auspicare una redenzione di massa.»
«Concordo con te, ovviamente. Tornando al processo, hanno già in mente una data?»
«Ho parlato col Primario: probabilmente, potresti essere dimesso già domani pomeriggio, mentre per Lucifer ci vorranno ventiquattro ore in più, se tutto va bene. Non si è sbilanciato oltre, ma sembrava ottimista. Probabilmente, quindi… tra tre o quattro giorni al massimo.»
Annuì, leggermente pensieroso: Michael e Uriel non erano certo noti per la loro pazienza; inoltre, la presenza di Sir Pentious in Paradiso aveva definitivamente spezzato un tabù e incrinato equilibri delicatissimi. Era logico che volessero chiudere quella faccenda al più presto, possibilmente trovando dei capri espiatori per uscirne immacolati. Il Re dell’Inferno era perfetto per questo ruolo: malgrado non avesse alcuna colpa nell’accaduto, sarebbe comunque stato additato come il principale responsabile. In fondo, quel clown non godeva di alcun credito o rispetto in Paradiso. Sarebbe stato facile giudicarlo e condannarlo.
«Beh, tutto questo è… davvero una merda colossale. L’abbiamo pestata per bene: io, Emily e persino tu. Cerchiamo di non attirare ulteriormente l’attenzione. Immagino ci aspetterà una bella strapazzata e tirata di piume, in tribunale.»
«Non c’è dubbio. Qualora il Concilio Angelico desiderasse proseguire nei rapporti con la regina Morningstar, nominerà sicuramene un nuovo Ambasciatore. E immagino tu non verrai riconfermato come accompagnatore.»
«Il che, ti dirò, è una notizia sin troppo bella» Adam fissò il soffitto qualche attimo «Per me sarebbe un regalo, non dover tornare in quel buco puzzolente, quindi… dubito mi faranno un favore simile.» sussurrò, riportando a lei l’attenzione «Il marchio?» chiese, sfiorandosi la nuca.
«Andato. Si è sciolto alle prime luci dell’alba, stando a quanto mi hanno detto i dottori. Tuttavia, sconsigliano caldamente l’uso del potere angelico, nelle tue condizioni.»
«Nemmeno per una piccola prova?»
«No, sei troppo debilitato e rischieresti di peggiorare, mettendo sotto sforzo un corpo già duramente provato. Non appena ti sarai ristabilito, imposteranno un programma di recupero graduale.»
«Bella merda!» sbuffò «C’è altro che dovrei sapere?»
«No, ma se avrò altre novità tornerò a riferirtele» la vide mimare un leggero cenno e alzarsi, risistemando al sedia accanto al comodino «Ti lascio all’Infermiera Chiappe di Sellino.»
«Budino, Lute…»
«Quello che è. Se non ci saranno aggiornamenti, ripasserò domani. Evita di farti trovare a sbavare sulle tette di quella puttanella.»
«Guarda che… è stata lei a proporsi così sfacciatamente!»
La donna sollevò agitò la destra nell’aria:
«Ah, taci! Non aggravare la tua situazione.»
«è la verità!»
«Buona serata, Comandante.»
«Vaffanculo, Tette Pericolose» Adam piegò le labbra in un sogghigno e sollevò il dito medio «Grazie per essere passata.»
***
Emily mantenne lo sguardo basso, fissando la tazza di tè ormai gelida.
Non era riuscita a toccare nulla della merenda che Sera le aveva premurosamente offerto. Sapeva che, se avesse rialzato gli occhi, avrebbe letto la delusione e l’amarezza sul volto dell’Alto Serafino. Il peso del fallimento le schiacciava le spalle e le serrava la bocca dello stomaco; un nodo alla gola le impediva di parlare senza sciogliersi in singhiozzi. Si sentiva una completa nullità: aveva mandato a monte la missione diplomatica con una scelta azzardata, che aveva portato alla morte di Sir Pentious, alla cattura di Lucifer e all’interruzione – forse definitiva – dei rapporti tra Paradiso e Inferno. Aveva strappato il padre alla sua amica, l’aveva costretta a dover rivestire anzitempo il ruolo di regina. Senza dubbio, non aveva scongiurato gli Stermini, anzi: non aveva dubbi che sarebbero ripresi, forse con maggior vigore di prima. Non si illudeva: difficilmente Adam avrebbe potuto comandare l’esercito in quelle condizioni. Era passata a trovarlo, naturalmente, ma l’Esorcista era ancora privo di sensi. Si era accontentata di osservarlo dalla soglia della camera, pregando per lui a bassa voce. Ma… che peso potevano ormai avere le sue suppliche? Aveva messo in pericolo il Paradiso con la propria ingenuità e incoscienza. Se solo fosse stata più accorta! Era tutta colpa sua: aveva messo nei guai gli abitanti dell’Hotel, che avevano pagato per la sua inesperienza. Eppure, più ci rifletteva, meno trovava vie d’uscita: Valentino non le aveva offerto molte chance, nella proposta contrattuale. Se non avesse accettato, avrebbe sicuramente continuato a torturare Angel e Adam; forse li avrebbe uccisi, o li avrebbe ridotti in schiavitù e…
No! Non devo pensare a lui. È morto. Non potrà più fare del male. Si disse, stringendo le pieghe della gonna sotto le dita Tuttavia, avrei dovuto essere ponderata e meno impulsiva. Ciò che è accaduto è a causa della mia avventatezza. È ovvio che il Concilio Angelico non mi restituirà la carica di Ambasciatore Celeste: Uriel è stato molto chiaro, a tal proposito. Però… dovrò perorare la causa. Devono capire che posso rimediare agli errori, anzi… è mio dovere farlo. Spero solo mi ascoltino e mi concedano una proroga. Solo così potrò aiutare Charlie e Lucifer e…
«Emily? Mi stai ascoltando?»
La voce di Sera la costrinse a risollevare lo sguardo. Scosse mestamente la testa:
«Perdonami» disse, contrita «Ero sovrappensiero.»
«Fai attenzione, per favore. Ti stavo informando sulle ultime decisioni degli Angeli Superiori.»
«So che la mia posizione come Ambasciatore è precaria…»
«è “inesistente”, ormai. Non verrai rinnovata. In fede, non credo nemmeno continueranno nel programma. L’Inferno ha definitivamente dato prova di non meritare alcuna chance.»
«Non è così! Laggiù ci sono persone buone, che vogliono redimersi. Anime che sanno di aver sbagliato, e desiderano rimediare. Credimi, Sera… a loro non importa quanto possa essere faticoso il percorso, purché vi sia la speranza di potersi finalmente riscattare. Non è giusto che ci rimettano per un mio errore!»
«Di quante anime parliamo, Emily? Quattro? Cinque? Non sono sufficienti perché il Paradiso avvii un piano di redenzione. Non valgono lo sforzo, agli occhi del Concilio.»
«Ma… Questo non è giusto!» scattò in piedi, battendo i pugni sul tavolo «Non possono pagare per un mio sbaglio! Né per la cattiveria delle Vees, o per l’indifferenza di molti altri. Angel Dust è meritevole! E lo era anche Sir Pentious e ora…» crollò nuovamente a sedere «è morto… per causa mia. Io…» sentì gli occhi colmarsi di lacrime e si affrettò a passarsi il dorso della mancina sugli occhi «Non volevo accadesse tutto questo. Desideravo dare loro una possibilità. Dimostrare che si può essere buoni anche quando il mondo ci è ostile! E.. invece ho…»
«Emily…»
Sentì la mano dell’Alto Serafino strofinarle le spalle. L’allontanò con un gesto secco:
«Non mi occorre la tua pietà, Sera!» esclamò «Voglio essere ascoltata dagli Angeli Superiori, e non trattata come una bambina viziata che si è comportata male al campo scout! Laggiù ci sono bravi uomini e donne che soffrono ingiustamente. Che importanza ha che siano cinque, dieci o mille? Non è corretto abbandonarli a marcire. Non possiamo voltare loro le spalle di nuovo, né lasciare che gli stermini riprendano solo perché…» si interruppe, tornò a fissare il bordo del tavolo «… non sono stata all’altezza. Sono onesta, Sera: non mi importa un fico secco di essere l’Ambasciatore Celeste! Possono nominarne un altro in mia vece: Lute, San Pietro, lo stesso Uriel… purché chiunque scenda sia obiettivo, e guardi ai Peccatori senza pregiudizio.»
«Non credo che accadrà, Emily. Suppongo che la convocazione in tribunale serva anche a chiarire questo punto. Non te lo nascondo: è praticamente certo che verrai destituita dalla carica e che ti saranno interdetti i rapporti con l’Inferno…»
«Che cosa? Ma… e se volessi parlare con Charlie?»
«Non peggiorare la situazione: è già precaria a sufficienza. Potrebbero anche decidere di chiudere l’Ambasciata Celeste: a quel punto, le già scarne comunicazioni tra i nostri mondi sarebbero interrotte definitivamente. Comunque vada, ti prego di accettare la loro decisione e non interferire ulteriormente.»
«Ma… non possono chiudere l’Ambasciata!»
«è ciò che auspico anche io: finché rimarrà aperta, avremo un canale per poter parlare con la regina Morningstar. Per questo ti suggerisco di evitare colpi di testa, ribellioni, polemiche varie… dobbiamo salvare il salvabile.»
La giovane si accasciò sulla sedia.
«D’accordo» acconsentì infine «Tuttavia, se…»
Un brusco bussare la interruppe. Puntò la porta, che si schiuse timidamente.
«è per-permesso?» balbettò timidamente San Pietro, affacciandosi sull’uscio «Emily, Alto Serafino… mi duole intromettermi nella vostra conversazione, ma c’è qualcosa di urgente che dovete vedere…» esclamò, entrando nella stanza e trascinando con sé un atterrito Sir Pentious.
Il rettile reggeva il cappello, strizzandolo nervosamente tra le dita sottili; il suo sguardo smarrito rimbalzava qui e là, tra il mobilio e gli occupanti.
«Pentious!» Emily balzò dalla sedia e corse ad abbracciarlo. Avvolse le braccia attorno alle sue spalle e le strinse con forza, finché non sentì l’altro sussultare «Oh, scusami! Ah… io… troppo entusiasmo, vero?»
«Misss Emily! Sssono così felice di rivederti!» il Vincitore produsse un inchino galante «Sssono confuso. Perché sssono qui? Dovrei esssere morto: sssono stato trafitto da un’arma benedetta. Come...?»
«…è possibile?!» Sera completò la frase, incredula. Si alzò, marciando verso il serpente «Chi sei? Come sei arrivato quassù?»
Emily si parò immediatamente davanti all’amico, e spalancò braccia e ali, protettiva:
«è uno degli ospiti dell’Hazbin Hotel! L’ho conosciuto mentre ero da Charlie. Si chiama Sir Pentious. È un inventore di successo, e un vero cavaliere: è premuroso, galante, educato. Si è impegnato al massimo durante gli esercizi di redenzione e…» sentì la voce incrinarsi, ma non riuscì a capire se fosse per il dispiacere o per l’emozione «…è rimasto ucciso nel recente scontro, sacrificandosi per salvare la donna che amava.» concluse, scoccando poi un’occhiata al rettile «Cherri è salva! E anche Charlie, Vaggie e tutti gli altri… stanno bene. Le Vees sono morte; non saranno mai più una minaccia» lo rassicurò, con un sorriso leggero.
«Ciò significa che…» Sera si accasciò sulla sedia, sconvolta «Lui è…»
«Il primo Peccatore asceso, sì! Ce l’ha fatta! Ha dimostrato che ci sbagliavamo: l’Inferno non è per sempre ed è possibile redimersi. Ora… il Concilio Angelico non potrà più ignorarlo, Sera: non è più un’ipotesi! È la realtà. E se ce l’ha fatta Pentious, questo significa che anche altri potrebbero riuscirci. L’Hazbin Hotel funziona.» non riuscì a trattenere la commozione. Lacrime di gioia le bagnarono gli occhi «Dobbiamo dirlo subito a Charlie. Deve sapere che stai bene e…»
«No!»
Quel rifiuto imperioso la costrinse a voltarsi.
«Ma… Sera! Non possiamo tenerlo nascosto.»
«Emily, rifletti! Il Concilio Angelico deve essere informato prima di ogni altra cosa. Non possiamo scavalcarlo. I rapporti con l’Inferno sono sin troppo tesi: che cosa accadrebbe, se Micheal scoprisse che glielo abbiamo tenuto nascosto e abbiamo invece conferito con Pentagram City?»
Annuì, controvoglia:
«Hai ragione. Perdona il mio entusiasmo.»
«Chiederò un colloquio con Michael e gli parlerò del nostro nuovo ospite: ci atterremo alle sue disposizioni. Sino ad allora, è mio desiderio che Sir… come hai detto che ti chiami?»
«Pentiousss, Vossstra Altezza» l’ex-peccatore produsse un inchino.
«Bene. Pentiousss.»
«Ah, con una sss, Graziosissssima Maessstà.»
«Pentiousss.»
«No, Pentiousss.»
«Pentiousss.»
«No, no. Con una sss. Pentiousss.»
«E io che ho detto?» Sera aggrottò la fronte, perplessa «Comunque… Sir Pentiousss…»
«Pentiousss.»
«Sì, quello che è… Desidero che non lasci il mio palazzo. Rimarrai qui e non ti esporrai all’esterno, almeno sino a che gli Angeli Superiori non avranno deciso in merito alle tue sorti. Emily, te lo affido: trovagli una stanza confortevole, istruiscilo sulle nostre usanze, passeggiate pure tra i corridoi, la serra, la biblioteca, ma… non lasciate mai queste mura. Chiaro?»
«Certo!» la giovane guizzò in aria, felice. I cupi pensieri di poco prima erano stati cancellati dall’apparizione dell’amico. Stentava a credere fosse ancora vivo e, soprattutto, che ce l’avesse fatta. Il primo peccatore redento! Oh, avrebbe reso la sua esperienza in Paradiso memorabile. Planò su di lui e lo afferrò per la mancina.
«Andiamo!» esclamò, trascinandolo via «Ho un sacco di cose da mostrarti.»
***
Adam attese scoccasse la mezzanotte per scivolare fuori dalla propria camera. I suoi movimenti erano decisamente impacciati. Le ali, ripiegate lungo la schiena, gli inviavano a tratti delle fitte fastidiose. Il pavimento era freddo sotto i piedi scalzi, ma non aveva scelta: volare gli era assolutamente precluso.
Silenziosamente, salì sino al quarto piano. Imboccò il lungo corridoio, contando mentalmente le porte. Riconobbe facilmente quella del Sovrano, piantonata da Gold e Crystal. Le soldatesse scattarono sull’attenti quando lo scorsero.
«Riposo» mormorò.
«Comandante! Che ci fa qui? Non dovrebbe essere a letto?»
«Oh, non riuscivo a dormire. Ho pensato di fare due passi.»
«Beh, ora li ha fatti. Credo sia meglio torni in camera.» azzardò Gold, mentre la collega annuiva vigorosamente.
«Non me ne fotte un cazzo della tua opinione, troietta. Se voglio passeggiare, lo faccio come e quando voglio.»
«Con rispetto, sono solo preoccupata per lei.»
«Non occorre, sto una favola.»
«Mh… sicuro.» colse lo scetticismo nella voce altrui «Comunque, se il personale medico non la trovasse nella sua stanza, potrebbe…»
«Cosa? Prolungare questa merdosa convalescenza?»
«Già.»
«Nah, non sono uno sprovveduto. Non mi farò sgamare da Chiappe di Budino.»
«Signore?»
«Quell’infermierina vogliosa, con un seno che… pare più un terrazzo, che un balconcino» sogghignò, indicando poi il vicino battente «Posso entrare?»
«Desidera vedere il prigioniero?»
«Proprio così.»
«L’accesso alla stanza è consentito solo agli ospedalieri e…»
«Al corpo Esorcisti. Dai, stronza! Sono il tuo fottuto superiore. Ti ordino di farmi entrare.»
Vide le due scambiarsi un’occhiata incerta e poi farsi da parte.
Adam superò la soglia con un sorrisetto vittorioso e richiuse immediatamente l’uscio. Strizzò ripetutamente le palpebre, finché gli occhi non si adattarono alla penombra della stanza: vi era solo un lume, appoggiato su un tavolino poco distante. L’angelo afferrò la bugia, muovendo poi verso il letto sistemato a ridosso della parete di sinistra.
«Clown? Sei sveglio?» azzardò, sollevando la candela e rischiarando la figura del re.
Lucifer giaceva sulla schiena, con un paio di cuscini a sostenere il capo. Una ruvida coperta di lana celava la sua figura dal petto sino ai polpacci, ma lasciava scoperti i piedi. Attorno ai polsi e alle caviglie vi erano delle catene dorate, agganciate alla robusta struttura in ferro del letto. Il dorso della mancina recava un curioso simbolo, inciso nella carne.
Il suo aspetto era decisamente migliorato: la pelle recava ancora i segni delle ustioni, ma aveva parzialmente recuperato la propria elasticità. I pomelli sulle guance erano nuovamente color ciliegia e alcune ciocche bionde stavano lentamente ricrescendo, sanando i punti in cui la luce angelica aveva abraso il cuoio capelluto. Gli occhi erano infossati e segnati da borse violacee, mentre il labbro superiore pendeva leggermente verso destra, in una smorfia che segnava permanentemente i tratti.
«Ciao Adam» la voce del sovrano era poco più di un sibilo stanco e roco «Come stai?»
«Che cazzo te ne frega?» fu la risposta spontanea che gli salì alle labbra; immediatamente, si vergognò di quelle parole e tentò di rimediare «Volevo dire, mh… me la cavo, ecco. È un po’ uno schifo da quando Chiappe di Budino mi ha confermato che non potrò più volare, ma…»
«Sono lieto tu stia bene.»
«Sì, beh… non ho detto che sto bene, clown! Non ficcarmi in bocca parole non mie.»
Ricevette un sorriso stanco.
«Perché sei qui?»
La domanda lo colse alla sprovvista: era un quesito piuttosto elementare, ma non sapeva davvero come rispondere. Avrebbe dovuto ammettere che desiderava vederlo, per sincerarsi delle sue condizioni; perché, in fondo, si sentiva terribilmente in debito e passare a trovarlo era l’unica cosa in suo potere. Mai e poi mai avrebbe raccontato di aver quasi promesso a Charlie che avrebbe vegliato su di lui.
«Ah, volevo vedere come eri conciato» arruffò un sorriso sbruffone, incrociando le braccia al petto «Lascia che te lo dica: stai una merda!» affermò, lasciando scivolare una nota ironica nella voce. Tuttavia, il suo tentativo di alleggerire quel momento venne mal interpretato.
«Capisco. Sei qui per gongolare? Immagino di meritarlo, dopo tutto.»
«Che? No! Non sto…»
«Non ho neppure la forza di mandarti via, sai? Va bene così, Adam. Se la cosa ti fa stare meglio, sentiti libero di vomitare tutto il disprezzo e l’odio nei miei riguardi. Come ho detto, lo merito: sono stato un re sciatto, troppo pigro per interessarsi del proprio popolo e troppo codardo per sostenere degnamente il sogno di mia figlia. Non voglio più lottare. Per cosa, poi? È tardi, e me ne rendo conto solo ora: ho perso il regno, la credibilità e la mia adorata Charlie. Credimi, non c’è dolore peggiore di questo: ho sprecato il mio tempo, rinchiuso in un sontuoso palazzo per… paura. Ho lasciato che i timori e le incertezze mi spezzassero e mi condannassero lentamente all’isolamento. Ho cercato rifugio in un hobby stupido, come costruire papere di gomma. Ogni tanto parlavo con loro, sai? Per conforto, immaginavo le risposte e spesso le trovavo soddisfacenti. Mi rassicuravo da solo e mi costringevo a pensare d’essere nel giusto… mi accontentavo di credere che quella fosse una realtà buona per me. Invece… ho solo smarrito innumerevoli occasioni. Rimpiango ogni singolo istante sprecato, perché avrei potuto passarlo con lei. Non necessariamente facendo qualcosa… anche soltanto guardandola, sorridendole, augurandole il buongiorno o la buonanotte. Ma tu lo sai, vero? Sai che cosa si prova, perché…»
«Stai zitto!» sibilò, portandosi le mani alle orecchie «Non voglio ascoltarti.»
Quell’espediente, tuttavia, non fu sufficiente per fermare la voce altrui:
«Lo sai, perché sono stato io a portarti via tutto. Non mi scuserò per Lilith: l’amavo più d’ogni altra cosa; non ti è mai interessata. Quando l’ho allontanata da te, non hai sofferto per amore, ma per orgoglio. Quello che è successo con Eva è stato… differente. Non avevo cattive intenzioni, in realtà: la conoscenza mi sembrava una cosa…giusta, buona. Non potevo immaginarne i risvolti. Ti chiedo scusa, anche se forse è tardi per questo. Avevi ogni diritto di odiarmi, e mi dispiace non averlo compreso prima: credevo fosse più… per una presa di posizione, ecco; che mi detestassi per averti strappato Lilith. Non ho mai considerato il resto della tua storia come una “conseguenza”. Ciò che è accaduto con Eva, Caino e Abele…»
«Non nominarli!»
«…è stata un’estensione delle mie scelte. La mia ingenuità ti ha condotto attraverso quel dolore: l’esilio, la perdita… li ho soppesati più d’una volta, ma non li avevo compresi mai sino in fondo. Ora li vedo sotto una prospettiva diversa: quella del protagonista, strappato alla sua terra e ai suoi affetti. La mia cecità non ha attenuanti.»
«Vaffanculo, clown! Taci, una volta buona!»
Lucifer girò la testa in sua direzione, ignorando ogni richiesta:
«Dimmi, Adam: ti piace ciò che vedi? Fa stare bene? Ti… appaga?»
L’Esorcista aprì la bocca per rispondere e la richiuse un attimo dopo. In passato, avrebbe dato qualsiasi cosa per avere il rivale ridotto all’impotenza: spezzato, privato dell’amore e della gioia che certamente avevano costellato – almeno in parte – la sua lunga esistenza. Inerme, bloccato in un letto d’ospedale, letteralmente alla sua mercé. Sarebbe stato facile tirargli il collo, come a un pollo; prendere un’arma angelica e affondargliela nel petto. Sarebbe stato gratificante vedere il sangue dorato inzuppare le lenzuola, e raccogliere il rantolo dell’ultimo respiro. Un tempo, avrebbe gioito per molto meno: adesso, invece… si sentiva terribilmente inadeguato; come se tutto l’odio covato nel corso dei secoli si fosse sciolto come neve al sole.
«No» ammise infine, ricevendo un’occhiata sorpresa «Non guardarmi così, cazzo! Mi fai sentire un mostro.» ringhiò, posando il candelabro sul comodino e dirigendosi all’unico armadio della stanza. Lo aprì, recuperando una coperta stropicciata dal fondo. Tornò sui propri passi e la gettò sul letto, avendo cura di coprire le gambe nude e i piedi del sovrano «Non te lo nascondo: un tempo, avrei pagato per uno spettacolo simile… ma ora non più. Ti ho odiato per così tanto che… non ne ho semplicemente più voglia. O forse… non ne ho più motivo. E non perché hai “avuto quello che meriti”, come hai detto poco fa. Più perché… beh… cazzo! Non lo so. Non sono bravo in queste cose. Accontentati, va bene?»
Si vide regalare un sorriso divertito:
«Troppo orgoglioso per affrontare i tuoi sentimenti?»
«Sì! Cioè… No! Oh, senti… Vaffanculo.»
«Non c’è niente di male nel rivalutarsi, sai? L’ho fatto tante volte. Mi sono messo in discussione così spesso che nemmeno te lo immagini. Magari potresti farlo anche tu: non sei obbligato a essere identico all’immagine che ti sei costruito. Anche perché, senza offesa… non è un granché.»
«Idiota! Ero passato solo a vedere come stavi, non a sorbirmi una predica.»
«Che gentile! Sei venuto perché ti sentivi in dovere di controllarmi? O perché volevi?»
«Che differenza fa?»
«C’è un abisso… e non fingere di non saperlo. Sentirsi in dovere è più un… colmare un debito che sai di avere; uno sciacquarsi la coscienza, diciamo. Scegliere, invece… è perché, in fondo, ti interessa.»
«Allora è la prima!»
Colse un’altra risatina soffusa:
«Sei un pessimo bugiardo.»
«E tu sei uno stronzo! Piuttosto…» Adam indicò il dorso della mancina altrui «Che hai sulla mano?»
«Un marchio. Non assomiglia a quello che hai tu…»
«Avevo. È scaduto ed è scomparso.»
«…ma la funzione è la medesima. Blocca i miei poteri. Anche se dubito avrebbero funzionato, considerato come sono malconcio e prigioniero del Paradiso.» Lucifer ruotò il polso permettendogli di osservare meglio l’incisione: una spirale attraversata da una spada fiammeggiante e sormontata da una U in corsivo «Un dono di Uriel.»
«A proposito, hai saputo del processo?»
Ricevette un cenno affermativo:
«Si sono premurati di notificarmelo non appena ho ripreso i sensi. In fede, sono sorpreso: è più di quanto speravo. Pensavo mi avrebbero gettato in qualche fetida galera a marcire.»
«Difficile. È il fottuto Paradiso: non abbiamo prigioni da queste parti.»
«Immagino sia per questo che incatenate gli ostaggi ai letti degli ospedali.»
Scrollò le spalle, poco colpito da quel tentativo di sarcasmo:
«Non voglio guastare il tuo idillio, clown, ma… è poco probabile che tu sia assolto.»
«Lo so. Sarò in balia di una giuria corrotta, e di un verdetto già deciso. L’udienza sarà una completa farsa, ma non c’è nulla che possa fare in merito. Mi difenderò come meglio potrò.» il sovrano si concesse qualche attimo di silenzio, prima di aggiungere «Quando verrai dimesso?»
«Secondo Lute, domani pomeriggio. Per te, invece, stimano un ventiquattro ore in più di ricovero.»
«Bene. Puoi farmi un favore?»
«Dipende.»
«Non fare il difficile! Voglio solo mandare un messaggio a Charlie.»
«Non so se mi sarà concesso, ma ci proverò. Cosa voi che riferisca?»
«Rassicurala. Dille che sto bene, che mi avete curato e che… sarò trattenuto qui per un po’; di non preoccuparsi e che le farò avere mie notizie appena possibile.»
«Bene, ricevuto! Un semplice messaggio smielato da bravo papà.»
«Grazie! Ora è meglio ti avvii. È quasi ora della ronda notturna delle infermiere. Non saranno contente, se non ti troveranno a letto.»
L’Esorcista annuì, recuperando la bugia e spostandola nuovamente sul tavolino, prima di dirigersi verso la porta.
Premette la maniglia, ma una voce dal fondo della stanza lo richiamò:
«Adam?» volse il capo: Lucifer si era girato su un fianco e lo stava osservando «Prima che tu vada, posso chiederti un’ultima cortesia?»
«Che cazzo vuoi ancora?!»
«Ho un fastidio terribile alla punta del naso. Puoi darle una grattatina?»
L’angelo sollevò il dito medio:
«Ma vaffanculo, va!» esclamò, ignorando la richiesta e scivolando oltre l’uscio.
Notes:
Angolino: Buonasera e buone feste!
Scusate per la lunga assenza, ma - come accennavo a qualcuno di voi in privato - è stato un mese piuttosto intenso.
Avevo un ultimo esame, una tesi da scrivere e da discutere, il lavoro, la palestra... quindi ho purtroppo dovuto sospendere la ff.
Per cui, mi scuso davvero tantissimo con i lettori per il ritardo ç__ç
Finalmente, approfitto di questi giorni di vacanza per riprendere a scrivere le disavventure dei nostri angeli preferiti *_*
Come promesso, il capitolo 29 segna l'inizio del secondo filone della storia.
Spero possa piacervi, e perdonarmi per averci messo una vita a sfornarlo.
Un augurio di buone festività e un abbraccio!
Chapter 30: L'udienza
Notes:
Premetto che sono davvero rammaricata per le tempistiche. Molto rammaricata.
Come alcuni di voi sapranno, ho trascorso un periodo piuttosto... "No", lasciandomi alle spalle affetti importanti, spegnendomi e azzerandomi per alcune difficoltà che non sono riuscita ad affrontare come avrei voluto.
Ho ricevuto dei messaggi molto incoraggianti, che mi hanno spinto a tornare a scrivere.
Grazie del supporto e della vicinanza.
L'idea base di questa ff non è cambiata, nemmeno alla luce degli spoiler / dell'ormai imminente uscita della seconda stagione. Seguirà il suo corso, in una timeline completamente diversa da quella del canon, ma... sono felice di aver trovato la voglia di riprenderla.
Chapter Text
La sala delle udienze non era particolarmente gremita. Un agitato San Pietro, temporaneamente sostituito da San Paolo ai cancelli, apriva e chiudeva la porta a doppio battente che conduceva in una stanza circolare, dal pavimento in marmo bianco attorniato da spalti. Dirimpetto all’ingresso, si stagliavano gli scranni degli Arcangeli: Michael sedeva al centro, le gambe accavallate e il mantello adagiato in grembo; ai suoi lati, Raphael e Gabriel mantenevano la stessa postura. A seguire, avevano preso posto gli altri Angeli Superiori.
Adam prese posto sulla gradinata, soffiando un goffo “Uff..” quando le ali impattarono contro la pietra ruvida; Lute si sistemò accanto a lui, in silenzio.
Emily non si vedeva da nessuna parte, mentre Sera era seduta dal lato opposto.
Nemmeno di Lucifer vi era traccia, ma immaginava non sarebbe tardato ad arrivare. Probabilmente, stavano terminando il suo trasferimento dall’ospedale al tribunale. Non lo aveva più rivisto, dopo il loro incontro di quasi tre giorni prima.
Come prospettato, i medici l’avevano dimesso il giorno seguente con un migliaio di raccomandazioni che faticava a tenere a mente: niente sforzi di nessun tipo, evitare accuratamente bevande alcoliche, fumo e sesso fino a completa guarigione; di volare nemmeno a parlarne: le ali non avrebbero mai retto il suo peso, e forse non sarebbero più state in grado di farlo. In ogni caso, una prognosi precisa era troppo precoce e la sua capacità di volare poteva essere definitivamente compromessa oppure recuperabile, ma con molta fatica e altrettanta fisioterapia. Comunque, era sconsigliato fare tentativi avventati. Idealmente, avrebbe dovuto passare sdraiato buona parte della giornata, concedendosi solo delle brevi passeggiate. Quella era l’unica direttiva che si era astenuto dall’ascoltare: che avrebbe fatto tutto il giorno? Sarebbe morto di noia. Così si era premurato di sbrigare alcune commissioni: si era recato ai magazzini della caserma per sincerarsi personalmente delle perdite; aveva vagliato con Lute i documenti; aveva fatto un salto dal fabbro a ritirare un’ordinazione. Il tempo, che inizialmente sembrava infinito, era passato in un lampo: il giorno dell’udienza era arrivato e, non senza una certa apprensione, aveva indossato una tunica nuova, il casco e si era recato – assieme alla luogotenente – all’appuntamento.
Ora, appollaiato sugli spalti, non poteva fare a meno di celare una certa apprensione: si torceva le mani, lisciava sistematicamente le piume stropicciate, sistemava l’orlo della veste di continuo. Era agitato e non riusciva a nasconderlo: da che aveva memoria, ben poche volte si era riunito l’intero Concilio Angelico alla presenza dei tre Arcangeli Maggiori. Spiò in loro direzione: la somiglianza con Lucifer era assoluta. I ciuffi biondi, i pomelli rossastri, la carnagione nivea li rendevano quasi indistinguibili tra loro, non fosse stato per l’abbigliamento e le posture, che riflettevano caratteri altrettanto differenti. Michael tratteneva i capelli in una corona d’alloro dorato, che richiamava le rifiniture della giacca immacolata che indossava; rimaneva assolutamente immobile, anche quando i fratelli si sporgevano per sussurragli qualcosa. Quasi non dava cenno d’averli sentiti, mentre tratteneva lo sguardo azzurro sulla porta principale. Gabriel, accanto a lui, non la smetteva di prendere appunti su un tablet, picchiettando lo schermo con una piuma; dopo tutto, era conosciuto come il “Messaggero di Dio”. Si poteva tranquillamente affermare che fosse una sorta di magnate delle comunicazioni del Paradiso. L’argento era il colore predominante nel suo vestiario, composto da una morbida tunica bordata di ricami impreziositi da piccoli brillanti. Raphael, viceversa, mostrava un camice con eleganti ghirigori bronzei. Si aggiustava degli occhialini tondeggianti di continuo, e tra le mani reggeva un tomo di Cura Angelica Avanzata. Sembrava piuttosto soddisfatto d’averlo potuto applicare a ben due pazienti.
Chissà da quanto non lavorava, poveretto… si disse, reprimendo un ghigno divertito. In qualità di Arcangelo protettore della Salute, Raphael aveva davvero poco da fare da quelle parti. Si vociferava, dunque, passasse buona parte del suo tempo a scrivere trattati di medicina, che nessuno leggeva.
All’improvviso si udì un bussare insistente e sulla platea calò il silenzio. La testa paonazza di San Pietro fece capolino oltre la soglia:
«S-sono ar-arrivati» balbettò il portinaio.
Michael si alzò, mimando un cenno imperioso:
«Falli entrare.» ordinò, e Pietro si affrettò ad obbedire, cedendo il passo a Uriel.
L’angelo trascinava un sovrano in catene, senza celare il proprio disprezzo: una smorfia seccata gli arricciava le labbra sottili, mentre conduceva il prigioniero al centro della sala e lo gettava al suolo con uno spintone.
Lucifer cadde bocconi. Le ginocchia impattarono contro la pietra e si graffiarono, protette solo da una anonima tunica bianca. Era scalzo; mani e piedi erano stretti in ceppi metallici, che segnavano la sua pelle con cicatrici rossastre.
«Acciaio angelico.» sussurrò Lute, senza riuscire a staccare l’attenzione dalla scena.
Uriel evocò la propria alabarda e rimase accanto all’imputato con aria solenne.
«Una mossa falsa e ti taglio la testa.» sibilò minaccioso, ma quelle parole non parvero avere alcun effetto sul re.
Come avrebbero potuto? Aveva perso tutto: il proprio potere, bloccato da un sigillo impresso sul dorso della sua mano; il regno, i sudditi e sua figlia. Un pizzicore agli occhi lo spinse a strizzare le palpebre per scacciare le lacrime: non desiderava lo giudicassero come un debole, ma il pensiero di Charlie gli aveva provocato una stretta al cuore. Che cosa avrebbe detto, nel vederlo così ridotto? Si sarebbe sentita umiliata da lui, dalla sua inettitudine, dall’incapacità di prendere anche solo una decisione giusta nella propria infinita esistenza. Si aggrappò al ricordo di lei, mentre la voce atona di Michael leggeva i capi d’accusa: la rivide bambina correre spensierata nei giardini del palazzo reale; aiutare la servitù a cucinare i dolci per la colazione, cantare con Lilith o lo supplicarlo di far volare il suo aquilone ancora più in alto. Pensò all’ultimo compleanno che avevano trascorso assieme, poco prima che tutto andasse a rotoli. Le aveva regalato un blocco da disegno, che Charlie non aveva esitato a riempire con scarabocchi colorati.
Sorrise a quel ricordo, incurante delle accuse che gli piovevano sul capo: tradimento, rapimento, tortura, omicidio. Che fossero vere oppure false, al Concilio non importava. Non chiedevano altro che una scusa per ucciderlo, e l’avevano trovata.
Fissò l’alabarda che Uriel tratteneva, studiandone il filo: avrebbe provato dolore, quando sarebbe morto… definitivamente? Quando la lama gli avrebbe reciso il collo, staccandogli la testa? Abbassò le iridi, ripensando ancora una volta al volto di Charlie. Non avrebbe guardato null’altro: sarebbe morto con la sua immagine negli occhi.
«Per questi motivi, il Concilio Angelico da me presieduto» stava dicendo Michael, con aria solenne «Ti condanna all’esilio perpetuo.»
Lucifer sollevò di scatto il capo e fissò il fratello:
«Che cosa?!» esclamò, incredulo.
Era già stato esiliato, migliaia di anni prima: era stato cacciato dal Paradiso, e l’Inferno era stata la sua punizione. Come potevano scacciare qualcuno che era già un esule da tempo?
Per un attimo, suo cuore si colmò di speranza: lo stavano per rimandare a Pentagram City? Forse lo avrebbero semplicemente destituito dal ruolo di sovrano e gli avrebbero impedito per sempre di lasciare la capitale, ma… che importanza aveva? Avrebbe rivisto Charlie, i suoi amici, e gli ormai ex-sudditi. Avrebbe potuto continuare nella produzione di paperelle… certo, non avrebbe potuto più far affari con San Pietro, ma non era poi una grande perdita. Si sarebbe scusato col Santo alla prima occasione.
Il sollievo, tuttavia, durò poco. Michael non aveva ancora concluso.
«Sconterai la tua pena nel Nulla. In ciò che c’era prima della Creazione, prima che il Padre ci donasse il soffio della vita. Sarai condannato all’oblio perpetuo. Vagherai cieco, sordo e muto sino alla fine dei tempi. Non ti sarà più permesso operare il male. Non avrai altra compagnia che quella dei tuoi peccati.»
Lucifer represse un brivido: Michael poteva davvero fare una cosa del genere? Nessuno sapeva che cosa ci fosse prima della Creazione. Nella migliore delle ipotesi, non vi era niente: soltanto il buio, il vuoto, il freddo. Nella vastità del Nulla, Dio aveva compiuto la sua opera mirabile. Aveva generato le stelle, i pianeti; aveva posto l’acqua accanto alla terra, e aveva popolato quest’ultima con la vita. Ma che cosa ci fosse prima del miracolo, nessuno lo sapeva.
Michael poteva realmente spedirlo nel Nulla? Far sì che la sua intera esistenza venisse cancellata in un attimo? Questo era peggio della morte: non sarebbe stato annullato, sarebbe stato costretto a vivere per sempre nell’oscurità, nel silenzio e nella solitudine.
Spostò lo sguardo agli altri due Arcangeli Maggiori: anche loro sembravano sbigottiti.
Raphael si sporse verso Michael:
«Fratello, ma… che stai dicendo? È troppo… Non possiamo…»
Un gesto imperioso lo mise a tacere, e così accadde anche con le proteste di Gabriel:
«Michael, ragiona! Il Nulla! Come pensi di fare? Nemmeno tu possiedi una forza del genere, non puoi semplicemente aprire un portale per…»
«Ti sbagli. Posso.» Michael sollevò le mani, chiedendo il silenzio e interrompendo i brusii che serpeggiavano nella sala «L’ho già fatto. Ho già mandato un’anima peccatrice nel Nulla. Un’anima che non si è piegata a noi, che ha… preteso! L’ho già fatto.» ripeté, deciso «E lo rifarò. Uriel, portalo via.» ordinò.
Lucifer non oppose resistenza. Conosceva Michael e sapeva che perorare la propria causa non sarebbe servito: era irremovibile, in qualsiasi decisione presa. Non lo aveva mai visto tentennare, né provare pietà. Micheal era un guerriero, e non si sarebbe ricreduto. Supplicarlo non sarebbe servito: la sentenza era stata emessa, e la giustizia sarebbe stata amministrata. Ma neppure in quegli istanti terribili, non riusciva a pensare che a Charlie: alla sua bella e coraggiosa figlia, che avrebbe dovuto cavarsela senza di lui. Persino la speranza di rivederla gli era stata portata via.
Barcollò, mentre Uriel lo trascinava verso l’ingresso. Incespicò e per poco non cadde di nuovo. Gettò uno sguardo attorno a sé, scorgendo una figura familiare: Sera lo stava osservando con rammarico e compassione. Le regalò un piccolo cenno del capo e passò oltre. I volti degli altri Angeli gli erano ostili: lo fissavano con disgusto, come fosse uno scarafaggio da schiacciare al più presto. Infine, incrociò lo sguardo dei due Esorcisti appollaiati tra gli scranni: nonostante le maschere, non riuscivano a nascondere la pietà.
Come è strano il mondo, ragionò con un sorriso amaro, Proprio loro, che dovrebbero disprezzarmi…
Puntò i piedi e tentò uno scatto verso sinistra, per raggiungere la balconata dove il Comandante e il suo Luogotenente sedevano in silenzio, ma le catene lo bloccarono. Cercò di divincolarsi, ma la presa di Uriel si fece più solida e con uno strattone lo costrinse a tornare sui propri passi.
«Dite a Charlie che la amo!» gridò allora, senza più riuscire a trattenere le lacrime. Le gocce caddero lungo le sue guance scavate «Ditele che sono fiero di lei, e che sarà sempre nei miei pensieri, finché…»
Finché avrò la forza di pensare, concluse dentro di sé.
Un attimo dopo si ritrovò oltre la soglia e le porte si chiusero alle sue spalle. Uriel non gli rivolse neppure uno sguardo, limitandosi a trascinarlo verso la destinazione finale.
***
Sir Pentious venne introdotto della sala circolare da un altrettanto spaventato San Pietro. Il povero portinaio aveva origliato, poggiando l’orecchio al battente e ritraendosi appena prima che Uriel e il suo prigioniero uscissero. Gli era poi stato ordinato di condurre il nuovo redento innanzi al Concilio, e così aveva fatto.
Il rettile avanzò strisciando e reggendo il cilindro tra le mani, stringendone con foga la tesa. Si fermò innanzi al palco dei tre Arcangeli Maggiori e produsse un inchino rispettoso.
«Vossstre Maessstà» sibilò.
Michael lo osservò con malcelato disprezzo; tuttavia, accomodò la voce affinché risultasse gradevole:
«Sir Pentious, benvenuto.» attaccò, sporgendosi dallo scranno per osservare meglio il Vincitore. Le sue fattezze non erano poi molto diverse da quelle che aveva avuto all’inferno. Gli era stato raccontato come fosse un serpente laggiù, un po’ impacciato e goffo, senza alcuna peculiarità. Come aveva fatto, dunque, quel lombrico smidollato a raggiungere il Paradiso? «Mi permetta di porle alcune domande. Innanzi tutto, desidero capire se è consapevole di quanto le è accaduto.»
L’aspide stropicciò il cappello, impacciato:
«Non proprio sssignore.» mormorò con deferenza «Ssstavo combattendo al fianco dei miei amici, e ho notato un bruto che cercava di asssssssalire la mia ragazza. Mi sssono posssto innanzi a lei per sssalvarla. In quel momento sssono morto e… non ho altri ricordi. Mi sssono risssvegliato qui.»
«Quale era la sua occupazione all’Inferno?»
«Oh, ero un inventore. All’inizio, lavoravo per un gruppo criminale chiamato Veessss, ma… poi mi sssono ricreduto, grazie a Charlie Morningssstar.»
«La figlia di Lucifer?»
«Proprio lei, eccellenza! Mi ha accolto nel sssuo Hotel, ha assscoltato e capito la mia sssituazione. Mi ha permessso di ressstare e di rissscattarmi.»
«Quindi… credi che il percorso svolto all’Hazbin Hotel abbia, in qualche modo, influenzato la tua presenza qui?»
«Sssissssssignore. Ssse non fossssse ssstato per lei, avrei perssseverato nei miei errori. Non avrei conosssciuto Misssss Bomb e non avrei mai conosssciuto l’amore, la missssericordia e il perdono. Sssono grato a Missss Morningssstar per avermi concesssso questa opportunità.»
«Quanto pensi che il tuo… atto di coraggio, abbia influito sull’ascesa? Il salvare la ragazza, intendo…»
«Oh, non… non sssaprei. Non sssono pratico di quessste cossse.»
«Ti sei sacrificato con la consapevolezza che tale gesto avrebbe potuto aprirti le porte del Regno dei Cieli?»
«Nossssignore. L’ho fatto per amore, e per niente altro.»
«Puro altruismo, dunque. Una delle qualità dei Vincitori.» Michael si sfregò il mento, pensieroso «E mi dica, Sir Pentious… che ruolo ha avuto Emily in tutto questo? Le ha dato supporto nel trovare la redenzione?»
«Sssi, indubbiamente. Misss Emily è ssstata di grande issspirazione: comprensssiva, gentile, amichevole. Ssse oggi sssono qui con voi, lo devo anche al sssuo aiuto, non c’è dubbio.»
«Bene.» l’Arcangelo mimò un cenno imperioso «Prenda congedo, Sir Pentious e grazie della sua testimonianza. Da oggi in poi, lei verrà accolto in Paradiso come Vincitore. Le verrà assegnato un alloggio e spero che la sua permanenza qui le sia gradita.»
«Vossstra Maessstà, posssso avanzare una richiesssta?»
Michael storse il naso: quell’essere strisciante non solo non aveva alcun senso d’esistere, ma ora avanzava pure delle pretese? Ma chi si credeva di essere? Avrebbe dovuto ritenersi fortunato d’aver ancora la testa attaccata al collo. Fosse dipeso da lui, l’avrebbe decapitato non appena messo piede oltre i Cancelli. Un’anima dannata in Paradiso non era di nessun aiuto, anzi… peggiorava solo le cose. La redenzione, da che sapeva, non era prevista: il Padre stesso non l’aveva contemplata, o gliene avrebbe parlato. O no? Scosse il capo, scacciando quell’idea: era fuori discussione che non l’avesse messo al corrente di un dettaglio tanto importante. Quindi… quel serpente andava contro l’ordine naturale delle cose. Era un errore, e come tale avrebbe dovuto essere eliminato. Eppure… era lì. I Vincitori, i Santi, l’intero Concilio Angelico l’aveva notato: una sua sparizione improvvisa avrebbe dato nell’occhio. Inoltre, non erano pochi i colleghi che – tra le gradinate – si scambiavano cenni d’assenso e mormorii curiosi. Evidentemente, Sir Pentious stimolava il loro interesse.
Dunque annuì controvoglia:
«Mi dica.»
«Vorrei poter sssalutare i miei amici dell’Hotel. Rasssicurarli, far sssapere loro che sssto bene.»
«Al momento non è possibile, mi dispiace. Le comunicazioni tra Paradiso e Inferno sono temporaneamente sospese per…» si interruppe, gettò uno sguardo a Gabriel che, per tutta risposta, scrollò le spalle «…interferenze di linea. Appena saranno ripristinate, provvederemo a esaudire la sua richiesta.» mentì con disinvoltura, muovendo di nuovo la destra in un cenno seccato «Si accomodi ora, Pentious. San Pietro!» tuonò poco dopo «Accompagna qui Emily.»
***
«Si mette male.» Adam si agitò sugli spalti, quando scorse la giovane serafina oltrepassare la soglia. Emily indossava uno dei suoi consueti abiti lilla, e si era spazzolata i capelli e le piume. Evidentemente, desiderava fare una buona impressione al Concilio, almeno nell’aspetto. Quasi nessuno, tuttavia, la stava osservando: gli Arcangeli Maggiori confabulavano tra loro, senza degnarla di uno sguardo.
Emily rimase in silenzio, al centro della sala, per alcuni minuti. Le mani, compostamente allacciate dietro la schiena, torturavano segretamente i pizzi del vestito. A tratti si sgranchiva le ali, cercando di non dare nell’occhio.
«Perdonate…» disse infine, schiarendosi la voce con un colpetto di tosse «Sono… qui, a disposizione come avete richiesto.»
Gabriel e Raphael tornarono a sedere composti, mentre Michael prendeva nuovamente parola.
«Abbiamo notato il tuo arrivo, Emily. Non occorre sottolinearlo.» mormorò con astio, fissandola con disappunto «Trovo tale comportamento decisamente poco adatto per un angelo della tua levatura. L’Inferno ti ha forse insegnato ad essere irrispettosa e maleducata?»
«Che cosa? No, io…»
«Taci!» tuonò l’Arcangelo «Emily, serafino della gioia, sei stata chiamata innanzi a questa corte per rispondere dei tuoi fallimenti come Ambasciatore Celeste. Il tuo mandato è stato piuttosto deludente, ne converrai. Che cosa hai da dire a tua discolpa?»
«Ho…» Emily si strinse nelle spalle, facendosi – se possibile – ancor più piccola «Fatto del mio meglio. La situazione a Pentagram City non è di facile gestione. Gli abitanti non vedono gli Angeli di buon occhio e conquistare la loro fiducia non è stato semplice.»
Soprattutto con un idiota disfattista come compagno d’avventura.
Si pentì subito di quel pensiero: Adam era stato… complicato i primi giorni, ma poi… aveva fatto progressi anche lui. Era difficile da ammettere, ma il suo atteggiamento era diventato via via più decente. Forse l’Hotel aveva davvero il potere di svelare la parte migliore di ciascuno.
«Ho supportato le attività di Charlie affinché gli ospiti dell’Hazbin riscoprissero in loro sentimenti puri, come l’onestà, la generosità, il coraggio, la lealtà. Credo d’esserci riuscita, e la presenza di Sir Pentious qui è una testimonianza sufficientemente forte, no? Mi avete inviato per indagare le attività dell’Hotel ed è ciò che ho fatto. La redenzione, l’avete visto, è davvero possibile. Allora vi chiedo: a che titolo possiamo continuare con gli Stermini, dopo tale rivelazione? Come possiamo trucidare dei peccatori impunemente, senza sapere se questi possano davvero aspirare al Paradiso, una volta espiate le loro colpe?»
Un brusio concitato si diffuse nella sala, ma Michael lo azzittì subito, con un poderoso:
«Silenzio!»
«Signori, vi prego…» Emily congiunse le mani, portandole al petto «So di aver mancato ad alcuni miei doveri, ma vi ho fornito la prova concreta che anche all’Inferno è possibile cambiare, migliorare e riscattarsi. Permettetemi di continuare la mia attività di Ambasciatore Celeste. Sono certa che otterrò grandi risultati lavorando al fianco di Charl…»
«Ti rendi conto di ciò che hai fatto? »Michael era furente: si era librato in volo, appena sopra lo scranno, con le sei ali che battevano all’unisono «La tua inesperienza ci ha quasi trascinato in una guerra senza senso. Hai ceduto l’anima ad un Overlord, ti sei resa volontariamente sua schiava… e per cosa? Per salvare un peccatore! Un… miserabile, che merita soltanto di bruciare tra le fiamme che lo circondano per l’eternità. Eri stata mandata laggiù con un compito ben preciso, e hai disatteso le nostre speranze. A causa della tua inettitudine, abbiamo rischiato che il Paradiso venisse attaccato da un branco di demoni impazziti. Inoltre… hai sovvertito le regole, generando il caos nella nostra società.»
«Quali.. regole?»
«L’Inferno è per sempre, Emily! Nessun peccatore può ascendere, eppure… Sir Pentious è qui tra noi. Il tuo compito non era aiutarlo a redimersi, piuttosto fornire un resoconto generico sulle attività dell’Hotel.»
«Beh, volevate un buon motivo per non spazzarlo via durante il prossimo sterminio? Ve l’ho dato! L’Hazbin permette alle persone di riscoprire il buono, di ritrovare amici, di arrivare persino a sacrificarsi per amore. È un punto di forza per la salvezza della anime!»
«Quelle anime non devono essere salvate! Sono state respinte al Giudizio, e per loro non può esserci una seconda possibilità. Hai violato un tabù, Emily. Non possiamo restare indifferenti davanti a questa mancanza.»
«Lo capisco, ma… Pentious dovrebbe essere considerato un successo per tutti noi. Siamo il Paradiso, no? Siamo il regno dei giusti! Non possiamo voltarci dall’altra parte e far finta di niente. Ci sono peccatori meritevoli, che…»
«Basta!» il colore rosso si diffuse dai pomelli a tutto il volto di Michael «Non capisci?! Esiste un delicato equilibrio tra il Paradiso e l’Inferno. Se le anime dannate iniziassero ad ascendere, questo ordine verrebbe completamente sovvertito. Non possiamo permetterlo.»
«Ma… la speranza…»
«Non esiste nessuna speranza per loro! Nessuna pietà, nessuna redenzione!»
Emily serrò i pugni lungo i fianchi. Non era giusto! Michael non riusciva a vedere le potenzialità di quel progetto, oppure… non gli interessavano, semplicemente! Aveva paura di perdere il proprio potere? Di doversi confrontare con anime dannate pronte per l’ascensione, meritevoli… forse più di molti Vincitori? Non riusciva a spiegarsi quell’ostilità: l’Inferno non era eterno e l’aveva dimostrato. Ai peccatori veniva concessa una via d’uscita dal tormento e dalle sofferenze, se si fossero dimostrati meritevoli. Perché il Concilio non voleva accettare questa semplice verità? Perché quella novità li spaventava così tanto? Affondò i denti nel labbro inferiore, torturandolo malamente. Ancora una volta, si sentiva pervasa da sentimenti impuri: rancore, delusione, disprezzo per tanta stupidità e ignoranza. Non riuscì a trattenersi.
Fu il suo turno di erigersi: frullò le ali, si levò in volo e azzerò la distanza con il palco degli Arcangeli Maggiori.
Puntò l’indice verso Michael, furente:
«Non sai niente di speranza, di pietà, di gioia o d’amore! Tu non sei il Padre! Smettila di atteggiarti come tale.» ringhiò.
Lo vide sbiancare: il colore defluì dalle guance dell’Arcangelo, peggiorando il suo già naturale pallore. Michael batté le mani, evocando una folata di vento che la investì e la scaraventò via. Le ali, incapaci di contrastare quella turbolenza improvvisa, si afflosciarono. Cadde bocconi sul pavimento e, quando rialzò il capo, si accorse d’essere intrappolata in una bolla dorata.
L’Arcangelo stava a pochi passi da lei, osservandola in cagnesco:
«Hai oltrepassato il limite» le disse, storcendo le labbra in un ghigno sdico «Emily verrai punita per le tue mancanze e per l’atteggiamento irrispettoso e ribelle che ti ostini a mostrare. D’ora in avanti, la carica di Ambasciatore Celeste è revocata. Inoltre…Verrai privata della nomina di Serafino della Gioia.»
«Che cosa? No!» Sera si era alzata in piedi «Non puoi…»
«Posso! Torna a sedere, Sera. Non peggiorare la situazione.» Michael tornò a rivolgersi alla giovane «E visto che l’Inferno ti piaceva tanto, visto che ti sei fatta degli amici laggiù… non vedo perché tu debba rimanere tra noi. Hai fallito, Emily: hai tradito il Paradiso, trascinandoci sull’orlo di una guerra. Hai messo tutti noi in pericolo. Ti sei venduta ad un peccatore, hai rinunciato alla saggezza e alla temperanza di cui gli Angeli Superiori dovrebbero essere portatori. Da questo momento, non sarai più uno di noi!»
«Michael, ti prego!» Sera si sciolse in singhiozzi.
Si sollevò dallo scranno, cercò di raggiungere il centro della sala, ma un turbinio di vento le si parò innanzi: Michael aveva schermato le tribune, frapponendo una barriera d’aria tra sé e il resto del Concilio. Sera tentò di attraversare quel muro invisibile, ma venne ricacciata indietro. Sedette nuovamente sugli spalti e si prese la testa tra le mani, disperata.
«Non farle questo!» supplicò «Migliorerà! È solo ingenua, inesperta e… avete chiesto voi che venisse inviata come Ambasciatore Celeste.»
«Una nostra svista, Sera. A cui sto cercando di porre rimedio.» Michael si avvicinò alla sfera dorata, poggiando le mani sulla superficie curva. Osservò divertito la ragazza che, rannicchiata su sé stessa, lo stava fissando con astio.
«Addio Emily!» sussurrò infine, con un sorriso storto «La Caduta ti aspetta.»
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