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Nous ne nous parlons guère

Summary:

Sorrise, e fu come se il mondo intero si inchinasse a quell’espressione. Avevo passato secoli, o millenni, a cercare di ignorare l’effetto che aveva su di me, ma ogni volta che sorride così, con malizia e una luce negli occhi che sembra fatta a posta per bruciarmi la pelle, dimentico ogni dovere celeste.

Notes:

Ineffable Spring Break
Prompt : Free Will

Work Text:



Nous ne nous parlons guère

 

Era una di quelle notti che sembravano sospese nel tempo, carica dell’aroma di candele consumate, oppio bruciato e vino pregiato. Nella mia casa londinese - una graziosa eccessività architettonica che avevo preso in affitto - ci eravamo ritirati io e lei. Crowley, ovviamente.

O meglio, Crowley in una delle sue forme preferite del secolo: quella di una dama elegantissima, vestita secondo l’ultima moda parigina, con un corsetto stretto, la pelle di porcellana e lunghi boccoli scarlatti che le cadevano liberi sulle spalle. Non indossava occhiali quella sera, cosa che, per motivi che non potrei spiegare nemmeno sotto tortura, mi faceva battere il cuore con irregolarità sconcertante.

Beveva Château Margaux - una bottiglia che avevo acquistato a caro prezzo proprio quella mattina - e soffiava volute di fumo da un lungo bocchino d’avorio. Sul tavolino accanto a lei, gli ultimi volumi dell'Encyclopédie, rilegati in pelle blu notte. Li avevo appena ricevuti e li avevo mostrati a Crowley con orgoglio. Lei aveva alzato un sopracciglio. So come non le interessino affatto i miei passatempi terreni, ma so anche quanto sia lieta di sentirmene parlare.

"Quindi adesso sei un collezionista di opere proibite?".
Giocherellai con i guanti, fingendo disinvoltura "Non sono proibite in Inghilterra"
"Ma in Francia sì. La Chiesa le ha bandite. Amici tuoi, correggimi se sbaglio".

Sorrise, e fu come se il mondo intero si inchinasse a quell’espressione. Avevo passato secoli, o millenni, a cercare di ignorare l’effetto che ha su di me, ma ogni volta che sorride così, con malizia e quella luce negli occhi che sembra fatta a posta per bruciarmi la pelle, dimentico ogni dovere celeste.

Mi versai un altro dito di vino, più per tenermi occupato che per altro "L’ho letta tutta, sai. L'Encyclopédie. Almeno… quasi tutta"
“Naturalmente” ripeté, prendendomi in giro.

Mi accomodai meglio sulla sedia, sentendo il velluto accarezzarmi le gambe “Gli umani… cominciano a pensare. A scegliere. Finalmente sembrano liberi da certe superstizioni, si pongono domande, cercano risposte. Credono con maggiore consapevolezza. E sono lieto di questo. Desidero che scelgano il bene non per timore dell’inferno, ma perché riconoscano che è la scelta migliore”.

Crowley sbuffò, sollevando il calice “Bellissimo discorso, angelo. Scelta consapevole! Ma è un' illusione. Il libero arbitrio dico, è un’illusione. Se Dio è onnisciente, allora sa già ogni singola scelta che gli umani faranno. Non c’è libertà in un copione già scritto”.

Mi irrigidii un poco, stringendo il mio bicchiere “Ma il fatto che Dio conosca le scelte non significa che le determini. Il sapere non è imposizione. Il libero arbitrio sta proprio lì, nella capacità di decidere. Anche se Lei sa già cosa sceglierai”.
Lei inclinò la testa, affascinante persino nel disaccordo. Un boccolo le accarezzò le scapole in modo sfacciato e andò a posarsi con delicatezza proprio sopra il suo seno candido, cercai di guardarla negli occhi quando parlò “Se la scelta è scritta… non è scelta. È destino, angelo”.

Ero già scaldato dal vino, dal suo décolleté strizzato in quel corsetto, e qualcosa nella mia voce tremò “Allora nemmeno la tua ribellione è stata una scelta?”.

Il silenzio che cadde fu più denso dell’aria, carica di profumi e desideri proibiti. Avrei voluto mordermi la lingua. Sapevo di aver toccato una ferita. A volte dico cose senza riflettere troppo, lo riconosco.

“Noi non siamo come gli umani” disse infine, con voce bassa, ma non dura “Noi abbiamo ordini. Paradiso, Inferno. Nessuno ci chiede cosa vogliamo davvero. Se questo tanto decantato libero arbitro esiste, a noi non è stato donato”.

La guardai, col cuore che batteva troppo forte “Eppure siamo qui. Insieme. Qui a bere vino e discutere di filosofia. E’ frutto della nostra volontà… o sbaglio?”.
Mi sorrise, lentamente “Forse. Forse stiamo scegliendo. Chissà, magari siamo solo degli errori di programmazione".
Rise, e risi anch’io, e per un momento l’aria parve più leggera, più dolce. Nonostante tutto.

Le sue dita giocarono con il bordo del bicchiere “Sai… dovresti indossare più spesso gli abiti femminili per renderti conto davvero di chi sono gli umani. Soprattutto la metà maschile. Credo che questi corsetti li abbiano inventati loro con il preciso intento di non far respirare le donne".
Mi colse in fallo, perché il mio sguardo si era perso di nuovo. Le sue labbra erano lievemente rosate, lucide di vino, e il contrasto con la pelle chiara, spruzzata di lentiggini, mi portava alla mente pensieri tutt’altro che puri. Quando la sua mano guantata sfiorò la mia, un tocco lieve ma deliberato, mi sentii andare a fuoco.
“Beh, sei splendida con quell’indumento” mi sfuggì dalle labbra, prima che potessi trattenermi.

Crowley rise piano, una risata bassa e calda “Sapevo che non stavi pensando solo a Kant”.
Abbassai lo sguardo, combattuto tra l’imbarazzo e una gioia colpevole “Un’altra coppa?”
“Ho mai risposto di no a questa domanda?" sorrise, era bella da morire.

Restammo ancora un po’ a parlare. Della libertà e del vino, del bene e del desiderio. E sotto le candele che si consumavano lentamente, mi permisi - solo per quella notte - di sperare che un giorno saremmo stati liberi davvero.
Liberi di parlarci senza giri di parole, liberi di toccarci, di stringerci, liberi di guardarci.
Anche se dovessimo essere soltanto degli errori di programmazione.