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Good Omens 3 - Cosa potrebbe accadere dopo l'ultimo episodio da lì a poco

Summary:

FanFiction Good Omens.

È risaputo: Aziraphale torna in Paradiso, lasciando solo Crowley sulla Terra a disperarsi (quelli disperati siamo noi fan dopo il finale della seconda stagione, comunque, ma meglio restare tra le parentesi). Ed è proprio il nostro angelo a sapere forse cosa fare una volta giunto là mentre l'Inferno cerca come al solito un modo per boicottare i piani divini.

Riusciranno i demoni a scoprire cosa bolle in pentola di nuovo lassù? E Aziraphale farà la scelta giusta o ci farà cadere le braccia (cosa che non vorremmo) come ha fatto negli ultimi 10 minuti dell'attuale episodio finale della serie?

Nel mentre Crowley cerca di non discorporarsi per l'alcool o qualche incidente (non?) voluto con la Bentley. O quantomeno ci prova.

Chapter 1: 1.1 - In the Heaven-and-Hell Beginning

Chapter Text

Angeli e demoni. Eterni rivali.

Nessuno prima di allora si era mai chiesto il motivo di tali discordia e divisione delle due fazioni o quantomeno quando esse avessero deciso di schierarsi e successivamente contendersi il comando dell'Universo (nutrendo molta poca simpatia nei confronti di uno verso l'altro).

Posso dirvi che accadde all'improvviso, un giorno qualunque durante la progettazione di quelli che sarebbero stati il centro del Grande Piano Ineffabile: gli umani.

In verità si trattò di poco tempo antecedente la nascita della prima coppia di tali creature (che si sarebbero chiamati Adamo ed Eva).

Successe che un angelo, peraltro di nota importanza, ribellandosi alla Volontà di Dio (ovvero la mia), fu la causa di quella che sarebbe stata la prima e la madre di tutte le guerre: la Grande Guerra Celeste.

Ora, la questione che portò al celeberrimo scontro ci è ormai nota: tale angelo - conosciuto come il più bello e luminoso di tutti - che si rifiuta di attuare il progetto divino così come era stato stabilito prima dei tempi, corrompendo la propria anima e divenendo il primo Diavolo.

Cacciato poi dal Paradiso, sarebbe stato gettato e imprigionato nel centro della Terra. Privato delle ali e dell'anima avrebbe poi, con i poteri rimasti, depravato il cuore puro di altri suoi simili, che sarebbero stati esiliati come lui, divenendo in numero pari a quello delle schiere angeliche rimaste.

Una enorme catastrofe, tutto sommato.

Ma lasciate che vi spieghi che tutto ciò in realtà fu solo la conseguenza, il frutto di una piccola, microscopica e marginale idea, sorta per puro caso o per la stessa ineffabilità del destino, che portò successivamente a una così grande forma di devastazione:

la scatola dei suggerimenti.

***

Durante la Creazione di Tutte le Cose, Visibili e Invisibili. Paradiso.

La messa a punto della volta celeste poteva dirsi ultimata.

Aziraphale ne osservò estasiato le milioni di stelle nascenti, sgorgare dalle più variopinte nebulose. I suoi occhi si bearono di tale spettacolo e si disse che gioie più grandi di quella non avrebbe potuto provarne.

Come lui anche tanti suoi colleghi contemplavano il cielo colorato e trapunto di luce.

Tutti tranne uno.

L'angelo con i capelli rossi se ne stava in disparte. Pensava e pensava... facendo cozzare i pensieri l'uno contro l'altro, in conflitto con ciò che provava. Non era giusto, si diceva. Tutto quello non poteva durare solo una manciata di millenni.

Un così grande progetto non poteva fungere come la sola carta da parati.

Recentemente aveva stretto dei buoni rapporti con il vice del Sommo Capo, un tipo alato di nome Lucifero, un angelo talmente luminoso e splendente da ispirare con il proprio bagliore chiunque con ottime idee e buoni propositi, conditi con spirito di iniziativa e perseveranza.

L'angelo rosso ne era rimasto affascinato come molti e non aveva perso tempo a costruire una profonda amicizia con egli e la sua simpatica cricca.

Lucifero lo aveva quindi preso sotto la propria ala ed era stato a quel punto che il rosso si era confidato, rivelando all'altro i suoi dubbi e le perplessità, che lo affliggevano dal dialogo avvenuto con un altro angelo qualche tempo prima.

"Posso provare a chiedere lassù di metterne una. È da tanto che pensavo di fare riunioni più compartecipate. Ritengo che la condivisione di idee e suggerimenti sia fondamentale per far progredire il Grande Piano." aveva replicato la Stella del Mattino, altro nome di Lucifero.

"Te ne sono riconoscente." aveva poi ribadito l'angelo con i capelli rossi. "Vorrei tanto poter allungare i tempi di durata di questo meraviglioso universo in grado di... fare così tante cose. Non merita di finire così presto."

"Sono completamente d'accordo con te. Vedrai che a Dio farà piacere avere così tante nuove e ulteriori proposte da condividere e magari coltivare anche, sono fiducioso. E tu, amico mio, sarai il primo a cui riferirò l'esito della Decisione Divina." aveva infine concluso Lucifero.

"Non so proprio come sdebitarmi." aveva risposto quindi il più basso di grado.

"Non devi, giovane angelo." Lucifero aveva sorriso. "Lo faccio per il bene di tutti e la nostra felicità è parte della Sua Volontà." aveva constatato per ultimo lo splendente essere alato, alzando gli occhi verso l'alto. Aveva poi scortato il rosso verso il resto dei loro amici.

A distrarre il giovane angelo con la chioma scarlatta da tutti quei pensieri fu lo stesso che gli aveva messo in testa proprio quei confusi dubbi. Gli toccò la spalla per richiamarne l'attenzione, facendolo sussultare e girare di scatto. Non si aspettava qualcuno che lo chiamasse senza fare il suo nome.

Di rado gli angeli prediligevano il contatto fisico in un contesto sociale.

"Ehm... ciao," lo salutò, il tono era incerto. "ti ricordi di me?" domandò, illuminando il volto con un timido sorriso. "Ci siamo parlati ormai tempo fa, sì io ero... ero nei paraggi. Volevo... ehm... volevo chiedere il motivo della tua tristezza. Il cielo, così lo ha chiamato ehm... il Grande Capo, è bellissimo, non trovi?" Mentre l'angelo parlava, il rosso cercava di ricordarsene il nome. Come angelo si chiamava? Az... Aziraph... Aziral... non riusciva proprio a evocarlo nella memoria.

"Oh... sì, certo. Assolutamente." replicò il rosso poco convinto. "Puoi ripetere il tuo nome?"

In risposta all'espressione aggrottata dell'altro, Aziraphale si ri-presentò. "Ah... uhm, Aziraphale. Principato."

"Raffaele. Arcangelo." rispose il rosso, destando un lieve stupore da parte dell'altro che non si era accorto di star parlando con un angelo così tanto superiore al suo livello. "E... devi scusarmi, ci sono tante cose che mi assillano al momento e che vorrei cercare di capire." aggiunse.

"Sono... terribilmente addolorato." espresse Aziraphale. "C'è qualcosa che posso fare per aiutare?"

"Nah," fece Raffaele. "va bene così. Lucifero... lui... ci sta già pensando. Tutto nei progetti." L'angelo sembrò pensarci un attimo. "La Terra, come dicevi," disse poi, indicando un puntino luminoso in mezzo alla distesa celeste. "è già nata. Sono nati i primi... com'è che li avevano chiamati?"

"Anim..." provò a dire Aziraphale.

"Gli animali! Giusto! Parlavano di queste... balene. Grossi animali. Enormi!" Raffaele gesticolava per far capire all'altro quanto sarebbero dovute essere mastodontiche. "E poi delfini, cavall... cavallucci marini e pesci. E le anatre."

"Anatre?"

"Sì. Anatre." rispose il rosso. "Dovrebbero essere delle... creature con le ali in grado di nuotare."

"Assurdo." fu il commento di Aziraphale.

"Già."

***

Il tutto accadde qualche tempo successivo alla conversazione avvenuta con Aziraphale a proposito delle anatre, dopo che fu creato l'ultimo cosiddetto animale: il millepiedi.

Raffaele si trovava nella sala riunioni degli arcangeli. In quel momento stavano discutendo sul fatto che avessero finito le zampe disponibili e mancasse un solo animale. L'arcangelo, scorrendo il nome e le didascalie delle varie bestie, trovava oltremodo inutile l'esistenza di ragni e zanzare, ma come al solito si limitò ad annuire a qualunque cosa uscisse dalla bocca dei propri colleghi e a farsi andare bene anche quelle insolite decisioni.

Nella sua testa non si sarebbe mai schiodato che il pensiero di creature "nate per nuocere l'essere umano in virtù della redenzione dalla sofferenza fisica" fosse alquanto stupido. C'erano persino animali nati per danneggiare le piante.

Oh, andiamo! Che potevano aver fatto i vegetali di così male per meritarsi un trattamento del genere?

"Raffaele," lo interpellò l'Arcangelo Supremo Gabriele. "il tuo design del cielo si sposa perfettamente con i colori della Terra, i miei complimenti." Seguì un breve applauso da parte dei presenti. "Ora, avremmo bisogno di stabilire dove questi... animali andrebbero posti sulla Terra e noi avevamo pensato che fosse un compito più che adatto a un angelo della tua levatura."

"Oh, ne sarei onorato." Raffaele esibì il più luminoso dei suoi sorrisi.

Prima però che Gabriele potesse aggiungere altro da dire al rosso sulla questione irrisolta dell'animale mancante, ecco che un enorme boato ruppe il temporaneo silenzio creatosi all'improvviso, distogliendo l'attenzione degli angeli dal tema dell'incontro con un moto di stupore.

"Che succede?" esplose Michele.

"È il caso di richiedere la presenza della Voce di Dio." fu la risposta di Gabriele.

"Qualcosa non torna..." dichiarò Raffaele. "Vado a controllare."

"Vengo con te." aggiunse Saraqael, l'arcangelo che aveva aiutato Raffaele nella creazione della Nebulosa Testa di Cavallo. Raffaele annuì perché sapeva di potersi fidare.

Insieme, levitando con le loro ali, i due arcangeli arrivarono sul luogo da cui proveniva la bruciante sensazione che stavano percependo di qualcosa di brutto che sarebbe potuto accadere di lì a poco.

E infatti lo spettacolo che si parò davanti ai loro occhi fu di quanto più singolare avessero mai potuto vedere.

Lucifero si trovava al cospetto dei due voltato di spalle, ma anziché emanare le sue solite virtù di calma, luce e compostezza, aveva l'aura intrisa di una nuova emozione che né Raffaele né Saraqael avrebbero saputo definire. Si sentivano come se troppe cose dentro i loro infiniti corpi celesti stessero straripando dal loro contenitore.

Una sensazione orribile.

Davanti alla Stella del Mattino invece stava il Metatron, una gigantesca testa fluttuante che fissava l'angelo di fronte a sé con severa disapprovazione.

"Mi stupisci, Lucifero. Sapevo delle voci su di te, ma mai avrei pensato che tu arrivassi persino a contraddire la natura stessa del Grande Piano." lo aveva ammonito la Voce di Dio prima dell'arrivo degli altri due arcangeli. "Mi ritengo deluso da te."

"Ma non è giusto!" aveva poi inveito lo splendente angelo. "Dio non può ridurci a semplici schiavi!"

"Come osi?!" aveva sbottato il Metatron.

"Ho l'autorità per dire ciò, ricordati di chi sei sottoposto." aveva infine tuonato Lucifero. "E se è della Sua Volontà che stiamo parlando, se io non posso avere una mia idea, preferirei smettere di essere un angelo che continuare ad assecondare tutto ciò che Lo riguarda." Tale frase fu l'ultima cosa proferita dalla Stella del Mattino prima dell'irruzione di Raffaele e Saraqael nel corso della lite.

"Cosa succede qui?" fu l'intervento della seconda.

"Lucifero, cosa significa?" Seppur più in basso nella gerarchia, Raffaele si era preso molto a cuore gli ideali coltivati dalla Stella del Mattino, così concordi con i propri.

"Raffaele..." proferì quest'ultimo. "mi dispiace."

Raffaele fissò contrito l'amico. Solo in quel momento sia lui che Saraqael si ricordarono della presenza di un altro loro superiore innanzi loro. Rivolsero un cenno di saluto nel modo più educato che potevano nei confronti della testa fluttuante. "Visto? Ci sono ancora angeli che ricordano quale sia il loro posto. Tu, Lucifero, sarai condannato per la tua insolenza e insubordinazione."

"No, aspettate." Raffaele non seppe il perché la frase uscì dalla sua bocca, ma il suo desiderio di sapere di più su quella faccenda non lo aveva fermato dal proferire parola. "Non è possibile punire un angelo, non siamo nati per questo. Cosa intendete con condannare?"

"Non è un affare che ti riguarda, arcangelo." fu la risposta seccata del Metatron. "Ti consiglio di smetterla di fare domande su ciò che non ti compete. Potresti ritrovarti invischiato in cose... poco piacevoli."

"Ma è stata mia l'idea!" ribatté prontamente Raffaele.

"Raffaele, stai zitto. Metatron ha ragione: la cosa non ti riguarda." lo fulminò Lucifero mentre l'arcangelo sentiva salire un groppo in gola che gli impediva di restare lucido e vedere nitidamente il proprio interlocutore.

"Adesso andate. Potete stare tranquilli e tornare ai vostri incarichi." tagliò corto Metatron, cercando di rassicurare i due angeli, senza successo per quanto riguardava quello dai capelli rossi. "Riferite in consiglio ogni sollevamento dalle responsabilità per chiunque non riguardi il sottoscritto."

A Raffaele e Saraqael non restò altra scelta se non quella di tornare dagli altri colleghi. Fu la seconda a prendere per mano il primo, per esortarlo a seguirla.

Nessuno poteva fare più niente.

***

Lucifero non si fece più vedere.

Raffaele per tutto quel tempo non aveva fatto altro che porsi ulteriori domande. Fu quasi tentato (da chi, poi?) in più di un'occasione di lasciare qualunque progetto stesse portando avanti: dagli animali alle costellazioni, dal numero dei pianeti che ci sarebbero dovuti essere in quello che era stato chiamato Sistema Solare (il luogo celeste dove avevano posto il pianeta Terra) agli ultimi ritocchi del cielo.

Si sentiva sfinito e l'unico con cui aveva ancora il piacere di rivolgere la parola era quel timido principato ricciolo un po' saccente.

Più volte aveva provato però a porre quelle domande che gli affollavano il cervello anche all'altro angelo, ma quello non aveva voluto sentir ragioni. Pur avendo una spiccata intelligenza e una malcelata curiosità, Aziraphale peccava di testardaggine: credeva che l'unica cosa vera e giusta fosse la Parola di Dio e nient'altro.

La stessa Parola che aveva fatto scomparire Lucifero con chissà quale sentenza definitiva.

Aziraphale però, nonostante lo rimbeccasse ogni qualvolta che finivano per incorrere in qualche discussione da lui definita rischiosa, non solo si rivelò di essere un'ottima compagnia, ma si dimostrò anche essere capace di suggerimenti che arricchivano i progetti di Raffaele.

"No, secondo me le piante più vicine al deserto dovrebbero essere in grado di sopravvivere con meno acqua." aveva provato a proporre un giorno. "Se avessero un serbatoio sottoterra con quella che può essere raccolta dalla pioggia, vivrebbero più a lungo."

"Effettivamente... non ci avevo pensato!" aveva esclamato Raffaele in risposta. "Hai ragione, farò come dici. Sono sicuro che funzionerà!"

Erano sempre più frequenti i momenti dove si trovavano a dover collaborare per dare vita alla struttura del mondo paradisiaco da loro creato sempre più solida, tanto da comportarsi alla pari l'uno nei confronti dell'altro nonostante la notevole distanza di livelli che separavano l'arcangelo Raffaele dal principato Aziraphale.

Insieme creavano una squadra efficiente, pur avendo punti di vista molto lontani l'uno dall'altro.

Durante però uno dei loro incontri, capitò che Raffaele ricevesse una convocazione di emergenza da parte dell'intero consiglio angelico. "Sono sicuro che sarà una cosa breve." aveva rassicurato Aziraphale. "Manca poco alla finitura della seconda stella di Alpha Centauri, se non faccio in tempo potresti ultimarla tu per me?"

"Sarebbe un grande onore, Raffaele." aveva risposto il principato, gli occhi che brillavano.

"Ottimo." era stato il commento di Raffaele. "Ora devo andare... a più tardi."

Aziraphale lo aveva salutato sventolando timidamente la mano con un gigantesco sorriso e Raffaele non aveva potuto non esserne contagiato. Aveva sorriso di rimando.

***

Una piccola scatola venne anteposta agli occhi color nocciola dell'arcangelo Raffaele.

Sarà quella stessa piccola scatola il motivo della sua caduta.

"Cos'è?" fu la sua prima domanda. "Non ho mai visto questo oggetto in vita mia."

"Dovresti saperlo, Raffaele. Tu più di ogni altro ti sei rivelato essere il traditore che non dicevi di essere." chiarì Gabriele. "Fortunatamente per noi però, il tuo amico angelo si è rivelato essere molto più sveglio di quanto ci eravamo aspettati."

"Aziraphale..." soffiò Raffaele.

"Esatto. Lui." concordò l'Arcangelo Supremo. "Ad ogni modo, Raffaele, non ci resta altra scelta se non quella di riservarti lo stesso trattamento che abbiamo usato anche per Lucifero e i suoi complici."

Raffaele si pietrificò. Di giorno in giorno era incappato sempre meno nei restanti amici della Stella del Mattino. Aveva pensato che forse con la scomparsa del capogruppo si fossero demoralizzati e avessero deciso di concentrarsi maggiormente sui propri progetti. Erano divenuti sempre meno persino le battute e gli scherzetti che riservavano ai cherubini nei momenti di noia. Non li aveva potuti biasimare.

"Guarda che se mi rubi un'altra penna, incorrerai nelle Estreme Sanzioni." dicevano per spaventare a morte gli angeli di livello inferiore.

Vi era infatti una leggenda che parlava di un fantomatico Libro della Vita che avrebbe potuto rimuovere l'intera esistenza di una creatura alla sola cancellazione del suo nome.

I cherubini, angeli estremamente ligi alle regole e anche un po' distratti, avevano finito per credere alle parole di Raffale, Lucifero e il loro gruppetto, scappando ogni qualvolta che li vedevano arrivare da lontano.

Raffale spalancò le iridi scure. Non aveva assolutamente idea di come sarebbe potuta finire quella situazione, ma una cosa era certa: l'unico essere vivente di cui aveva finito per fidarsi era anche quello che lo aveva pugnalato alle spalle.

Aveva condiviso con Aziraphale così tanti momenti... ed era stato alla fine un po' merito suo se Raffaele aveva potuto cominciare a farsi tante domande e quindi a migliorare giorno dopo giorno parti sempre più articolate dei propri progetti.

Idee che aveva condiviso con il principato.

"Cosa mi farete? Quale movente giustificherete quello che mi accadrà, poi?" domandò.

"Oh, giovane Raffaele," aveva cominciato a dire Gabriele sogghignando. "chi ci dice che tu ricorderai una sola cosa di quello che ti succederà?"

Chapter 2: 1.2 - In the Heaven-and-Hell Beginning

Chapter Text

Per la prima volta nella sua sempiterna e immacolata esistenza Raffaele ebbe paura.

Era sempre stato consapevole, dalla scomparsa di Lucifero, della pericolosità che impregnava le domande che affollavano la sua testa e di cui Aziraphale era stato, seppur in parte, partecipe. Ma nella sua accortezza si era lasciato sfuggire la possibilità che uno dei pochi (se non l'unico) degli angeli di cui poteva fidarsi sarebbe stato la causa della sua più grande sofferenza.

Fu forse la presa di coscienza, che arrivò in quell'istante, nell'aver riposto la propria fede nell'angelo sbagliato a causargli il dolore lancinante che lo attraversò da parte a parte lì davanti agli occhi malva dell'Arcangelo Supremo.

Una sensazione nuova lo pervase, il groppo che avvertiva in gola esplose e le lacrime solcarono per la prima volta il volto dell'arcangelo con i capelli rossi.

Aveva amato e per questo era stato ferito, aveva pensato e per ciò invece sarebbe stato punito.

Le gocce trasparenti caddero sul pavimento immacolato mentre l'intero corpo celeste dell'imputato veniva scosso dai singhiozzi. Giorno dopo giorno, una vita intera trascorsa con qualcuno che non solo non aveva ricambiato ciò che Raffaele gli aveva donato, ma che lo aveva condotto in quella surreale situazione.

L'arcangelo cadde in ginocchio, sfinito.

La sua mente invece era in conflitto con sé stessa: da una parte avrebbe voluto credere che Aziraphale sarebbe stato obbligato a parlare, a dire loro di quelle conversazioni (dapprima sporadiche e poi sempre più frequenti) che aveva avuto con l'arcangelo Raffaele. Quanto aveva raccontato? Aveva riferito anche di ciò che era nato tra loro?

Aveva reso conto anche di quella incredibile amicizia nata tra due angeli così lontani?

Dall'altra il terrore per il fatto che non avrebbe ricordato niente di quei momenti.

Non era la prima volta che sentiva parlare di cancellazione della memoria. Ma quella, si disse, come tante altre cose rientrava nelle storielle che propinavano agli angeli svampiti e un po' creduloni.

Lo sguardo che Gabriele gli aveva lanciato aveva sancito nuovamente la fine di un'altra di quelle leggende.

"Cosa ne sarà di me?" fu la sua ennesima domanda.

"Domande, domande, domande..." fu la risposta dell'Arcangelo Supremo, sul volto aveva dipinto un sorriso beffardo. "Raffaele, tu avevi un così grande potenziale. Hai acceso il motore dell'universo, hai creato le prime stelle... e lo hai fatto tutto da solo. E ora, guardati," Gabriele indicò il proprio interlocutore. "sprechi i tuoi doni in domande inutili che non ti porteranno a niente."

"Ma io..." provò a dire Raffaele.

"Basta così." lo interruppe Uriele. "È già stata sufficientemente messa a prova la Sua Pazienza. È ora di agire in maniera definitiva."

"Sono d'accordo con te, Uriele." ribadì l'Arcangelo Supremo. "Michele, hai ancora con te la tua spada?"

"Ovviamente." fu la risposta del terzo angelo. Una spada infuocata comparve tra le sue mani, bianca e immacolata, capace di spezzare vite quante ne poteva creare.

"Arcangelo Raffaele," Gabriele si schiarì la voce e drizzò la postura. "sei condannato alla Caduta e all'Eterno Esilio dal Regno dei Cieli. Quali sono le tue ultime parole?"

"Ti conviene sbrigarti." suggerì Michele a voce bassa.

"Dite ad Aziraphale che..." Ma prima che il rosso potesse terminare la frase Michele trafisse con la punta della spada il corpo dell'altro arcangelo da parte a parte, strappandogli un urlo orrendo.

"Perdonami tanto." sussurrò Michele nel suo orecchio, prima di estrarre la spada dal petto di Raffaele.

Quello che poi avvenne in seguito fu anche peggio.

La ferita si annerì istantaneamente, come se ad attraversare il fuoco dell'arma fosse stato legno, che si sarebbe poi carbonizzato. Le prime fiamme lambirono quindi le vesti dell'arcangelo, diffondendosi anche sul resto del corpo e causando alla vittima urla di dolore e di spavento per ciò che si stava svolgendo troppo velocemente.

Ben presto, come se la ferita inferta non fosse stata abbastanza, una enorme colonna di fuoco si levò da terra, esattamente dove era posto Raffaele, circondando l'ormai ex-angelo con le sue enormi e bollenti spire infuocate. Inutili furono i tentativi del rosso di evitare il contatto con il fuoco infernale che ormai lo stava trattenendo dal fare qualsiasi movimento.

Nella indicibile sofferenza Raffaele sentì la propria anima dissolversi e le ali disintegrarsi.

Quando fu a un passo dal perdere i sensi, il terreno che percepiva al di sotto del proprio corpo svanì e quello che restava di uno dei quattro arcangeli principali precipitò per migliaia di metri.

Sprofondò nella terra per altrettanto tempo, fino a quando non toccò il fondo, dinnanzi a quello che una volta sarebbe stato l'angelo Lucifero.

***

Quando aprì gli occhi, la prima cosa che vide Raffaele fu la più completa oscurità.

Di riflesso si portò le mani al volto, tastando il rilievo delle ferite e delle bruciature.

Lo stato in cui era restato per quel tempo trascorso dalla Caduta a tale momento non si poteva definire con il termine odierno di svenimento, visto che gli angeli non potevano semplicemente svenire o, ancora, addormentarsi.

Riguardava però solo ed esclusivamente gli angeli che sarebbero caduti di lì in avanti e che permetteva al loro corpo celeste di ambientarsi in quella nuova dimensione. In questo caso, quella sotterranea di quello che sarebbe poi diventato l'Inferno.

Si trattava semplicemente di un luogo senza alcuna forma di illuminazione. Buio assoluto.

Si diceva che fosse lo scarto di tutti gli angoli vuoti del cielo che non erano potuti rientrare nell'intero progetto dello spazio celeste.

Raffaele si alzò in piedi, tentando di non perdere l'equilibrio.

"D... dove..." provò a dire. Ci volle del tempo prima che la vista si abituasse al denso manto scuro che lo circondava e, quando accadde, davanti a sé trovò gli amici che aveva frequentato fino a quel momento e che come lui erano stati condannati all'esilio in quel luogo, che lo fissavano.

"Raffaele..." fece una di loro, avvicinandosi al rosso. Quello, percependo il fruscio del movimento della propria interlocutrice, si ritrasse di scatto, attento a evitare il minimo contatto. Era un miracolo se riusciva a reggersi sulle proprie gambe, il dolore lo stava perseguitando.

Il gesto gli sortì una fitta che si protrasse per svariato tempo.

La delusione e la tristezza per quella condizione erano state ormai sostituite dalla rabbia e fu quella a dargli la forza di porre il proprio sguardo verso l'altro, pronunciando nella propria mente la prima di tante maledizioni silenziose che avrebbe rivolto a Dio da lì in avanti.

"Non sono più Raffaele e non ti azzardare a toccarmi." soffiò.

Aveva sbagliato. Aveva sbagliato a fidarsi anche di loro. E nessuno aveva ancora fatto niente, nessuno si era ancora ribellato a quella miserevole condizione a cui erano stati condannati ingiustamente.

Per delle stupide domande, alla fine.

"Raffale," la voce che lo chiamò era diversa stavolta. La riconobbe. "comprendo la tua collera. La comprendiamo tutti. E ti stavamo aspettando..." Lucifero sospirò mentre l'altro lo fissava con l'ira dipinta nello sguardo. "Quelli lassù come Metatron e Gabriele non sopportano chi ragiona con la propria testa e chi decide di avere per una volta l'idea giusta." L'ex-angelo fissò negli occhi il rosso. "Ho cercato di farmi addossare tutta la colpa, Raffaele, ma come hai visto chi era mio amico ha finito per ridursi nel mio stesso stato."

Le parole di quello che era stato uno dei suoi più grandi amici, anziché rassicurarlo, lo fecero infuriare ancora di più.

"Come hai potuto?! Io mi fidavo di te, aspettavo tue notizie da talmente tanto tempo che ho finito per dimenticarmene! Io... te... credevamo in qualcosa di grande e ora, PER COLPA TUA, CI TROVIAMO IN QUESTA PRIGIONE!"

"Ora che ci sei anche tu possiamo attuare la nostra vendetta invece!" fu la risposta di Lucifero.

Questa però fu la cosa che destabilizzò Raffaele più di tutte: lui non voleva vendetta, lui voleva qualcuno di cui potersi fidare senza ritrovarsi con il cuore spezzato. Non gli importava di essere angelo o di non esserlo, lo avevano ferito a morte tutti e adesso era coperto di bruciature e ferite, con ciò che rimaneva delle sue bellissime ali candide.

"Non disturbarti, io resterò qui." proferì, con voce rotta.

"Ma, Raffaele, pensaci! Potrai riprendere il tuo ruolo, potrai tornare a realizzare stelle e costellazioni e a volare nel cielo che TU avrai creato!" cercò di convincerlo la Stella del Mattino.

"Non mi interessa, Lucifero." fu la sentenza definitiva di Raffaele. "Io rimango qua."

"Come vuoi." acconsentì l'altro. "Ma hai ancora un favore da rendermi, Raffaele."

E detto ciò, insieme all'intera squadra di Caduti, Lucifero si avviò verso i preparativi di quello che sarebbe stato il primo tentativo di rivalsa dei demoni contro gli angeli.

Peccato che non avrebbero avuto successo.

***

2024. Londra.

Crowley si ridestò dal sonno in cui era precipitato.

Nell'oscurità cercò gli occhiali, trovandoli poco dopo. Il metallo sotto i polpastrelli era freddo.

Inforcando le lenti scure, si alzò dalla lussuosa sedia, situata al centro del suo appartamento di Mayfair. Ogni stanza era riempita solamente da un pesante silenzio, che sembrava echeggiare tra le pareti immerse nella penombra.

La libreria A.Z. Fell & Co. era sprovvista del proprietario da ormai svariati mesi. Il demone non avrebbe saputo dire quanto tempo era passato.

In ogni caso non ci aveva più rimesso piede.

Il tempo invece sembrava esser rallentato da quando aveva deciso di consumare la sua intera esistenza nella casa lasciata libera da Shax. L'aveva trovata immacolata, esattamente come l'aveva lasciata l'ultima volta che ci aveva vissuto.

Aveva persino dubitato che l'ormai Granduchessa Infernale ci avesse mai messo piede, ma ogni sua credenza veniva smentita quando si accorgeva di un'impronta lasciata su una qualsiasi superficie o una stoviglia ritrovata nel posto sbagliato.

Di tanto in tanto si recava in qualche pub per un'indicibile sbronza che si concludeva quasi sempre con un pianto infinito.

Appena varcava la porta di casa, cercava un qualsiasi luogo dove potersi coricare.

A volte persino le pareti e il pavimento erano andati bene per un sonnellino.

Il macigno che sentiva all'altezza dello sterno non lo aveva mai abbandonato da quando... da quando era successo. E ciò che provava inoltre non faceva che pungolarlo laddove si trovavano le lacune di ricordi che ormai sapeva di aver smarrito.

Era consapevole nel profondo di riuscire a essere ottimista nei momenti di massima disperazione, ma quella volta - si era detto - non avrebbe più alzato la testa di fronte ai problemi, gettandosi a capofitto nella ricerca della soluzione.

Quella volta Crowley non avrebbe più potuto salvare Aziraphale.

***

Qualche tempo dopo la Caduta di Raffaele. Paradiso.

Aziraphale non vide più Raffaele.

E furono diverse le volte in cui non mancò di chiedere sue notizie all'Arcangelo Supremo, ma invano.

Inoltre lui era solo un principato, a chi mai sarebbe potuta importare la richiesta d'aiuto da parte di un angelo di così ben poca importanza?

Dovette accontentarsi della risposta che Gabriele si era curato di fornirgli: "L'arcangelo Raffaele è assai impegnato in progetti ben più grandi di quelli che si possa immaginare. Ora va'. Torna a fare il lavoro che ti è stato assegnato."

E così aveva passato molto tempo da solo, alla ricerca di uno scopo che non lo riconducesse ogni volta con la mente all'angelo rosso.

La routine di Aziraphale era proseguita in maniera regolare, fino a quando non fu spezzata, un giorno come tanti altri, dal segnale acustico di emergenza che intimava a tutti gli angeli di recarsi presso il punto di raccolta principale.

"Creature di Dio," aveva esordito l'Arcangelo Supremo Gabriele. "siamo in guerra. E il nemico... è molto più temibile di quello che ci eravamo aspettati." Aveva sorriso incoraggiante. "Dunque vi chiedo, nonostante siate stati creati per evitare qualunque tipo di scontro, di difendere con onore e coraggio la Creazione, frutto del Grande Piano Divino."

"Ebbene io vi esorto a imbracciare le armi e ad annientare questi ribelli che minacciano di distruggere tutto ciò che è stato deciso prima dei tempi." concluse Gabriele. "Buona fortuna."

Il breve discorso aveva seguito un brusio concitato di malcelata incomprensione.

All'angelo biondo invece era gelato il sangue nelle vene (si fa per dire visto che non poteva avere né sangue né vene... o perlomeno non ancora). Una guerra? Contro chi, poi?

Fino a quel momento Aziraphale aveva sempre dato per scontato che qualunque essere vivente sarebbe potuto convivere con gli altri nelle più totali pace e armonia.

A quanto pareva si era sbagliato.

Ed era stata forse quella la prima volta che non gli era dispiaciuto prendere in considerazione il punto di vista che più volte l'angelo Raffaele gli aveva esposto e riguardo cui era stato obbligato a tenere un rapporto.

Giorno dopo giorno aveva riferito con millimetrica precisione qualunque domanda gli aveva posto l'arcangelo fino al momento della sua scomparsa. Era stato quello il suo compito, il primo incarico importante che lo aveva riguardato per la prima volta in vita sua.

Aveva svolto eccellentemente (come più volte gli avevano detto gli arcangeli Gabriele, Michele e Uriele) la mansione, riguardo cui non aveva mai nutrito alcun dubbio a riguardo. Aziraphale aveva sempre avuto la certezza che ogni incarico assegnato dal consiglio fosse indubbiamente legittimo e buono e che portasse il Giusto Bene ovunque ce ne fosse bisogno, come sapeva potevano fare solamente gli angeli.

E allora perché sentiva che qualcosa non tornava? Perché percepiva nel profondo del suo cuore che Raffaele lo avrebbe odiato se avesse saputo di quanto gli era stato ordinato?

Chapter 3: 1.3 - Old Friends

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2024. Londra.

Soho sembrava non essere stata toccata dal tempo trascorso.

La Bentley scivolò pigramente sull'asfalto irregolare, ad una velocità ben più bassa rispetto a quella a cui era stata per decenni abituata tra le strade londinesi.

Crowley parcheggiò al medesimo posto di sempre, davanti al Dammi un caffè o dammi la morte, la caffetteria più famosa di tutto il quartiere.

Nina, la solita espressione seria impressa sul volto, in quel momento stava servendo quello che Crowley ricordava essere il proprietario del negozio di musica.

L'acquirente dell'edizione inesistente di Doctor Who.

Sul volto del demone tentò di affiorare un sorriso al ricordo di quel giorno, che si spense come una fiammella può dissolversi alla più leggera brezza.

Il ricordo dell'angelo faceva fremere il suo corpo mortale di un lancinante e acuto dolore.

"È lei!" una voce femminile che Crowley ricordava di aver già sentito gli perforò i timpani e la ragazza bionda che ricordava essere infatuata della proprietaria della caffetteria di fronte si palesò davanti a lui non appena scese dalla propria auto. Non doveva tornare, tutte quelle facce lo riportavano con la mente a quel momento e la cosa lo spezzava ancora.

Non doveva tornare.

Con la solita imperscrutabilità che lo caratterizzava - aiutato dagli occhiali retrò - alzò il mento per fissare negli occhi la propria interlocutrice.

"Già... passavo da queste parti." una spiegazione che si reggeva malamente in piedi, ma Crowley non aveva esattamente molta voglia di intrattenere una conversazione.

"Il signor Fell..." provò a dire Maggie.

"Lo so." tagliò corto. Se non avesse riposto tutte le proprie emozioni in una scatola relegata in un angolo della sua mente, Crowley sarebbe scoppiato a piangere.

"Chi si rivede!" Nina si palesò, affiancando l'altra. "Come mai da queste parti?"

"Un giro... sono... venuto a salutare." provò ad articolare il demone. Nina però, che non era stupida e aveva una certa esperienza con le persone, lo scrutò fissandolo attentamente, come per carpirne i pensieri. Nel mentre la ragazza bionda aveva già avviato un monologo dove spiegava tutte le novità avvenute in quei mesi.

L'altra restò in silenzio, avendo già capito la situazione.

"... la libreria. La sostituta del signor Fell è molto carina con tutti, ma si vede raramente in giro." Crowley drizzò le orecchie non appena Maggie iniziò a parlare della libreria. "A volte non l'abbiamo vista per svariati giorni, ma è sempre tornata. Oh, guarda, la sta salutando, signor Crowley!"

Il demone con i capelli rossi si girò in direzione della vetrina, dove dietro l'angelo ricciolo lo salutava sventolando allegramente la mano.

La divisa da poliziotto celeste era stata sostituita da degli abiti chiari, simili a quelli che portava Aziraphale.

Dannato Satana.

In quel momento fu veramente molto tentato di risalire in macchina e schiantarsi da qualche parte a velocità folle, ma sarebbe solamente incorso nella discorporazione senza poter più risolvere nulla e soprattutto senza morire, destando persino l'attenzione dell'Inferno con cui cercava ancora di interferire il meno possibile.

"Maggie, guarda, hai un cliente." la interruppe Nina. "Forse è meglio se torni al negozio, ci sto io con lui."

"Sicura?" chiese l'altra.

"Sì, tranquilla." Nina sorrideva raramente, ma l'espressione che lanciò a Maggie avrebbe saputo sciogliere persino il cuore di Crowley.

Appena la ragazza bionda si fu allontanata, tornò a rivolgersi al demone: "Seguimi, beviamo qualcosa."

***

"Lo avevo immaginato." fece Nina, alla fine del racconto di Crowley. "Purtroppo tu non ci puoi più fare nulla e non ti resta altro che andare avanti."

Crowley si strofinò la faccia con entrambe le mani, spostandosi gli occhiali sulla fronte che gli ricaddero poi sul naso. "È fuori discussione." proferì. "Magari per voi mortali è più semplice perché è questione di... uno... due... sei anni?" Il demone si accasciò sulla sedia. "Seimila anni... seimila anni ed è così che va a finire."

"Stai messo peggio di me." la ragazza mandò giù un'altra sorsata di vino dalla propria tazza.

"Cosa vuoi fare?" chiese poi a Crowley.

"Beh... innanzitutto devo ancora sistemare delle cose e..." il rosso non fece in tempo a finire la frase che un ragazzo dall'aria trafelata spalancò violentemente l'ingresso del bar. A Crowley sembrava di averlo già visto da qualche parte... ma dove? Lo fissò con espressione confusa.

"Oh, eccola!" esclamò quello. "Finalmente l'ho trovata, Crowley."

***

Stesso momento. Paradiso.

Silenzio.

Non vi era che silenzio.

Aziraphale alzò lo sguardo dal foglio che aveva appena firmato solo per guardarsi intorno e non vedere altro che le pareti immacolate del Paradiso.

Sospirò, portandosi entrambe le mani al volto.

"Io ti... io ti perdono." risuonò ancora nella sua mente, come succedeva ogni qualvolta che finiva il lavoro che gli era stato assegnato.

Un mantra, che echeggiava tra la pareti del suo cervello da quel giorno.

Lo stomaco gli si strinse non appena vi si soffermò.

Non era quello che avrebbe voluto dire. E ogni volta che glielo avrebbe voluto dire continuava a uscire dalle sue labbra quella ridicola frase.

Quella maledetta frase.

Perché lui era un angelo, no? Lui non poteva essere malvagio o sprezzante come invece erano i demoni, che potevano solo essere perdonati per quello che facevano.

Lui era un angelo. Un essere capace di portare luce e gioia nel mondo intero, che credeva nella veridicità di ogni parola che usciva dalla bocca dell'Onnipotente (sempre se di bocca si poteva parlare).

Allineò i fogli compilati, facendoli cozzare contro il vetro della scrivania.

Gli occhi grigio-azzurri sembrarono scurirsi ulteriormente, non appena l'ombra delle lacrime fece la sua comparsa in maniera ben visibile.

Cazzo.

Aziraphale decise quindi di alzarsi dalla sedia, per armarsi di documenti e camminare in maniera composta lungo i candidi corridoi di quella che era divenuta la sua prigione.

"Se comanderò io... potrò cambiare le cose." Che stupido che era stato.

Quali cambiamenti aveva potuto mettere in atto, finora?

Era stato tutto deciso. Il Secondo Avvento era già in atto.

Lui non aveva più potuto fare nulla.

***

Primo Giorno della Grande Guerra Celeste. Paradiso.

L'angelo quartiermastro rifilò l'armatura angelica tra le braccia del povero Aziraphale.

Al che al principato non restò altra scelta se non quella di allinearsi ai suoi colleghi, alquanto confusi come lo era lui.

Gli tremavano le braccia e le mani... e per di più Raffale non era più riapparso da quella breve riunione.

Ricordava il momento in cui era stato lui a dover donare la luce alla seconda stella di Alpha Centauri senza quello che ricordava essere il suo migliore amico.

Aziraphale sospirò, affranto. La tristezza annebbiava qualunque suo pensiero.

In un momento così confuso e tragico, Raffaele gli avrebbe saputo dire la frase giusta, avrebbe saputo rassicurarlo e soprattutto avrebbe saputo chiarire qualunque suo dubbio su ciò che stava accadendo.

L'arcangelo però in quel momento non c'era e lui avrebbe dovuto trovare una soluzione da solo.

Non appena ogni componente della fazione celeste fu fornito di tutto il necessario ebbero un breve momento per indossare l'uniforme e probabilmente anche per potersi preparare psicologicamente allo scontro.

Gabriele, in quel piccolo frangente, spiegò quello che sarebbe stato il loro compito, facendo assegnare poi a ognuno l'artiglieria necessaria. Fece una breve lezione sulla natura del nemico e sul fatto di non dover perdere la fede in quello che stavano facendo.

Aziraphale non udì neanche una parola, vide solo l'Arcangelo Supremo dileguarsi e molti angeli come lui che si attrezzavano per combattere.

Non passò poi molto tempo che le trombe celesti squillarono per la primissima volta di quei sei millenni che si sarebbero succeduti di lì in avanti. Quella era la prima volta che le orecchie degli angeli poterono udire quel suono acuto e cristallino, ma al tempo stesso dirompente. Annunciava la gravità della situazione e l'urgenza che intingeva il bisogno di mettervi un fermo.

Gli esseri alati, poco dopo che furono quindi schierati in migliaia di file, impugnando le armi intinte di acqua santa, videro arrivare quelli che sarebbero dovuti essere i loro avversari.

Un fremito percorse l'esercito angelico.

Non si trattava dei mostri descritti da Gabriele: erano semplicemente degli Angeli Caduti - pensava Aziraphale, che non poté non notare nella massa informe l'unica chioma scarlatta presente, che stagliava tra i colori scuri come un piccolo sole.

***

Il patto che legava Raffaele a Lucifero incombeva terribilmente sulle spalle dell'ex-arcangelo.

Aveva stupidamente pensato che la proposta fatta all'altro molto tempo fa non comportasse alcun favore in cambio, aveva creduto che ciò che gli aveva promesso non sottintendesse alcun prezzo da pagare.

Ma in quel momento nessuno dei due poteva più vantare di essere una creatura pura e lucente, creata per il solo scopo di fare del bene, quindi - si diceva Raffaele - ciò sanciva un cambiamento nelle regole di quel gioco folle.

E ben presto anche lui aveva comunque dovuto prestare servizio all'esercito improvvisato creato da Lucifero.

Stagliava insieme agli altri Caduti come un nastro rosso tra l'erba secca.

Le ali, spezzate e carbonizzate come quelle degli altri ex-angeli, si aprivano e chiudevano al ritmo lento del suo respiro. La veste era smossa dalla brezza leggera che accarezzava la sabbia che ricopriva l'infinito deserto, inframmezzato solamente da qualche sporadica duna, sotto la luce abbacinante di quel primo sole.

Raffaele, nella marea di imprecazioni rivolte a Dio, recitò una preghiera silenziosa.

Sperava, nel cuore suo, di non rivedere Aziraphale quel giorno. Di non ritrovarselo faccia a faccia in quella che sarebbe stata la prima guerra in assoluto.

Nonostante l'ardente collera che nutriva nei confronti del principato, tanto da averlo maledetto con i pensieri e le parole nell'oscurità che lo aveva avvolto in quei lunghi ed estenuanti giorni, il suo cuore si rifiutava di odiarlo completamente. E ogni volta che con la testa ripensava alle passeggiate fatte lungo le file di piante neonate, ai voli pindarici librati nei cieli appena realizzati e alle idee coltivate in un tacito comune accordo giorno dopo giorno, ecco che ciò che rimaneva di buono e altruista in lui pareva riemergere dagli abissi in cui Raffaele aveva gettato tutto ciò che in lui poteva ancora definirsi come "angelico".

L'ex-arcangelo però fu deluso non appena percepì la netta sensazione che lo pervadeva ogni volta che si trovava in presenza di Aziraphale.

Lui era lì.

Lo sentiva.

E Aziraphale lo aveva visto da ben più lontano di quanto gli occhi appartenenti a un comune angelo di basso livello avrebbero potuto captare.

Il colore caldo degli occhi nocciola di Raffaele si scontrò con la tonalità fredda e inimitabile che caratterizzava invece lo sguardo di Aziraphale.

Una cosa sola.

***

"Come, prego?"

"Signor Crowley, è di assoluta importanza che lei venga con noi. Stanno per accadere cose terribili, ma non posso dirle di più." spiegò il ragazzo. Si passò la manica del maglione sulla fronte madida di sudore, aggiustandosi poi gli occhiali con fare molto impacciato. Guardava il demone con gli occhi spalancati, il respiro affannoso di chi ha appena finito di correre.

"Tu sei quel ragazzo... quello che era con noi alla base aerea di Tadfield." elaborò Crowley, finalmente capendo chi aveva davanti. "New... Nou..."

"Newt." lo corresse il giovane Pulsifer.

"Giusto." Crowley si alzò dalla sedia con un movimento flessuoso che probabilmente avrebbe spaccato la schiena di una persona comune. "E va bene, verrò con te... tu!" esclamò poi, indicando Nina, che in tutta risposta aggrottò le sopracciglia. "Dai un occhio alla libreria, non si sa mai cosa potrebbe accadere di questi tempi."

Nina fissò Crowley con un'espressione assai confusa, ma non disse nulla quando lui e Newton Pulsifer varcarono l'uscita del bar, lasciandosi la ragazza alle spalle.

Crowley salì sulla Bentley mentre Newt faceva altrettanto.

"Ti consiglio di non toccare nulla qui dentro, se ci tieni alle mani." lo minacciò mentre Newt spalancava gli occhi dalla paura, diventando ancora più rosso e impacciato di quello che già non era. "D... d-d'accordo." fu la sua estremamente balbettata risposta.

Il demone mise in moto sgommando mentre Newt, aggrappato forte al sedile, gli forniva le indicazioni sul luogo in cui sarebbero dovuti andare: Tadfield, la stessa strada dove una sera qualunque come quella aveva per sbaglio investito la giovane ragazza con la bicicletta che li aveva aiutati a fermare l'armageddon.

Crowley aveva la fondata certezza, da quando avevano scampato la tentata fine del mondo, che si sarebbe potuta ripresentare un'altra occasione per scendere in guerra, ma stavolta era convinto che a subirne le conseguenze sarebbero stati gli umani.

Gli umani come Newton Pulsifer e Adam Young che non avevano fatto niente di male a parte vivere la propria vita.

Doveva solo sperare, in un angolino minuscolo del proprio tetro cuore, che angeli e demoni fossero abbastanza stupidi da non prendersela con gli umani per il fallimento di quello che più volte Aziraphale aveva definito come il Grande Piano Ineffabile. Il maledetto Piano che non faceva che minacciare la sua tranquilla esistenza su quel piccolo mondo.

Lui, non essendo considerato più come un demone degno di essere chiamato tale - dal trucchetto che avevano messo in atto lui e l'angelo per non farsi estinguere dall'esistenza -, non aveva ormai particolari obblighi nei confronti della razza umana.

Ma davvero voleva fregarsene fino in fondo di quello che sarebbe potuto accadere? E, se le sue premonizioni si fossero avverate, quale sarebbe stato quindi il suo destino?

Crowley allontanò quei pensieri perché ormai era questione di qualche metro prima che il cottage di Anathema stagliasse sullo sfondo verde degli alberi circostanti.

Parcheggiò adiacente la piccola abitazione, trovando la stessa bici di cui conservava ricordo.

I due scesero e, mentre Newton non perse tempo a chiamare Anathema avvertendola del loro arrivo, Crowley alzò lo sguardo al cielo, avviandosi perciò mollemente verso l'ingresso della piccola casa, con indosso gli immancabili occhiali scuri.

Stavolta sperò vivamente che ciò che lo attendeva non gli potesse rovinare ulteriormente la vita.

Chapter 4: 1.4 - Damned...

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Presente. Circa 1 Settimana Prima del Secondo Avvento. Paradiso.

"Aziraphale." lo chiamò la testa volante che rappresentava la Voce di Dio.

"V... Vostra Eccellenza," fu la risposta dell'angelo biondo. "è tutto pronto per il Secondo Avvento, il Messia è stato deciso."

"Molto bene, Aziraphale." si congratulò il Metatron. "Sapevo che saresti stato l'angelo giusto per questo compito." La testa volante sembrò soppesare le parole che avrebbe pronunciato successivamente. "A breve potremmo finalmente avviare la fase iniziale del piano. Potete congedarvi."

I quattro arcangeli uscirono dalla candida sala riunioni mentre il neo Arcangelo Supremo si dirigeva verso il proprio monumentale ufficio.

Aziraphale lanciò uno sguardo alla cartella che stava sfogliando poco prima della convocazione degli arcangeli da parte del Metatron, appena conclusa, mentre il groppo che non lo abbandonava mai stringeva ulteriormente la propria morsa sulla sua gola.

Erano bastati pochi mesi per scoprire che nel Paradiso qualcosa non funzionava più correttamente da tempo, da molto tempo, ma nessuna delle ricerche che aveva potuto effettuare fino a quel momento era riuscita a dare i propri frutti.

Sulla scrivania giaceva tutto ciò che era stato conservato della Grande Guerra Celeste e dell'insurrezione degli Angeli Caduti, ovvero la prima schiacciante vittoria del Paradiso.

Ma il contenuto sembrava essere insufficiente per potersi considerare il resoconto effettivo di qualunque cosa fosse avvenuta nei secoli antecedenti la nascita della vita sulla Terra. Doveva davvero accontentarsi di quelle poche frasi che fungevano da rapporto? Doveva costringersi in tutti i modi ad accettare il fatto che forse l'unica cosa importante fosse il loro trionfo sui demoni?

L'Aziraphale di qualche anno prima avrebbe risposto di sì.

Ma non era più lo stesso angelo da molto tempo.

E così aveva dovuto formulare la peggiore delle ipotesi possibili, ciò che per molto tempo si era così ostinatamente rifiutato di considerare: che quello in cui di certo credeva poteva avere dei difetti, che quel documento potesse - in fin dei conti - essere stato manomesso. Aziraphale si era trovato costretto ad accettare l'opzione che qualcuno avesse voluto rimuovere qualcosa di così importante dalla conoscenza comune di ciò che era stato.

La cosa gli provocava un indicibile panico perché, se così era, ne lui né Crowley erano (o, peggio, erano stati mai) veramente al sicuro.

Aziraphale dovette prendersi un secondo per calmarsi.

Okay, si disse, questo non era mai rientrato nei suoi piani e sicuramente la situazione in cui si trovava non favoriva di certo la sua posizione in merito. L'angelo percepiva inoltre (avendone solo il vago sentore in una piccola parte di sé) che qualunque cosa fosse mancata lo riguardasse in primo piano.

Il come non lo sapeva. E di certo non era quello il momento migliore per chiederselo.

Le domande però spuntarono nella sua testa come fiori durante la primavera e a tutte non riuscì ad apporre subito rimedio. Ciononostante quella fu decisamente la prima volta che si vide costretto a considerare la visione estremamente relativa che aveva Crowley delle cose.

Era forse l'unico modo che disponeva per giustificare tutto quello che stava accadendo e, per tutti i fulmini, se solo avesse potuto parlare con il demone. Se solo avesse potuto dirgli che aveva avuto ragione riguardo Paradiso e Inferno e che tutto quello che stava facendo in quel momento nel profondo (Aziraphale non lo avrebbe ammesso mai ad anima viva) non era altro che una scusa per rimediare all'errore madornale che aveva fatto nell'abbandonarlo in quel modo.

Perché l'angelo sapeva, e solo lì aveva potuto esserne consapevole, che Crowley aveva sempre avuto ragione.

Non poteva prevedere il futuro, ma il piano che stava seguendo e che aveva ben congegnato sembrava privo di falle. Anzi, ne era sicuro. E lo avrebbe portato fino in fondo.

Se non per lui, per il suo migliore amico.

Seduto sulla sedia trasparente, l'angelo biondo tornò a scartabellare i documenti, scorgendo un foglio che prima era sfuggito alla sua lettura. Non era altro che la lista dei Caduti, appuntati uno per uno. Una cosa abbastanza irrilevante per la normale amministrazione angelica.

Il nome di Lucifero stagliava dominante, primo fra tutti. Aziraphale ovviamente conosceva la leggenda secondo la quale quel nome era divenuto famoso al pari... beh, della stessa Bibbia.

Il libro più venduto di tutti i secoli, stando alla ferrea memoria dell'angelo.

A un certo punto dovette strizzare più volte le palpebre per poter invece riuscire a leggere un nome che mai avrebbe creduto di poter contemplare su quella sconsolata lista.

Raffaele.

***

Conclusione della Grande Guerra Celeste. Paradiso.

Il Paradiso aveva vinto, così era stato scritto e così era avvenuto.

Raffaele, obbligato sulle proprie ginocchia, si trovava innanzi ai tre arcangeli principali.

Gli occhi nocciola erano intinsi di una rabbia violenta, tanto da sembrare infuocati. Le iridi fiammeggianti erano puntate sull'Arcangelo Supremo, che al contrario stagliava beffardo in compagnia dei suoi compari, in attesa di pronunciare le parole che avrebbero sancito la definitiva condanna del Caduto.

La mente del rosso, nel frattempo, cercava di appigliarsi a ciò che sempre meno riusciva a ricordare.

Avevano perso. Miseramente.

Non c'era più nulla di bello in ciò che poteva contemplare con i propri occhi. O forse non c'era mai stato? E sarebbe stato il solo a scontare quella pena? No, Lucifero se ne era già andato, ma la cosa non lo avrebbe interessato ormai più di tanto. Era stato usato come una pedina persino da chi considerava come un amico.

E poi quell'angelo biondo che lo fissava.

I suoi occhi, così diversi dai propri, sembravano emanare luce. Ma non rabbiosa come la sua. Era una sensazione calda, avvolgente... nuova e così familiare. Dov'è che l'aveva già visto?

Quand'è che aveva cominciato a dimenticare?

"Raffaele," Chi era Raffaele? Era lui? Era il suo nome? La sua mente sempre più debole cercava di aggrapparsi a delle cose che sentiva star scomparendo. "per la vostra inobbedienza e il vostro patetico tentativo di andare contro i Voleri di Dio, sei condannato all'eterno status di Caduto e d'ora in avanti sarai considerato come un emarginato, una creatura del male, quale un demone, e non ti sarà più concessa la Grazia Divina. Verrai ridotto a un aspetto orribile e rivoltante, che rivelerà al Mondo Intero l'empietà della tua stessa nuova natura."

"Aspettate, io non..."

"Risponderai a Lucifero e a Lucifero solo tu riporrai la tua stessa fede. Sarà tuo padrone fino al giorno... beh, fino alla fine dei tempi." Gabriele concluse il discorso, riavvolgendo la chilometrica pergamena. Negli occhi viola Raffaele parve percepire un barlume... di tristezza? Durò un nanosecondo perché due energumeni arpionarono le sue braccia e lo trasportarono sui margini di una grande breccia dall'aria familiare.

Cosa volevano fargli? Che cosa aveva fatto per meritare tutto quello?

***

Presente. Londra.

Crowley venne accolto da un profumo di biscotti appena sfornati che non era per niente male.

Anathema sembrava essere invecchiata. Tutto sommato erano passati diversi anni dal loro ultimo incontro e, infatti, i due ragazzi ormai adulti a tutti gli effetti emanavano un'impressione diversa, più matura. Anche se Newton restava sempre un imbranato totale.

Lei lo salutò con la stessa espressione guardinga che aveva ogni volta che capitava avessero una qualche forma di interazione. Anathema scorgeva fin troppo chiaramente l'aura del demone e difatti le suscitava sempre quella sensazione di innato pericolo.

"Chi non muore si rivede..." fu la prima cosa che gli disse. "... e nel tuo caso chi non invecchia."

"Sì, devo dire che torna utile certe volte." concordò Crowley. "Allora, perché sono qui?"

"Tu cosa sai del Secondo Avvento?" le domandò l'occultista.

"Beh... diciamo che ne ho sentito parlare. Era una leggenda, mi sembra, non credevo fosse reale pure questa." rifletté il demone ad alta voce.

"Ebbene sì, è più che reale," ribatté Anathema, piccata. "e io non ho la minima idea di cosa stia combinando il tuo angelo, ma qui stanno accadendo diverse cose strane che mi hanno portato a pensare al fatto che stia per succedere qualcosa di veramente grosso persino lassù." Al solo sentire nominare Aziraphale, Crowley si rabbuiò talmente tanto che parve infossarsi. Le spalle gli si afflosciarono mentre cadeva persino l'espressione sardonica e svogliata che aveva perennemente stampata in volto.

I suoi occhi erano celati dagli occhiali, ma la tristezza che sprigionò in quel momento parve avvertirla pure Newt nell'altra stanza.

Improvvisamente la temperatura nella piccola casa sembrò diminuire di diversi gradi.

Ignorando il gelo inaspettato, Anathema chiarì la propria affermazione. "Ho consultato diversi tomi che possiedo e nessuno mi ha saputo dire ciò che collegava questi eventi. Solo qualche giorno fa sono venuta a sapere di questo Secondo Avvento secondo cui angeli e demoni avrebbero dichiarato guerra all'umanità e..."

"Sì, sì... conosco la storia. Quali cose strane?" chiese quindi lui, come se quell'orribile sentimento appena sprigionato dal suo corpo non fosse mai esistito. Anathema ebbe un sussulto - che si affrettò subito a mascherare - a quel repentino e sovrannaturale cambio di umore: quel demone era sempre più fuori di testa.

"L'altro giorno è venuto a trovarci Adam," Ah, sì, l'Anticristo. Quasi se ne era dimenticato... "parlava di suo padre. Si è fatto risentire e sembra voglia arruolarlo."

Aspetta... cosa?

"Arruolarlo per cosa?" fece Crowley, in quel momento non sapeva se ridere o esserne terrorizzato. "Il ragazzo ha detto di no e basta, è libero e può vivere come un umano, ora." Ricordava molto bene infatti il discorso che... no. Mise un freno alla sua mente in tempo.

"Non è la sola cosa, Crowley." lo fermò Anathema. "Quando abbiamo fermato la Fine del Mondo, io e Newt decidemmo di distruggere le profezie di Agnes che ci sono arrivate in seguit..."

"VOI AVETE FATTO COSA?!" sbraitò il demone.

"Non volevamo che Agnes comandasse a bacchetta la nostra vita, quella che volevamo costruirci." Newt aveva fatto il proprio ingresso nel soggiorno dove Anathema e Crowley stavano svolgendo quella breve conversazione. Il demone lo fissava con uno sguardo che faceva presagire a morte certa, infatti il ragazzo cercava di non fissarlo troppo a lungo, per paura di essere incenerito seduta stante. "Avevamo bisogno di un'esistenza beh... normale."

Crowley sospirando portò il pollice e l'indice al setto nasale.

"Va bene, va bene... ho capito." borbottò il demone.

La fine del mondo. Quella vera. Un pensiero che non faceva che ricorrere nella mente del demone da quando aveva visto la proiezione di quei preziosi episodi dove Gabriele si era rifiutato (contro tutte le aspettative, persino le sue) di seguire i piani divini.

Piani che prevedevano un ritorno dell'armageddon.

E quei due mentecatti avevano pensato bene di distruggere l'unica chiave probabile che avrebbe permesso loro di campare... beh, fino alla regolare fine delle loro vite.

Cosa avrebbero potuto fare allo stato attuale delle cose?

Il trillo che annunciava la cottura dei biscotti spezzò quel silenzio tombale piombato all'improvviso.

"Chi vuole dei biscotti?" domandò timida Anathema.

***

Stesso momento. Paradiso.

L'Arcangelo Supremo continuava a non capire.

Nonostante gli sembrasse di aver già sentito tale nome, non riusciva ad associarvi il volto. Chi era Raffaele? Faceva parte dei principati?

Non era possibile, se lo sarebbe ricordato. Inoltre non riusciva a ricordare nessun angelo che avesse potuto chiamarsi in quel modo.

Forse in quel momento era un demone qualunque come potevano esserlo Beelzebub (ormai considerato come traditore) o Furfur. O come diavolo si chiamava.

Sì, insomma, quello che continuava a sbagliare il suo nome.

Che fine avrebbe potuto mai fare?

***

Finito di mangiare i biscotti (in realtà Crowley non toccò cibo, ma sorvoliamo su questi dettagli), Newt e Anathema finalmente si decisero a esporre al demone il motivo della sua chiamata (era anche ora).

"Allora... cosa dovrei fare io in tutto questo, per l'esattezza?" chiese nuovamente Crowley, stavolta leggermente più alterato (anche per la faccenda delle profezie distrutte, sì). "Perché sinceramente non..."

"Il tuo amico ci ha lasciato un messaggio." Il suo amico? Dopo ciò che gli aveva fatto lo chiamava ancora amico? Aveva un bel coraggio. Sembrava che più cercasse di allontanarsi da ogni pensiero che riguardasse Aziraphale, quello cercasse di fargli ricordare tutto ciò che più voleva ignorare. "Nella lettera indirizzata a me e Newt ci ha fatto chiaramente capire che tu saresti stato riluttante ad aiutarlo, ma non abbiamo avuto altra scelta se non quella di rivolgerci a te perché saresti stato l'unico a capire." gli spiegò Anathema. Aspetta... una lettera?

"L'unico a capire?" Le sopracciglia del demone erano talmente inarcate da toccare quasi la radice dei capelli.

"Crowley, Aziraphale vuole che tu rapisca il Messia."

***

Poco Dopo la Conclusione della Grande Guerra Celeste. Terra.

Mancava un solo animale ad abitare la Terra.

L'essere deformato appena piombato dall'alto se ne ricordò solo in quel momento e fu quella l'idea geniale che lo salvò dal fare la fine degli altri demoni e quindi dal diventare una creatura repellente dotata di pustole o acconciature ridicole.

"Una bestia." rispose a Lucifero. "Sarò la bestia che porterà l'umanità sulla nostra stessa strada, li farò ribellare come abbiamo fatto noi con Lui."

"Non ci sono più zampe, però." fece notare il Diavolo.

"Non ne avrò bisogno. Striscerò e perciò sarò anche capace di arrampicarmi sugli alberi."

"E sia... quale sarebbe il tuo nome?"

L'essere sembrò pensarci un attimo. "Striscerò... striscio... strisciare... Crawly."

"E questa bestia che nome dovrebbe avere? Non possiamo semplicemente dire che striscia, dobbiamo dire che si sa anche arrampicare..."

"... oh, e dovrà pure sibilare." fu l'intervento di un terzo. "Fare versi come ssshhh o siiisss per far capire agli umani che non si scherza."

"Giusto. Ottima osservazione." commentò Lucifero.

"Serpente." se ne uscì la creatura deformata. "Sarò io il primo serpente."

E, dopo aver detto ciò, fu nel secondo successivo che questo cominciò a contorcersi. I capelli rossi scomparvero, per lasciare spazio a una muta scura, nera. Gli occhi nocciola invece si tinsero di un giallo abbagliante mentre le pupille cambiavano forma, divenendo animalesche.

L'intero corpo del Caduto venne trasformato nel primo serpente mai esistito. Un essere strisciante.

La bestia che darà origine all'intera storia.

Chapter 5: 1.5 - ...Supreme Archangel

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Presente. Londra.

"Vi prego, ditemi che è uno stupido scherzo perché non è affatto divertente." fu la risposta del demone.

"No, non è uno scherzo. Anzi, ci ha avvertito persino che tu lo avresti detto e ci ha detto quindi di dirti che lo avresti dovuto considerare come il ricambio di un vecchio favore a proposito di un thermos, qualunque cosa volesse dire. Nella lettera non c'era altro."

Crowley si zittì subito perché invece lui sapeva benissimo cosa volesse dire.

Quel piccolo bastardo gliela stava facendo pagare per avergli fornito l'acqua santa. E dovette persino costringersi a non sorridere perché quella mossa era decisamente meschina. Quasi al pari di un demone. Scacciò via quei pensieri: era decisamente il caso di non badarvici.

"Potrei vedere questa lettera?" provò a chiedere quindi Crowley.

"Sì, certo." Anathema si alzò dal divano e, poggiata su un caminetto, una busta ingiallita faceva capolino tra i piccoli oggetti disposti ordinatamente sulla mensola. L'occultista l'afferrò per poi passarla al demone, seduto scompostamente. Come i suoi polpastrelli toccarono la carta, ne riconobbe la provenienza, quasi non si fosse mai schiodato da quel luogo.

Tremando impercettibilmente, aprì la busta, trovandovi all'interno un foglio del medesimo colore che recitava il contenuto della lettera spiegatogli brevemente dai due ragazzi in una sottile calligrafia minuziosa e senza sbavature.

Era indubbiamente quella di Aziraphale.

Gli occhi gialli e celati di Crowley lessero quanto c'era scritto.

"Giovani Anathema e Newton Pulsifer,

non mi riferirei a voi se non fosse di estrema importanza, ma sono sicuro che capirete. Abbiamo già impedito la fine del tanto amato mondo una volta e so che è molto chiedervi di aiutarmi in questa folle missione, ma purtroppo non ci sono altri che possono fare quello che sto per chiedere di fare a voi.

Dovete trovare Crowley e chiedergli di fare una cosa per me. È l'unico che può capire.

Sicuramente vi dirà che è uno scherzo non appena ve ne scriverò e sarà riluttante, caparbio e probabilmente ubriaco. Spero di no, ma lo conosco abbastanza bene per sapere che ha reagito male alla mia partenza (ah, sì, dimenticavo di dirvi che sono stato nominato Arcangelo Supremo, ma cercate di non citare la cosa in sua presenza, potrebbe prendersela ulteriormente)."

A quella frecciatina il demone alzò gli occhi al cielo. "Dannato Arcangelo Supremo." pensò.

"Dunque non sarà facile, se si rifiuterà dovrete dirgli esattamente che dovrebbe considerarlo come il ricambio di un vecchio favore a proposito di un thermos. Per voi capisco potrebbe non avere alcun senso, ma per lui sì. Cose tra angeli e demoni, insomma.

Quello che dovrete chiedergli sarà di rapire il Messia. Dovrete parlargli del Secondo Avvento e dire che è stato il Metatron in persona a dirmi che sarà attuato. Immagino che tu, Anathema, sappia già di cosa parlo.

Fatelo perché lui è la sola speranza in cui il genere umano può riporre la sua fiducia. Ed è probabilmente l'unico abbastanza folle da poter evitare un secondo armageddon perché, sì, è di armageddon che si sta parlando. Di nuovo.

Spero che Agnes ti abbia lasciato qualcosa, mia giovane strega, perché a questo punto temo possa tornare utile.

Con affetto,

Aziraphale."

Crowley ripiegò il foglio mentre sentiva il fiato mancargli. Gli sembrò di aver appena ingerito un'enciclopedia.

Il contenuto della lettera era breve, il che era abbastanza anomalo per l'angelo perché Crowley sapeva quanto fosse poco dotato del dono della sintesi. Il che gli suggeriva che forse non era nella miglior posizione per aver fatto arrivare un'informazione del genere ai due umani.

Anzi, allo stesso Crowley.

Quindi ci aveva preso. Angeli e demoni contro il genere umano.

Fantastico.

"È un bel casino" constatò il demone. "e l'angelo ci ha visto giusto perché mi sa che ho proprio bisogno di un bicchiere."

***

"Dov'eri finito? Non dirmi che hai ricominciato con le sbronze." Nina guardò severa Crowley, che fece il proprio ingresso nel Dammi un caffè o dammi la morte barcollando. Gli occhiali gli erano scivolati sul naso e la bottiglia di vino vuota in mano era la prova lampante per la barista che fosse completamente ubriaco.

"Avevo un valido motivo." biascicò il demone.

"Sì, come no. Lo hai detto anche quando uccel di bosco se ne è ritornato chissà dove." constatò la proprietaria della caffetteria. "Dovreste iniziare a parlarvi, anziché continuare a far finta che non sia successo niente."

"Si tratta della fine del mondo." arrancò Crowley nel tentativo di emmettere suoni.

"Di nuovo? Non mi avevi raccontato che ce ne era già stata una?" Nina lo fissò perplessa.

"Già." sibilò l'altro, prima di accasciarsi su uno dei tavoli. Era ora di chiusura, non vi era nessuno che li stesse ascoltando.

O quantomeno così credevano.

Semi-sdraiato sulla sedia, Crowley emise un verso di frustrazione. Nina continuava a fissarlo, indecisa se preoccuparsi per il demone o meno.

"Devo chiamare aiuto? Sembra che tu stia per avere un infarto, anche se non sono sicura che i demoni possano averne uno." gli chiese Nina, beccandosi un'occhiata stracolma di tristezza da parte dell'uomo adagiato scompostamente sulla superficie legnosa.

"Lo preferirei decisamente a questo." mugugnò Crowley. "È tutta colpa mia." pigolò in seguito, prima di sentire le prime lacrime rigargli le guance.

Nina sospirò, incapace di decidere il da farsi. Da una parte lo capiva mentre dall'altra - se quello che aveva detto aveva la più piccola parvenza di verità - voleva esortarlo a darsi una svegliata.

"Senti, so bene che al momento attuale la vita potrebbe persino farti schifo," esordì al rosso. "ma se il mondo stesse per cessare di esistere sul serio, io quantomeno cercherei almeno per un minimo di impedirlo o, nel caso di un fallimento, terminare la mia esistenza nel modo migliore possibile."

"Tanti ubriachi in questo bar, ma mai nessuno così a pezzi per la responsabilità di dover salvare il mondo una seconda volta." borbottò poi la donna, scuotendo la testa.

"Potresti avere ragione..." mormorò sommessamente l'altro.

"Lo so." fece Nina, sospirando. "Mi aiuta ad andare avanti."

***

Stesso momento. Paradiso.

Aziraphale si aggiustò gli occhiali sul naso.

Non riusciva a togliersi quel pensiero riguardo Raffaele.

Mentre compilava le innumerevoli scartoffie e autorizzazioni per il Secondo Avvento, non faceva che pensare a dove sarebbe potuto essere tale angelo. E non si capacitava soprattutto dell'immotivato interesse che tale questione gli suscitava.

"Aziraphale!" si sentì chiamare. Sussultò.

"Oh, Sua Eccellenza!" esclamò il Supremo Arcangelo. "Come mai da queste parti?"

"Passavo a fare un saluto." rispose il Metatron. "Come procedono i preparativi per il Secondo Avvento?" Aziraphale ingerì il groppo che gli si era formato in gola, era assolutamente necessario che rimanesse impassibile.

"Naturalmente... in maniera impeccabile." subito rispose l'angelo mentre un velo di sudore calò sulla sua fronte. Metaforicamente parlando.

"Qualche notizia riguardo il demone Crowley?" decise di chiedergli il suo superiore di getto, obbligando Aziraphale a ritrovarsi in una stato di allarmante agitazione che per poco non gli fece andare di traverso la saliva. "No, niente ancora. Scomparso da mesi e sembra non voler collaborare neanche con... il piano di sotto." disse mentre il panico non sembrava allentare la morsa su di lui. Se non altro gli sembrò di star recitando bene la propria parte.

Si finse schifato mentre accennava agli inquilini infernali.

"Riguardo invece il Secondo Avvento, io stavo pensando di..." continuò quindi Aziraphale, dilungandosi in un discorso ben più ampio di quello che avevano iniziato, con l'intento di distogliere l'attenzione del Metatron dall'amico.

Al solo parlare del demone aveva sentito uno strano formicolio propagarsi per tutto il volto.

Gli ultimi momenti passati insieme al demone erano ancora impressi a fuoco nella sua memoria e il fatto che Metatron avesse avuto la prontezza di pronunciare il suo nome lo aveva riportato in quel preciso istante. Inutili erano i tentativi di scacciarne il ricordo ogni qualvolta non doveva sbrigare il lavoro assegnatogli in Paradiso.

Non faceva che soffermarcisi.

La conversazione infine terminò e, con essa, il nervosismo di Aziraphale. Dopo aver congedato educatamente il Metatron poté tirare un sommesso sospiro di sollievo. Non era mai stato bravo a mantenere i segreti.

Forse fu l'intrusione inattesa del grande capo nel proprio ufficio, forse fu la paura per un eventuale fallimento del piano che aveva sapientemente ben architettato o forse fu la mancanza del calore mortale emanato dalla Terra e dai suoi abitanti a spingere l'Arcangelo Supremo verso la decisione di uscire da quelle quattro pareti e camminare in direzione dell'ascensore che lo avrebbe riportato sul tanto amato pianeta.

"È solo una visita." si disse tra sé.

"Solo per vedere se i preparativi per il Secondo Avvento sono stati ultimati." continuò.

"Sarà questione di dieci minuti al massimo." il monologo si protrasse ulteriormente, ma riportarlo tra queste pagine non sarebbe granché utile ai fini della trama.

L'angelo varcò quindi le porte scorrevoli, stando bene attento a premere il pulsante contrassegnato da una bella E [Earth] in elegante scrittura. Il campanello che annunciava la chiusura dell'ascensore trillò riempiendo il cubicolo.

Pochi secondi e Aziraphale era sulla Terra.

***

Stesso momento. Londra.

A un certo punto a Crowley sembrò di aver bevuto davvero troppo.

Davanti alla sua vista esageratamente appannata sembrò palesarsi una figura estremamente familiare. Una spessa aura bianca la circondava: era inconfondibile. Si sarebbe potuto affermare che... no. Non poteva essere che Aziraphale fosse tornato davvero sulla Terra.

Era un pensiero stupido e si sentì ancora più stupido lui per averlo pensato.

La cosa ancora più assurda ancora fu che gli venne persino da pensare alla guerra. Così, all'improvviso.

Bastò un attimo. Un flash dove rivide sé stesso con quelle dannatissime ali dolorosamente carbonizzate, prima di guarire e divenire in seguito color pece, mentre fissava un punto lontano nella folla candida di angeli muniti di lancia e armatura. Un paio di occhi che lo squadravano di rimando.

"È stato tanto tempo fa..." proferì con voce rauca, nel tentativo di interrompere il nastro di pensieri funesti che avevano deciso di invadergli il cranio.

Un processo che nell'ultimo periodo accadeva ormai frequentemente troppo.

Sembrava che il tempo peggiorasse le cose, anziché migliorarle. Più secondi passavano e più lui si allontanava dai sogni che gli erano stati portati via. Portati via da qualcosa o da qualcuno. Ma chi, poi? Chi avrebbe potuto odiarlo in tale maniera?

Non riusciva a ricordare, nonostante avesse più volte cercato di sforzarsi di rimembrare una qualsiasi immagine, suono o altro che lo potesse ricondurre a prima della caduta. Conosceva solamente una versione della propria storia raccontata per sommi capi.

Ma per il resto...

"Crowley." lo chiamò la figura candida che si trovava ancora dinnanzi al demone. Crowley non riusciva ormai nemmeno a mettere più a fuoco, ma riconobbe la voce.

"Tu sei andato via." si lamentò. Era più una constatazione che una domanda.

"Lo so." rispose quello.

"Sono ubriaco." disse, stavolta ad alta voce anziché pensarlo solo. "Non ti trovi davvero qui." E infatti, come assecondando una sua richiesta implicita, quell'alone bianco scomparve, lasciando un enorme vuoto nel cuore nero di Crowley. Se non avesse amato così tanto l'alcool, probabilmente dopo tale episodio avrebbe perfino smesso di bere.

Fece spallucce e un traballante dietrofront successivo per tornare verso la propria adorata macchina.

***

Aziraphale si ritrovò in mezzo alla strada che aveva percorso per secoli in compagnia del suo unico e migliore amico, esattamente davanti a quella che era stata la propria libreria.

La sua libreria.

Innanzi al proprio sguardo stagliava il Dammi un caffè o dammi la morte, dove all'interno vide una figura completamente vestita di nero semi-sdraiata su uno dei tavoli vuoti con la proprietaria del bar che gli stava dicendo qualcosa.

A fine conversazione scorse Nina dirigersi in direzione del retrobottega mentre, poco dopo, Crowley si alzava in maniera completamente scomposta dalla sedia e usciva dalla caffetteria, forse con l'intento di andare verso la Bentley.

Si reggeva a malapena in piedi e l'Arcangelo Supremo gli si avvicinò cautamente con l'intento di aiutarlo, senza pensare al fatto che non avrebbe nemmeno dovuto trovarsi lì e in quel momento. Era stato più forte di lui.

"... tanto tempo fa..." sentì biascicare dal demone, che girandosi si accorse della sua presenza. Per un attimo il tempo parve fermarsi.

"Crowley." lo chiamò Aziraphale mentre l'altro lo squadrava, con un'espressione confusa e probabilmente pure arrabbiata al tempo stesso.

"Tu sei andato via." lo rimproverò, ma la voce gli uscì lamentosa e impastata a causa dell'alcool. Anche da ubriaco, pensava l'angelo, sentiva il dolore che gli aveva provocato. La sofferenza dell'abbandono di cui lui era il solo responsabile. E infatti non poté rispondergli in altro modo se non con un pigolato "Lo so.".

"Sono ubriaco." Ma davvero? Non lo avrebbe mai detto. Non osò però aprire bocca in seguito a quella sua affermazione: aveva davvero passato il limite dopo quel giorno. Non poteva fare altro che assecondarlo. "Non ti trovi davvero qui." aggiunse poi Crowley mentre Aziraphale, in un batter di ciglia, si teletrasportava in fondo alla strada, dove sapeva che il demone non avrebbe potuto vederlo a causa della vista appannata.

Lo vide salire in macchina. E mentre Crowley accendeva il motore e si allontanava pigramente a bordo della Bentley, il volto di Aziraphale venne attraversato da una sola goccia salata.

Chapter 6: 2.1 - I Am an Angel...

Chapter Text

Durante la Grande Guerra Celeste. Paradiso.

Aziraphale sentì un fremito attraversargli tutto il corpo angelico.

Raffaele era lì, davanti a lui, a chissà quanti metri di distanza. Metri che sembrarono accorciarsi nel tempo che lui impiegò a ricercare lo sguardo dell'amico.

Quanto tempo era passato dall'ultima volta che si erano visti? Ore? Giorni?

O addirittura anni?

Aziraphale non avrebbe saputo dirlo.

L'unica cosa che sapeva, invece, era che il suo unico amico aveva intercettato quello sguardo trapelante di sorpresa che lui gli aveva rivolto.

Ma l'altro non sembrava ricambiare. I suoi occhi erano tristi, spenti. Qualcosa in lui si era rotto e Aziraphale sapeva che non si sarebbe potuto riparare. Conosceva quel tipo di ferite.

O, almeno, credeva di conoscerle.

Poi la consapevolezza, la bruciante presa di coscienza che avvenne nel momento subito successivo a quel ritrovamento tanto bramato dalla sua anima. I pensieri arrivarono tutti insieme, come un fulmine a ciel sereno.

Raffaele non era più un angelo.

Il suo migliore amico, la brillante mente celata dietro tante invenzioni di cui potevano godere i neonati esseri umani, non era più una creatura divina, celeste, pura, semplice e... buona.

Aveva perso le ali, ora ridotte in cenere, annerite dal fuoco infernale e senza più essere in grado di sollevare l'ex-angelo da terra.

Raffaele lo squadrò, a differenza dell'altro, lentamente.

Lo odiava. Odiava l'angelo per ciò che gli aveva fatto, sapeva di doverlo odiare e che quell'odio sarebbe dovuto essere più che meritato, nei confronti di quello che era stato il suo unico amico.

Ma Raffaele non ci riuscì mai del tutto.

Raffaele non riuscì a odiarlo. Perché era intelligente, perché in quel tripudio bruciante di idee che componeva la sua mente c'era anche una nuova presa di coscienza, un pensiero nuovo, suo. Un pensiero che, sapeva, scardinava e consolidava ogni certezza, dava un ultimo ritocco all'immenso quadro del sapere che custodiva gelosamente dentro di sé.

Il pensiero che bene e male potessero essere visti in modi differenti.

Aveva sofferto, aveva perso tutto e aveva anche smesso di essere Raffaele.

Avrebbe dovuto dare la colpa ad Aziraphale di tutto questo, come sarebbe stato più facile fare. Avrebbe dovuto rinnegare la sua amicizia, fingere, aver dovuto scegliere la vecchia tattica del buon viso a cattivo gioco. Ma la verità era che si trattava di una sua scelta.

La proposta della scatola dei suggerimenti era nata da lui.

L'accordo con Lucifero lo aveva stretto lui.

Il primo ad aver contestato una cosa tanto semplice come il cielo sopra la testa oppure la gravità che ancorava i piedi a terra era stato lui. Nessun altro si era mai fatto avanti che non fosse lui.

Sia dichiaratamente che implicitamente.

Perciò aveva deciso.

Non era stata colpa di Aziraphale.

Quel poveretto a malapena veniva considerato. Un semplice Principato che voleva solo seguire gli ordini e, contrapposto a ciò, soddisfare la propria innata curiosità, sempre affamata. Aveva abbastanza problemi per conto suo senza che ci si mettesse lui di mezzo.

Fu per questo che dal baratro Raffaele risorse, accendendo con un pizzico di energia vitale il proprio sbiadito sguardo e rivolgendo ad Aziraphale un accenno di sorriso.

Scosse le ali quel poco che bastava per liberarle della cenere.

Provò ad accarezzarvici il vento leggero che soffiava in quell'istante, scoprendo che pur di un colore diverso, le ali sapevano ancora portarlo per le strade del cielo.

Così iniziò la battaglia che avrebbero perso.

Così Raffaele, vittima della ferita ancora non rimarginata della spada di Michele, poté godersi gli ultimi istanti che lo separavano dall'imminente amnesia che avrebbe ucciso Raffaele per sempre.

***

Presente. Londra.

La Bentley ne aveva ormai abbastanza del proprio padrone. Aveva preso la pessima abitudine di schiacciare sonnellini all'interno dell'abitacolo e la cosa cominciava a infastidirla enormemente.

Fu questo a spingerla verso la decisione di suonare il clacson.

Il demone quasi sbatté la testa contro il tetto della macchina. "Sei impazzita pure tu, ora?" urlò inviperito. La macchina per tutta risposta fece ruggire il motore, irritata da quel comportamento insolente.

Crowley alzò gli occhi al cielo. Aveva un mal di testa orrendo e le uniche cose che ricordava della sera precedente erano l'alcool, tanto alcool, Nina che lo rimproverava per qualcosa che aveva combinato all'interno della sua caffetteria, il suo bisogno di farsi un bicchiere e la casa dei Pulsifer... LA CASA DEI PULSIFER!

Aveva ancora troppe cose da chiarire in merito a quanto gli avevano detto, così girò la chiave e fece partire la sua bambina a tutta birra, come ormai non accadeva da molti, molti mesi. La Bentley, se avesse potuto, avrebbe sorriso a quella nuova spinta di adrenalina che le stava infondendo Crowley in quel momento.

Da quando l'angelo che aveva imparato a conoscere e a cui voleva bene pure lei se ne era andato non aveva fatto altro che essere costretta a muoversi al di sotto dei cinquanta chilometri orari, una tortura lenta e dolorosissima per il suo motore, abituato a correre e scorrazzare tra le strade londinesi e ad attraversare il fuoco infernale.

Oh, sì, e anche a risorgere.

La macchina arrestò la sua corsa liberatoria nei pressi del cottage di Anathema e Newt, rinfrancata da quella rinnovata fonte di entusiasmo.

"Non ti ci abituare troppo." la rimbeccò il demone, che però non riuscì a rimanere del tutto corrucciato come suo solito di fronte alla gioia sprigionata dalla Bentley. Accennò un sorriso che si affrettò subito a mascherare non appena vide Newt venirgli incontro.

"Avete trovato qualcosa su questo... fantomatico Messia che dovrei rapire?" gli fece Crowley, attento però a non farsi sentire da altre creature. Persino gli alberi e gli animali, temeva, sarebbero potuti risultare un problema per quanto riguardava la segretezza di quel folle, campato in aria e assolutamente non programmato piano che Aziraphale aveva fatto recapitare probabilmente tramite piccione viaggiatore a quei due poveri malcapitati.

Ogni cosa aveva le orecchie, doveva prestare prudenza.

"È meglio se andiamo dentro." rispose Newt che, una volta all'interno (di nuovo) della casetta, chiarì a Crowley la situazione. "Dunque... questo secondo Avvento parla di un Messia che per prima cosa dovrà dare il Mondo intero in pasto alle fiamme dell'Inferno, in secondo luogo dovrà resuscitare tutti i morti..."

"... che saranno giudicati e finiranno o in Paradiso o all'Inferno. Conosco la storia, ragazzo." lo interruppe Crowley. "Sapete qualcosa riguardo il Messia?"

"Io... ehm... ecco..." provò ad articolare Newt, impacciandosi ulteriormente in quel tentativo di dialogo con il demone.

"La Messia, vorrai dire." Anathema fece la sua comparsa in soggiorno e Newt poté finalmente tirare un sonoro sospiro di sollievo. Grazie a Dio - o forse no -, quella tortura era finita.

Ma non era sola.

Anathema tra le braccia teneva qualcosa. Qualcosa di pesante, non molto grande e soprattutto... vivo.

Una bambina. Piccola e vestita di un pigiamino rosa pastello che dormiva beata tra le braccia della sua...

"TU SEI SUA MADRE?!" esplose il demone, saltando in aria allo stesso modo di quando gli era comparso l'arcangelo Gabriele innanzi completamente senza memoria e appellato al nome di Jim. Quel lontano giorno all'interno della libreria... "Significa che quella cosa sarebbe il Messia?" domandò, forse terrorizzato, forse stupito o forse entrambe le cose, indicando la piccola.

Crowley non odiava i bambini, tutt'altro, ma se davvero le cose stavano in quel modo, in quella piccola forma di vita vi era racchiusa talmente tanta santità da non poter essere nemmeno sfiorata con il dito da un demone. Men che meno lui. Ex emissario dell'Inferno inviato sulla Terra.

"Precisamente. Se ieri fossi rimasto con noi anziché scappare nei pub a bere come un alcolizzato, te lo avrei detto." fece notare la strega. Crowley non disse niente, limitandosi a squadrarla con sguardo omicida. "L'angelo non lo sa ancora e men che meno ho voglia di riferirglielo. Non voglio coinvolgere le due fazioni visto cosa è successo la scorsa volta."

"E non è una cosa comunque, è mia figlia." finì Anathema, al che Crowley punto le iridi mascherate verso la bambina, sospirando.

"Tienila lontana da me il più possibile. Mi piacerebbe vivere ancora prima della Fine del Mondo." replicò semplicemente il demone. Non voleva rischiare nemmeno di toccarla.

Anathema sembrò stringere ulteriormente la presa sulla piccola che, dal proprio canto, era ancora immersa in un sonno profondo e pacifico. La piccola bocca dischiusa di tanto in tanto emetteva qualche suono, ma nulla che facesse presagire a un cattivo stato di salute.

La bimba sembrava talmente sana e in forze che pareva quasi brillare.

Newton si avvicinò alla moglie, carezzando la loro figlia o, meglio, la figlia che era capitata loro dopo molto tempo da quel giorno. Fin da subito i tempi non erano tornati e persino la gravidanza era oltremodo risultata anomala.

Ma non mi ci soffermerò su perché Crowley ripensò alle parole dell'angelo sopra citato.

"Quindi io dovrei rapirla...?" fece, prima di essere interrotto da un'Anathema che lo guardava con un misto di irritazione e pena. Forse lo odiava, ma nel profondo cominciava a farle tenerezza quel demone apparentemente burbero e crudele. Che poi non ci credeva nemmeno lui alla facciata del cattivo ragazzo, ma lei lo lasciava convinto di tale idea perché intuiva - come riusciva a scorgerne l'aura nera demoniaca - una grande sofferenza dietro quella maschera.

"Io e Newt, dopo la lettera di Aziraphale," A quel nome Crowley sentì il cuore stringersi. "avevamo pensato di rifugiarci lontano da qui, con la bambina. La Scozia non è male di questi tempi e avevamo pensato anche che, forse, poteva essere un'opportunità di cambiare vita anche per qualcun altro."

"Parlate di..." azzardò Crowley.

"Abbiamo bisogno di te, demone." finì l'occultista per lui. "Sei l'unico che sembra capire qualcosa in questa situazione e con la storia delle profezie andate e tutto il resto... dobbiamo fidarci di qualcuno. Qualcuno che sappia esattamente cosa succederà alla nostra bambina."

"Ci siamo fidati in passato e ci hai dimostrato che sei in grado di proteggere gli umani." concluse Anathema. "So che non ci deluderai ora. Accetti?"

Crowley restò spiazzato dalle parole della strega, così come vi era rimasto alle parole di Adam Young nel momento in cui era stato costretto a fronteggiare il proprio padre satanico. Gli umani, si diceva, esseri così piccoli e così deboli, ma anche così in grado nondimeno di compiere grandi gesta. Terribili o, altresì, di incredibile bontà, ma pur comunque grandi. Da soli riuscivano a fronteggiare le peripezie che la vita gli scaricava addosso come un sacco di letame, senza miracoli e senza alcuna armatura a proteggere il loro così fragile corpo. Sarebbero riusciti a tenere testa a tutti i battaglioni di angeli e demoni con la loro natura multiforme e dalle più svariate sfaccettature, avendo dentro di sé una forma di crudeltà più mostruosa di quella demoniaca e contemporaneamente una luce ben più accecante di quella angelica.

In parte li invidiava e al tempo stesso era grato per essere rimasto così a lungo sulla Terra, dove aveva avuto l'opportunità di imparare così tanto da loro.

Quasi si commosse, ma come al solito si era occupato già da tempo di riporre le proprie debolezze da parte, perciò indirizzo gli occhi serpenteschi coperti dalle lenti scure in quelli scuri dell'umana, rispondendo: "Verrò con voi e vi aiuterò."

Anathema sorrise e Newt accennò un piccolo e timido stiramento di labbra impacciato.

"Grazie." disse infine Crowley.

***

Stesso momento. Paradiso.

Dopo una delle tante e infinite riunioni su ciò che si sarebbe dovuto svolgere durante il Secondo Avvento e in che ordine, Aziraphale si recò nel proprio ufficio, osservando di bieco Uriele e Michele. Sembravano essere diventati ancora più rigidi nei suoi confronti, di tanto in tanto li sentiva parlare di lui e nient'affatto bene.

Si sentiva tradito e scoraggiato da quando, nonostante tutti gli sforzi che avesse fatto per ingraziarseli, gli angeli di rango superiore sembravano non riconoscere la sua autorità.

Inoltre il Metatron aveva ripreso, dopo aver portato seppur per poco il corpo intero anche in Paradiso, le sembianze di testa volante, rendendo la concentrazione sugli argomenti trattati ancora più difficile di quanto già non lo fosse abbastanza.

Le prime settimane erano state colmate dall'entusiasmo del giovane neo Arcangelo Supremo.

Arrivare in Paradiso e vedere tutti gli angeli al proprio cospetto lo aveva inondato di luce e di gioia. In mezzo ai propri simili poteva sentirsi capito, amato e trattato con il rispetto che meritava. Da pari.

Aveva progettato così tante cose belle che ben presto erano diventate un numero sterminato: l'eliminazione delle guerre e della fame nel mondo, la collaborazione tra tutti i popoli della Terra per garantire la pace, il miglioramento delle condizioni di vita nei posti dove vigeva maggior povertà, la ridistribuzione della ricchezza mondiale, un rifugio per tutti gli animali abbandonati del mondo...

Aveva sognato quel momento per anni, fino a quando il Metatron - dopo essersi ovviamente congratulato - non aveva insistito per concentrarsi sul Secondo Avvento, il Giudizio Universale, la Fine dei Tempi 2.0.

Al che Aziraphale si era finalmente arreso, aveva ceduto e aveva capito che nessuno dei suoi progetti sarebbe potuto essere attuato perché dovevano distruggerlo, il Mondo. Stavolta per sempre.

Ma faceva parte del Grande Piano, no? Era quindi ineffabile, incapace di essere compreso da un solo discepolo. E così erano iniziati i preparativi, l'individuazione del Messia, i messaggi che avrebbero dovuto recapitargli e, infine, l'eterna confinazione dei demoni all'Inferno.

E lui si era rivelato, a quel punto, fondamentale.

Erano iniziate le infinite domande da parte del Metatron e di tutti gli angeli superiori riguardo l'altra fazione: cosa tramavano? Qual era il ruolo di Crowley all'Inferno? Chi erano i demoni presenti davanti alla sua libreria quel giorno? E così via... senza scampo e senza via d'uscita.

Aziraphale non era mai stato bravo a mentire, ma lì si giocava la sua esistenza. Il pensiero che il Libro della Vita potesse essere lì da qualche parte gravava sulla sua anima come una spada di Damocle. E, soprattutto, teneva a quella dell'amico demone.

Nonostante tutto, nonostante avesse voluto convincerlo ad andarsene e lasciare tutte le incombenze che avrebbero spazzato via tutto comunque, nel peggiore dei modi possibili... gli voleva bene. Gli voleva bene oltre ogni immaginazione, era la sua spalla, la sua àncora, il suo migliore amico, che custodiva forse nei meandri della sua anima oscura un pezzettino del cuore di Aziraphale.

Così come, allo stesso modo, l'angelo custodiva un pezzettino del minuscolo e tetro cuore di Anthony J. Crowley, l'angelo caduto senza nome.